Bacino antracifero della Barbagia di Seulo

Inquadramento geologico e giacimentologico


In fig. 1 è mostrata la stratigrafia geologica dell’area interessata dal bacino antracifero della Barbagia di Seulo, di età compresa tra carbonifero superiore e permiano inferiore (320÷ 280 Ma).

Sopra il basamento metamorfico, la sequenza inizia dal “conglomerato basale” con granuli da grossolani a fini, che si estende sul bacino con spessori crescenti al centro, fino a 100 m.

Letti di arenarie a granuli da grossolani a medi e, più raramente, lenti pelitiche nerastre sono intercalati ai conglomerati.

Al tetto di questa unità basale, sottili strati di prodotti piroclastici acidi interfacciati e rimaneggiati con i conglomerati superiori testimoniano dell’esistenza di attività vulcanica esterna al bacino.

Il cuore della deposizione nel bacino è rappresentato da sedimenti terrigeni di ambiente da alluvionale a lacustre a grani di dimensioni variabili, di spessore fino a 300 metri, intercalati con strati di lava e con presenza di livelli antracitici che, in funzione della relazione stratigrafica con le vulcaniti, sono definiti come complesso antracifero intermedio e superiore.

La successione sedimentaria mostra un trend discontinuo di aumento della dimensione dei granuli verso l’alto, che riflette il cambio di ambiente di deposizione da prevalentemente lacustre-paludoso a fluviale di elevata energia, cui corrispondono depositi più grossolani.

Nei sedimenti a grana fine sono presenti abbondanti tracce di macroflora sia nel bacino di Seui che nei vicini affioramenti di Seulo, attribuibili a ben 51 specie di età variabile tra il tardo carbonifero e il permiano inferiore.


Breve storia della concessione di Corongiu


Il giacimento antracifero fu scoperto dal conte Alberto La Marmora nel 1827, anche se, per precisione storica, la prima indicazione di un filone carbonifero si deve al capitano savoiardo Pietro Belly che, a proposito del carbone di Seui, così scriveva l’11 febbraio 1791 in una relazione al conte Prospero Balbo: «Vicino Perdagliana nella Barbagia di Seulo, c’è un filone di carbon fossile che abbiamo saggiato. Si accende facilmente ma esala un vapore bituminoso insopportabile.»

Tuttavia, la scoperta del giacimento fu certificata ufficialmente solo con DM del 5 luglio 1876, sulla base delle ricerche di Eugenio Marchese, che effettuò una serie di sondaggi in vari punti del giacimento, e di due società genovesi, la Compagnia Generale delle Miniere e la Società Genovese di Miniere in Sardegna, alla seconda delle quali venne affidata la prima concessione (Corongiu) con Regio Decreto del 2 settembre 1877, poi acquisita con atto di cessione del 14 gennaio 1885 dalla Società Correboi.

Il giacimento, di limitata estensione e di una potenzialità valutata tra le 600,000 e le 700,000 tonnellate, ubicato sul torrente Domestia, affluente del Flumendosa, era costituito da strati carboniferi dello spessore variabile da 40 cm a 2 m, riuniti in un banco dello spessore di circa 4 m, sovrastato da una copertura di porfido che in alcuni punti aveva lo spessore di quasi 100 m.

Gli scarsi risultati ottenuti nell’attività estrattiva convinsero la Correboi a cedere la concessione alla Monteponi con atto avvenuto il 5 febbraio 1895.

La Monteponi acquisì la concessione per poterne sfruttare, grazie al basso contenuto di ceneri, l’antracite nella produzione del Litopone, un pigmento bianco di origine inorganica, ottenuto grazie a una miscela soluzioni acquose di solfato di bario e solfuro di zinco

Oltre a Corongiu, nei primi decenni del XX secolo furono rilasciate nell’area le concessioni S’Enna su Monti (DM 2 maggio 1919) e Ingurtipani (DM 10 marzo 1921).

Con DM 30 maggio 1929 la concessione di Corongiu venne confermata alla Monteponi ai sensi del RD 1443/1927, per essere successivamente trasferita, con DM 11 luglio 1938 alla Società Mineraria Veneto Sarda.

Nel periodo 1910-1948 nelle miniere di Seui furono prodotte poco più di 284,000 tonnellate di carbon fossile, con punte massime nel 1940 (25,556 ton) e 1941 (23,398 ton), come riportato in tab. 1.

La distanza dai luoghi di utilizzo, la inadeguatezza delle vie di comunicazione, gli elevati costi di trasporto del materiale estratto e l’inefficienza del sistema di cernita e separazione dallo sterile limitarono sempre lo sfruttamento del giacimento.

Di conseguenza la società concessionaria entrò in crisi nel secondo dopoguerra, tanto da arrivare, a fine 1954, a ipotecare la concessione per garantirsi i fondi necessari all’ammodernamento degli impianti. Il tentativo di rilancio non andò, però, a buon fine e il 7 luglio 1963 fu fatta domanda di rinuncia che portò alla revoca della concessione, con D.A. n. 140 del 17 marzo 1965, a decorrere dal 1° luglio 1964.

Fig. 1 – Stratigrafia del bacino antracifero (Cassinis, 2003)

Tab. 1 – Produzione di antracite nei cantieri di Seui