Miniera di Raibl

Genesi e giacimentologia

Ubicato nelle Alpi Giulie occidentali, 8 km a sud di Tarvisio presso la frazione Cava del Predil, il giacimento si imposta in una successione stratigrafica che inizia con il Permiano superiore (250÷260 Ma) e prosegue nel Triassico, dove si individuano due superfici di discontinuità, alla base e al tetto della dolomia ladinica (230÷235 Ma).

Tale successione costituisce il fianco settentrionale di una sinclinale a direzione E-W ed è tagliata da faglie in direzione prevalente N-S, particolarmente presenti nella dolomia, definita “metallifera” in quanto in queste faglie si ritrovano le strutture-trappola che ospitano le mineralizzazioni interessate da un particolare regime paleo-idrologico che ha ampliato le fratture e generato cavità sintettoniche, in forma di filoni e colonne.

Sia i filoni che le colonne, ospitano la mineralizzazione per un tratto verticale che va dagli scisti e marne bituminose del Raibliano fin dentro la “Dolomia Metallifera”.

Il giacimento (fig. 1) è, quindi, localizzato nel Ladinico medio-superiore (ca. 230 Ma) e nella parte inferiore del Carnico (Raibliano, ca. 225 Ma), costituendo il riempimento delle fratture e cavità, realizzatosi con la deposizione di sedimenti chimici, meccanici e concrezioni.

In base al carattere della deposizione, le mineralizzazioni si possono, quindi, suddividere in due tipi di corpi minerari sub-verticali, a geometria filoniana e a geometria colonnare, che interessano verticalmente tutta la Dolomia dello Schlern, con faglie ad andamento prevalentemente N-S e subordinatamente NE-SW:

  • Giacimenti filoniani: sono i più importanti e s’identificano con il nome delle principali faglie: Aloisi, Bärenklamm, Struggl, Morgenblatt, Frauenstollen, Fallbach, Abbendblatt.

Le mineralizzazioni, che si estendono lungo le faglie, possono raggiungere lunghezze di oltre 1600 m, interessando entrambi i lati della faglia con potenze che vanno dal metro fino ai 3 m, con ampie aree di potenza anche superiore a 8 metri. Esistono, peraltro, aree sterili o con tenori di minerale non coltivabili.

  • Giacimenti di tipo colonnare, come la Colonna Principale: sono meno frequenti ma di notevole importanza perché la mineralizzazione è concentrata in colonne di sezione da 800 m2 a 4500 m2 e con un’estensione in altezza di oltre 700 m.

Dal punto di vista giacimentologico e genetico, il giacimento si può suddividere in due parti:

il “giacimento primario” a solfuri di ferro, piombo e zinco deposti dalla circolazione d’acque ricche in ioni metallo lungo le faglie;

il “giacimento secondario”, che è invece costituito da carbonati basici quali smithsonite ed idrozincite ed è derivato dalla liscivazione del giacimento primario, per alterazione, trasporto e rideposizione di parti solubili dello stesso ad opera di acque circolanti.


Oltre ai minerali principali (blenda e galena), sono presenti in quantità significative: idrozincite, cerussite, anglesite, calamina, goethite, marcassite, pirite e barite.

Meno frequenti sono pirrotina, arsenopirite e cinabro.

Tra blenda (ZnS) e galena (PbS) è presente in misura assai maggiore la prima, come risulta dal rapporto tra i relativi tenori nel minerale estratto nel corso del XX secolo (fig. 2).


Fig. 1 - Sezione stratigrafica dell’area della miniera di Raibl (Carta geologica 1:100,000 Foglio 14A)

Fig. 2 - Rapporto Zn/Pb nel minerale estratto a Raibl nel corso del XX secolo (Frangipani, 2013)

Cenni storici

Nel 1950, Dino Di Colbertaldo scriveva: «Il giacimento doveva essere conosciuto anche dai Romani i quali, percorrendo la strada del Passo Predil per recarsi in Germania, dovevano certamente essere stati attratti dalla colorazione rosso ruggine della zona di ossidato (Vitriolwand); ed ancor molti secoli prima dei Romani il giacimento era stato qua e là saggiato, se a quell’epoca si possono riferire delle piccolissime gallerie, dalla sezione di ogiva (fig. 3), alte poco più di un metro e larghe 30-40 cm, che il prof. Hans Schneiderhöhn dell’Università di Friburgo attribuisce a uomini veneti di razza nana specializzatisi in questo genere di lavoro».

È quasi certo che lo sfruttamento minerario di Raibl, orientato prima al piombo e in seguito allo zinco, interessò, inizialmente, anche il ferro costituente il deposito di limonite facente parte del cappellaccio, che andava ad alimentare le fucine sorte nella Valcanale e a Weissenfels.

Sorvolando vari documenti che tra l'XI e il XVI secolo testimoniano dell'attività estrattiva nell'area (vedi pdf scaricabile), l'anno 1606 viene indicato come l’anno di svolta tecnologica nella coltivazione della miniera, grazie all’uso, introdotto dal proprietario Valentin Eder, della polvere da sparo per l’abbattimento del minerale, forse il primo nella storia mineraria.

Nel 1678 la miniera di Raibl, pur avendo una certa importanza mineraria destinata ad aumentare, produceva una quantità di piombo tre volte inferiore a quello prodotto dalla miniera di Bleiberg, per cause da ricercare nella complessa suddivisione della miniera in diverse proprietà, che portava a uno sfruttamento irrazionale, sia nel modo d’estrazione sia in quello di ventilazione e trasporto del minerale.

Solo con la metà del XVIII secolo iniziò quel processo d’unificazione che ne fece crescere la produttività.

Nel 1679, infatti, i proprietari erano 43 ma con il passare del tempo molte concessioni furono assorbite dai Signori più ricchi, concentrandosi così nelle mani di pochi, tanto che nel 1761 rimanevano solamente quattro proprietari: Struggl, Grünwald, Erler e Gaßmayer.

Tra questi, il primo deteneva la miniera a maggiore produttività, mantenendo e ampliando questa condizione di prevalenza per oltre un secolo.

Intanto, già nel 1772 il governo asburgico, che mirava ad assorbire progressivamente tutte le concessioni per diventarne l’unico possessore, rilevò tre delle quattro miniere private (Grünwald, Erler e Gaßmayer).

Coesistevano così una miniera pubblica, la Raibl I, e una privata, la Raibl II, di proprietà di Johann Ivo von Struggl.

Grazie alla ricerca, che permise di individuare altre aree mineralizzate, nel 1857 le miniere erano diventate sei:

  • Raibl I, miniera erariale con estrazione di blenda e galena;

  • Raibl II, di Erben Cyprian Struggl a blenda e galena che possedeva anche un forno fusorio;

  • Raibl III, di Romuald Holenia e Ferdinand Fercher;

  • Raibl IV, della Bleibergwerk (Compagnia del piombo);

  • Raibl V, di Rudolf Schattauer, Georg Pegritz e Kaspar Treffner;

  • Raibl VI, di M. Madritsch, J. Ringitsch e Christina Mayer.

In seguito le miniere furono accorpate e la situazione ritornò ad essere quella di due proprietari: la miniera Raibl I, di proprietà erariale dell’impero austriaco, e la miniera privata, che prese la denominazione Raibl II, di proprietà di Schnablegger, cognato di Struggl; dopo la morte di Schnablegger per un incidente minerario nel 1894, la Raibl II fu ceduta al conte Henckel von Donnersmark, che ne sarà l’ultimo proprietario privato.

L’8 gennaio 1910 si verificò il più grosso disastro minerario nella storia della miniera, raccontato così dal giornale carinziano Wiener Bilder: «A causa di un cedimento in miniera è crollato l’ospedale ed è sprofondato sotto il terreno; in questo modo hanno trovato la morte il medico della miniera Josef Vesely con la moglie e il figlio e due persone di servizio, inoltre l’infermiera Langsteiner e suo marito. (...). A una profondità da 150 a 180 m passava la galleria che per molto tempo non fu utilizzata e che crollò con un rimbombante frastuono, la terra si aprì in cerchio e inghiottì la casa insieme ai suoi sfortunati abitanti. Il cratere che si formò, nel quale l’edificio sprofondò da 150 a 200 m, si riempì poco a poco di acqua, finché dall’abisso sovrastarono solo macerie qua e là, terra e muri spaccati».

Nel 1914 sul luogo della sciagura fu eretto un monumento a ricordo delle sette vittime i cui corpi non furono mai trovati.

Dopo la 1a Guerra Mondiale, con i trattati di St. Germain (10 settembre 1919) e di Rapallo (12 novembre 1920), la Valcanale e le sue miniere furono annesse all’Italia.

Coesistevano allora la miniera erariale (Raibl I), mentre le Raibl II e III erano ancora di proprietà dei conti Henckel von Donnersmarck.

Con la convenzione del 3 ottobre 1923 tra il Ministero dell’Economia Nazionale e la Società Anonima Miniere Cave del Predil (RD 15 ottobre 1923, n. 2386 in GU 269/1923), la miniera erariale Raibl I fu data in concessione a quest’ultima per la durata di 30 anni (fig. 4), mentre rimanevano sotto sequestro statale le Raibl II e III, la cui transizione all’Amministrazione dello Stato avvenne l’anno successivo, il 16 febbraio 1924, cui seguì, il primo marzo, il passaggio dell’esercizio alla stessa società concessionaria della miniera erariale, il cui presidente, Bernardino Nogara, dimostrò una logica imprenditoriale capace di guardare anche alle esigenze dei minatori, migliorandone di molto la qualità della vita.

L’unificazione delle miniere rese possibile la completa razionalizzazione dello sfruttamento minerario con il conseguente aumento della produzione, cresciuta rapidamente dalle 1250,000 tonnellate del 1924 alle 215,000 del 1929.

Nel 1930 anche la miniera di Raibl fu, però, travolta dalle conseguenze della “grande depressione”, la produzione calò a 175,500 tonnellate e il 1° maggio del 1931 venne chiusa per essere riaperta solo nel 1933 a seguito della politica autarchica fascista (RD 13 aprile 1933, n. 392 in GU 109/1933, fig. 5).

La gestione trentennale fu affidata ancora alla Società Mineraria del Predil S.p.A., gestita ora da Giovanni Nogara, nipote di Bernardino, che riuscì a condurre la miniera negli anni difficili della Seconda Guerra Mondiale, dei sabotaggi da parte dei partigiani sloveni, della carenza di personale, rimanendo sempre fedele alla sua politica antinazista.

La seconda guerra mondiale provocò una diminuzione della produzione e, soprattutto, dell’occupazione che passò da 830 a 320 dipendenti.

Nel 1947, con il Trattato di Parigi, il giacimento rimase allo Stato italiano ad eccezione della galleria di trasporto e drenaggio di Bretto, che fu divisa fra Italia e Jugoslavia lungo la linea di confine del Passo del Predil.

Nel dopoguerra fino al 1952 la produzione riprese a salire dalle 105,000 tonnellate del 1946 alle 220,000 del 1952 con conseguente aumento della manodopera che arrivò alle 1132 unità.

Tuttavia, nel 1953 cominciò un periodo di crisi da cui la miniera non riuscirà più a sollevarsi.

Nel 1956, pur continuando ad essere gestita dalla Società Mineraria del Predil S.p.A., la miniera passò sotto il controllo della Società Mineraria e Metallurgica Pertusola, che impose le sue finalità speculative con uno sfruttamento indiscriminato e poco attento alla sicurezza nei cantieri: incidenti e mortalità aumentarono, venne introdotto il cottimo, s’intensificò il controllo sull’operato dei minatori e si ridusse il numero delle maestranze.

Tutto ciò portò da un lato a un aumento della produzione e a una positiva situazione finanziaria, dall’altro a notevoli tensioni con le maestranze.

Scaduta la concessione il primo luglio 1963, la gestione venne assunta, temporaneamente, dalla parastatale Società A.M.M.I. (Azienda Mineraria Metallurgica Italiana) del Gruppo E.G.A.M. (Ente Gestione Aziende Minerarie); quindi, con l’istituzione della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia nel 1965, la miniera passò di competenza a quest’ultima che riconfermò, il 31 dicembre 1968, la concessione alla Società A.M.M.I.

Nei successivi quindici anni l’A.M.M.I. si occupò di migliorare i processi nella laveria, ma anche della sicurezza durante lo sbancamento in miniera, adottando tecniche di coltivazione in galleria diverse dalla tecnica del “gradino montante”, utilizzato fino ai primi degli anni ’70, che creava molti problemi di stabilità incrementando il pericolo dei colpi di tensione.

L’utilizzo della tecnica per “tagli discendenti con ripiena cementata” permetteva di evitare tali colpi di tensione e di coltivare i vecchi cantieri dove i pilastri abbandonati e i materiali di riempimento avevano ancora un tenore in minerale interessante.

Nel 1978, dopo vicende alterne e in seguito alla crisi del Gruppo E.G.A.M., la concessione per lo sfruttamento fu traferita alla Società S.A.M.I.M. (Società Azionaria Minero Metallurgica) del Gruppo ENI, che oltre a compiere interventi di ripristino e potenziamento attuò una politica di ricerca mineraria.

Nel 1987 la direzione della miniera passò, quindi, alla S.I.M. (Società Italiana Miniere), sempre del Gruppo ENI, che la condurrà fino alla chiusura avvenuta il 30 giugno 1991.

Ma il vero ultimo atto della miniera si era già svolto il 6 febbraio 1991, quando al turno mattutino scesero in miniera 55 minatori che vi rimasero asserragliati per 17 giorni consecutivi, con una temperatura spesso inferiore a 7 °C e un’umidità che raggiungeva il 98%.

Solo il 22 febbraio si raggiunse un accordo tra Regione, SIM e una cordata di industrie del cividalese, operante nel settore metallurgico (Gruppo Cividale).

L’accordo ottenuto prevedeva il recupero ambientale di Cave del Predil, la realizzazione di un museo che avrebbe sfruttato parte delle gallerie della miniera e la realizzazione di un’industria metallurgica gestita dal Gruppo Cividale, che avrebbe garantito l’impiego di buona parte del personale utilizzato in miniera. Tuttavia, a trent’anni dalla vicenda, quelle promesse sono rimaste solo sulla carta, con l’eccezione del museo e parco geominerario.


Oggi Cave del Predil è un paese quasi dimenticato, con circa 400 abitanti, la maggior parte anziani; degli antichi splendori minerari è rimasta solo la leggenda oltre al senso di abbandono che aleggia sul paese... e più di 100 km di gallerie, articolate su 30 livelli su un’altezza di circa 1000 metri, di cui 520 sotto la quota dell’abitato.

Nella miniera il respiro più tenace è quello delle pompe che continuano a estrarre l’acqua dalle parti più profonde e qualche addetto continua ancora oggi a seguirne i rumori, attento a che non cambino mai.

Nelle figg. 6 e 7 le immagini della zona della miniera tratte da Google Earth, aerea e a terra rispettivamente.

Fig. 3 - Galleria a forma di ogiva

Fig. 4 - GU n. 200 del 16 novembre 1923

Fig. 5 - GU n. 109 del 10 maggio 1933

Fig. 6 - Raibl (Cave del Predil) [fonte Google Earth Ottobre 2019]

Fig. 7 - Miniera di Raibl [fonte Google Earth, Luglio 2011]