L'attività mineraria nel Lazio

La distribuzione dei siti a livello territoriale

Nel periodo 1870-2019 sono stati censiti 69 siti estrattivi, di cui 47 con coltivazione a cielo aperto, 18 in sotterraneo e 4 di tipo misto (sotterraneo-cielo aperto) distribuiti a livello comunale come mostrato in fig.1.

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti minerari nel Lazio

Da un punto di vista mineralogico, i minerali estratti con la relativa frequenza sono riportati in tab. 1.

Si tratta di siti di coltivazione Minerali ceramici e industriali (25 siti), Combustibili fossili e bitumi (19), Barite & Fluorite (11), Minerali metalliferi (10), Leucite (3) e Zolfo (1).

In tab. 2 è mostrata l’articolazione per province, in funzione dei principali minerali estratti.

Si osserva una concentrazione di siti di coltivazione nelle province di Roma (23), con prevalenza dei Minerali ceramici e industriali (9) e Barite & Fluorite (8), Viterbo (20), anche qui con prevalenza dei Minerali ceramici e industriali (10), e Frosinone (14), dove invece prevalgono i Combustibili fossili e Bitumi (11).

Meno rappresentate le province di Latina e Rieti, entrambe con 6 siti, la prima con netta prevalenza di Minerali ceramici e industriali (5) e la seconda con presenza esclusiva di siti di Combustibili fossili e bitumi.

In tab. 3 è indicato il numero di siti censiti, suddivisi per classe di estensione della concessione, in ettari, e per tipologia di minerale.

Prendendo in considerazione tutti i siti censiti, esclusi gli 8 per cui il dato è mancante (11.59% del totale), i rimanenti 61 mostrano una significativa prevalenza delle estensioni medio-alte (>100 ettari) con 44 siti (72.13%).

Tab. 1 - Minerali estratti nella regione Lazio

Tab. 2 – Articolazione dei siti per tipo di minerale e per provincia

Tab. 3 - Numero di siti censiti, suddivisi per classe di estensione, in ha, e per minerale (A=Minerali ceramici e industriali / B=Combustibili fossili e bitumi/ C=Barite & Fluorite/ D=Minerali metalliferi/ E=Altri siti/ totale=tutti i minerali estratti)

Il vulcanismo pliocenico-quaternario tosco-laziale

Le mineralizzazioni nel Lazio e nella Toscana meridionale sono legate direttamente e/o indirettamente, al vulcanismo pliocenico e quaternario. La messa in posto di tale vulcanismo è a sua volta legata alle diverse fasi di tettonica distensiva che hanno investito l'area a partire dal Miocene superiore.

Le prime ingressioni marine risalgono al Messiniano (Miocene superiore, 7÷5 Ma), ma è nel Pliocene inferiore (5÷4 Ma) che si definiscono più nettamente sistemi di graben di direzione appenninica delimitati da faglie dirette, con attività in gran parte contemporanea alla sedimentazione.

Lo sviluppo longitudinale dei graben è di alcune centinaia di km e lo spessore massimo dei sedimenti argillosi-sabbiosi in essi depositati è di 2000 m circa.

La sedimentazione marina si interrompe all’inizio del Pliocene medio (4÷3.5 Ma) per riprendere nel Pliocene superiore e nel Pleistocene, ma limitatamente alle parti marginali dell'originario graben; la zona centrale, infatti, è soggetta a sollevamento che si traduce in una dorsale allungata in direzione appenninica dalla Toscana meridionale al Lazio.

Il sollevamento massimo di tale dorsale sembra coincidere con l’effusione delle vulcaniti acide anatettiche della provincia magmatica tosco-laziale.

Nel Pleistocene, la parte meridionale di questa dorsale sollevata sprofonda, sempre in direzione appenninica, dapprima in corrispondenza del margine settentrionale dei Vulcani Vulsini, poi verso SSE in forma di graben, il quale ricalca, sia pure con dimensioni minori, quello del Pliocene inferiore successivamente sollevato a dorsale.

In questa nuova zona di collassamento si sviluppa il vulcanismo alcalino potassico pleistocenico (0.8÷0.3 Ma), di tipo post orogenetico, della Provincia Romana attraverso quattro centri principali: Vulsino, Vico, Sabatino, Colli Albani, i cui prodotti occupano con continuità una fascia lunga 160 km e larga 50 km circa (fig. 2).

Nel Lazio settentrionale si ha, quindi, la sovrapposizione spazio-temporale di due tipi di vulcanismo molto diversi: l'uno orogenetico, anatettico acido, l'altro post-orogenetico, sotto-saturo basico-alcalino.

Quest’ultimo vulcanismo, preceduto da un evento tettonico molto importante, segnalato dalla quantità di magma emessa nell'ultimo milione di anni, 100 volte superiore a quella emessa precedentemente in un intervallo di circa 8 Ma, si è impostato in fosse tettoniche in cui le vulcaniti si sono potute accumulare ai margini dei centri vulcanici stessi contro i rilievi del substrato che limitano tettonicamente l'area vulcanica.

Si spiegano così le potenti serie vulcano-sedimentarie nelle quali, in alternanza alle vulcaniti e alle epivulcaniti, si sono deposti sedimenti lacustri e fluviali.

Va menzionata, infine, un'altra importante fase vulcano-tettonica che si è manifestata in tutta l'area, dai Colli Albani ai vulcani Vulsini, negli ultimi 300,000 anni, caratterizzata dalla ripresa di movimenti distensivi cui è legato anche il più recente (0.1 Ma) vulcanismo freatico finale dei Colli Albani, dei Sabatini e di Latera.

Fig. 2 - Geologia dell’apparato vulcanico tosco-laziale (Locardi, 1976)

Le mineralizzazioni associate alle vulcaniti


In associazione alle rocce vulcaniche alcaline, in particolare nelle serie vulcano-sedimentarie che si accumulano ai margini dei gruppi vulcanici, la frazione sedimentaria (sabbie e pomici rimaneggiate, depositi lacustri) è mineralizzata in forma di livelli peneconcordanti di rocce caolinizzate nelle quali si disseminano ossidi di uranio e solfuri di ferro.

Come minerali secondari, sono stati identificati autunite (fosfato idrato di calcio e uranio: Ca(UO2)2(PO4)2 10÷12H2O) e soprattutto carnotite (vanadato idrato di potassio e uranio: K2(UO2)2(VO4)2 3H2O), la quale si associa a depositi diatomiferi.

Sia i contenuti di uranio che di zolfo sono da considerarsi come anomalie geochimiche regionali, provocate dalla mobilitazione da parte del sistema idrogeologico locale dell'uranio comunemente disperso nella matrice vetrosa delle vulcaniti, in cui l'agente precipitante è l'idrogeno solforato apportato da sistemi di fessure presenti nei bacini vulcano-sedimentari.

I livelli mineralizzati a caolino, solfuri di ferro e ossidi di uranio sono, quindi, il risultato dell'attività chimica indotta dall'idrogeno solforato disciolto nelle acque freatiche, attività che è concentrata nella parte superiore, ossigenata, dell'acquifero.

La rapida evoluzione tettonica e idrologica dell'area non ha permesso lunghi periodi di equilibrio, quali sono necessari alla formazione di depositi ad alta concentrazione minerale; al contrario, le continue rimobilizzazioni della mineralizzazione hanno portato alla dispersione secondo diversi livelli, ognuno della potenza di un metro circa e con tenori generalmente bassi di uranio (< 500 ppm).

Altre mineralizzazioni importanti nelle vulcaniti alcaline sono costituite dalla fluorite rinvenuta in bacini lacustri, legati a una fase vulcano-tettonica molto più recente.

La fluorite con barite, apatite o calcite, pur concentrandosi in sedimenti lacustri, si forma in ambiente debolmente termale, la cui presenza è favorita proprio da quegli eventi tettonici di carattere traslativo che hanno portato alla formazione dei bacini subsidenti.

I depositi a fluorite costituiscono, quindi, uno degli esempi di possibili mineralizzazioni da acque di circolazione profonda legate a una fase tettonica tensionale che precede il vulcanismo.

L'evoluzione temporale dell'attività mineraria nel Lazio

La fig. 3 mostra l’andamento temporale della presenza di siti minerari nel Lazio, articolato per tipo di minerale estratto.

Fino al 1930 sono state attive principalmente le miniere di Combustibili fossili o Bitumi. Successivamente, a partire dal 1940, diventano prevalenti le miniere di coltivazione di minerali ceramici e industriali, di cui 5 sono tuttora attive.

L’attività estrattiva di Fluorite e Barite comincia nel secondo dopoguerra raggiungendo il massimo nel 1975 (9 siti), per poi decrescere fino alla situazione attuale che vede ancora attivi 2 siti.

La massima espansione numerica di concessioni attive si è avuta tra il 1960 e il 1965 con 26 siti attivi.


Fig. 3 - Evoluzione temporale del numero di concessioni vigenti nel Lazio, articolato per tipologia di minerale estratto (periodo 1870-2019)

Età e genesi delle principali mineralizzazioni nel Lazio

Per quanto riguarda i principali minerali coltivati e il processo di formazione dei vari giacimenti nel Lazio, questi sono riassunti nella fig. 4, articolati in funzione delle età geologiche e delle varie aree minerarie.

Fig. 3 - Giacimenti del Lazio articolati per età e area mineraria

Nelle sotto_pagine di questa sezione è riassunta un'analisi dell'attività mineraria nel Lazio che, in forma completa comprendente per ciascun gruppo di minerali informazioni geologiche e giacimentologiche, cenni storici sui principali siti e la lista degli stessi (nome, comune, provincia, tipo, minerali estratti, ultimo concessionario, periodo di concessione, stato), è consultabile nel pdf scaricabile -->