Bonifica e ripristino

Rischi connessi all’attività mineraria

I giacimenti minerari sono caratterizzati da un’anomala concentrazione di minerali ed elementi utili, in forma e dimensione tali da consentirne lo sfruttamento economico. Tale sfruttamento, oltre a garantire la disponibilità di materia prima per le varie applicazioni, può produrre, però, impatti negativi importanti sull’ambiente e sul paesaggio.

Infatti, pur se lo scopo della coltivazione dei giacimenti minerari è la massima estrazione possibile di minerale utile, tuttavia gli stessi processi di arricchimento producono rifiuti [1] contenenti alte [2 ] concentrazioni di elementi potenzialmente pericolosi che, entrando in contatto con le matrici ambientali (suolo, acqua e aria), sono oggetto di fenomeni chimico-fisici di alterazione con i relativi impatti, sia locali che a distanza, trasferiti dalle stesse matrici (acqua, aria). Inoltre, le acque delle falde freatiche, infiltrandosi nei vuoti dei siti minerari abbandonati (gallerie, camere di coltivazione) ed entrando in contatto con la roccia incassante e il minerale rimasto in situ, producono ulteriori impatti sui corsi d’acqua superficiale alimentati delle stesse falde.

Tutto ciò dà origine al rischio ecologico-sanitario, il cui nome sottolinea il potenziale impatto sia sull’ambiente che sull’uomo, per la cui valutazione [3] “occorre tenere conto delle seguenti indicazioni:

a) tipologia dei rifiuti di estrazione stoccati e pericolosità degli stessi;

b) tendenza dei rifiuti di estrazione stoccati a produrre drenaggio acido;

c) presenza nei minerali sfruttati dall’attività estrattiva di elementi [4] quali Ab [5], As, Cd, Cr, Co, Hg, Pb, Ni, Ti, Zn, Sb, Mn, Be e possibilità di migrazione degli stessi dai rifiuti estrattivi stoccati;

d) eventuali elementi pericolosi utilizzati nei processi estrattivi, quali ad esempio il CN [6].


Il secondo aspetto da tenere in considerazione è quello connesso al rischio statico-strutturale [7], potenzialmente innescato:

  • dai fronti di cava non adeguatamente progettati, per le miniere coltivate a cielo aperto;

  • dal franamento dei cumuli di rifiuti di estrazione non adeguatamente stoccati;

  • dal crollo degli argini dei bacini di decantazione dei fanghi di flottazione [8];

  • dal franamento non controllato dei vuoti creati nel sottosuolo, per rottura delle armature delle gallerie o per una cattiva gestione della coltivazione, che può causare, in funzione delle caratteristiche geomeccaniche delle rocce incassanti e della profondità dei crolli, fenomeni di subsidenza in superficie.


La fondazione Stava 1985 costituita in ricordo e in difesa dei 268 morti in seguito al crollo dei bacini di decantazione della miniera di fluorite “Prestavel” nel comune di Varena (TN), ha raccolto una documentazione che conta ben 99 eventi catastrofici causati da cedimenti statico-strutturali dei rifiuti minerari, avvenuti tra il 1928 e il 2015, molti dei quali hanno innescato a valle anche pesanti inquinamenti sulle falde e i corpi idrici superficiali.

A partire da questi aspetti di pericolosità insiti nel processo minerario, la Commissione europea per l’Industria ha prodotto, nel maggio 2001, un documento che sollevava la questione della sicurezza delle attività minerarie negli Stati membri, nonché il problema dell’adeguatezza della legislazione comunitaria per questo settore, avviando i lavori preparatori per azioni atte a perfezionarne gli strumenti legislativi, in particolare:

  • la modifica della direttiva Seveso II;

  • un’iniziativa sulla gestione dei rifiuti di miniera;

  • la preparazione di un documento di riferimento BAT (Best Available Technology) in cooperazione con l’industria estrattiva europea, inteso a orientare le autorità competenti (nazionali, regionali o locali) incaricate del rilascio delle autorizzazioni agli impianti minerari, in modo che valutino al meglio i rischi connessi.

La Direttiva 2006/21/CE sui rifiuti estrattivi e il DLgs di conversione n. 117/2008

La discussione che ne è seguita ha portato all’emissione della Direttiva 2006/21/CE del 15 marzo 2006, “relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE”, convertita con D.Lgs n. 117 del 30 maggio 2008 “Attuazione della direttiva 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE”, descritta approfonditamente nel pdf scaricabile.

Il D.Lgs n. 117/2008, oltre a colmare il vuoto normativo riguardante i rifiuti da attività estrattiva non rientranti nel campo di applicazione della prima versione dell’art. 185 del D.Lgs n. 152 del 3 aprile 2006 (Norme in materia ambientale), si pone l’obiettivo di stabilire “le misure, le procedure e le azioni necessarie per prevenire o per ridurre il più possibile eventuali effetti negativi per l'ambiente, in particolare per l'acqua, l'aria, il suolo, la fauna, la flora e il paesaggio, nonché eventuali rischi per la salute umana, conseguenti alla gestione dei rifiuti prodotti dalle industrie estrattive” (art. 1: Finalità).

Elemento caratterizzante del DLgs, tra gli altri, è l'obbligo di redigere, all'interno del progetto di coltivazione del giacimento, “un piano di gestione dei rifiuti di estrazione per la riduzione al minimo, il trattamento, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti stessi, nel rispetto del principio dello sviluppo sostenibile” (art. 5), senza il quale l'Autorità competente non può rilasciare la concessione.

Per quanto riguarda i siti minerari già coltivati e abbandonati, il DLgs prevede (art. 20) la realizzazione, da parte di ISPRA con la collaborazione delle Regioni, dell’Inventario delle strutture di deposito chiuse di tipo A [9], incluse quelle abbandonate, le cui modalità di realizzazione sono state definite con DM MATTM 16 aprile 2013.

L’inventario nazionale deve essere aggiornato annualmente da ISPRA, “entro il 1° maggio tenendo conto degli aggiornamenti annuali forniti dalle autorità competenti” (art. 4 commi 1 e 2) e “reso accessibile al pubblico mediante la pubblicazione sul sito internet dell’ISPRA” (art. 4 comma 3).

(continua con i Siti da bonificare nazionali)

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[1] Gli scarti di lavorazione che fino a pochi anni fa venivano paradossalmente chiamati “sterili”, ma che tali naturalmente non sono.

[2] Se confrontate con le massime ammissibili nel suolo riportate in Tabella 1 Allegato 5 al Titolo V del D. Lgs 152/2006 (Norme in materia ambientale).

[3] Secondo l’art. 3 comma 3 del DM MATTM 16 aprile 2013: Modalità per la realizzazione dell'inventario nazionale di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, recante attuazione della direttiva 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE.

[4] Normati in Tabella 1 Allegato 5 al Titolo V del D. Lgs 152/2006.

[5] Asbesto (amianto).

[6] Il cianuro di potassio (KCN) usato nei processi di arricchimento per l’estrazione dell’oro e dell’argento.

[7] A questo proposito, nell'ambito delle attività della Rete ReMi è stato pubblicato un documento di "Indicazioni per la messa in sicurezza dei siti minerari dismessi"

[8] Processo di arricchimento dei minerali per separazione dalla roccia incassante, effettuato mediante agitazione di una sospensione minerale in acqua alla quale siano state aggiunte opportune sostanze, gli agenti flottanti, che producono un diverso assorbimento di acqua e/o aria da parte dei materiali, con conseguente separazione degli stessi.

[9] "Strutture di deposito che hanno gravi ripercussioni negative sull'ambiente o che, a breve o medio termine, possono rappresentare una grave minaccia per la salute umana o l'ambiente".