Lo zolfo siciliano e la mafia

«Sciascia afferma che non capiremo nulla della mafia se non ricostruiremo, pezzo per pezzo, la vicenda mineraria, la vicenda delle preistoriche miniere baronali siciliane, dominio incontrastato dei capimafia Vizzini, Di Cristina ed altri; Sciascia dice che non capiremo nulla della mafia se non ricostruiremo l'operazione grazie alla quale, attraverso il via a strumenti legislativi ed organismi finanziari predisposti, si sono trasferite sul capitale pubblico le “preistoriche miniere baronali” e altre iniziative spregiudicate e fallimentari.»

(Commissione d’Inchiesta sulla Mafia 20 dicembre 1962 – 4 luglio 1976, Relazione di minoranza del deputato Niccolai)


Nell’agosto 2012 il Dipartimento di Economia dell’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” ha pubblicato un Quaderno (DSE N. 844) dal titolo “Poor Institutions, Rich Mines: Resource Curse and the Origins of the Sicilian Mafia” , il cui Abstract afferma che: «Questo studio spiega l’emergere della Mafia siciliana nel XIX secolo come il prodotto dell’interazione tra l’abbondanza di risorse naturali e debolezza delle istituzioni. Noi avanziamo l’ipotesi che la mafia emerse dopo la caduta del Regno Borbonico in un contesto caratterizzato da una grave problema di mancato rispetto del diritto di proprietà in concomitanza alla crescente domanda di protezione dello zolfo, al tempo massima ricchezza dell’isola e in continua crescita sui mercati internazionali. La tesi è stata testata confrontando i dati sulle prime apparizioni della mafia con la distribuzione delle riserve di zolfo nei vari comuni siciliani e trovando una significativa correlazione positiva tra disponibilità di zolfo e diffusione della mafia.

Questi risultati non cambiano se si considerano valori di fondo per singola area sovracomunale omogenea, si sottopongono i dati a vari controlli geografici e storici, si verificano le correlazioni spaziali e si confrontano comuni confinanti con e senza miniere di zolfo».

La presente pagina fornisce un estratto sintetico ma esaustivo di quanto contenuto nel suddetto Quaderno.

Introduzione

La scoperta di possedere una grande quantità di risorse è una “benedizione” o una “maledizione”?

Anche se può apparire paradossale, gli studi economici non riescono a dare una risposta definitiva sulla questione.

Perché la scoperta di grandi riserve minerali è una ricchezza per Norvegia e Australia, mentre genera solo disuguaglianze e corruzione in paesi come Nigeria e Zimbabwe?

È ovvio che pesano le pre-esistenti istituzioni politiche: dove queste sono deboli crescono la corruzione e i conflitti tesi ad assicurarsi posizioni di privilegio, si sviluppano le condizioni per l’affermarsi di organizzazioni criminali di tipo mafioso.

Mentre, però, la forma, la struttura e le conseguenze socio-economiche di questo tipo di associazioni criminali sono state e sono oggetto di numerosi studi che interessano economisti e politici, molto meno è stato fatto per esplorarne le origini.

Questo testo tenta di colmare questa lacuna, approfondendo in particolare il legame tra l’origine della mafia siciliana e la crescita dell’attività estrattiva dello zolfo in un contesto caratterizzato dal crollo del Regno borbonico, la fine del feudalismo e la crescita di una domanda per la protezione dello zolfo, ricchezza primaria della Sicilia.

Per testare l’esistenza di tale legame si determinerà la correlazione esistente tra la diffusione spaziale della mafia e quella degli effetti derivati dall’esistenza delle risorse di zolfo, al netto degli altri parametri socio-economici.


Contesto storico

La Sicilia del XIX secolo presentava due condizioni che, in accordo con la “maledizione delle risorse”, possono portare all’emergere della mafia: istituzioni per la difesa della legalità poco efficienti e una crescita del valore delle risorse naturali.

In quel secolo la Sicilia è stata oggetto di due importanti trasformazioni politiche: la fine del feudalesimo nel 1812 e il crollo del Regno borbonico con la conseguente annessione al Regno italiano nel 1861.

Con l’abolizione del potere feudale, il controllo dei vari feudi, prima a carico dei baroni, passa allo Stato i cui poteri sono controllati dal Parlamento, fortemente condizionato a sua volta dai baroni in forte contrasto con il potere monarchico.

Questo sostanziale stallo indebolisce l’applicazione del potere legale nei territori e la situazione non migliora con l’annessione della Sicilia al Regno italiano.

Per difendere i prodotti del suolo e sottosuolo, gli affittuari (gabelloti) si rivolgono a chi è in grado di esercitare, professionalmente, la violenza, gli stessi che prima erano impiegati dai signori feudali e che ora sono alla ricerca di nuove occasioni di lavoro.

A questo proposito, nell’inchiesta Franchetti-Sonnino del 1876 si afferma che poiché «la forza colla quale si reggeva la società, continuando ad essere la prepotenza privata, ne risultò che, dove questa assumeva forma di violenza, la riforma avesse per effetto solamente di aprir la via ad un maggior numero di persone ad usare di questa... sciolta ormai da ogni vincolo e privilegio l’industria della violenza ebbe una esistenza e un’organizzazione indipendenti. Il che ebbe per effetto di moltiplicare e variare all’infinito gli oggetti per i quali le violenze si commettevano. Difatti, adesso non si tratta più solamente di delitti commessi per favorire i disegni di questo o di quell’altro grande. I malfattori, pur sempre pronti a servire altrui, lavorano per conto proprio, e la loro industria è una nuova sorgente di delitti molto più numerosi di quelli che i bravi degli antichi baroni e i briganti del tempo passato potessero commettere nel proprio interesse. Di più, l’organizzazione della violenza diventata per tal modo più democratica, è adesso accessibile a molti piccoli interessi che prima non avevano a loro servizio se non il braccio e l’energia di colui cui premevano. Sicché la soppressione delle forze armate ed in generale dei privilegi baronali ha fatto della violenza un’istituzione accessibile quasi ad ogni ceto e ad ogni classe. Questa a noi pare la cagione di quell’infinito intricarsi di violenze in ogni direzione, che mette sulle prime tanta confusione nella mente di chi, per un processo intellettuale quasi istintivo, cerchi di distinguere una classe di oppressori ed una di oppressi. Perché colui che oggi è prepotente può esser vittima domani, e di uno non più potente di lui. E l’uomo più pacifico può trovarsi nel caso di usar violenza, o per lo meno di fare alleanza, non foss’altro, per la sua legittima difesa, con chi fa mestiere di usarla...».

In questo contesto, varie forme di collegamento si realizzarono tra briganti e mafiosi, usando questi ultimi le minacce dei primi per giustificare i servizi offerti.

L’industria dello zolfo, con la sua crescita impetuosa tra gli anni ‘30 e ‘50 del XIX secolo, in quantità e valore di mercato, rappresentava uno degli esempi più chiari di tale situazione.

Occorreva difendere il diritto di estrazione dello zolfo, ma anche proteggerne il trasporto ai porti di imbarco, lungo vie isolate e potenzialmente soggette ad agguati.

Tutto ciò favorì l’emergere della mafia.

Non sorprende che la “Fratellanza di Favara”, la prima documentata organizzazione criminale di stampo mafioso, sia stata scoperta nel 1883 nel cuore dal distretto zolfifero siciliano, portando all’arresto di 200 affiliati, 107 dei quali furono condannati nel successivo processo; di questi 72 erano, a vario titolo, lavoratori dell’industria zolfifera, appartenenti a due fazioni rivali che avevano trovato nella Fratellanza un modo per accrescere il loro potere nel mercato della protezione dell’attività estrattiva.

Secondo alcuni storici e studiosi anche le coltivazioni di agrumi, che seguirono lo stesso trend di sviluppo dello zolfo, potrebbero aver contribuito all’emergere della mafia.

Tuttavia, anche se tale sviluppo si è verificato in aree interessate dalla presenza della prima mafia, come Palermo e la Conca d’Oro, lo stesso sviluppo si è avuto nella Sicilia orientale dove la presenza della mafia è stata registrata solo a partire dalla seconda metà del XX secolo.

La coltivazione degli agrumi richiede molta acqua, bene disponibile nella Sicilia orientale ma assai scarso in quella occidentale, dove l’approvvigionamento dipende dai corsi d’acqua superficiali, che storicamente sono stati controllati dalla mafia.

Questo potrebbe spiegare la diversità delle due aree di sviluppo degli agrumi, relativamente alla presenza della prima mafia.


Dati sulla presenza della mafia e l’estrazione dello zolfo

I principali dati sulla presenza della prima mafia sono stati tratti dal lavoro di Antonino Cutrera [1], “La mafia e i Mafiosi”, pubblicato dall’editore palermitano Reber nel 1900, che raccoglie dettagliate informazioni sull’attività mafiosa in 285 comuni della Sicilia nelle ultime decadi del XIX secolo, classificandone l’intensità in 4 classi (nessuna, bassa, media e alta).

Un’altra fonte è rappresentata dall’inchiesta parlamentare Damiani-Jacini del 1885, che contiene informazioni sull’attività mafiosa in 158 mandamenti [2] siciliani, raccolte sulla base delle risposte dei pretori riguardo al livello di attività mafiosa nel proprio mandamento, articolato nelle stesse 4 classi di Cutrera [3].

I dati di Cutrera sono preferibili per il loro fare riferimento a un supporto più piccolo, il Comune, analizzato nella sua quasi totalità (80% dei comuni siciliani) e che garantisce un’analisi con un maggior grado di risoluzione.

Inoltre, i dati di Damiani-Jacini sono basati sulla sola risposta dei pretori, dipendendo, quindi, da valutazioni soggettive e dipendenti dai criteri di valutazione adottati, non necessariamente univoci. Senza parlare della paura di ritorsioni o della possibile contiguità dei pretori con organizzazioni mafiose.

Mentre i dati del Cutrera, sebbene non completamente esenti da possibili errori, sono univoci, in quanto determinati da una sola persona, oltretutto un osservatore esterno e, quindi, meno condizionabile.

In fig. 1 sono rappresentate le distribuzioni del livello di attività mafiosa nel tardo XIX secolo, secondo Cutrera (maf_c) e Damiani-Jacini (maf_d).

La maggiore diffusione della mafia nella Sicilia occidentale, in particolare intorno a Palermo ed Agrigento, rappresentata nei dati di Cutrera è in accordo con le analisi degli storici e degli esperti di mafia e rappresenta un’ulteriore conferma della maggiore validità di questi dati.

I dati sulla produzione di zolfo sono, invece, tratti dal volume “Produzione e Commercio dello Zolfo in Sicilia nel Secolo XIX” di Federico Squarzina, edito a Torino dall’Industria Libraria Tipografica Editrice, nel 1963.

Questi dati includono informazioni sul numero di miniere di zolfo (Sulfur [4]) presenti in ciascun comune nel 1886, in un periodo di alte esportazioni dello zolfo siciliano (fig. 2).

Considerando che a quel tempo lo zolfo coltivato era ancora principalmente quello in affioramento, o a piccola profondità, e che al picco della produzione tutti i maggiori giacimenti erano stati abbondantemente sfruttati, la presenza di un numero elevato di miniere ancora in attività è considerato un indicatore attendibile della grandezza delle riserve di zolfo, che è la grandezza di interesse.

Nell’analisi si è tenuto conto di tutti quei fattori geografici e storici che possono avere influenzato la richiesta di protezione indipendentemente dalla presenza dello zolfo, in modo da ottenere una correlazione che dipenda il più possibile dalla sola presenza dello zolfo.

In particolare:

  • l'asprezza del territorio (Ruggedness), che lo rende più difficile da controllare da parte delle forze di polizia e di cui si è tenuto conto utilizzando le misure di asprezza del territorio di ciascun comune a partire dal modello digitale del terreno fornito dal Progetto GLOBE (Global Land One-km Base Elevation);

  • la differenza massima di quota all’interno di un comune (Diff. Elevation), variabile connessa a limitazione nelle coltivazioni e negli allevamenti;

  • l'idoneità di un territorio comunale a determinate coltivazioni (Citrus, Cereals, Olive suitability), che possono sollecitare domanda di protezione;

  • la disponibilità di acqua di falda (Water scarcity) e la distanza da fiumi perenni (River distance);

  • l’accesso alle vie di comunicazione (Postal roads) con i porti principali (Mazara del Vallo, Porto Empedocle, Trapani, Siracusa, Catania, Palermo e Messina) e la distanza da questi (Port distance);

  • la densità di popolazione (Density), basata sul censimento del 1861;

  • la distanza dalle grandi città (Urban) (Palermo, Catania, Trapani, Messina and Girgenti);

  • il grado di frammentazione del territorio, disponibile nell’inchiesta Damiani-Jacini, che aumenta la concorrenza e il bisogno di protezione;

  • l’appartenenza di un comune a un dato dipartimento, che permette di considerare ai fini della regressione un effetto fisso di dipartimento (Department FEs), che misuri la qualità istituzionale, poiché dai dipartimenti dipendeva l’organizzazione del sistema amministrativo, giudiziario e di difesa della legalità.



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[1] Delegato di Pubblica Sicurezza a Palermo, fu uno dei primi studiosi della Mafia, per averla osservata e combattuta non solo sui libri.

[2] Suddivisione amministrativa introdotta nel 1865, intermedia tra comune e circondario.

La Sicilia era suddivisa in 7 Province (Caltanissetta, Catania, Girgenti, Messina, Noto, Palermo, Trapani), 24 circondari, 179 mandamenti and 357 comuni.

Curiosamente, oggi per mandamento si intende principalmente la zona di influenza di una o più famiglie affiliate alla mafia.

[3] Si noti che la base di riferimento delle due analisi è differente, comune per il Cutrera, mandamento per Damiani-Jacini, ne consegue che si potrebbe generare confusione nell’interpretazione dei dati se non si tiene conto di questo aspetto.

[4] Sulfur_d è invece una variabile binaria (dummy), con valori 0 (nessuna miniera) e 1 (presenza di miniere)

Fig. 1 - Diffusione della mafia in Sicilia nel tardo XIX secolo

Fig. 2 - Distribuzione del numero di miniere di zolfo attive nel 1886 (da tab. XIX in Squarzina, 1963)

Analisi empirica dei dati

L’analisi di regressione multipla con il metodo dei minimi quadrati (OLS) della variabile dipendente maf_c con i parametri sopra specificati dà i risultati riassunti in tab. 1.

Dall’esame della tabella appare chiaro come sia importante l’introduzione del parametro di dipartimento, considerando il quale la varianza spiegata (indice di determinazione R2) dal parametro Sulfur sale dal 4.2% al 56.7% [5].

L’introduzione nella regressione di nuovi parametri (colonne da 3 a 7) non aumenta di molto la varianza spiegata (max 65.9%) né provoca una forte variazione, tranne in colonna (7), del coefficiente di regressione del parametro Sulfur che rimane costantemente positivo e tale da rigettare l’ipotesi nulla (indipendenza di maf_c da Sulfur) anche considerando livelli di significatività bassi (≤ 5%) [6].

Per quanto riguarda le coltivazioni cereo-agricole solo quelle di cereali presentano coefficienti positivi significativi anche considerando livelli di significatività bassi (≤ 5%), mentre quelle di agrumi presentano coefficienti negativi significativi in colonna 3, e solo se si considerano elevati livelli di significatività (> 5%).

Questo risultato non conferma l’ipotesi ampiamente diffusa di un collegamento tra l’affermarsi della mafia e lo sviluppo della coltivazione di agrumi.

Gli altri parametri, via via inseriti nell’analisi di regressione, non mostrano coefficienti di regressione significativamente diversi da zero, tranne Diff. Elevation e Density entrambi con valori positivi, quest’ultimo in linea con la letteratura.

La robustezza dell’analisi è confermata, anche se a livelli di significatività più alti, se si sostituisce Sulfur con Sulfur_d, considerando quindi solo la presenza di miniere e non il loro numero.

Anche considerando gli effetti spaziali, nel senso che la mafia può offrire protezione ed estendere le sue pratiche anche nei territori confinanti con il territorio sotto il proprio controllo, i risultati confermano quanto già emerso in tab. 1, con il parametro Sulfur sempre correlato positivamente, al livello di significatività 1%, alla presenza della mafia.

Come è già stato sottolineato, i dati ricavati da Cutrera (maf_c) sono da considerare migliori rispetto a quelli ottenuti da Damiani-Jacini, tuttavia, per comparazione con altri studi è stata eseguita l’analisi di regressione multipla anche per la variabile dipendente maf_d, i cui risultati sono riepilogati in tab. 2.

Pure in questo caso l’unico con un coefficiente di regressione positivo, sempre a livello di significatività 1%, è il parametro Sulfur, mentre tra gli altri solo Water Scarcity (colonna 3) e Density (colonne 6 e 7) hanno coefficienti significativamente diversi da zero, ma a livello di significatività 10%.

Infine, un’ulteriore elaborazione è stata realizzata considerando due insiemi di comuni: i comuni con miniere di zolfo e confinanti con comuni senza miniere (35 comuni), i comuni senza miniere confinanti con comuni con miniere (54 comuni).

Per ciascuna coppia comune con-comune senza, è ragionevole supporre, essendo confinanti, un effetto fisso dovuto alle simili condizioni sia istituzionali che geografiche, rimanendo la presenza di miniere di zolfo l’unica fonte della variazione di attività mafiosa.

Limitando l’analisi di regressione a tali coppie di comuni, sono stati ottenuti risultati che confermano il legame tra Sulfur e l’emergere della mafia (tab. 3).



Persistenza del fenomeno mafioso

Al termine dell’analisi, i ricercatori si sono chiesti se il fenomeno mafioso emerso negli anni del grande sviluppo della produzione di zolfo si sia mantenuto nel tempo, arrivando fino ai giorni nostri.

Come parametri indicativi della presenza della mafia ai nostri giorni sono stati considerati:

  • Council: variabile binaria, che indica se un comune è stato commissariato per mafia tra il 1991 e il 2011;

  • Real Estate: variabile binaria, che indica se una o più proprietà immobiliari siano state confiscate nello stesso periodo;

  • Firms: come la precedente per le aziende;

  • Theft: furti per 100,000 abitanti;

  • Burglary: furti in appartamento per 100,000 abitanti;

  • Car theft: furti d’auto per 100,000 abitanti;

  • Robbery: rapine per 100,000 abitanti.

Dall’analisi di regressione (tab. 4) tutti i parametri risultano significativamente correlati, con livello di significatività 1%, all’antica presenza della mafia (maf_c), il che dimostra la persistenza del fenomeno mafioso nelle aree ex zolfifere.

Fanno eccezione i furti in appartamento (Burglary) e le rapine (Robbery), non significativamente correlate, mentre i furti in genere (Theft e Car theft), hanno correlazione negativa, suggerendo che la presenza della mafia possa esercitare un controllo territoriale che funziona da deterrente per i crimini “non mafiosi”.


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[5] Questo significa che l’elemento più importante per controllare l’emergere della mafia, ora come allora, è un forte presidio di legalità (NdR).

[6] Il livello di significatività misura la probabilità che, nell’ipotesi di un andamento normale con media 0 (condizione di indipendenza) e scarto quadratico pari all’errore standard, il coefficiente possa essere maggiore (o minore in caso di valore negativo) di quello calcolato. Quindi, tanto minore sarà tale livello, tanto maggiore sarà l’attendibilità dell’esistenza di una dipendenza tra le variabili, la cui forza è invece misurata dal valore del coefficiente.

Tab. 1 - Risultati dell’analisi di regressione multipla della variabile dipendente maf_c

Tab. 2 - Risultati dell’analisi di regressione multipla della variabile dipendente maf_d

Tab. 3 – Risultati dell’analisi limitata alle coppie di comuni confinanti con/senza miniere

Tab. 4 – Persistenza del fenomeno mafioso