Campo Base


L'ALTRO E' IL MIO SPECCHIO


INTERVISTA A PADRE MAURO ARMANINO

di Luca Pani

Un onore, per me, ospitare al Campo Base Mauro Armanino, missionario, dottore in antropologia culturale ed etnologia. Nato a Chiavari nel 1952. Già operaio e sindacalista della FLM a Casarza Ligure. E' stato volontario in Costa d’Avorio, poi ordinato prete missionario presso la Società delle Missioni Africane di Genova. E' diventato cappellano dei giovani in Costa d’Avorio fino al 1990. Dopo alcuni anni a Cordoba in Argentina, è partito per la Liberia, dove è rimasto per sette anni. Ha conosciuto la guerra e i campi di rifugiati. Al ritorno da questa esperienza rimane in centro storico a Genova con i migranti e opera come volontario nel carcere di Marassi per gli stranieri di origine africana. Da oltre otto anni si trova nel Niger per un servizio ai migranti e si occupa di formazione. Molti suoi testi sono stati pubblicati dalla EMI, editrice missionaria (Isabelle, 5 nomi per dire Liberia, La storia si fa coi piedi). Con l’editrice Gammarò di Sestri Levante è uscito il libro-tesi La storia perduta e ritrovata dei migranti; per Hermatena (Bologna) ha pubblicato La nave di sabbia. Migranti, pirati e cercatori nel Sahel, Nomi di vento, La città sommersa. Il mondo altro dei migranti del mare. L’arcaperduta del Mediterraneo. Prove di naufragio di una civiltà; L’arcaperduta del Mediterraneo. Prove di naufragio di una civiltà, sempre con Hermatena di Bologna.

Ho chiesto a Padre Mauro di aiutarci a capire come leggere i tempi di oggi e trovare parole di pace promettenti.

1)Papa Francesco nell’Udienza Generale del 13 Aprile 2022, riferendosi alla guerra in Ucraina, ha ribadito con forza che la pace di Gesù non è mai una pace armata, ma va costruita con la mitezza e il perdono. A partire dalla tua esperienza missionaria, quali percorsi ritieni più utili per costruire una pace vera oggi?


Bella domanda davvero! La prima cosa che credo utile è quella di evitare di sventolare bandiere...! E cioè di favorire un nazionalismo fin troppo di moda di questi tempi. La sola bandiera alla quale, noi cristiani, abbiamo il diritto di portare è quella della croce, che ricorda le sofferenze di tutti gli innocenti. Poi educarsi a disarmare:

  1. le parole;

  2. lo sguardo e i pensieri;

  3. le mani;

  4. il cuore;

Imparare a sguardarsi negli occhi per imparare che l'altro/a è il mio specchio! Educarsi al rispetto dei più deboli e smascherare il nostro piccolo potere quotidiano.

2)Nelle scuole italiane di ogni ordine e grado sono stati ospitati bambini, adolescenti ucraini e non si contano le iniziative di riflessione e approfondimento sul tema della pace. Come, secondo te, la scuola può diventare un luogo sempre più inclusivo e un laboratorio di pace?


La scuola e la famiglia sono entrambi luoghi privilegiati per educare alla pace per vari motivi. Ci educano alla differenza di genere, di età, di forza/debolezza, vedono la diversità non come una minaccia ma come un dono e una possibilità, talvolta difficile, di crescita e di APERTURA. Una scuola che si rispetti dovrebbe avere porte e finestre aperte al mondo, educare all'accoglienza del mondo dell'altro, con umiltà e delicatezza!

3)Don Tonino Bello sapeva agire localmente per seminare pace globalmente e affermava che se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra; la pace si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione. Come diventare uomini e donne missionari di pace nel concreto?


Tutto nasce dall'ascolto. L'ascolto di noi stessi e delle nostre fragilità, ma anche e soprattutto dell'altro, che ha le nostre stessi seti di riconoscimento, vita, rispetto...misericordia. L'ascolto implica il silenzio e l'attenzione a cogliere i messaggi e i segnali che l'altro/a ci inviano, piccoli segni che domandano rispetto e, in fondo, amore o amicizia. Imparare ad ascoltare il bisogno dell'altro. Per questo occorre DECENTRARSI perché ciò significa crescere: solo donandoSI si crea un mondo nuovo. E infine c'è bisogno di speranza, che è la capacità di leggere i fermenti di novità nascosti nelle sconfitte e nella sofferenza.