Una legge che non arriva...

Da molto tempo si parla, nel dibattito politico, di "ius scholae"  e da tanto giace in parlamento una proposta di legge "trasversale" per garantire una procedura più accelerata per dare la cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati nel nostro paese.
Lo ius scholae (nella formulazione unificata approvata dalla Commissione parlamentare), prevede "l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte del minore straniero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimenti del dodicesimo anno d'età e che risieda legalmente in Italia, qualora abbia frequentato regolarmente, per almeno cinque anni nel territorio italiano, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o formazione professionale..." 

I motivi della resistenza di alcune forze politiche non si capiscono facilmente, in quanto la legge sancisce un principio tanto semplice quanto inoffensivo. Per rallentare i lavori in Parlamento sono stati presentati più di 1500 emendamenti ostruzionistici che non trattano di questioni di merito.
Annalisa Cuzzocrea, su "Il Secolo XIX" , ricorda che ci sono più di un milione e mezzo di ragazzi che aspettano la cittadinanza.
Dalle ultime rilevazioni statistiche risulta che almeno il 60 % degli italiani sono favorevoli a questo provvedimento che consentirebbe ai figli di immigrati di vivere una situazione di "maggior parità" rispetto ai pari età cittadini italiani.  Anche la CEI, recentemente, si è espressa a favore del provvedimento.
Sempre Cuzzocrea ricorda che maggiori diritti portano maggiore integrazione, se sono i contrasti sociali quelli che si temono, è ampliando la sfera dell'accoglienza che li si combatte. 

Riportiamo ancora le parole di A. Cuzzocrea che sembrano essere molto efficaci: "lo Ius scholae diventa il perfetto terreno d'incontro tra diritti civili e diritti sociali. E ha come luogo di elezione la scuola , l'istituzione che per antonomasia è il luogo di emancipazione di ogni cittadino. Perchè deputata, da sempre, a costruire possibilità, ad abbattere disuguaglianze. Fallire adesso su una legge così importante sancirebbe ancora una volta il distacco del Parlamento dal Paese reale".