La storia delle miniere d'oro della Valsesia
Rimandando pdf scaricabile gli approfondimenti sulla storia e l'impatto sociale della coltivazione di minerali auriferi in Valsesia, si può sintetizzare l'evoluzione storica in questione attraverso la seguente successione di eventi particolarmente significativi:
la prima testimonianza certa relativa all'estrazione mineraria nel vercellese risale al 1° novembre 1000: si tratta del diploma con cui l’imperatore Ottone III concedeva alla chiesa vercellese l’oro che si ricavava nel vescovato di Vercelli e Santhià;
si deve, però, arrivare fino al 1592 per avere notizie documentali di scavi minerari in Alagna da parte di un gruppo di abitanti della Valsesia (Giovanni Cravini, Pietro e Antonio Prati, Pietro e Antonio Quali, Giannino Ferri) che chiese e ottenne dal governatore dello Stato di Milano la concessione di una miniera, senza peraltro ottenere risultati dal suo sfruttamento;
nel 1628, Antonio Henzo, detto il Merlettino, proprietario del terreno ove si trovava la miniera, chiamato il Croso dei Merletti, chiese l’autorizzazione per riprendere gli scavi alle stesse condizioni che lo Stato di Milano aveva accettato dai precedenti concessionari. All'Henzo si associò il alsaziano Giorgio Federico de Stadion che, di fatto, divenne il reale concessionario della miniera;
morto il de Stadion in seguito alla peste "manzoniana" (1629-1631), la concessione fu richiesta da un tal Cattaneo, saggiatore di metalli a Milano, ma dopo una serie di controversie nel 1634 fu affidata, ampliata a tutte le miniere della Valsesia che avrebbe scoperto, al cavaliere gerosolimitano Giorgio d'Adda, proprietario in Valsesia di vari beni, tra cui una fucina di ferro in località Baraggia presso Varallo;
poiché il Cattaneo non accettò di buon grado lo smacco subito, i successivi furono anni di beghe burocratiche e contrasti di natura fiscale con le autorità spagnole che governavano lo Stato di Milano, fomentate dallo stesso Cattaneo;
la questione si risolse nell’ottobre 1639 con una soluzione di compromesso consistente nell’infliggere al D’Adda una multa contenuta a copertura dei danni subiti. Nello stesso anno il D’Adda riuscì ad ottenere una nuova concessione ampliata a tutto il territorio dello stato milanese.
nel 1649 al D'Adda fu donato, da un tal Milano di Giovanni Gnifetta, il Croso del Sasso, parte della montagna a SO di Kreas, per la coltivazione dei filoni ivi affioranti;
nel 1661 il D'Adda morì lasciando come erede dei suoi possedimenti minerari il nipote Francesco , che proseguì con le coltivazioni minerarie cercando anche di espanderle nei territori di Gressoney appartenenti, sull’altro versante, allo stesso gruppo montuoso;
Francesco d'Adda morì nel 1672 e contemporaneamente la concessione venne dichiarata scaduta e messa in appalto che, comunque, fu vinto dai figli di Francesco, Giorgio e Gerolamo ;
nei 30 anni successivi i D'Adda continuarono a gestire le miniere alagnesi in regime di sostanziale monopolio;
nel 1704, un dipendente dei D'Adda in qualità di impresario delle miniere di Kreas, l'alagnese Giovanni Enrico, chiese al magistrato la concessione per lo scavo di una miniera di oro sita in Alagna, in un filone da lui individuato che si trovava all'alpe del Solivo (o Moud), sul versante orientale della Valsesia, lontano dai lavori dei d'Adda. La richiesta fu accolta in cambio del versamento di un'una tantum ai D'Adda, a compenso della rinuncia all'esclusiva sugli scavi minerari in Valsesia;
mentre i D'Adda perdevano progressivamente interesse al settore minerario orientandosi più sulla siderurgia, nel 1707, grazie al Trattato di Torino del 1703, la Valsesia passò allo Stato sabaudo e la conduzione delle miniere sia di oro che di rame fu affidata prima a Giacomo Lorenzo Deriva (1712) e poi a Johann Niklaus Muhlhan (1724), per tornare dieci anni dopo al Deriva senza, tuttavia, risultati apprezzabili;
nel 1752, Carlo Emanuele III, duca di Savoia, decise di dare nuovo impulso alla propria politica minerario-metallurgica e rivoluzionò completamente la gestione delle miniere sul territorio sabaudo, mettendole direttamente sotto il controllo delle regie Finanze, affidando la Sovraintendenza al cavaliere Spirito Benedetto Nicolis di Robilant, giovane capitano di artiglieria nominato Ispettore Generale delle Miniere;
il Robilant razionalizzò la coltivazione adottando nuove tecniche di abbattimento, riducendo l'occupazione ma sviluppando e ingrandendo gli stabilimenti minerari di Alagna (fig. 1) e la grande fonderia di Scopello, edificata già nel 1726;
nonostante la profonda ristrutturazione del settore, il Robilant non riuscì a portare in attivo la gestione delle miniere, anche a causa delle perdite indotte dai danni provocati dalla disastrosa alluvione avvenuta il 14 ottobre 1755;
dal 1761 l'attività mineraria pubblica venne ridotta e nel 1771 le miniere d’oro argento e rame vennero affidate in concessione a Gaspare Giuseppe Deriva, figlio di Giacomo Lorenzo;
la crisi del settore provocò una forte riduzione della manodopera che in maggioranza andò a lavorare in Valle Anzasca, dove lo sfruttamento delle miniere d’oro si stava sviluppando sempre di più già dalla metà del secolo;
con l’invasione napoleonica del 1805 le miniere vennero date in concessione a Giovanni Giuseppe Gianoli e Giacomo, Bernardo e Luigi Pansiotti;
nel 1823 il marchese Paolo D'Adda Salvaterra, facendo leva sui privilegi che i suoi antenati avevano ottenuto in passato, chiese e ottenne dallo stato la concessione delle miniere, riprendendo i lavori sotto la direzione di Gerolamo Beliacqua e Giovanni Arnelli;
nel 1852, il governo decise di vendere all'asta pubblica miniere e impianti, che furono entrambi aggiudicati all'ingegner Carlo Noè della “Società anonima per lo sfruttamento delle miniere di Alagna e Scopello”. Tuttavia, la crisi del settore continuò, fino all'abbandono delle miniere e al fallimento della Società nel 1891;
Fig. 1 - Il dipartimento dell’oro ad Alagna (da Robilant: De l’utilité et de l’importance des voyages et des courses dans son propre pays, 1790)
dopo alcuni anni di sospensione dell'attività, nel 1894 la Società inglese “Monte Rosa Gold Mining Company Limited” intraprese scavi in diverse località senza grossi risultati;
nel 1905 subentrò una nuova Società la “New Monte Rosa Gold Mining Company Limited”, che riuscì a riprendere i lavori e a rilanciare l'occupazione;
con l'entrata in vigore del RD 1443/1927, nel 1929 vennero confermate le concessioni di Mud, Dell'oro e Creas e Pisse, le prime due alla "Monte Rosa Gold Mining” e la terza alla “Ditta ing. Mario Axerio e ing. Carlo Parnisari”, ma già tra il 1933 e il 1938 per tutte e tre le concessioni fu dichiarata la decadenza dei concessionari;
solo nel 1956, la concessione denominata Kreas fu nuovamente affidata per 10 anni alla “Monte Rosa Gold Mining”, trasferita dieci anni dopo alla “Miniera di Fragnè-Chialamberto S.p.A.”, che nel 1968 ottenne un rinnovo della concessione per anni 15 con scadenza 27 giugno 1981.