Pillole di pedagogia e didattica
                (di F. Codebò)

DOVE VA IL TEMPO PIENO?

Da tanto volevo parlare di questo modello educativo-didattico a cui sono tanto legato avendo sempre insegnato solo in classi a tempo pieno. Anche da Dirigente scolastico "soffrivo" se nel mio istituto non c'erano plessi o corsi a tempo pieno.
Ora la spinta decisiva ad approfondire la tematica me l'ha data l'insegnante di scuola primaria Silvia Contangelo che in una recente intervista molto ampia su "Orizzonte scuola" ( https://www.orizzontescuola.it/il-tempo-pieno-e-adatto-solo-ad-una-categoria-di-alunni-i-bravi-per-gli-altri-e-una-iattura-vi-spiego-perche-matematica-se-ne-fa-troppa-intervista-a-silvia-contan/) (per aprire evidenziare la parte sottolineata e poi cliccare sopra il titolo che compare) fa in merito un'analisi approfondita e per certi versi "agghiacciante". 

In estrema sintesi, i punti fondamentali del suo discorso sono questi:
- il T.P. attualmente va bene solo per gli alunni dotati (definiti "multitasking", con ottima comprensione e memorizzazione, quelli che la docente dice "ne sanno più della maestra..."; quelli che  "vanno tre volte in un'ora al gabinetto" e al rientro continuano come se niente fosse..."
- non ci sono più compresenze, gli orari sono troppo spezzettati;
- manca il consolidamento degli apprendimenti e gli alunni sono poco autonomi nell'esecuzione dei compiti;  in genere poi si trovano male  alla scuola secondaria;
- il T.P. viene scelto ormai quasi interamente da famiglie con bisogni e problemi particolari di tipo socio-economico; troppo alta anche la percentuale di alunni con handicap;
- il T.P. è stato secondarizzato; 













Per riflettere sui contenuti dell'intervista in modo serio bisognerebbe dibattere in presenza con l'autrice; molte affermazioni sono condivisibili, altre meno, penso purtroppo che quasi la totalità di quanto da lei osservato si riferisca ormai a tutta la scuola primaria, non solo al tempo pieno. L'autrice, forse troppo giovane, dimentica che il TEMPO PIENO nacque come un modello formativo innovativo  che puntava sulla socializzazione dei ragazzi, sulla loro autonomia, sullo sviluppo della creatività, sulla metodologia della ricerca, sullo sviluppo delle capacità decisionali. E' sbagliato e fuorviante pensarlo solo come un modello organizzativo legato ad un aumento delle ore settimanali di scuola.

Per proporre con più efficacia alcune possibili soluzioni che potrebbero dare da subito una ventata di aria fresca a questa modalità organizzativa e didattica, voglio parlare quindi in modo più analitico dell'origine di questa esperienza...
Nacque negli anni '70 in un altro clima sociale e culturale; furono i lavoratori, i sindacati, i partiti che più erano attenti al progresso culturale delle masse operaie (allora si diceva così) che spinsero verso questa soluzione che doveva servire per cancellare l'esperienza meno felice e più ghettizzante del doposcuola.
Nacque soprattutto nelle grandi città operaie del nord per poi propagarsi a macchia d'olio.
I cardini dei vari progetti messi a punto dalle singole scuole erano principalmente questi:
- La base di tutto era un progetto formativo, culturale e didattico calibrato sulla specifica realtà territoriale;
- L'altro fattore decisivo era il GRUPPO DEI DOCENTI formato da tutti i titolari delle classi; il gruppo si riuniva spesso per fare analisi, confronti molto accesi, proposte...;
- i docenti della classe esercitavano la CONTITOLARITA' attraverso una programmazione settimanale serrata, partendo dal principio che non c'era la rigida divisione disciplinare di adesso;
- chiave di volta era la CONTEMPORANEITA' usata non solo per fare itinerari individualizzati ma anche per organizzare CLASSI APERTE su progetti di tipo espressivo, ma anche scientifico o di ricerca.

Ora la situazione è ben diversa quasi in tutte le realtà, le peculiarità sono sparite, ma gli esiti formativi non sono migliorati.
Basti dire che all'epoca in una classe, nella settimana, ruotavano non più di tre insegnanti, ora si arriva anche a sei e forse più.

E allora è possibile fare qualcosa, anche di limitato, partendo dal basso, dalle singole realtà?
Bisogna fare così perchè i nostri decisori politici hanno da pensare ad altro e sicuramente non elimineranno mai il tempo pieno, forse per non perdere milioni di voti...
- Intanto andrebbe ricostituito il gruppo dei docenti del tempo pieno del plesso, che si incontri stabilmente e metta a punto un progetto pur semplice  legato a precise finalità formative da sviluppare e verificare e a qualche proposta operativa concreta; per riunirsi, si trovi  uno spazio nelle famigerate 40 ore annuali, o si ricorra al fondo d'istituto spesso poco utilizzato per sostenere l'innovazione e la programmazione;
- va ripreso il concetto della CONTITOLARITA' pur allargata e va rivendicata con forza la necessità della CONTEMPORANEITA' per usi didattici;
- bisogna di nuovo organizzare le CLASSI APERTE e/o i LABORATORI che erano un momento molto importante per gli alunni e per i docenti;
- vanno organizzati sul campo momenti efficaci e concreti di CONTINUITA' con la scuola dell'infanzia e con la scuola secondaria per facilitare il passaggio tra i vari segmenti. Va sconfitto il pregiudizio (che c'è sempre stato) che "i ragazzi che escono dal tempo pieno non sono preparati".
-  va dato spazio (come una volta), a partire dalla classe terza, a momenti settimanali di studio individuale assistito e  di lavoro autonomo individualizzato "con carta e penna", creando  degli ambienti "asettici" dove i ragazzi abbiano la possibilità di concentrarsi sul compito per un tempo ragionevole, in modo molto più opportuno della situazione che si crea in ambito familiare
Cinque semplici proposte, quindi, attuabili, anche non contemporaneamente, già dal settembre prossimo... ci vogliono però docenti e dirigenti molto motivati, negli  anni '70, per insegnare nel tempo pieno, i maestri dovevano chiederlo espressamente sia al momento dell'assunzione che in quello dei trasferimenti... forse la frana è cominciata da lì, da quando per lavorare nel tempo pieno non bisognava prima fare "un atto di fede"...