Campo Base 

di Luca Pani

LA SCUOLA AL TEMPO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: UN’ARMONIA POSSIBILE? 

Tra le diverse definizioni di intelligenza artificiale (IA) ,quella riportata nel libro Scuola e intelligenza artificiale: percorsi di alfabetizzazione critica, (Cuomo,Ranieri,Biagini) pubblicato a gennaio 2024, a mio avviso offre uno sguardo nuovo sul tema attraverso una pluralità di dimensioni. L’UNESCO definisce l’IA come un’intelligenza capace di elaborare informazioni attraverso modelli e algoritmi, apprendere e gestire compiti nonché effettuare previsioni, prendere decisioni sia in ambiti reali che virtuali. Come evolverà l’educazione nell’era dell’IA? In un mondo che cambia, alla ricerca e alle politiche per l’educazione è richiesto di orientare l’istruzione affinché prepari gli studenti alle sfide tecnologiche, consentendo alla scuola e alle comunità educanti di guidare l’innovazione. Da sempre, nei confronti di ogni innovazione tecnologica (la televisione, il cinema, la radio, la diffusione di Internet) ci si orienta in due direzioni opposte, da un lato c’è chi è fanatico del cambiamento e vede nella nuova tecnologia la soluzione ai problemi dell’oggi, dall’altro chi è spaventato e vede nella novità una minaccia da cui difendersi. La scuola non può correre il rischio di seguire queste prospettive; il ruolo educativo chiede di riflettere, di riconoscere limiti, implicazioni, sfide, risvolti etici, potenzialità di ogni innovazione tecnologica. Anche di fronte alle sfide dell’IA siamo chiamati a realizzare una cittadinanza consapevole. Non si può far finta che l’IA non esista e difendere una scuola tradizionale che vieti l’utilizzo di questi sistemi, ma non è possibile nemmeno pensare che l’IA sostituisca il valore prezioso dello sviluppo di conoscenze, abilità e competenze legate alla scrittura, all’esposizione, alla ricerca dell’informazione.

La scuola e gli insegnanti sono chiamati ad educare gli studenti con i media (a supporto dei contenuti di apprendimento), ai media (analizzando in modo critico i risvolti e le ricadute sociali) e attraverso i media (sfruttando le potenzialità collaborative dei dispositivi tecnologici) (Rivoltella, 2019). L’educazione ai media nel caso dell’IA è particolarmente rilevante, vanno educati gli alunni affinché sviluppino senso critico e riconoscano le implicazioni etiche e sostenibili di questo potente strumento; vanno accompagnati ad un percorso di consapevolezza verso la capacità di sapersi informare; riconoscendo i rischi, in una società sempre più informatizzata, di dis-informazione e mis-informazione. 

In questo senso chi opera nella scuola, qualsiasi ruolo ricopra, svolge gran parte delle sue azioni amministrative, didattiche, educative e di ricerca attraverso mezzi che si riferiscono all’IA. Non possiamo quindi sottrarci a questa sfida tecnologica quotidiana. Già il Sillabo sull’ Educazione Civica Digitale del 2018, all’interno del PNSD, sottolineava come la scuola dovesse formare cittadini in grado di diventare consumatori critici, dei produttori di contenuti digitali responsabili, dei naviganti consapevoli. Ciò conferma, come evidenziato nel documento The Future of Education and Skills: Education 2030, OCSE, che “esiste una domanda crescente nei confronti delle scuole perché preparino gli studenti ai cambiamenti economici e sociali più rapidi, ai posti di lavoro che non sono stati ancora creati, alle tecnologie che non sono state ancora inventate e risolvere problemi sociali che non esistevano in passato.”

E’ molto interessante e significativo constatare che il termine “intelligenza artificiale” compaia per ben 73 volte all’interno del Il quadro di riferimento per le competenze digitali dei cittadini 2.2. Tale documento, Digital Competence Framework for Citizens, fornisce un linguaggio comune per identificare e descrivere le aree chiave delle competenze digitali. Si tratta di uno strumento sviluppato a livello europeo per migliorare le competenze digitali dei cittadini, aiutare i responsabili politici a formulare politiche che supportino lo sviluppo delle competenze digitali e pianificare iniziative di istruzione e formazione per migliorare le competenze digitali di specifici gruppi target. In sintesi non si tratta di avere paura dell’IA (temere un uso scorretto da parte dei giovani per esempio di Chat-gpt…), ripiegandosi in un atteggiamento tecnofobo quanto meno di scetticismo tecnologico, quanto piuttosto di coglierne le potenzialità trasformandole in opportunità per l’umanità e quindi anche nel campo educativo. Da qui è nata l’esigenza di inserire l’IA nella ricerca in campo educativo dando forma all’AIED (Artificial Intelligence In Education) che, con il Congresso di Pechino del 2019 ha portato alla stesura del più importante documento sulla IA e l’educazione: il Consensus di Pechino.

Nel libro Pedagogia algoritmica. Per una riflessione educativa sull’intelligenza artificiale, Chiara Panciroli e Pier Cesare Rivoltella, dopo aver introdotto alcuni aspetti della cultura e della storia dell’IA in educazione, sviluppano il discorso in tre direzioni complementari: educare con l’IA, educare all’IA, educare l’IA. Riporto i tre passaggi indicati nel testo:


1) educare con l’intelligenza artificiale riguarda l’impiego dell’IA nei processi diinsegnamento/apprendimento (usi didattici, progettazione e ideazione di percorsi e risorse, personalizzazione, valutazione e feedback). Ad esempio, l’insegnante può essere affiancato da un robot umanoide (cobot), che risponde alle sollecitazioni dei bambini. Con l’IA gli studenti possono essere profilati in aula o nello studio allo scopo di progettare programmi personalizzati; l’insegnante può allestire esperienze che stimolano la creatività dello studente.


2) educare l’Intelligenza artificiale si riferisce «all’insieme delle attività attraverso le quali si insegna al sistema intelligente a interpretare correttamente i dati che gli vengono messi a disposizione e a imparare come servirsene adeguatamente per svolgere un determinato compito […]. Ma si può fare anche riferimento ai criteri che possono consentire allo stesso algoritmo di agire in maniera corretta: in questo secondo caso si può parlare in senso proprio di “educare l’Intelligenza Artificiale” ponendo le basi perché si comporti bene (fair) e operi eticamente (algoretica). Chiaramente la questione etica e antropologica è già aperta: si può richiamare una macchina alle sue responsabilità? Attribuire a un organismo artificiale la possibilità di "comportarsi bene" significa riconoscergli in qualche modo una forma di intenzionalità?» (Panciroli & Rivoltella 2023, p. 9).


3) educare all’intelligenza artificiale si riferisce alla promozione delle competenze digitali e trasversali che consentano di acquisire una sufficiente conoscenza e comprensione del fenomeno, dei rischi e delle opportunità dell’AI in vari ambiti di vita, apprendimento, lavoro e abilitarsi a gestirne le applicazioni con consapevolezza e responsabilità. «Occorre non commettere l’errore di pensare che l’IA rappresenti solo un rischio da cui doversi difendere […]. In una società e in una cultura a elevatissima complessità come la nostra, senza il supporto degli algoritmi, già oggi, ma sempre più in futuro, sarebbe impossibile sopravvivere. Trovare le informazioni, vagliarle, compararle, renderle ricercabili e utilizzabili, sono tutte operazioni che difficilmente si potrebbero svolgere senza l’aiuto dell’IA; vale la stessa cosa per quasi tutti gli ambiti della nostra vita personale e professionale. Questo comporta che i contesti educativi non si pongano solo il problema di come sviluppare pensiero critico nei suoi confronti, ma anche di come promuovere una cultura dell’IA per rendere i soggetti abilità a conoscerne e usarne il linguaggio e le logiche» (Panciroli & Rivoltella, 2023, p.10).

Bibliografia:








Sitografia: