I voti a scuola: "ordigno emotivo" o pratica necessaria?

Andrea Poggiali

Una studentessa del quinto anno, tanto originale quanto impegnata, ha pensato di sperimentare in autonomia, la scuola senza voti. Racconta:  

“A 5 mesi dalla fine della quinta liceo decisi che non avrei voluto più sapere i miei voti, ma che avrei preferito ricevere un giudizio analitico su come la verifica o l’interrogazione fosse andata. Questo perché mi resi conto di star iniziando a credere che io fossi quel nove, quel sette o quel quattro, scritto sul registro elettronico. (Studiavo) […] per il voto, per fare una bella “performance”, per non deludere i prof, per non soffrire il paragone con gli altri e non per me stessa, per il mio futuro. Ero diventata dipendente dai numeri, non aspettavo altro che sapere il “mio voto”. Stavo lasciando che i miei risultati mi definissero e stavo vivendo male gli ultimi mesi di liceo. Da qui la voglia di sperimentare un nuovo modo di vivere la scuola, ovvero chiedere ai professori di non farmi sapere il voto ma darmi un giudizio, dirmi cosa andasse bene e cosa no, dove avrei potuto migliorare, cose che un numero non può esprimere a pieno. Posso dire che l’esperimento ebbe successo. Iniziai a vivere con più tranquillità la scuola, con meno ansia da prestazione e con la consapevolezza che il mio voto non dice niente di me, non mi definisce e non deve avere il potere di plasmare la mia concezione di me stessa e del mio futuro”.

"Io non sono i miei risultati, io non sono la mia performance"    Martina Creazzo

Un disagio serpeggia tra i banchi di scuola, un’ansia volatile e contagiosa ammorba le aule e le rende sempre più spesso luoghi di malessere invece che di gioia e di desiderio. Questo disagio ha una causa e un nome: si chiama ansia da voto. La semplice idea di trovarsi in una situazione di verifica genera in molti il panico. La descrizione che ho fornito potrà apparire esageratamente drammatica, ma vi assicuro che, per quanto iperbolica, non è distante dalla realtà. Prova ne sia che, secondo uno studio dell’Istituto superiore di Sanità, il 94% dei quindicenni dichiara di non amare la scuola. Non sarà di certo solamente per questo, ma i giovani di oggi soffrono di diffuse forme psico-patologiche come ansia da stress e da prestazione, depressione, disturbi dell’attenzione, disturbi alimentari ecc. fino ad un preoccupante aumento dei suicidi e dei tentati suicidi in adolescenza (più 75% rispetto al periodo pre-covid). Stiamo facendo ancora i conti con gli anni della pandemia soprattutto nelle scuole secondarie dove le fragilità si sono amplificate e si manifestano in particolare nelle situazioni stressanti come le verifiche. Parafrasando Schopenhauer, la vita di molti adolescenti assomiglia ad un pendolo che oscilla tra l’ansia da stress e la noia. Cristiano Corsini, docente di pedagogia all’Università di Roma 3 definisce, provocatoriamente, il voto “ordigno emotivo” in quanto questa misurazione sommativa e numerica degli apprendimenti assomiglia ad una bomba pronta ad esplodere. L’argomento è complesso e ricco di implicazioni. La necessità di parlarne mi è venuta dalla constatazione che in questi ultimi anni un certo numero di alunne e alunni della scuola in cui insegno hanno rinunciato agli studi, si sono ritirati iscrivendosi a scuole private o hanno cambiato orientamento e interessi. Il problema dell’abbandono scolastico in Italia è preoccupante e sta investendo anche i distretti di Milano e di Torino che non l’avevano ancora sperimentato. Se si trattasse di giovani del primo anno che sentono di aver sbagliato indirizzo e che scelgono un alternativo percorso di studi sarebbe normale, quasi fisiologico. Si tratta invece di studentesse e studenti ormai al triennio e senza gravi problemi nello studio, dotati di competenze piuttosto alte, che hanno interesse per le materie di indirizzo, ma che non reggono più il sistema valutativo giudicandolo troppo incalzante ed ansiogeno. È un malessere silenzioso che in loro ha un esito estremo, ma nella maggioranza rimane latente, appena sotto la soglia del sopportabile e crea le condizioni per un clima didattico stressante, più centrato sulla prestazione che sul gusto di imparare. L’osservazione del fenomeno mi ha spinto a muovermi in tre distinte direzioni. La prima mi ha portato ad approfondire la letteratura recente sul tema, la seconda a confrontarmi con colleghi e amici di alcune scuole del centro e nord, la terza direzione a organizzare dibattiti con i miei studenti sul tema della valutazione numerica.

Può esserci una scuola senza voti? Funzionerebbe?


Naturalmente la prima domanda è retorica in quanto esperienze di sezioni senza voti ci sono già da un po’ di tempo, si è anche sviluppata una rete di scuole.

Nella Primaria si sa che l’O.M 172 del 4 dicembre 2020 dispone il passaggio dal voto numerico ai giudizi descrittivi nella valutazione periodica e finale. Nella scuola Secondaria di primo grado, le medie, non si trovano esperienze ufficiali, mentre esistono da almeno sette anni alcune esperienze di classi senza voto nell’ordine Secondario superiore, a partire dal liceo Morganti di Roma. Lasciando stare le lodi e le critiche che hanno accompagnato l’introduzione dei giudizi descrittivi nella ex scuola elementare dove oggi troviamo una nuova classificazione dei livelli di apprendimento: in via di acquisizione, base, intermedio, avanzato, è chiaro che ad essere valutata è la prova in quanto soggetto del giudizio, e non il bambino. Nella scuola Secondaria l’eliminazione dei voti ha diviso il mondo della scuola. Molti la considerano uno scandalo, una pratica che aprirebbe ad una semplificazione del percorso di studi che pregiudicherebbe la serietà e la severità dell’istituzione. Vi è un'altra parte che sostiene al contrario la sostituzione dei voti numerici con i giudizi e considera i molti aspetti positivi della proposta. Il vantaggio principale della sperimentazione è il fatto di ridurre ansia e stress e di generare una motivazione intrinseca allo studio. I riscontri sono incoraggianti anche sul versante dei risultati (OCSE PISA 2022).

Ribaltando il discorso si potrebbe affermare che una scuola senza voti, o comunque una seria riflessione sulla valutazione, sia necessaria in quanto la scuola che c’è adesso, nonostante tutti gli strumenti giuridici e didattici a sua disposizione (riconoscimento di DSA, BES, Legge 104, obiettivi minimi, elaborazione di PDP....) non solo produce malessere e abbandono, ma anche risultati insoddisfacenti perché stando agli esiti degli ultimi test Invalsi quattro studenti su dieci non arrivano a conseguire gli obiettivi minimi in termini di competenze.

Il voto: la misura di quello che sai o di quello che sei?

Nei dibattiti sviluppati in classe e dai colloqui avuti, è emersa una realtà inquietante. Ciò che dovrebbe essere assodato per la docimologia, cioè: valutazione numerica delle prove sulla base di criteri trasparenti, accompagnata da una descrizione degli errori e da consigli e prescrizioni su ciò che la studentessa o lo studente dovrebbero fare per acquisire pienamente gli obiettivi,  si traduce di fatto in un’etichetta personale che pesa anche sui rapporti tra pari. Questo avviene soprattutto nei casi di percorsi scolastici competitivi come quelli liceali. La scuola viene percepita come “votificio”, il cui fine è semplicemente quello di attribuire il maggior numero di valutazioni agli studenti. La cosa preoccupante è la visione, reale o presunta, che gli studenti hanno del giudizio dei docenti. Sembra quasi che il voto sia un dispositivo che porta in sé lo stigma della punizione, quasi avesse una implicazione morale: “se prendi un tre ci vuole poi un nove per avere la media del sei!” Che pensiero bizzarro, voglio sperare che non siano molti i colleghi che la pensano davvero in questo modo! Il fatto di meritare un tre in una prova rimarrebbe come una tara, una macchia sulla “fedina penale” scolastica. Alcuni studenti si dichiarano preoccupatissimi di avere un votaccio soprattutto in certe materie, manifestando un vissuto di paralizzante impotenza. D’altra parte c’è chi si dichiara incapace di impegnarsi in uno studio assiduo e proficuo in assenza del voto che diventa, a quel punto, unico agente motivante: “chi studierebbe per l’indomani se non ci fossero la verifica ed il voto?” Forse alcune materie che sono di per sé gratificanti, al di là del risultato, possono essere studiate per via di una motivazione intrinseca, ma le altre, quelle che non piacciono ai più, vengono studiate, obtorto collo, per prendere un voto. Almeno questo è il pensiero dominante. 

Ombre sulla valutazione 

C’è un ulteriore fattore che va considerato. La stessa valutazione che dovrebbe condurre a formulare il voto non è oggettiva, ma risente di biases, cioè di tendenze distorsive, che condizionano il giudizio del docente quando corregge una prova scritta o valuta un’interrogazione. L’errore fondamentale, ad esempio, tende a far attribuire a cause interne, cioè a fattori disposizionali secondo la terminologia usata dagli psicologi sociali, l’esito negativo o positivo di una prova. In questo modo la studentessa o lo studente rischiano davvero di essere valutati personalmente come scarsi o brillanti. Tutti noi docenti, chi più e chi meno, rischiamo di cadere in trappole come l’effetto alone, l’effetto stereotipia, la tendenza centrale ed altri ancora plasmando in maniera occulta le aspettative e l’autostima dei nostri studenti. Rosenthal e Jacobson già nel ’68 dimostrarono la forza dell’effetto Pigmalione e Martin Seligman, al negativo, l’effetto impotenza acquisita, un vero limite alle aspettative di miglioramento della propria vita!

Un’idea di fondo da cambiare!

Non è facile pensare ad un cambiamento finché il presupposto occulto che ancora permane in forma strisciante nella scuola italiana è che essa persegua un’opera di coscrizione forzata nei confronti di studenti renitenti che vorrebbero essere nel paese dei balocchi, non tra le quattro mura delle nostre brutte scuole, ben rappresentato dall’iperbole iconografica dei carabinieri dell'immagine qui sopra, con le facce serie che sollevano per le braccia Pinocchio e lo trascinano a scuola . Il fine del docente in questo immaginario è sorvegliare, controllare, arginare e se necessario punire. Quale strumento è migliore dei voti compreso quello in condotta o, come si dice ora, in comportamento? Un simile modello culturale ha prodotto lo sconfortante (dal punto di vista pedagogico) filone delle commedie all’italiana degli anni ’80 nelle quali Pierino e compagni cercano sempre furbescamente di farla franca per i loro continui scherzi nei confronti dei compagni e degli sciocchi insegnanti. La coda tragica di quel modo di intendere la relazione docenti alunni si ritrova nei video che circolano su youtube nei quali i professori vengono dileggiati e derisi volgarmente dai loro studenti. Per questo urge un cambiamento, soprattutto di prospettiva, è necessario rompere il circolo vizioso che fa dell’apprendimento una pratica sado-masochistica nella quale lo studente studia per non prendere un voto insufficiente e il docente minaccia il quattro per far studiare lo studente. Per rompere questa prigione che non può portare che infelicità scolastica, è necessario intanto pensare allo studente come ad un soggetto attivo che ha tutto l’interesse a compiere un percorso di studi e al docente come un facilitatore di apprendimento. Il punto è rendere la valutazione una pratica di promozione di conoscenze e abilità che avviene all’interno di una sana relazione educativa.

Ci sono soluzioni praticabili? Esperienze alternative.

La sperimentazione della scuola senza voto continua ad andare avanti nonostante le critiche e le polemiche che suscita. Ma chi non vuole operare una scelta così radicale cosa fare per rendere meno oppressiva la pratica dei voti senza decidere di eliminarli? Daniele Novara propone una valutazione “evolutiva” che tiene conto maggiormente dei progressi: in una serie di valutazioni contano maggiormente le successive che emendano le precedenti. Molti docenti programmano le interrogazioni, le personalizzano e predispongono già le modalità di un eventuale e immediato recupero. Alcuni assegnano domande a casa a partire dalle quali sviluppare il colloquio. Questi stratagemmi dovrebbero alleggerire il carico emotivo senza rinunciare alla verifica degli apprendimenti. Si può agire anche su una diversificazione delle prove introducendo presentazioni di argomenti da parte degli studenti e lavori di gruppo. Tali modalità consentono di sollecitare e valutare altre competenze come le soft-skills, le competenze digitali, le competenze sociali. Un’altra interessante pratica è l’autovalutazione da parte degli studenti che consente un’attività metacognitiva e di automonitoraggio, molto importanti anche per la prosecuzione degli studi e l’ingresso nel mondo adulto. L’idea forte che emerge dal lavoro di documentazione e di dibattito con studentesse e studenti è che esiste una variabile che sta a monte dell’attribuzione dei voti o dei giudizi descrittivi: è la relazione educativa. Se la studentessa e lo studente percepiscono che il docente ha veramente a cuore il loro bene e se il docente è in grado di vedere in loro qualcosa di buono che ha margini di crescita, allora le modalità della valutazione passano in secondo piano.   Lorenzo Milani esprimeva con il motto "I Care" questa disposizione educativa. 

 Bibliografia 

 Arte Vincenzo, Crescere senza voti, Mondadori

Corlazzoli Alex (con un gruppo di studenti), Lettera a una professoressa del nuovo millennio, Rizzoli.

Corsini Cristian, La valutazione che educa. Liberare insegnamento e apprendimento dalla tirannia del voto, Franco Angeli.

Sitografia

 -        Scuola senza voti. Come funziona e quali sono i vantaggi

https://www.scuola.net/news/829/scuola-senza-voti-come-funziona-e-quali-sono-i-vantaggi#:~:text=Nella%20scuola%20senza%20voti%20la,lacune%20e%20i%20punti%20di%20forza.

-        La scuola senza voti

https://www.stateofmind.it/2022/12/scuola-senza-voti/

-        Liberare la scuola dalla tirannia del voto

https://laricerca.loescher.it/liberare-la-valutazione-dalla-tirannia-del-voto/

-        Un’esperienza americana

https://hechingerreport.org/teachers-voice-i-abandoned-grading-my-students-and-stopped-taking-attendance-heres-what-happened/

-        La scuola senza voto nel mondo

https://www.valigiablu.it/scuola-senza-voto-italia-mondo/#le-sperimentazioni-nel-mondo

-       Studio sugli adolescenti dell’IS di Sanità

https://www.iss.it/-/comunicato-stampa-n%C2%B008/2023-gli-adolescenti-italiani-dopo-la-pandemia-nella-fotografia-dell-iss-1-giovane-su-2-ha-dichiarato-un-effetto-positivo-nei-rapporti-famigliari-ma-2-su-5-ne-hanno-riconosciuto-gli-effetti-negativi-sulla-salute-mentale

-   Daniele Novara sulle medie dei voti

https://www.orizzontescuola.it/se-studente-prende-prima-3-e-poi-7-in-pagella-deve-avere-7-si-a-valutazione-evolutiva-il-pensiero-di-novara/#:~:text=%E2%80%9CSe%20lo%20studente%20prende%20prima,Il%20pensiero%20di%20Novara&text=Il%20pedagogista%20Daniele%20Novara%20riflette,nel%20corso%20di%20un%20quadrimestre.

-   Incontro video di Tuttoscuola su valutazione nella scuola Primaria

https://www.google.com/search?q=alex+corlazzoli+su+voti+scolastici&rlz=1C1SQJL_itIT927IT927&oq=Alex+corlazzoli+su+voti&gs_lcrp=EgZjaHJvbWUqCQgBECEYChigATIGCAAQRRg5MgkIARAhGAoYoAHSAQoyODQwNmowajE1qAIIsAIB&sourceid=chrome&ie=UTF-8&safe=active&ssui=on#fpstate=ive&ip=1&vld=cid:1bdb1d16,vid:SNEuCHFU_nY,st:0

Francesco Baldassarre. Dentro la scatola nera. Articolo sull’esperienza al G.B. Vico di Chieti

https://laricerca.loescher.it/dentro-la-scatola-nera-3-scuola-senza-voti/



Immagine di copertina tratta dal Reel Instagram di Martina Creazzo

https://www.instagram.com/reel/C5DzYyloeib/?igsh=MXhhMmxocjd4ankycA==