MARZO 2020

EDITORIALE : CORONAVIRUS....NON ERAVAMO PRONTI.....

Per iniziare questo editoriale, in un momento così triste, prendo spunto da un articolo apparso sull'Espresso...l'Italia , forse il mondo, non erano pronti e quindi, di conseguenza, anche il nostro sistema scolastico.....

Forse l'ultima problematica che ha saputo affrontare con un'adeguata strategia e risultati positivi il nostro sistema scolastico è stata quella dell'alfabetizzazione di massa nel secondo dopoguerra. E poi ?

C'è stato un idoneo dei problemi importanti via via emersi ?

L'inserimento dei minori con handicap, l'arrivo degli alunni con cittadinanza non italiana, l'analfabetismo di ritorno.....è sempre stato preferito andare in ordine sparso per non scontentare e costringere nessuno, creando fortissime diseguaglianze socio-culturali ed economiche.

Quindi anche la diffusione delle nuove tecnologie e della didattica a distanza ha viaggiato su questo binario : nessuna formazione obbligatoria del personale, rinnovo delle dotazioni mai completato, una forte presenza (si parla del 40 % ) di obiettori di coscienza rispetto alle nuove opportunità offerte da una didattica più interattiva.

Pensiamo solo a che fine ha fatto il Piano Nazionale della Scuola Digitale previsto dalla Legge c.d. "Buona Scuola "....mai concluso, mai verificato....

Concludo questo breve pensiero elogiando tutti quei docenti che in una situazione del genere si sono rimboccati le maniche dal proprio domicilio per mantenere un contatto non solo didattico con i cari alunni ; e quelli che non hanno fatto niente ? Come al solito anche loro saranno ampiamente giustificati, le responsabilità saranno sempre degli altri, dei governanti, dei decisori, ma senza motivazione personale non si va da nessuna parte....

E allora : W L'ITALIA ! .....come canta Francesco De Gregori !

P.S. : in questo numero viene analizzato solo una parte del problema "didattica a distanza " ; il resto verrà fatto nel numero di aprile o in un numero speciale se dovessero continuare ad arrivare molti contributi interessanti.......

SOMMARIO :

1 editoriale

2 parliamo di noi

3 riceviamo e pubblichiamo

4 rubrica : le parole dell’inclusione

5 pedagogia e tecniche didattiche “in pillole” : la metodologia della ricerca

6 hit parade delle notizie

7 la didattica a distanza : cosa fare / cosa non fare

8 pensierino della sera

9 una frase in dono

2 - PARLIAMO DI NOI

>> Come al solito ci rivolgiamo in primo luogo a quelli che ricevono per la prima volta questo contributo….

ricordiamo gli scopi principali della newsletter (gratuita, apolitica e apartitica) germogliata spontaneamente subito dopo la “prima giornata per la scuola” organizzata a settembre 2019 a S.Rocco di Zerli :

- Tener viva la fiammella della pedagogia, disciplina che dovrà per forza tornare d’attualità!

- Creare un circuito comunicativo nel territorio del Tigullio e oltre;

- Diffondere informazioni di tipo culturale, normativo, educativo, sociale legate al mondo della scuola;

- Mantenere un contatto intergenerazionale fra tutti coloro che lavorano o hanno lavorato con impegno nella e per la scuola pur con profili professionali diversi;

- Organizzare iniziative culturali ma non solo….anche a tavola si può avere un atteggiamento pedagogico !

>> questo numero viene inviato a 131 indirizzi .

>> per il momento la prossima iniziativa prevista per il 18 aprile a Barbagelata è sospesa vista l’emergenza in corso ; il nuovo calendario quindi delle nostre proposte per il periodo primaverile verrà diffuso non appena possibile;

>> da questo numero viene inserita anche la rubrica ” le parole dell’inclusione” curata da Elisa Cristini ; vuole affrontare un particolare settore dove la pedagogia, prima della didattica, ha un ruolo fondamentale.

3 - RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

3 – RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Tra i molti lettori che ci scrivono abbiamo selezionato questi tre contributi molto qualificati :

- Anna Olivieri , ex docente di sc. Secondaria esperta in materia, ha mantenuto la promessa fatta, inviando un suo scritto “sullo studio del territorio”

LA DIDATTICA DEI LUOGHI.

Visita a…………………………

Obiettivi di riferimento:

-sviluppare una didattica dei luoghi in grado di valorizzare visite didattiche e lezioni itineranti

-interrogare i luoghi della memoria alla ricerca delle tracce del passato e segni del presente che si possano trasformare in

-fonti per la ricostruzione di eventi storici o in strumenti per l’educazione alla cittadinanza.

OSA

Conoscere i concetti di diritto, dovere e libertà responsabile, identità, pace, sviluppo umano, cooperazione, sussidiarietà.

Premessa teorica

Mi sembra importante sottolineare che un oggetto può trasformarsi in fonte solo se assunto in un progetto conoscitivo ben articolato che è propedeutico al reperimento delle fonti stesse.

Dunque la fonte nasce ogni volta che qualcuno provvisto di pre conoscenze si crea un bisogno di informazioni sul passato mediante la tematizzazione o la problematizzazione e le informazioni non sono emesse dalla fonte ma costruite da chi indaga E’ un processo di costruzione intellettuale

In questo processo sono fondamentali le operazioni di selezione e contestualizzazione che, come scrive E. Morin tende a produrre l’emergenza di un pensiero “ecologizzante”, nel senso che situa ogni evento, informazione o conoscenza in una relazione di inseparabilità con il suo ambiente sociale, culturale, economico e naturale, in un approccio cioè transdisciplinare.

Ricadute didattiche:

- La trasformazione in fonte di un contesto di segni prevede una selezione, cioè fissazione di certe informazioni, che vengono tradotte in elementi della ricostruzione e della trascuratezza di altri, dichiarati non pertinenti.

- Una stessa fonte può essere sfruttata in diverse problematizzazioni

- Nessuna fonte ha il potere di restituire la realtà del passato, ma una fonte contiene soltanto materiale per la sua ricostruzione.

- Colui che indaga non ha una presa diretta sul passato perché tra lui e il passato ci sono le fonti, dunque del passato viene ricostruito ciò che è consentito dalle informazioni prodotte.

(Dalle lezioni di Ivo Mattozzi, corso di preparazione per docenti tutor per l’insegnamento della storia contemporanea, Genova aa ss.1998-99-2000)

Simulazione

Classe interessata: terza media, 17 alunni Scuola G Garibaldi di Ne, prov. Ge, entroterra del Golfo del Tigullio

Visita guidata al campo di concentramento N 52 di Calvari Pian di Coreglia. Comune di Orero., in occasione del Giorno della Memoria. La località si trova in Fontanabuona, a 30 minuti di bus dalla scuola. Resti visibili: palazzina del comando tedesco.

Progetto conoscitivo: La persecuzione degli Ebrei e il concetto di razza del nazismo e del fascismo.

Punto di partenza degli alunni

1- ciò che studiamo sul libro di storia ci sembra lontano e quasi inverosimile per la sua ferocia e insensatezza.

2- Analizziamo se anche vicino a noi sono successi episodi di persecuzione razziale

Punto di partenza per l’insegnante

a) Studio di storia locale in una logica interdisciplinare per poter studiare nella loro complessità i diversi soggetti in uno spazio e in un tempo

b) Raccordo con altri studi di storia locale quale “Gli anni del fascismo, della guerra, della Resistenza nel comune di Ne” elaborato dagli stessi alunni.

c) Possibilità di continui rimandi fra storia locale e generale, intendendo la prima non come sinonimo di dilettantesco o campanilistico, ma come altamente formativa perché attraverso essa si acquisisce un modello di indagine, applicabile ad ogni contesto per procedimento analogico.

Fino a pochi anni fa, l’esistenza del campo di Calvari era ignota alla maggior parte della nostra popolazione, relegata nei ricordi di qualche anziano del luogo, forse perché ritenuta una testimonianza scomoda del passato. Nessun storico, se non di sfuggita, ne aveva mai scritto o reso testimonianza.

La riscoperta si deve ad uno storico locale, Giorgio Getto Viarengo, che con caparbietà e precisione, ha sollevato il velo dell’oblio, suscitando non poco clamore. Infatti fra i testimoni, perché sorvegliante del campo, vi era il Sindaco del comune limitrofo di S. Colombano Certenoli, chiamato a ricordare un passato per lui poco piacevole.

Inoltre quando si parlava a scuola di persecuzione del popolo ebraico si faceva riferimenti a volte al campo di raccolta di Fossoli, senza citare mai quello di Calvari.

Il campo nasce come luogo di prigionia per soldati avversari fino all’armistizio e poi resta vuoto per un periodo per poi essere trasformato in luogo di raccolta e detenzione per ebrei, liguri che dopo un breve trasferimento al carcere di S. Vittore a Milano saranno deportati in campi tedeschi. Nessuno sopravviverà. Neanche Nella Attias, di cinque anni, la più giovane del campo.

Dopo questo “trasporto”del 21 gennaio 44 non transitarono più ebrei, il campo riprese l’attività in marzo ospitando prigionieri politici, che furono di lì a breve trasportati a Fossoli. I militari tedeschi restano fino al novembre del 44.

Percorso didattico. Durata 20 ore

Materiale da esaminare e classificare in varie tipologie di fonti dagli alunni:

mediante datazione, attenta lettura o visione globale, discriminazione delle informazioni dirette e pertinenti, incrocio con altre fonti, critica delle informazioni, schedatura.

1- Lettura delle Leggi di Norimberga del 1935, in particolare “Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco”.

2- Le leggi antisemite del 38 in Italia e loro conseguenze sulla vita quotidiana degli ebrei italiani Dal libro di testo di storia “Il percorso delle grandi trasformazioni” di Guarracino- Brusa ed. Bruno Mondadori.)

3- Visione del film “Jona che visse nella balena”di R. Faenza

4- Lettura dell’articolo del quotidiano La Repubblica del 6-2-04 “Il fascismo antisemita prima del 38” di Mimmo Franzinelli

5- Lettura di lettere di due deportate a Mauthansen abitanti in località vicina alla scuola.

6- Lettura di brani del libro “Documenti per una storia del fascismo nel circondario di Chiavari” di Giorgio Getto Viarengo ed. Pane e vino.

7- Proiezione con il video ingranditore delle piantine del Campo per prigionieri di Calvari, poi trasformato in campo di passaggio per ebrei.

8- Lettura di articoli di Fiamma repubblicana, organo dei fasci di combattimento della zona di Chiavari.

8- Lettura di articoli di quotidiani locali in occasione speciali (es. inaugurazione lapide commemorativa)

9- Visita a ciò che resta del campo e cioè: palazzina del comando oggi adibita a privata abitazione, restaurata ma lasciata integra nella struttura originaria, infermeria nella zona del fiume, visibile solo dall’esterno.

10- Dopo la visita, confronto con l’autore del libro Giorgio Viarengo per approfondimenti e ricerca di collegamenti.

VALUTAZIONE DA PARTE DEGLI ALUNNI

Interesse per la visita

Interesse per documenti particolari

Interesse per altri argomenti non affrontati

Attività più gradite

VALUTAZIONE DA PARTE DELL’INSEGNANTE

ORGANIZZAZIONE: trasporti, durata incontri, reperibilità materiale accesso alle fonti, rapporto con esperti

PROGETTAZIONE: efficacia dei sistemi di progettazione, realizzabilità di raccordi interdisciplinari, collegamento con altri percorsi didattici

CONDUZIONE. Effettiva praticabilità delle attività, interesse da parte degli alunni

VERIFICA: efficacia tipologie prove di verifica in rapporto ai contenuti, in rapporto all’acquisizione di metodo storico


Marco Codebò , professore ordinario di italiano e francese presso l’Università di "Long Island University" - Brokville (stato di New York) ha mandato questo suo interessante contributo riguardo alla situazione dell’insegnamento a distanza nelle università americane


Nelle università degli Stati Uniti l’insegnamento a distanza ha iniziato a diffondersi a partire dagli anni 90 del secolo scorso. Secondo dati del Department of Education, nel 2012, su poco più di venti milioni di studenti universitari quasi sette erano iscritti a corsi online. Numeri che sono chiaramente cresciuti negli anni a seguire a causa sia dei progressi della tecnologia sia dei costi crescenti dell’istruzione universitaria tradizionale. Rispetto a quest’ultima quella a distanza consente infatti risparmi significativi. Prima dell’attuale epidemia la didattica a distanza si svolgeva in prevalenza in modalità asincrona, vale a dire con studenti e insegnante mai tutti presenti contemporaneamente in rete. Non si creavano, insomma, classi virtuali. Nei corsi asincroni l’insegnante è un programmatore e un coordinatore. Esegue la maggior parte del suo lavoro prima che inizi il corso: raccolta dei materiali, organizzazione dei lavori di gruppo (Forum, Wiki, scrittura collettiva di testi in Google Doc), preparazione del calendario del corso, nonché di quiz, test e altri strumenti di valutazione. La modalità asincrona si è imposta innanzitutto per ragioni pratiche. I corsi online si indirizzano a studenti che, oltre a poter vivere in quattro fusi orari diversi, hanno impegni di lavoro e famiglia tali da rendere impossibile una loro comune presenza alla stessa ora davanti al computer. Esistono, però, altrettanto importanti ragioni pedagogiche. In rete si possono effettuare attività di gruppo asincrone (quelle di sopra accennate) che sfruttano appieno l’interattività insita nei media digitali. La lezione frontale via schermo, invece, risulta essere una copia più fredda di quello che accade in una classe tradizionale. La proporzione fra corsi sincroni e asincroni è completamente cambiata nelle ultime due settimane, quando tutte le università situate nelle aree colpite dall’epidemia sono passate all’insegnamento online, a grandissima maggioranza in modalità sincrona. Non c’era evidentemente altra scelta, sia per l’impossibilità di addestrare gli insegnanti sia per assicurare una qualche continuità con le lezioni in persona tenute prima del manifestarsi dell’epidemia. Dal punto di vista pedagogico, le settimane da qui alla fine del semestre saranno così un grande esperimento. Mi sento di poter anticipare che, alla fine, le università non torneranno completamente indietro: forse solo per un risparmio sui costi, specialmente nell’area umanistica, metteranno in rete una quota crescente dei loro corsi.

M. Parodi – dirigente scolastico , autore e fondatore del movimento “basta compiti” ci ha inviato questo articolo pubblicato su Tuttoscuola :

La scuola al tempo del contagio

Fuor di retorica tecnofrenica, le testimonianze di moltissimi genitori, già esacerbati da una condizione di straordinario disagio, confermano la propensione ad appaltare lo svolgimento di parti sempre più cospicue del curricolo scolastico alle famiglie che, ovviamente, non sono professionalmente attrezzate per affrontare il “compito” improprio.

Nulla di nuovo, dunque, ma l’esasperazione, dovuta all’eccezionalità delle circostanze, di un paradigma indiscusso, inespresso, addirittura inconsapevole, ma fondamentale: a scuola si insegna e si impara a casa.

Si tratta di un principio che ignora patentemente la riflessione sulle competenze di cittadinanza (l’imparare a imparare) e le stesse “Indicazioni nazionali” (a proposito di metacognizione), istanze che dovrebbero essere recepite da tempo ma che restano, invece, estranee alla didattica reale.

È per effetto di questa impostazione, assurda e consueta, che la scuola si concede invasioni di campo pedagogicamente inammissibili, espropriando gli studenti degli indispensabili spazi di rigenerazione cognitiva e affettiva – dopo le tante ore trascorse inchiavardati negli angusti stalli di strutture inadeguate anche rispetto a logiche puramente concentrazionarie.

In questi giorni sembra diffondersi la tendenza alla completa esternalizzazione del “processo”, interamente demandato allo studente e ai genitori, laddove gli stessi siano in condizioni di potersi sostituire ai docenti, ciò che produce un ulteriore aggravamento del carattere censitario della scuola italiana, già drammaticamente discriminante (siamo ai vertici delle classifiche Ocse per incapacità di compensare le diseguaglianze di partenza).

Si riversano caterve di compiti, che già abitualmente opprimono fino all’esaurimento del tempo e delle energie, su bambini e ragazzi isolati perciò, paradossalmente, in condizioni ottimali (nessun compagno che disturbi) per ascoltare la lezione e svolgere gli esercizi.

Delle due, l’una: o l’insegnamento può essere delegato allo studente e alla famiglia, e allora non si capisce a cosa servano la scuola e i docenti, oppure gli insegnanti svolgono un ruolo insostituibile, come delineato dalle stesse “Indicazioni nazionali”, e allora non può essere rimesso a chi non può e non deve occuparsene.

Questa triste evenienza potrebbe essere una buona occasione per ripensare i paradigmi, il senso, la filosofia di un sistema in gravissima crisi peraltro agevolmente trascurata giacché trattasi di apparato autoreferenziale e ipertutelato.

Ma lo sarà solo per quei docenti (e ve ne sono) che, tra mille difficoltà, di ogni sorta (carenze di risorse, organici, strumenti…), incomprensioni ostilità (anche da parte dei colleghi), già si impegnano ben oltre gli obblighi di servizio, con sensibilità e intelligenza, per qualificare gli “ambienti di apprendimento” nei quali operano (coloro i quali riescono anche in questa gravosa situazione a stimolare e sostenere la crescita dei loro studenti).

Per tutti gli altri, si tratterà della penosa conferma, anzi dell’“aulica” celebrazione di un malcostume pedagogico sempre più diffuso e nefasto.


4"LE PAROLE DELL'INCLUSIONE" (RUBRICA A CURA DI E. CRISTINI)


Con grande piacere presento la nuova rubrica della newsletter Pedagogia 20.20.

Il desiderio è di creare un luogo di condivisione rispetto al grande tema dell’Inclusione scolastica ( ma non solo... ).

In questa rubrica troverete aggiornamenti rispetto ai decreti e alla legislazione, articoli di approfondimento sul CTS

dell’Ufficio Scolastico Regionale Liguria, su strumenti di lavoro come il PEI su base ICF, sulla didattica

innovativa ed inclusiva, ma anche siti di riferimento, film, corsi, convegni d’interesse ...


INCLUDERE È...


VALORIZZARE LE COMPETENZE

Partiamo da una storia: “I cinque malfatti” di Beatrice Alemagna.

“Erano cinque. Cinque così malfatti.

Il primo era bucato. Quattro grossi buchi in mezzo alla pancia.

Il secondo era piegato in due, come una lettera da spedire.

Il terzo era molle, sempre stanco, addormentato.

Il quarto era capovolto naso in giù e gambe in su.

E il quinto. Lasciamo perdere. Il quinto era sbagliato dalla testa ai piedi. Un ammasso di stranezze. Una catastrofe.”

I cinque malfatti vivevano insieme in una casetta, ognuno di loro era consapevole del proprio limite, finché un giorno non arrivò il tutto perfetto che interrogò i cinque malfatti sulla loro utilità, sulle loro idee, sulla loro vita che ai suoi occhi proprio per i loro limiti appariva inutile… ma i 5 malfatti interrogati scoprirono che proprio nei loro limiti c’era una ricchezza grandiosa: il bucato scoprì che proprio attraverso i suoi buchi poteva far passare la sua rabbia, che non gli rimaneva dentro; il piegato che dentro le sue pieghe perdeva tutte le idee, scoprì che in quelle pieghe sono contenuti tutti i suoi meravigliosi ricordi; il capovolto che aveva sempre idee sbagliate capovolte, scoprì che essere capovolti gli permette di guardare le cose con occhi diversi, che nessuno vede…

Questo libro racconta il valore della diversità, di come lo sciocco che si ritiene perfetto non ha nulla da dire alla vita dei 5 malfatti, perché non vede nulla, non sa guardare … solo chi riconosce i propri limiti può imparare ad avere uno sguardo nuovo e far diventare un difetto una risorsa…. Perché ognuno di noi è un essere meravigliosamente imperfetto. Ecco perché questa storia …. perché includere è valorizzare le diversità, le competenze di ciascuno di noi e in particolare per gli insegnanti valorizzare quelle dei nostri studenti.


5 - PEDAGOGIA E DIDATTICA IN PILLOLE :LA METODOLOGIA DELLA RICERCA

Dopo aver parlato nei numeri precedenti dell'importanza della conversazione e del lavoro di gruppo, questa volta parliamo della "ricerca" ; tale proposta educativo-didattica è più complessa delle altre citate e può essere svolta solo se le attività precedenti sono state svolte con continuità e hanno dato buoni risultati.

Molto importante è l'inizio : deve esserci interesse e motivazione nel gruppo-classe; pertanto l'attività dovrebbe scaturire da un fatto raccontato dagli alunni o di cronaca; di lì deve emergere un problema che può essere generalizzato in modo da portare ad una ricerca sul campo ( come dice il Maestro M. Lodi ) .

E ora facciamoci qualche domanda al riguardo :

>> quali sono le valenze pedagogico-didattiche delle attività di ricerca ?

Si trovano in questi settori : sviluppo competenze comunicative, incremento delle abilità sociali, acquisizione di nuovi contenuti e metodi, ampliamento del linguaggio, soprattutto sui versanti "disciplinari", miglioramento della logica, consolidamento della memoria a breve e medio termine.

>> Quali sono le fasi da seguire nello svolgimento della ricerca ?

Gli esperti individuano chiaramente queste fasi da svolgere nella giusta successione : - individuazione del problema; - formulazione delle ipotesi ; - attività d'indagine sul campo e non ; - verifica delle ipotesi iniziali ; - sintesi finale del lavoro svolto.

>> Quale la fase più affascinante per il maestro e la classe ?

Sicuramente quella della formulazione delle ipotesi : se i ragazzi sono abituati ad esprimersi con una certa libertà e senza timori, escono idee molto puntuali, si supera il modello del pensiero " unico" e si vede quanto sarebbe diffuso il pensiero divergente....

>> Quanto può / deve durare una ricerca ?

Bisogna intanto dire che ci possono essere ricerche brevi ( su un argomento molto circoscritto) e ricerche più lunghe; la ricerca deve durare fino a quando il maestro capisce che nella classe c'è motivazione e tensione verso i nuovi apprendimenti.....

>> Si può "incagliare" una ricerca ?

E' difficile, i ragazzi hanno mille risorse.... se succede, questo avviene nelle prime fasi e allora il tutto può essere interrotto e registrato come tale. Gli alunni devono capire che nelle attività umane non tutte vanno a buon fine.....

>> Cosa devono fare i docenti durante il lavoro ?

Come nel lavoro di gruppo e nella conversazione, non devono prevaricare e anticipare le risposte, devono fare un po' come un buon direttore d'orchestra, dare il tempo, e fare in modo che siano usate più tecniche possibili e al momento giusto.

>> C'è un'età "ideale" per iniziare tale attività ?

Le attività, se rigorose, possono iniziare quando le abilità di lettura, comprensione e calcolo sono ben sviluppate ; c'è però un lavoro propedeutico, quello sulla stimolazione del ragionamento e della curiosità nei piccoli : questo può iniziare già dalla scuola dell'infanzia.

>> In base alla sua esperienza, ci sono settori in cui tali attività riescono meglio ?

Ai bambini e ragazzi piacciono molto i problemi di tipo scientifico e geografico; su quelli di altro tipo ci vuole più tempo per la comprensione dei problemi da analizzare.

>> C'è spazio per il lavoro di gruppo nella ricerca ?

Sicuramente, si devono alternare momenti collettivi a momenti di gruppo; soprattutto le attività di documentazione e sintesi si prestano molto alla divisione del lavoro. Se la situazione lo consente, possono anche essere fatte attività a coppie.

>> E le tecnologie ?

Per molti anni la ricerca è stata fatta con strumenti poveri e solo cartacei ; ora con l'avvento delle tecnologie e del web tutto può diventare più affascinante e ricco ; pensiamo all'uso che si può fare di un "motore di ricerca" o del PC nelle fasi di sintesi finale. Possono trovare spazio anche attività a distanza, come, per esempio, l'intervista di un esperto....

>> Ci può essere scuola senza attività di ricerca ?

No , la vita è una ricerca continua di soluzioni, quindi la scuola, deve essere una palestra per acquisire questa metodologia che i ragazzi useranno poi non solo in ambito lavorativo ma anche in vari momenti della vita quotidiana e familiare......

6 - HIT PARADE DELLE NOTIZIE

La rassegna , questa volta, è interamente dedicata ad approfondimenti qualificati relativi all’insegnamento all’insegnamento a distanza, pubblicati, in genere, nella fase iniziale della pandemia ; ne vengono riportati solo degli stralci ; ovviamente, non essendo „notizie” non vengono attribuiti voti ; l’articolo completo può essere trovato utilizzando un ”motore di ricerca”.

Valentina Petri professoressa presso l’I.P. Lombardi (Vc). Autrice della pagina Facebook Portami Il Diario ( su cui si trova tutto l’articolo)

E quindi da adesso si fa sul serio. All’inizio siamo rimasti un po’ disorientati, lo ammettiamo. E’ stato spiazzante, di colpo, da un giorno all’altro, senza data di scadenza, passare dalla lavagna di ardesia col cancellino a girella e il casino da stadio all’overdose digitale di link e file inviati nel silenzio assoluto. Ma vorrei vedere la gente normale. Come se dalla bicicletta, quella con la ruotona grande e la ruotina da inizio Novecento, vi catapultassero sulla Honda di Valentino Rossi. Cioè. Un po’ si sbanda.

Per un attimo abbiamo anche scherzato. Poi è diventata una sfida, di quelle che si prendono di punta, una missione, un dovere da compiere. ... Abbiamo attivato piattaforme, distribuito password e username come caramelle, intimato il recupero delle credenziali, inviato elenchi allucinogeni di cose da fare....

Le famiglie ci odiano. “Beh però anche così, a star dietro a tutto, i video di uno, gli esercizi online dell’altro, io non vivo più, com’è che a distanza ‘sti ragazzi sono più impegnati di prima?”. Insomma, come fai sbagli......

> Però, dopo due settimane, anzi tre, di didattica a distanza comincia a venir fuori il problema vero. Che non sono i ragazzi, non lo sono mai. Sono le differenze.

Le differenze tra chi ha un computer, una stampante, un telefono, un iPad e i genitori che si interessano, chiedono, sollecitano, si incazzano pure, ma almeno ci sono. E chi invece ha i genitori che non hanno ancora capito bene, hanno soltanto un cellulare con la connessione zoppa, venti schede per materia, per ogni figlio, e non le possono stampare, anche perché magari i figli sono tre o quattro....

Ci esaltiamo tanto perché nelle chat virtuali ci sono quasi tutti. Quasi. E chi manca? Non i più disinteressati. I più deboli. ....

Ma quando sarà finita, e finirà, e sarà l’ora delle polemiche, io spero tanto che ci si segga intorno a un tavolo, a meno di un metro di distanza l’uno dall’altro, e si discuta seriamente su come fare perché non ci siano più malati di serie a e di serie b o studenti di serie a e di serie b. O, banalmente, cittadini di serie a e di serie b.

Perché la scuola è di tutti e, se così non è, abbiamo perso. Tutti.

Riflessioni : testo molto appassionato che analizza il problema da più prospettive : docenti, famiglie, ragazzi.

L’autrice è scesa subito in campo, è andata in prima linea per compiere una missione (come dice lei ) senza avere le armi idonee.

Bello il richiamo agli alunni e alle famiglie più deboli ; pensiamo a chi vive una situazione di handicap o di recente immigrazione dall’estero.

Condivisibile il richiamo alla necessità di ragionare in merito, una volta finita l’emergenza : bisogna che i decisori politici di concerto con le rappresentanze sindacali prenda decisioni precise in merito : tale aspetto va ripreso nei futuri contratti di lavoro e va studiato una modalità efficace per premiare quei docenti che sono scesi subito in campo; non si può sempre far finta di niente e pensare che i professionisti dell’istruzione siano tutti uguali.



Mauro Sandrini / il Fatto Quotidiano del 6 marzo 2020

Coronavirus, ora tutti spingono per la teledidattica. Ma la scuola (e la nostra società) è pronta?

Il virus ha già cambiato la scuola con lo stop forzato dall’emergenza e l’utilizzo della tecnologia per le lezioni a distanza. La paura che diventa un improvviso incitamento a non fermarsi in modo fatalistico ma anzi a sfruttare questo tempo come un’occasione, avrà una grande influenza sulla scuola del futuro.

Dopo il virus serviranno meno insegnanti? Scopriremo presto che gli insegnanti possono essere sostituiti dalla formazione a distanza: la cosiddetta teledidattica. Non tutti certamente, ma la prima evidenza sarà che serviranno meno insegnanti di quelli attuali per “portare avanti il programma”. ...L’emergenza ha abbattuto in una settimana tutte le resistenze all’innovazione. Finora c’era una spinta retorica ad adottare le cosiddette nuove tecnologie a scuola. Generalmente tutto si risolveva con un laboratorio in più, magari con tablet a disposizione degli studenti. Strumenti di fatto sottoutilizzati nella pratica quotidiana...Ora, ovunque, si sta ragionando sul come applicare la teledidattica alle lezioni quotidiane. Non tra un anno, ma domani. È un vero esperimento sociale di massa di un nuovo modo di fare scuola. Se la crisi continua diventerà obbligatoria. Nessuna incertezza, nessuna obiezione sarà consentita: è l’emergenza....Senza il virus sarebbero serviti altri 10 anni per, lentamente, abituare insegnanti, alunni e famiglie ad utilizzare “normalmente” la teledidattica. Il virus ha compresso i tempi: il futuro è già qui. In un battibaleno saremo già tutti abituati.

Quali saranno le scelte dei governi per la scuola?In seguito all’epidemia e alle polemiche già nate sui mancati investimenti nella sanità i governi saranno costretti a investire in risorse sanitarie (cosa sacrosanta). Ma la coperta è corta. Se i denari li prendi da una parte li togli dall’altra. E se la teledidattica, tra le altre cose, permette di risparmiare sui costi del personale, come finirà?... Spero di sbagliarmi, ma i tagli continueranno, travestiti sotto il mantello di un piano d’investimenti per agevolare la teledidattica.

È l’unica via d’uscita? No.Ci sono altre vie. Per esempio: aule più spaziose e meno studenti per classe.Non è un’opzione tra tecnologia e insegnanti in carne e ossa. Se si continua con i tagli continueremo ad avere classi pollaio di trenta o più studenti gestite o meglio, sorvegliate grazie alla tecnologia, da insegnanti poliziotto costretti a rendere marginale il loro lavoro educativo.Oppure i governi potrebbero decidere di utilizzare la tecnologia davvero a supporto di insegnanti che seguano classi comp0ste da 15-20 alunni.

RIFLESSIONI : interessante analizzare il tema in proiezione futura e non limitando l’analisi solo alla situazione italiana ma a quella di tutto il mondo occidentale.

Il problema di quanti insegnanti serviranno in futuro, in una scuola più tecnologica, è sicuramente di primaria importanza . L’autore sembra essere pessimista circa la conservazione degli attuali livelli occupazionali.

La proposta dell’autore, al fine di non creare disoccupazione intellettuale, di ridurre il numero degli alunni per classe è interessante e intelligente; un’altra opportunità potrebbe essere quella di ampliare i servizi di educazione e istruzione , utilizzando anche le tecnologie e personale idoneo , al di là dei momenti istituzionali , ipotizzando corsi di recupero on line pomeridiani /estivi o percorsi di alfabetizzazione e formazione permanente.


GIOVANNA COSENZA – docente di semeiotica c/o l’Università di Bologna

”il Fatto Quotidiano” del 5 marzo 2020

A Bologna abbiamo perso solo una settimana. ..Non è stata cosa da poco, va detto, ma oggi il 60% degli insegnamenti dell’Università di Bologna si svolge in modalità online. La prossima settimana saranno online tutte le lezioni.. Lo dico subito. La didattica in presenza, tutti insieme in aula, dove la docente può costruire, coltivare, adattare di continuo, ora dopo ora, minuto per minuto, la relazione umana con gli studenti è ineliminabile. Nel mio caso, prima del coronavirus avevo già cominciato il corso ed ero circa a metà, avevo già visto tante volte quelle facce ora sorridenti, ora dubbiose o preoccupate, mi ero già fermata tante volte a parlare con loro nei corridoi, nel mio studio, a volte persino al supermercato vicino. La relazione umana c’era, insomma. Andare online è stato il seguito naturale di qualcosa che era già nato. Perciò è stato facile. Persino divertente.

Aspetti negativi. Mi sento sola in aula, con un monitor davanti al naso e 150 sedie vuote più in là. Mi mancano le loro facce, tantissimo. Loro vedono me, ma io vedo solo tanti bollini tondi con le iniziali dei loro nomi: CS, BP, MT… Loro sentono la mia voce, ma io non sento la loro. Interagiscono con me solo per iscritto: nella striscia verticale a destra della chat, scorrono domande, dubbi, commenti...Se ogni studente/ssa aprisse l’audio per intervenire a voce, si perderebbe troppo tempo a gestire i turni di parola e il caos sarebbe immediato. Davanti al monitor, insomma, sentirsi sola è inevitabile, anche se dall’altra parte stanno oltre 120 studenti, come accade a me in questi giorni, e anche se scorrono in chat mille parole e faccine.

Aspetti positivi. Le faccine, appunto. Comparsa la prima, ho cominciato anch’io. Mentre parlo, non mostro solo slide, video, materiali multimediali, ma scrivo anch’io in chat. E mando faccine, tante;.. ogni tanto scrivo anch’io in chat, con lo stile tipico da chat, non troppo sbracato (sono una prof), ma veloce e colloquiale (senza esagerare, sono una prof). E inserisco faccine, ma non solo quelle: cuoricini, puntini di sospensione, punti esclamativi. Cerco insomma di stabilire lo stesso clima d’intesa, ironia e autoironia che da anni cerco in aula, per far passare i concetti più seri e difficili. In presenza sono addestrata a farlo da tempo, a distanza mi sto adattando in poche ore. Ma funziona, accidenti. Le faccine scaldano e fanno sorridere anche me, oltre a loro.

RIFLESSIONI :

Sorprende la velocità con cui il mondo accademico ha fatto fronte alla nuova situazione....

Molto bello e vissuto il racconto della professoressa, il racconto del suo spaesamento di fronte ad un’ aula vuota.

Ancora una volta ha vinto la creatività ....la Prof. È stata molto brava a capire che usando le faccine e non solo la comunicazione con gli allievi sarebbe stata più efficace e utile per superare la sua solitudine.

Questo salto nella comunicazione è stato possibile perchè la docente, come racconta, aveva fatto conoscenza diretta con i suoi tanti alunni anche in momenti non consueti (supermercato).

Manlio Lilli - Archeologo e giornalista

Scuole chiuse, ai prof va riconosciuto il ruolo di ‘ammortizzatori’ sociali

Si potrà fare meglio, è indubbio. Si potrà essere più incisivi. Con l’esperienza maturata. Considerati anche gli immancabili errori. Non bisogna negarlo. Ma è doveroso rilevare anche altro. Più che per riconoscenza, per obiettività. In un Paese progressivamente chiuso per contagio, la scuola sta continuando ad essere aperta. Da casa, naturalmente. Con i ragazzi costretti tra le mura domestiche, la scuola non ha smesso di esserci. I professori hanno proseguito, come hanno potuto, a fare quel che devono. Insomma a spiegare le formule dei solidi poliedrici e l’analisi del periodo, la Resistenza italiana e gli aggettivi comparativi in francese. A suggerire esercizi e letture, video e quiz. Ma hanno anche, e direi soprattutto, guidato. Hanno accompagnato i ragazzi in queste prime settimane di permanenza a casa. Li hanno confortati nelle loro fragilità, che l’emergenza sta evidenziando. Perché il disastro nel quale siamo piombati, quasi senza rendercene conto, non può non comportare dei disagi. Anche psicologici. Che i ragazzi più di altri mostrano. La didattica a distanza finora ha avuto un merito indiscusso. Quello di alterare abitudini consolidate. Di mutare rapporti tra attori diversi. La mancanza delle consuete lezioni della mattina, a scuola, ha provocato una certa confusione. Anche tra gli alunni. Che al contrario di quel che erano soliti fare nella normalità, hanno iniziato a stare a scuola anche di pomeriggio ed anche di sera. Come? Inviando domande e restituendo compiti ai loro insegnanti. Utilizzando mail e chat di whatsapp. Cercandoli. Insomma avviando un rapporto che con le lezioni in classe sembrava impossibile. Addirittura inimmaginabile. Una scuola certo a distanza, ma sostanzialmente sempre aperta. Circostanza questa che, nonostante la disperazione di qualche insegnante fiaccato per le attività senza fine, può considerarsi un successo. Forse non per quel che riguarda la didattica. Certamente riguardo il fine ultimo al quale dovrebbe aspirare la scuola. Insomma, formare persone responsabilmente capaci di muoversi in circostanze differenti. In questi giorni lavorare sui ragazzi dovrebbe significare principalmente questo. Badare a rinsaldare le certezze, curando come possibile le insicurezze. Anche facendoli esercitare sulle somme dei polinomi e il dadaismo, la favola e l’incastellamento. Ma non soltanto su quello.

“A Barbiana tutti i ragazzi andavano a scuola dal prete. Dalla mattina presto fino a buio, estate e inverno. Nessuno era negato per gli studi”. Che l’emergenza ci costringa a ritornare a Don Milani? Ora più che mai gli eroi sono i medici che provano a salvare vite umane, E’ indubitabile. Dedicargli striscioni ed applausi è solo un modesto tributo. Ma riconosciamo a molti insegnanti un ruolo importante. Quello di “ammortizzatori” di ansie e paure dei nostri ragazzi.


INTERVISTA A GIUSEPPE BERTAGNA (stralci) / la Repubblica del 5 marzo 2020

«Sia l’occasione per i vostri figli di acquisire la competenza di saper affrontare situazioni gravi come questa». I bambini e i ragazzi a casa da scuola, per la terza settimana consecutiva in alcune Regioni, in tutta Italia da oggi, vanno gestiti. Cosa fare con loro? Il pedagogista Giuseppe Bertagna, docente all’università di Bergamo, suggerisce ai genitori, ma anche alla scuola, alcune strategie. Che non sono riempirli di compiti.


La prima cosa è spiegare ai figli perché la scuola è chiusa: in che modo?

«Non bisogna mentire sull’epidemia, va spiegata, con le parole adatte all’età, magari anche con qualche video. E lo si deve fare senza seminare panico, restando tranquilli voi per primi, spiegando le regole, come il perché del semplice lavarsi le mani aiuti sé e tutti».


Con i bambini a casa tutto il giorno come comportarsi?

«Le scuole si stanno muovendo inviando sempre più lezioni e compiti da fare: non è questa la strada giusta. Maria Montessori spiegava che per avere qualcosa di buono a distanza devi sempre collegarti a una presenza. Le maestre della primaria, soprattutto, mandino messaggi personali ai loro alunni, in accordo con i genitori, per chiedere come stanno, non per caricarli di esercizi. Ciascun bambino deve capire che la maestra pensa a lui e, insieme, a ciò che lui può imparare dalla situazione in cui si trova».


Ma cosa proporre ai bambini della primaria?

«È l’occasione per riscoprire lo stare bene insieme. Li si incentivi a sentire al telefono i compagni, si evitino tv o videogiochi come “badanti”. Parlate con loro. E fatevi aiutare in casa, è un bel gioco».


E con i ragazzi delle medie che fare?

«Con i preadolescenti è più complicato, una buona soluzione è il lavoro domestico: fateli stirare, rifare il letto, portateli a lavare l’auto. Anche da come si deve far bollire l’acqua per la pasta s’imparano importanti nozioni di scienze».


E come organizzarsi in famiglia?

«Va riscoperta la dimensione cooperativa della genitorialità, condividete tutto, soprattutto il tempo; programmatelo insieme alla scuola come un’opportunità di crescita pur in questa difficoltà. Va ricostruita una relazione emotiva e sociale coi figli, dove la scuola è presente in modo collaborativo, non in esonero dalle responsabilità».


7 - LA DIDATTICA A DISTANZA : COSA FARE / COSA NON FARE....


Ci permettiamo di dare alcuni semplici suggerimenti, anche ovvi, per i docenti su alcuni elementi da considerare sotto il profilo pedagogico e didattico :

>> da evitare il “copia incolla” di una lezione tradizionale e frontale ; le situazioni sono troppo diverse;

>> studiare bene i tempi delle attività : le lezioni a distanza in genere durano di meno, stancano di più e l’attenzione sfugge più rapidamente;

>> ravvivare il linguaggio : evitare la monotonia, la ripetizione di intercalari, ecc .;

>> cercare un minimo di interattività, facendo, se possibile, attività in parte dialoganti;

>> non escludere l’operatività : far vedere procedure pratiche, chiedere di ripetere al momento operazioni di varia natura;

>> pensare sempre a qualcuno degli alunni quando si parla : se c’è un alunno a cui pensare per primo è quello più in difficoltà nella classe riguardo alla comprensione del linguaggio orale, dei concetti e delle varie consegne;

>> cercare di alternare attività su “contenuti” affascinanti e momenti di lavoro riguardante l’acquisizione di nuovi strumenti presentati in forma molto operativa;

>> non dare troppi compiti ; trovare un sistema che preveda la restituzione al docente del lavoro fatto dagli alunni.

NOTA CONCLUSIVA : è evidente che la didattica a distanza non si presta o si presta poco per i bambini in tenera età; per quelli che vivono una situazione di difficoltà di apprendimento o di handicap va pensata poi una didattica fortemente individualizzata e specifica. Lo stesso vale per gli alunni di nazionalità non italiana. Va anche detto che non tutte le discipline /materie si prestano in ugual misura per una didattica a distanza : pensiamo a quelle più ” pratiche”, alle educazioni (motoria, artistica,...) alla Religione Cattolica....


8 - PENSIERINO DELLA SERA - FORZA TUTTI!

Questa volta il pensierino finale è rivolto a tutti coloro che sono in prima linea nella lotta al virus : quanti operatori della sanità e degli altri settori hanno raggiunto e superato il limite massimo della resistenza psicofisica ma continuano a lavorare con grande dedizione tutti i giorni! Tutte le sere, poi, prima di addormentarsi, viene da pensare ai malati che non ce l’hanno fatta e se ne sono andati in solitudine e a tutti i morti sul lavoro : ad oggi si contano, nel nostro paese, più di cinquanta medici deceduti a causa del virus.


9- UNA FRASE IN DONO

Concludiamo questo numero donando a tutti una bella e significativa frase di Albert Einstein che ci fa capire come il contagio può anche essere positivo, eccola :

“ la creatività è contagiosa ; trasmettila”