Campo base di Luca Pani

Educare alla speranza

INTERVISTA A DON ALBERTO GASTALDI



Un ospite molto gradito è con noi al Campo Base di Aprile. Ve lo presento, è l’amico Don Alberto Gastaldi. Attento osservatore della realtà giovanile di oggi, ricopre diversi incarichi. Ne ricordo qualcuno: direttore della pastorale giovanile e vocazionale ligure, direttore dell’ufficio scuola della diocesi di Chiavari, docente di religione in una scuola superiore di II grado e parroco. Un passato, prima di entrare in seminario, come giornalista al Secolo XIX. La passione per il giornalismo continua ad accompagnarlo: è autore di articoli per riviste e quotidiani. E’ per questi motivi che ho chiesto a lui alcune impressioni, idee, suggerimenti a partire dal tema di questo numero di Pedagogia 20.20: basta un soffio di vento e il nostro mondo iperconnesso, ma non resiliente, va in tilt.

Partiamo da un fatto di cronaca, che tutti abbiamo avuto modo di conoscere. Nel Canale di Suez, il 23 marzo 2021, una nave porta container lunga 400 metri ha perso il controllo e si è incagliata e posizionata di traverso bloccando il traffico dell’intero canale. Si tratta della Ever Given che è rimasta letteralmente incastrata all’interno del Canale di Suez, bloccando una delle rotte di navigazione più percorse al mondo, quella che va dal Mar Rosso al Mediterraneo attraverso il celebre Canale, nonché uno snodo cruciale per il traffico delle merci. Si è stimata una perdita economica di 9,6 miliardi di dollari al giorno. L’incagliamento della Ever Given ha evidenziato fragilità e paradossi del mercato globalizzato, e ricordato quanto incidenti relativamente banali e imprevedibili possano avere conseguenze enormi per l’economia mondiale. Una forte raffica di vento pare sia stata la causa dell’incidente. È proprio il caso di dirlo... a volte basta un soffio di vento e anche il mezzo di trasporto più all’avanguardia si arrende, si blocca e tutto si ferma.

Don Alberto, non credi che anche nella scuola di oggi esista il rischio di un’ipertrofia normativa e/o progettuale? Aggiungiamo una norma su un’altra norma, un tecnicismo alla moda, credendo di snellire il sistema, di creare una scuola più vicina ai giovani, ma in realtà l’effetto è opposto. Basta un nulla (un soffio di vento...) e tutto il sistema può crollare, perché non risponde alle domande profonde che i ragazzi portano dentro.

Bisogna soprattutto riscoprire l'antica e sempre nuova arte dell'educare. Non basta organizzare delle cornici normative per limitare i danni. Occorre ancora di più farsi prossimi ad ogni ragazzo. Mostrargli che è apprezzato in modo originale. Se, come ci ha ricordato Papa Francesco, il tempo prevale sullo spazio siamo chiamati a guardare meno i programmi e più i volti. Stare in mezzo ai giovani con rinnovata fiducia. Partire dalla loro realtà, con le sfide e i drammi che si presentano, rileggere il vissuto, aprire nuove domande, far intuire il significato profondo della vita. E' un'opportunità che la scuola ha sempre offerto nelle tante belle figure di educatori. Il rischio è che oggi se ne senta parlare di meno, ma la causa non è tutta da attribuire ai giovani, ma anche a una minore disponibilità degli adulti.

Nel tuo percorso, scolastico e universitario prima e da giornalista poi, quali sono stati i principi educativi e le testimonianze che hanno segnato in modo decisivo la tua vita?

Sempre sono rimasto colpito dalle persone che donano il loro tempo e il loro entusiasmo con gratuità, vivendo l’accoglienza, il dialogo, consegnando parole vere. Testimoni che mi hanno indicato delle corse per raggiungere una meta, dei balzi in avanti per concretizzare un progetto, ma anche attese pazienti, nella reciproca passione di incontrare l’umanità, soprattutto nelle situazioni più fragili. Lì ho avuto la possibilità di scoprire il Signore Gesù. Mi hanno poi molto appassionato i percorsi di accoglienza dei giovani con le proposte di tempi di vita comune come spazio di discernimento sulle scelte importanti; l’accompagnamento alla vita interiore per annunciare la bellezza di una fede pregata, vissuta e celebrata; i percorsi di responsabilità al bene comune per dare prospettiva a una fraternità feriale.

Il sacerdote attraverso il suo ministero può diventare una guida e un punto di riferimento prezioso per i giovani di oggi, come lo sono stati grandi testimoni del nostro passato che avevano in comune non solo il ministero sacerdotale, ma soprattutto il carisma, il dono di educare al bene, al vero e al bello. Pensiamo ad esempio a Giovanni Bosco, Lorenzo Milani, Luigi Giussani, Luigi Orione, Pino Puglisi, Tonino Bello… e tanti altri. Perché, ancora oggi, ha valore la presenza e la testimonianza di un sacerdote, come te, a scuola?

E’ significativa questa presenza quando può rivolgere a ogni studente stima e fiducia. Accompagnare le inquietudini e i sogni degli adolescenti. Cercare di rendere vive per loro quelle parole che scriveva Papa Francesco nella Christus Vivit, documento dedicato ai giovani: scacciate le paure che vi paralizzano, per non diventare giovani mummificati. Vivete! Datevi al meglio della vita! Aprite le porte della gabbia e volate via! Per favore, non andate in pensione prima del tempo (n. 143). Quando ho letto in classe queste righe, una ragazza mi ha subito detto: meno male che troviamo qualcuno che ci invita a rischiare, anche se sbagliamo, perché noi sentiamo più che altro adulti che si lamentano di noi. Aiutare i giovani ad avere una direzione buona per la loro vita: la parola futuro sembra a volte essere per la prima volta rivolta a loro con sincerità nell’ora di religione. Troppe le previsioni negative che ascoltano sulle prospettive lavorative che dovranno aspettarsi, ma anche sulla possibilità di realizzare dei legami stabili. In tanti tra i banchi intuiscono la freschezza di una vita vissuta con lo slancio e sanno anche interrogarsi sulla relazione con Gesù, anche se si sentono un po' confusi. Chiedono di poter capire meglio, ma soprattutto di potersi trovare a vivere la spontaneità dell’amore fraterno, nella freschezza che ci fa reagire sempre con il perdono, con la generosità, con il desiderio di fare comunità (n. 167).

Don Tonino Bello

San Giovanni Bosco

Beato Pino Puglisi

San Luigi Orione

Il 15 Ottobre 2020, Papa Francesco, in un suo discorso presso la Pontificia Università Lateranense, ha affermato: un anno d’isolamento obbligato ed esclusione, di angoscia e crisi spirituali e di non poche morti, e di una crisi educativa senza precedenti. Più di un miliardo di bambini hanno affrontato interruzioni nella loro educazione. Centinaia di milioni di bambini sono rimasti indietro nelle opportunità di sviluppo sociale e cognitivo. E, in molti luoghi, le crisi biologica, psichica ed economica sono state aggravate dalle crisi politiche e sociali correlate. Davanti a questo scenario è dunque necessario, un atto di speranza affinché gli impulsi di odio, divisioni e ignoranza possano e siano superati, attraverso nuove opportunità educative, basate sulla giustizia sociale e sull’amore reciproco, un nuovo Patto Globale per l’Educazione.

A partire dalla tua esperienza sul campo, che cosa occorre per ristabilire un nuovo patto educativo, tra docenti e giovani, tra genitori e docenti, per una scuola chiamata a diventare comunità educante?

Certo. Dobbiamo ripartire dall’ascoltarci, abbassando le nostre difese. Saper attendere, darci fiducia e mettersi in discussione, sono alcuni degli elementi indispensabili. Un ascolto sincero e attento esige la consapevolezza, fin dall'inizio, di non conoscere dove il tempo speso in questa direzione potrà condurci. Non bisogna temere di essere destabilizzati. Sarebbe sbagliato porsi l'obiettivo funzionale di consegnare delle ricette preconfezionate. A noi adulti occorre una continua conversione per dare spazio al dialogo senza premettere i se e i ma. E' una strada che ci permetterà allora insieme di andare incontro ai ragazzi. Conoscere davvero quali sono le loro attese, quali sono le loro paure, che cosa cercano giorno dopo giorno, chi sono disposti a seguire. Ponendosi con autenticità e serietà, si incrociano storie, si aprono emozioni, si accolgono domande. Dobbiamo inoltre moltiplicare i luoghi di condivisione nei quali i giovani siano accolti senza essere giudicati, vivano la dimensione della casa. L'ascolto cresce anche con l'impegno del fare insieme. Creare opportunità per l'ascolto in modo informale. Passa tanto di prezioso, se sappiamo metterci la testa e il cuore.