Ceramici e industriali in Veneto

La distribuzione dei siti a livello territoriale

In fig.1 è mostrata la distribuzione territoriale, articolata a livello comunale, dei 72 siti di minerali ceramici e industriali nella Regione Veneto.

Come è stato già mostrato in tab. 2 della pagina Veneto, i siti si concentrano in provincia di Vicenza (63 siti): si tratta in particolare di miniere per la coltivazione di Caolino (32 in provincia di Vicenza e 1 in quella di Verona), delle Terre da sbianca (27, in provincia di Vicenza e 4 in quella di Verona) e della Bentonite (26 in provincia di Vicenza e 3 in quella di Verona).

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti di minerali ceramici e industriali in Veneto

Geologia e giacimentologia

Già ai tempi della Repubblica veneta si parlava della “terra bianca” del Tretto, commercializzata in un primo tempo come “terra di Venezia”, poi diventata “terra bianca di Vicenza”, genericamente ed erroneamente identificata come caolino o terra caolinica, che trovava largo impiego nella fiorente industria vicentina della ceramica, nelle industrie della carta, dei colori, della tessitura, della concia delle pelli, degli stucchi e nella fabbricazione delle mattonelle.

I depositi più importanti si trovano nella zona a Nord di Schio, detta del Tretto, e in quella di Arsiero.

Le aree di coltivazione, che agli inizi del XX secolo erano molto numerose nella zona del Tretto, sono ora più limitate di numero e quelle più intensamente sfruttate si trovano nei pressi di Pozzani, localizzate al limite fra i sedimenti dell’Anisico superiore e Ladinico inferiore (Triassico medio, 245÷228 Ma) e le porfiriti di vario tipo (plagioclasico-biotitico-quarzoso, plagioclasiche a pirosseno rombico, augitico-plagioclasiche, feldispatiche a quarzo, biotite, anfibolo, …).

Alla formazione delle masse argiIlose della regione di Pozzani e di quella di Laghi (Arsiero) hanno contribuito le porfiriti feldspatiche e, in minor misura, le porfiriti plagioclasico-pirosseniche in zone particolarmente disturbate dal punto di vista tettonico.

L’evento magmatico medio-triassico, che originò le porfiriti, fu accompagnato e seguito da una tettonica distensiva con direttrici orientate NE-SO, per cui tutte le vulcaniti di quest’area mostrano gli effetti, spesso assai intensi, dell’azione pervasiva dei fluidi idrotermali e geotermali che hanno indotto una generale propilitizzazione e, localmente, complessi fenomeni di argillificazione dai quali sono derivate due distinte tipologie di depositi distribuite su aree spazialmente separate:

  • i giacimenti a dominanti argille illitico-smettiche (I/S) con subordinata o scarsa caolinite, più numerosi ed estesi dalla Valle dell’Agno alla Val Posina, dovuti a un’azione di alterazione idrotermale particolarmente intensa.

Le estensive argillificazioni sono accompagnate da mineralizzazioni argentifere e sembrano avere interessato principalmente le rocce acide di alcuni corpi subvulcanici, nonché lenti e orizzonti tufitici e vulcano-clastici intercalati nelle Fm. a Nodosus (Pozzani, Valle dell’Orco) soprattutto in corrispondenza di circuiti idrotermali attivati da locali piccoli corpi subvulcanici (Tretto), provocando anche le diffuse silicizzazioni nel vicino Calcare di M. Spitz alle quali si accompagnano le già citate mineralizzazioni argentifere coltivate nei secoli passati.

  • i giacimenti a caolinite accompagnata da quarzo e feldspato, situati a una decina di km a nord-ovest, estesi dalla Val Leogra a Cavallaro in Val Posina, derivanti da un’alterazione idrotermale efficace, ma meno evoluta della precedente, che non cancella la paragenesi prodotta dalla fase metasomatica “costruttiva” iniziale, di più alta temperatura, che ha prodotto arricchimenti anomali di potassio, con sviluppo di microclino, biotite e quarzo a spese del plagioclasio, e una marcata lisciviazione del sodio.


La distribuzione areale dei prodotti di argillificazione marca nettamente le zone di più intensa attività dei fluidi idrotermali, il cui flusso si concentrava, ovviamente, nelle fasce tettonicamente più instabili e rese più permeabili dalle azioni disgiuntive.

Per quanto riguarda l’analisi granulometrica, le “argille bianche” dell’alto Vicentino sono, in realtà, dei materiali piuttosto eterogenei, contrassegnati da una frazione granulometrica grossolana che può risultare in molti casi predominante sulla porzione argillosa in senso stretto, come avviene a Pozzani dove c’è una prevalenza di limi, che in qualche caso sconfinano nel campo delle sabbie siltose in virtù di tenori sempre superiori al 40% della frazione maggiore di 63 mm (fig. 2).

La componente sabbiosa è, invece, quasi del tutto assente nei litotipi di Valle dell’Orco e di Costa Fratte.


Dal punto di vista chimico i giacimenti argillosi presentano una notevole variabilità, che si traduce in ampi intervalli di oscillazione degli ossidi principali anche all’interno del medesimo deposito: SiO2 56-82%, Al2O3 10-22%, CaO e K2O 0-7%, Fe2O3 0-6%, Na2O 0-4%, MgO 0-2.5%, S 0-0.7%, perdita al fuoco 3-11%.

Nonostante queste ampie variazioni, i singoli giacimenti esibiscono dei tratti geochimici caratteristici, che consentono delle distinzioni abbastanza chiare, riconducibili ai diversi gradi di alterazione idrotermale già descritti.


Fig. 2 - Diagramma di Shepard per i minerali argillosi di Pozzani, Costa Fratte e Valle dell’Orco

A sud di Schio e Valdagno affiorano, invece, manifestazioni vulcaniche di tipo basico (basalti olivinici, basalti augitici, ...) di età paleogenica (65÷25 Ma), generate da un’attività eruttiva articolata in tre cicli principali:

  • ciclo paleocenico (65÷55 Ma) manifestatosi in ambiente sottomarino con ampie colate di lava e tufi subacquei con forte componente vetrosa;

  • ciclo dell'Eocene medio (45÷35 Ma), iniziato in condizioni subacquee e terminato in condizioni sub-aeree, come, ad esempio, nell’area di Trissino e Montevecchio Maggiore, con prodotti vulcanoclastici di diversa colorazione in funzione del grado di ossidazione e in dipendenza dell'ambiente in cui si formarono;

  • ciclo oligocenico medio (30÷25 Ma), nuovamente in gran parte sottomarino con vasti e frequenti depositi di tufi stratificati o caotici e colate basaltiche.

Dal punto di vista minerario e dell'impiego industriale, l’alterazione, in parte idrotermale antica in parte superficiale, delle vulcaniti paleogeniche, soprattutto nei livelli alti delle serie oligocenica e medio-eocenica, ha causato la formazione di argille montmorillonitiche, talora con proprietà bentonitiche (bentonite e terre da sbianca).

Evoluzione temporale dell'attività estrattiva

Rimandando gli approfondimenti storici al pdf scaricabile, nelle sotto-pagine di questa pagina sono sintetizzati gli eventi principali che hanno caratterizzato la coltivazione di minerali ceramici e industriali in Veneto.

Per quanto riguarda l'evoluzione temporale delle concessioni vigenti di minerali ceramici industriali, dalla fig. 3 si osserva come l’attività estrattiva inizi ufficialmente tra il 1931 e il 1935 con un andamento che, non considerando l’exploit iniziale commentato in nota [1], è di tipo gaussiano incentrato sul decennio 1985÷1995 (valori massimi di 35÷37 concessioni attive), con una successiva decrescita dapprima lenta (24 concessioni al 2005), poi più brusca (11 al 2010), fino alle 4 concessioni ancora attive nel 2019.


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[1] Bisogna sempre tenere in considerazione il fatto che il RD 1443/1927 cambia sostanzialmente il quadro di riferimento dell’attività mineraria in Italia, in particolare per quei minerali, come il caso in questione, che prima venivano coltivati in regime fondiario.

Le concessioni che appaiono nel 1935, per poi scomparire in gran parte, sono la registrazione delle cave già sfruttate anche prima del 1927, 17 delle quali vennero poi accorpate in un’unica concessione (Pozzani) con DM 18 marzo 1938 (GU 127/1938).

Fig. 3 - Evoluzione temporale del numero di concessioni vigenti di minerali ceramici e industriali in Veneto