Pillole di pedagogia e didattica

di Francesco Codebò

Fare teatro per davvero!

Che bello fare teatro con i bambini!
Che bello poter utilizzare anche i linguaggi non verbali in situazioni inconsuete, favorendo in primo luogo i ragazzi che hanno maggiori difficoltà di espressione con i linguaggi tradizionali e “adulti”!
Fare teatro vuol dire in primo luogo
fare ricerca per davvero, partire da un’idea, svilupparla, individuare le coordinate spazio-temporali, fare un “canovaccio” e poi…cominciare a provare e riprovare senza soste per arrivare a realizzare un prodotto finale visibile, concreto, bello.
Io preferisco dire "teatro" perchè richiama le messe in scena a livello adulto, ma anche i termini molto usati di "animazione teatrale" o di "laboratorio teatrale" vanno bene; l'importante è intendersi in fretta e non c'è bisogno di dilungarsi troppo in inutili discussioni sui termini da usare nelle fasi di programmazione e di comunicazione alle famiglie, ai ragazzi e ai colleghi.















Uno dei segreti per fare queste esperienze è lasciare liberi i ragazzi di scegliersi i ruoli e le parole da dire; niente testi “precotti”, va dato spazio alla fantasia e a tutte le risorse presenti in ogni bambino. Io, con altri colleghi, ho provato a fare così e vi assicuro che è molto bello e originale, certo l’ansia del risultato all’inizio è maggiore, ma poi passa…
Non dimentichiamo che stando in scena si sviluppano tante abilità e competenze: si usa meglio la voce, ci si impadronisce di più linguaggi tra cui quello del corpo, si sviluppano le abilità mimiche, si imparano nuove regole dello stare insieme, si è più disposti ad aiutare gli altri...
Per arrivare a mettere in scena un prodotto confezionato in proprio ci vuole tempo e tanto esercizio: i ragazzi gradiscono in genere tutta la fase preparatoria basata su giochi teatrali molto divertenti, scenette, invenzione di testi brevi, esercizi per l'uso corretto della voce, della respirazione e dei gesti. Esiste al riguardo una ricca bibliografia molto valida.

Gli insegnanti, facendo un personale percorso di ricerca, scopriranno quasi subito quali sono le tecniche che più si prestano per gli “attori in erba” di quel particolare gruppo: nel nostro percorso, per esempio, i bambini preferivano esprimersi con i burattini e con il “teatro delle ombre” (a figura intera). Il motivo, secondo noi, si poteva ricondurre al fatto che per gli attori era più facile vincere l’emozione non dovendo guardare il pubblico; per noi, poi, era più facile suggerire senza farcene accorgere… Per chi si vuole appassionare a questa attività che dovrebbe essere resa obbligatoria nelle nostre scuole, fondamentale è il seguire un percorso di formazione, spesso oneroso. Molte compagnie specializzate nel teatro per bambini organizzano stage residenziali dove in poche giornate si riesce a farsi un'idea molto pratica di cosa vuol dire "andare in scena".

Purtroppo nella nostra scuola il teatro ha sempre minor spazio e non si sa bene il perché (o si sa troppo bene…); i nostri “padri” lo usavano con continuità e convinzione. Il Maestro Mario Lodi così si esprimeva: “il bambino quando si presenta a scuola possiede un corpo che è una perfetta “macchina” per mezzo della quale egli ha incorporato una grande quantità di dati: la sua cultura. Da quando è nato tutte le sue scoperte le ha fatte usando il corpo.
Respingere il corpo come linguaggio, significa interrompere la continuità della scoperta e spegnere il bambino.”