Le parole dell'inclusione

(di E. Cristini)

E' POSSIBILE CREARE UNA DIDATTICA INCLUSIVA ?

In questo articolo desidero approfondire come rendere una programmazione davvero inclusiva, come rendere possibile la ricerca di una massima individualizzazione delle attività, così come è doveroso in presenza di allievi con Bisogni educativi Speciali, garantire allo stesso tempo la massima inclusione nel gruppo classe. Ricercare il punto di contatto tra programmazione curricolare e programmazione individualizzata è l’obiettivo fondante della didattica speciale. Per questo approfondimento viene in mio aiuto un libro molto interessante “Didattica speciale e inclusione scolasticadi Lucio Cottini - Carocci editore.

Il professor Cottini, docente universitario di Didattica e Pedagogia Speciale presso l’Università di Udine, declina in un capitolo del suo libro come costruire una didattica inclusiva. In primo luogo per rendere possibile, reale e concreta la prospettiva inclusiva è necessario che essa sia fondata su processi di programmazione integrata. La programmazione inclusiva non è competenza del solo insegnante di sostegno, ma deve essere costruita dall’intero team docenti. Spesso capita che insegnanti curricolari, affermando di non avere competenze riguardo alla didattica speciale, lascino la responsabilità didattica ed educativa al solo insegnante di sostegno. Questo è il primo passo di non inclusione. Le 25 ore di formazione obbligatoria per i docenti non specializzati, che hanno in classe un alunno con disabilità, sono nate per questo motivo. Molte scuole e docenti hanno saputo accogliere questa opportunità, per molti altri purtroppo è stato solo un atto burocratrico da adempiere. Il docente Cottini si rifà all’esperto M. Tortello il quale già nel 1999 aveva evidenziato due domande chiave che gli insegnanti curricolari e gli insegnanti di sostegno dovrebbero sempre farsi:

“ – “c’e almeno una cosa fra le tante previste per tutta la classe che può essere svolta anche dall’alunno che segue un PEI ?”

- c’è almeno una cosa fra quelle contemplate per gli alunni in difficoltà che può essere proposta anche agli altri compagni di classe ?”

A queste domande io aggiungerei:

- quanto gli insegnanti personalizzano la didattica, rendendola flessibile alle necessità e alle esigenze reali degli alunni ?

- in riferimento anche agli articoli della rubrica “Pillole di pedagogia e didattica”, occorre riflettere su quanto le uscite didattiche siano parte formativa dell’apprendimento. E’ possibile non limitarsi solamente ad adattare l’uscita didattica (e così anche per le attività) alle competenze dell’alunno con Bisogni educativi Speciali, ma invece capovolgere la situazione e partire dalle competenze o dalle difficoltà dell’alunno con disabilità per costruire un’uscita didattica formativa per l’intera classe ?
Cottini afferma che esiste la possibilità di rispondere positivamente a queste domande, nel momento in cui si abbandona la rigidità mentale del programma e si accoglie quella che lui chiama filosofia flessibile della programmazione.

Un primo passo, successivo a queste domande, delineato nel libro è l’avvicinamento degli obiettivi attraverso un lavoro sui contenuti didattici. Le innovazioni tecnologiche offrono molte possibilità.

Un secondo passo è la partecipazione alla cultura di un compito: anche quando non è possibile adattare obiettivi e lavoro perché permettano un apprendimento significativo all’alunno con disabilità, è fondamentale farlo partecipare organizzando all’interno della classe le migliori condizione per poter apprezzare anche solo l’argomento, sentendosi parte di un gruppo, stimolando la motivazione e maturando così non solo nel ragazzo con difficoltà, capacità empatiche e pro-sociali. Il libro prosegue con molti esempi di didattica inclusiva che vi invito a leggere.

Un ultimo capitolo importante e interessante è quello sulla valutazione della qualità dell’inclusione scolastica, nel quale viene declinata una scala per valutare l’inclusione. Leggere, osservare e riflettere sulla qualità della propria scuola di includere è il primo passo per capire ciò che non funziona, per pensare e sognare una nuova scuola.