Franco Basaglia all’origine del                   concetto di inclusione


di Andrea Poggiali


Giorgio Bertazzoli "Bastaaaa" particolare

Centro Basaglia ex manicomio Ge Quarto

Il prossimo 2024 sarà l’anno del centenario dalla nascita di Franco Basaglia. Vorrei, in questo numero speciale dedicato all’inclusione, ricordare lo psichiatra che più di ogni altro, forse al mondo, ha rivoluzionato il sistema di segregazione del “malato mentale” che ha caratterizzato l’approccio psichiatrico a partire dal XVIII secolo e che si è dispiegato per tutto l'Ottocento e per gran parte del Novecento. A Basaglia si deve l'approvazione della legge 180, la legge che, entrata in vigore nel 1978, ha rappresentato un radicale cambiamento di rotta nella cura del disagio psichico, ribaltandone gli stessi presupposti paradigmatici.

Essa può essere considerata la “madre” di tutti i successivi provvedimenti legislativi sull’inclusione. I presupposti della prospettiva cosiddetta “antipsichiatrica” vanno ricercati nelle speculazioni filosofiche e sociologiche del primo Novecento, tra le quali si possono evidenziare quelle del filosofo e psichiatra svizzero Ludwig Binswanger, del filosofo francese Michel Foucault, degli psichiatri Cooper, Laing e Szasz, del sociologo Erving Goffman. L'uomo, in questa prospettiva, non può essere scambiato per la sua malattia, è nel mondo nella modalità della gettatezza storico-finita. Il disturbo mentale deve essere letto come una modalità di esistenza. La concezione positivista, al contrario, considera il “malato mentale” come anormale, quindi pericoloso per la società “sana”  e così tende ad isolarlo etichettandolo come folle per preservare se stessa. Quando la ragione veniva meno si spalancavano le porte del manicomio dove l’individuo, spogliato di tutto, perdeva la propria dignità.

Il paradigma della normalità spingeva chi era considerato strano all’emarginazione e all’internamento. Non a caso i manicomi nascono in zone distanti dal centro economico e civile delle città. Il paziente, colui che è affetto dalla “malattia mentale” viene definito “alienato” cioè colui che ha perso la ragione. Lo dice bene Foucault nella sua Storia della follia, da un lato il disturbo mentale viene considerato una malattia del cervello, dall’altro una deviazione da correggere.  E’ il tipo di atteggiamento che porta ad assimilare il manicomio al carcere. In ogni caso il potere ha facoltà di decretare l’esclusione di soggetti definiti anormali. Basaglia nelle Conferenze brasiliane sostiene che le due istituzioni abbiano una simile “funzione integrativa”. Lo psichiatra veneziano descrive molto efficacemente questo concetto di assimilazione di una istituzione all’altra quando racconta dell’esperienza che ha avuto entrando per la prima volta in un manicomio, la stessa cioè di quando da ragazzo era entrato in carcere come oppositore del fascismo. Lo stesso odore contrassegnava i due luoghi, la stessa depersonalizzazione, lo stesso dolore. 

Collettivo Code War. Centro Basaglia Genova Quarto.

Dal punto di vista sociologico un grande passo lo fece Ervin Goffman, sociologo statunitense di origine canadese, che nella sua monumentale opera Asylum del 1961, descrisse i comportamenti di medici, infermieri e pazienti in un ospedale psichiatrico, il St. Elisabeth di Washington D.C., quasi fosse uno studio etnologico. Concluse che la presa di ruolo (role taking) e la necessità di sostenere “la parte” nella rappresentazione della vita all’interno del contesto dell’ospedale psichiatrico, impediscono di fatto il riconoscimento della guarigione del paziente. Non a caso il testo di Goffman è stato tradotto da Franca Ongaro, moglie, collaboratrice e sostenitrice di Franco Basaglia. Questi, definito con sarcasmo: psichiatra filosofo, si era formato sui testi della Fenomenologia e dell’Esistenzialismo di Ludwig Binswanger, considerava dunque l’uomo, il Dasein, nella sua interezza esperienziale. Di fronte al malato è necessario sospendere il giudizio, considerare l’umano che abita ciascun individuo prendendosene cura e restituendo quella dignità che il manicomio aveva tolto. 

Giorgio Bartocci. Centro Basaglia Genova 

La pubblicazione quasi simultanea di molte opere fondamentali per l’affermarsi della prospettiva antipsichiatrica, costituisce un humus generativo dal quale prende il via, con solide basi teoriche, l’esperienza dell’ospedale psichiatrico di Gorizia, descritta nel testo di Basaglia: L’istituzione negata, pubblicato nel ‘68. L’esperienza della progressiva apertura del manicomio alla società, le sperimentazioni artistiche e culturali che entrano a portare squarci di luce tra le tetre mura  degli istituti, pongono le basi per il dibattito parlamentare che condurrà nel 1978 all’approvazione della legge 180, ancora oggi una legge di avanguardia che costituisce un primato di civiltà per il nostro Paese.

La società che non riesce a includere chi dimostra fragilità e crea luoghi di emarginazione, è una società totalitaria e disumana. La logica dell’istituzione totale sia essa quella del carcere, del manicomio, delle grandi strutture per  “disabili”, rende le persone “cose” senza identità. La grande lezione di Basaglia di cui possiamo far tesoro nelle scuole è proprio l’idea che l’inclusione sia non solo necessaria perché umanizzante, ma anche perché rappresenta una ricchezza e un vantaggio reciproco, un’esperienza da cui tutti possono trarre un beneficio. 

Naturalmente il processo di inclusione deve essere accompagnato e nutrito nelle concrete azioni didattiche quotidiane attraverso una progettazione personalizzata che viva di interconnessioni e sappia trovare spazi di condivisione tra studenti. Solo così il conflitto tra diversità può diventare generativo.


Bibliografia

Basaglia F., L’istituzione negata, Einaudi, Torino, 1970. - Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina, Milano, 2000.

Binswenger L., Essere nel mondo, Astrolabio, Roma, 1973.

Foucault M., La storia della follia nell’età classica, Rizzoli, Milano, 1976.

Goffman E., Asylum, Einaudi, Torino, 1968 - La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, Bologna, 1969.