Marna da cemento in Lombardia

La distribuzione dei siti a livello territoriale

In fig.1 è mostrata la distribuzione territoriale, articolata a livello comunale, degli 86 siti di marna da cemento nella Regione Lombardia.

Come è stato già mostrato in tab. 2 della pagina Lombardia, i siti si concentrano in provincia di Pavia (39 siti), Bergamo (24) e Lecco (15). Sporadica la presenza in provincia di Como (6) e Varese (2), anche se in quest'ultima provincia le due miniere esistenti sono ancora attive al 2019.

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti di marna da cemento in Lombardia

Geologia e giacimentologia

Rimandando al pdf scaricabile gli approfondimenti geologici, di seguito vengo riportate le formazioni che hanno ospitato (e ospitano) le miniere di marna da cemento coltivate in Lombardia.

In particolare sulla sponda occidentale del lago d’Iseo (Parzanica e Tavernole Bergamasca), le coltivazioni di marna da cemento sono impostate nella facies marnosa del Calcare di Domaro (Gruppo del Medolo), formazione giurassica affiorante diffusamente in tutta l’area delle Alpi meridionali lombarde ed è costituita tipicamente da calcari e calcari marnosi ben stratificati con liste di selce, alternati a livelli decimetrici marnosi (186÷182 Ma).

In questa provincia gli orizzonti di marna da cemento si trovano all'interno della scaglia lombarda nelle formazioni geologiche di Brenno (Costa Masnaga) e Tabiago (Rio Gambaione).

La prima posta a tetto del Flysch di Bergamo consiste in calcari marnosi e marne calcaree di colore bianco, grigio o rosato, con subordinate calcilutiti bianche, grigie o nocciola, ascrivibili al Cretacico superiore (72÷65 Ma).

Le seconda, posta a tetto della precedente con un limite netto e concordante coincidente con il limite stratigrafico Cretacico/Paleogene, di età variabile dal Paleocene inferiore all'Eocene medio (65÷44 Ma) , si caratterizza:

- nella parte inferiore, per la presenza di marne calcaree e subordinati calcari marnosi rossi, rosati o violacei, talvolta ciclicamente alternati a marne pelitiche;

- nella parte mediana, per la presenza di un banco marnoso pelitico rosso seguito da torbiditi intrabacinali costituite da calciruditi e calcareniti;

- nella parte superiore, per paraconglomerati e conglomerati intercalati in marne calcaree rosse.

In provincia di Como la principale coltivazione di marna da cemento si è svolta nel Comune di Bellagio, località Vergonese, a partire già dalla prima metà del XX secolo e concessionata ufficialmente dal 1958 al 1990, con una produzione complessiva di 150,000÷200,000 ton.

L’attività estrattiva si è svolta prevalentemente in sotterraneo, al di sotto dei depositi morenici ed eluviali affioranti, interessando le seguenti formazioni triassiche:

Si tratta, come già sottolineato, di soli due siti fortemente produttivi dagli anni '70 del XX secolo e ancora attivi al 2019, sebbene il sito di S. Marta a Ternate abbia una scadenza della concessione al 2016 e sia al 2019 in fase di recupero ambientale. 

Il primo si trova impostato nella formazione detta appunto di Ternate, affiorante esclusivamente e sporadicamente nella provincia di Varese e costituita da calcari marnosi grigio biancastri con alternanze irregolari di marne calcaree, a stratificazione decimetrica. Si tratta di torbiditi carbonatiche costituite da calcari organogeni intercalati con marne emipelagiche ascrivibili ad un intervallo che va dall’Eocene all’Oligocene (40÷28 Ma).

Il secondo (Sasso Poiano a Caravate) è coltivato in una successione che comprende:

Nonostante la grande numerosità dei siti, la coltivazione si è concentrata temporalmente negli anni '50 e '60 del XX secolo per esaurirsi già alla fine degli anni '70, in particolare nel territorio dei comuni Montecalvo Versiggia e Santa Maria della Versa, dove affiora la Formazione di Val Luretta, unità torbiditico-marnosa, di età da Paleocene inferiore a Eocene medio (65÷40 Ma), presente nel settore nord-occidentale dell’Appennino settentrionale e suddivisa in tre membri:

Evoluzione temporale dell'attività estrattiva

Come si osserva dalla fig. 2, che mostra l’evoluzione temporale del numero di concessioni attive, l’attività estrattiva comincia ufficialmente nel 1927 con il RD n. 1443, cresce rapidamente fino a un massimo di 61 siti attivi nel 1960, per poi decrescere altrettanto rapidamente, fino a stabilizzarsi sulle 8 unità dopo il 1990, di cui 6 ancora concessionate e 4 attive (1 in fase di recupero ambientale).

In questo quadro gioca un ruolo particolare la provincia di Pavia (fig. 3), i cui numerosi siti (39) sono stati per la maggior parte (27 su 39) attivi solo nei 35 anni che vanno dal 1930 al 1965, con un massimo di 38 concessioni nel 1950, e hanno esaurito totalmente l’attività già nel 1983. L’andamento del numero di concessioni attive nelle altre province (fig. 3), pur raggiungendo il massimo sempre nella prima metà degli anni ’60 (23÷24 siti), si presenta più distribuito nel tempo mantenendo anche negli ultimi decenni una presenza seppur molto ridotta (4÷8 siti) rispetto ai massimi.

Fig. 2 - Evoluzione temporale del numero di concessioni attive di marna da cemento in Lombardia

Fig. 3 - Evoluzione temporale del numero di concessioni attive di marna da cemento nelle province lombarde 

La famiglia Pesenti e l'Italcementi

Come descritto nella pagina relativa alla marna da cemento in Piemonte, l'industria cementiera italiana si fonda al suo inizio su due poli, diversi per localizzazione, articolazione societaria e, perfino, per materia prima utilizzata:


La storia industriale della Famiglia Pesenti era cominciata nel 1868, dopo la morte nel 1867 di Giovanni Antonio, quarantunenne cartiere ad Alzano, seguita pochi mesi dopo da quella della moglie Maria Elisabetta Bonometti, che aveva lasciato orfani 9 figli (il più grande Carlo di 15 anni, il più piccolo Augusto di 3).

Rimasti soli, i fratelli decisero di costituire una forma di comunione dei beni, assai nota nel Medioevo, ma in disuso all’epoca, denominata “Fraterna”, che implicava il versamento dei redditi e del patrimonio di ciascuno in un fondo amministrato di comune accordo.

Carlo divenne presto il nucleo centrale della famiglia e il garante della concordia tra fratelli. Fu colui che diede corpo a nuove iniziative imprenditoriali, permettendo fra l’altro a vari fratelli di laurearsi.

Pietro, di un anno più giovane, laureato in chimica e medicina, fu l’erudito della famiglia, che scoprì, fra l’altro, vari giacimenti marnosi. 

Anche gli altri fratelli, tra politica (Luigi divenne sindaco di Alzano) e imprenditoria (Daniele si fece un nome come risanatore di aziende, tra cui la Cartiera Pigna di cui aveva sposato la nipote del fondatore), contribuirono all’affermazione della famiglia.

L’entrata nel settore cementifero fu propiziata da Pietro che nel 1876 scoprì, in località Nese frazione di Alzano, un giacimento di calcare marnoso, materia prima per la produzione di cemento. Con il consenso di tutti, Carlo decise di coinvolgere la famiglia in una nuova attività imprenditoriale, aprendo nel 1878 il primo impianto di produzione di cemento dei Pesenti.

Già dal 1864 nell'area operava l'azienda di Gian Andrea Piccinelli che si era rafforzata producendo cemento artificiale  Portland, tanto da acquisire impianti fuori dalla Bergamasca (vedi Marna in Piemonte) e ribattezzare la propria azienda come Italiana Cementi.

I Pesenti diventarono i maggiori e unici competitori dell'Italiana Cementi nell'area, soprattutto per merito di Cesare, ingegnere progettista di impianti che si prodigò instancabilmente nel miglioramento tecnico dell’azienda.

All’inizio del XX secolo l’Italiana Cementi produceva 130,000 tonnellate annue di cemento, mentre la Fratelli Pesenti solo 83,500, ma quest’ultima garantiva guadagni maggiori (8.5 lire/ton contro 3.5) essendo più efficiente.

Quando nel 1905 Piccinelli si ritirò dalla direzione dell’Italiana Cementi per problemi di salute, il progetto dei Pesenti si poté finalmente realizzare: l’anno successivo la fusione delle due società attribuì a Carlo, Cesare e Daniele il 60% della nuova società che mantenne il nome di Italiana Cementi, una delle più grandi cementiere italiane con una quota di mercato pari al 15%.

Nel 1911 la carica di consigliere delegato della Società passò nelle mani di Antonio, trentunenne figlio di Luigi, che aveva ereditato dallo zio Carlo non solo l’arte di governo di una grande azienda, ma anche il dinamismo imprenditoriale, a cui si aggiunsero le sue innate capacità relazionali che gli consentirono di superare i lutti di quello stesso anno, che vide la morte del padre Luigi e degli zii Carlo e Daniele.

Nel 1927 l'Italiana Cementi arrivò a controllare ben 33 cementerie per una quota del mercato italiano pari al 40% e cambiò la propria ragione sociale, acquisendo la denominazione di Italcementi.

La gestione di Antonio portò l’azienda a sfiorare il 50% del mercato alla fine della seconda guerra mondiale, anche se gli anni della guerra e dell’immediato dopoguerra furono travagliati.

Il comportamento ambiguo che Antonio tenne durante la guerra provocò l’apertura di un procedimento di collaborazionismo a suo carico, che implicò il divieto di ricoprire cariche in società per azioni. Nel ricorso presentato contro tale divieto fu, però, possibile dimostrare che con il suo comportamento Antonio non solo era riuscito a salvare gli impianti e le persone (nessuno dei suoi dipendenti era stato deportato in Germania e tutti erano stati aiutati nella sopravvivenza quotidiana), ma aveva anche evitato la confisca di azioni Italcementi intestate a ebrei, facendosi assegnare il ruolo di commissario dell’Italcementi quando i fascisti vollero estromettere il cugino Carlo, apertamente contrario alla Repubblica di Salò.

Antonio poté inoltre dimostrare di avere finanziato il Comitato di liberazione nazionale (CLN) di Bergamo e quello di Milano. Nel 1947 venne così riabilitato dalla Commissione che esaminò il ricorso, ma non rientrò più nel Consiglio di amministrazione dell’Italcementi.

Nel marzo 1946, Carlo fu definitivamente reinserito in azienda e nominato direttore generale. Due anni dopo divenne in aggiunta consigliere delegato, dando così inizio alla sua lunga gestione.

Il suo primo obiettivo fu quello di riorganizzare l’enorme azienda in quattro rami: Italcementi, Sacelit (manufatti in cemento), Cidi (calci) e Italmobiliare (partecipazioni finanziarie). 

Non potendo espandere di molto la presenza nel settore cementiero, pur senza mai trascurare la promozione dell’eccellenza nel suo core business, si rivolse ad altri investimenti, mediante la sua controllata Italmobiliare, tra cui l’acquisizione nel 1956 della Lancia, poi ceduta alla Fiat nel 1969.

Nel 1979, Carlo fu costretto a riorganizzare il gruppo, ribaltando il rapporto tra Italcementi e Italmobiliare: quest’ultima divenne la finanziaria del gruppo e non più una partecipata della prima. 

Nei suoi ultimi anni, Carlo, complici i problemi di salute, non riuscì a controllare l’indebitamento del gruppo, reso ancora più grave dalla sfortunata acquisizione, nel 1982, di un importante pacchetto del Banco Ambrosiano, poco prima della morte di Roberto Calvi

Carlo morì nel 1984, ma già l'anno prima il figlio Giampiero era diventato direttore generale della Società, che proseguirà la sua storia aprendosi al mercato internazionale e diventando una multinazionale controllata dal 2016 dal Gruppo tedesco  HeidelbergCement.

La vera storia della Italcementi, radicata nella Fraterna Pesenti e nell'area di Bergamo, finisce però con la morte di Antonio, avvenuta nel 1967, e Carlo, ultimi eredi diretti di quei nove fratelli che costituendo una Fraterna rivelarono la loro predisposizione alla collaborazione, sostenuta dalla comune fede cristiana.

Fu il modo in cui tale collaborazione fu realizzata che lasciò un’impronta indelebile: ciascuno fu lanciato in quello che poteva fare e dare e ci fu spazio per diverse personalità e diverse iniziative che frequentemente si sostennero a vicenda. Atteggiamento di valorizzazione dei talenti che fu applicato anche con i collaboratori.

Come molte grandi aziende di primo '900, l'Italcementi fu un'impresa sociale (pensioni, previdenza, borse di studio, case popolari), ma lo fu per intima convinzione e non per importazione di modelli esterni.


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[1] Il cemento naturale si ricava direttamente dalle marne, costituite prevalentemente da calcare, argilla e minerali quali allumina e ossido di ferro, mentre il cemento artificiale si ottiene da miscele di calcari, silice, allumina e ossido di ferro in proporzioni prestabilite o da marne con tenore diverso d'argilla, con l'aggiunta di additivi.

Carlo Pesenti (1853-1911)

Antonio Pesenti (1880-1967)

Carlo Pesenti (1907-1984)