terza parte

TERZA PARTE

10 ) LE PAROLE DELL'INCLUSIONE

INCLUDERE E' ....SOSTENERE E NON PRETENDERE (A CURA DI ELISA CRISTINI)

Cari lettori,

in questa rubrica ho il desiderio di condividere uno stile educativo basato sull’accompagnare i nostri alunni sostenendoli nel loro percorso di crescita, senza imporre, spingere, forzare il cambiamento ritenuto opportuno. Spesso, come insegnanti, osserviamo atteggiamenti, situazioni, difficoltà nel vissuto dei bambini che partecipano alla vita scolastica e grazie alle competenze acquisite, organizziamo interventi per produrre un miglioramento della situazione.

Partendo dal principio che questo è il nostro ruolo educativo e didattico e che sia doveroso organizzare interventi efficaci e funzionali, che scaturiscano da letture competenti delle situazioni osservate, credo fortemente essenziale una competenza del docente nel saper attendere e sostenere il processo di crescita dell’alunno.

Capita a volte che alcune strategie d’intervento mosse da nostre aspettative e desideri di cambiamento vadano nella direzione di: “spingere”, “forzare” il processo di acquisizione, mentre credo necessario in primo luogo, sostenere con capacità di attesa e lentezza l’alunno nella sua specificità. Molte ricerche sostengono quanto sia fondamentale permettere al bambino di acquisire le capacità rispettando il proprio tempo di crescita, le spinte più efficaci dell’operare sono interne al soggetto. Inoltre

credo sia necessario per noi insegnanti riflettere su quanto siamo disposti a cambiare, a metterci in discussione, a crescere ed imparare dalla relazione instaurata con l’alunno. A volte c’è il rischio di pretendere di sapere cosa è giusto per l’altro, questo non rende libera la persona di crescere trovando in sé le proprie risorse.

Desidero condividere con voi un’esperienza vissuta che racconta il senso dello stile educativo e che è nato da un incontro speciale con una bimba della scuola dell’infanzia. La bimba che frequentava il primo anno di scuola dell’infanzia, ultima di molti fratelli, ad un certo punto ha smesso di parlare solo all’interno della scuola. Appena varcava l’ingresso non proferiva più parola, neanche con la mamma che la accompagnava quotidianamente. Questa situazione si era protratta per alcuni mesi e le insegnanti preoccupate mi avevano chiesto, come referente di sostegno, di svolgere alcune osservazioni.

Un pomeriggio, dopo alcuni giorni di osservazione, decisi di dedicare un tempo lungo di partecipazione alla vita scolastica. Le insegnanti nel tempo precedente, avevano cercato di coinvolgere l’alunna attraverso giochi strutturati, responsabilità, consegne speciali, attività mirate alla produzione linguistica, ma tutto questo sembrava non portare ad un cambiamento.

Quel pomeriggio ebbi l’intuizione che non era la bimba che doveva sforzarsi a parlare, ma che ero io a dover trovare un modo per comunicare rispettando il suo limite. Iniziai a disegnare vicino a lei e solo dopo un lungo tempo di silenzio, anche ad interagire dialogando sul disegno effettuato. Avevo chiaro che la mia comunicazione non doveva mirare allo spingere la bambina a rispondermi, ma le raccontavo del disegno che ognuna di noi stata effettuando. Il tempo passava e la bambina era sempre più

coinvolta nel lavoro che stavamo producendo, osservavo il suo piacere nel disegnare insieme, tanto che ad un certo punto mi disse avvicinandosi al mio orecchio, sotto voce, quale personaggio stava disegnando. Mi emoziono ancora nel raccontare questa esperienza e le maestre che seguivano con silenzio e pazienza il momento, avevano gli occhi lucidi nell’ascoltare le parole della bimba.

Con pazienza la bimba ha ripreso a comunicare con grandi e piccini anche all’interno della scuola, forse era una difficoltà non ancora radicata e aver trovato un modo per sostenere il momento vissuto ha reso possibile il cambiamento. Questa esperienza mi ha insegnato quanto sia fondamentale sostenere il processo di crescita dei nostri alunni, attendendo con pazienza e gentilezza.

11) UN LIBRO IN TASCA ...(A CURA DI M.T. ALBERTI)

Titolo: " L'UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI"

Autore: Jean Giono

Editore: Salani - Glisrici

È la storia di un pastore che ostinatamente e senza tornaconto personale pianta querce in una landa desolata.

È l'uomo che si riconcilia con la natura e l' aiuta a rinascere.

Il messaggio che arriva è profondo e ha per protagonista l' albero, gli alberi e le loro esistenze; i semi posti nella terra, che è la loro culla , i giovani alberi che si nutrono delle sostanze che la natura stessa gli fornisce, i rami protesi verso la luce, le foglie

e i frutti che regalano un impatto di colori e forme e già il nostro cuore ammirandoli batte forte nel godimento, nella bellezza.

Ma ogni albero è molto di più, trasmette il senso profondo della vita e quando la sua finisce il suo disfacimento è fonte per altri esseri viventi; il ricordo di lui, di ciò che è stato è nostalgia pura.

Potremmo rifletterci negli alberi.

In questo nostro tempo in cui l' incuria e il saccheggio del pianeta sono evidenti questa storia realmente accaduta

può toccarci il cuore e la mente e la nostra risposta potrebbe realizzarsi in operosità consapevole e reattiva.

Questo libro è un autentico gioiello di semplicità, saggezza e speranza.

Titolo: " L'UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI"

12- CAMPO BASE ( A CURA DI LUCA PANI)

IL MONDO...LA MIA CASA

Da qualche giorno ritornano nella mia mente alcune immagini che mi hanno colpito non poco a proposito della plastica e spazzatura accumulata nei pressi del Campo Base dell’Everest nel maggio del 2018. In buona parte residui lasciati da alpinisti incivili. Mai come in questo articolo che mi presto a scrivere risuona forte il titolo che ho scelto per questa rubrica: “Campo Base”. Una montagna di spazzatura, (bottiglie di plastica, bombole di ossigeno vuote, lattine, attrezzature alpinistiche e altro) è triste dirlo, ma da tempo l’Everest ha perso il suo fascino di montagna immacolata e, soprattutto a causa delle spedizioni commerciali,

oggi è sempre più ricoperta di rifiuti umani. Nell’Aprile del 2018, riporta il Global Times, la Cina in un tentativo di pulizia ha recuperato 8,5 tonnellate di rifiuti presso il Campo Base. Una buona notizia è che anche il governo nepalese ha lanciato una campagna di pulizia sul versante dell’Everest il 14 Aprile 2019 e che in poco più di una settimana ha ottenuto degli ottimi risultati per tentare di ridurre l’inquinamento.

Uno scatto che non ci lascia indifferenti. Documenta con rara schiettezza la condizione dei nostri oceani.

Uno scatto che ci sprona a “darci una mossa”, a non perdere tempo, ad accettare l’idea che il mondo è la nostra casa, e ne dobbiamo avere estrema cura.

Nel docu-film del 2016 “A Plastic Ocean” (visibile su Netflix) del giornalista australiano Craig Leason, a proposito della plastica si dice: “la plastica è meravigliosa perché è durevole. La plastica è terribile perché è durevole”. Nel 2011 Craig parte alla ricerca della balenottera azzurra al largo dello Sri Lanka, un luogo che ha la fama di essere incontaminato. Eppure, persino tra quelle acque, il giornalista si imbatte in rifiuti di plastica, una vera e propria piaga che ha devastato l’ecosistema del nostro pianeta. Le balenottere, questi enormi mammiferi spalancano la bocca, inghiottendo l’acqua, per trattenere i krill e i pesci minuscoli.

Così facendo inghiottono tonnellate di plastica. Le plastiche più pericolose nell’oceano sono le cosiddette “lacrime di sirena”: le microplastiche, così piccole da risultare impercettibili ad occhio umano e per questo facilmente ingeribili dalla fauna marina e poi dall’uomo.

Documentare è il primo passo, ma non basta, occorre agire, mettere in atto nuovi stili di vita per salvare il mondo e chi lo abita. Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato sii”, dopo aver analizzato la situazione in cui ci troviamo (inquinamento e cambiamento climatico, la questione dell’acqua, la perdita di biodiversità, il degrado sociale etc..) chiede a tutti gli esseri umani, credenti e non credenti una conversione, un cambiamento, una cura del mondo che non può più attendere.

Il mondo è in pericolo. Non possiamo nasconderlo né a noi né ad altri. Un primo passo importante, che si può tradurre anche in una proposta di progetto educativo - ambientale, per giungere insieme ad una soluzione, è documentare attraverso la fotografia, la ripresa video, la scrittura di articoli di cronaca, le conseguenze dell’inquinamento negli ambienti naturali e nei contesti in cui viviamo. L’attività di documentazione, in tutte le sue forme, apre gli occhi sulla cruda realtà, ma ci stimola non poco a mettere in atto tutte le soluzioni possibili per recuperare tempo perso. Tra gli scatti fotografici finalisti del Wildlife Photographer of the Year 2017, prestigioso concorso che raccoglie e seleziona il meglio della fotografia naturalistica a livello mondiale, c'è anche "Sewage Surfer", lo scatto di Justin Hoffman che ritrae un cavalluccio marino intento a trascinare un cotton fioc rosa. La foto, realizzata in Indonesia, è diventata il simbolo del "mare di plastica" che invade e inquina le nostre acque.Tra gli scatti fotografici finalisti del Wildlife Photographer of the Year 2017, prestigioso concorso che raccoglie e seleziona il meglio della fotografia naturalistica

a livello mondiale, c'è anche "Sewage Surfer", lo scatto di Justin Hoffman che ritrae un cavalluccio marino intento a trascinare un cotton fioc rosa. La foto, realizzata in Indonesia, è diventata il simbolo del "mare di plastica" che invade e inquina le nostre acque.

Concludo con questa citazione di San Francesco, che sintetizza magistralmente l’invito alla “conversione” che ci chiede il Pontefice nella sua Enciclica e che il Creato attende da noi: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile, e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile.”

13- UNA FRASE IN DONO ( a cura di G. Parrucci)

Se c’è una persona che ha a cuore l’ambiente più di ogni altra cosa, quella è Greta Thunberg, la giovane attivista svedese di cui ho selezionato due delle sue frasi più belle e significative in difesa del Pianeta:

“ Non è necessario andare in un luogo preciso per protestare contro il cambiamento climatico, perché il problema è ovunque”.

“ Se non troviamo soluzioni nell’attuale modello di sviluppo, significa che dobbiamo cambiarlo”.

14- Conclusioni

Non è facile tirare le fila di quanto scritto in questo numero ; nelle pagine precedenti il quadro presentato

è molto ampio e ricco di spunti e problematiche.

Partiamo da alcune riflessioni di carattere generale, diremmo più sociologiche, per calarci poi nel

mondo della formazione.

Il primo dato da tener presente, sottolineato più volte dagli esperti, è che “non c’è tempo da perdere

per salvare il Pianeta”; si pensa che una data “simbolo” sia il 2050, cioè dopodomani : un messaggio

molto forte, difficile da recepire dalla scuola che lavora su tempi medio-lunghi.

Questa prospettiva mette a dura prova soprattutto la nostra generazione, “accusata” di essere stata

incapace di consegnare ai giovani sia un mondo migliore che gli strumenti materiali e culturali per

affrontare il futuro. I millenials, tra l’altro, per la prima volta, dopo tanto tempo, si troveranno ad avere

a disposizione risorse economiche inferiori rispetto a chi è vissuto prima. Tutte le previsioni dicono che

aumenterà la povertà, si ridurranno gli stipendi, si diffonderà il precariato, caleranno le nascite.

Ecco quindi , per esempio, cosa potrebbe succedere in un istituto :

- DA SUBITO :

fin dalle prime classi lanciare concretamente la prospettiva di una nuova cittadinanza green , pensando

ad azioni e comportamenti quotidiani da diffondere sistematicamente anche nelle famiglie e nella

comunità locale : risparmiare risorse (carta, plastica, acqua,..) evitare sprechi ( di cibo, energia,

carburante…) privilegiare gli spostamenti con mezzi ecologici….. ; l’idea di nuova cittadinanza “planetaria”

è molto aggregante e concreta, può sostituire termini e obiettivi fumosi come favorire la socializzazione,

educare allo stare insieme, ridurre l’emarginazione…..

Sui muri delle scuole e delle classi , nei PTOF e nei siti WEB dovrebbero quindi essere esplicitate chiaramente

le azioni che la scuola sta sperimentando ogni giorno per difendere il Pianeta.

- IN ATTESA DI AVERE UN CURRICOLO DI EDUCAZIONE “GREEN” :

fare un patto a livello di Collegio Docenti indicando i livelli minimi di attività che dovrebbero essere

fatte in tutte le classi e sezioni, partendo dalla Scuola dell’Infanzia ; abbiamo pensato che tutti , in un

anno, sempre per esempio, dovrebbero avere “diritto” almeno a :

>> Un’esperienza di semina, coltivazione e raccolto;

>> Un’uscita sul territorio basata su fasi di osservazione guidata;

>> L’analisi di un problema ecologico presente vicino alla scuola;

>> L’effettuazione di un esperimento scientifico eseguito correttamente sul piano metodologico;

>> La visita ad un museo.

I docenti, a livello di dipartimento, devono anche chiarire cosa si intende per conoscenza precisa del

territorio;… i ragazzi, al termine del percorso formativo, cosa dovrebbero saper individuare ? I confini

? I punti più importanti ? I monti? I fiumi ? I problemi e i rischi presenti ? I progetti più significativi di

intervento ? Hanno i ragazzi anche un’idea dello sviluppo storico della comunità locale ?

Per dare ancora più concretezza e motivazione, ai ragazzi più grandi, dopo precise fasi di verifica,

potrebbe essere data la patente di “Guida del territorio”, da inserire nel Portfolio e spendibile in collaborazione

con associazioni ambientali varie..

Per dar corso ai progetti ritenuti più validi e concreti i Dirigenti Scolastici e i docenti dovrebbero preliminarmente

procedere a : - individuare i docenti più motivati, - verificare le competenze presenti

(spesso gli insegnanti al di là dei loro titoli ufficiali, hanno altre competenze acquisite fuori dai percorsi

tradizionali di studio) , - stabilire “chi deve fare che cosa”, - formare un gruppo incaricato di redigere

, progressivamente, il curricolo locale di educazione green.

Per adesso ci fermiamo qui ; torneremo ancora su questa tematica molto complessa, anche perché

alcuni lettori ci hanno già mandato riflessioni e proposte varie di prosecuzione dei lavori. Anticipiamo

solo che è allo studio una fase puntuale di censimento di beni, problemi e progetti.