Recupero museale in

Friuli V.G.

I siti musealizzati

Nella tabella che segue è riportata la lista dei siti minerari oggetto di recupero museale, in atto o in progetto al 2019, la cui distribuzione a livello comunale è mostrata in fig. 1.

La descrizione e gli approfondimenti di questi siti sono riportati nel pdf scaricabile.

Musealizzati_FVG.xlsx

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti musealizzati in Friuli Venezia Giulia


Alle pendici settentrionali del massiccio del Monte Plauris, le miniere del Rio Resartico sono state per lungo tempo una delle principali fonti di reddito per gli abitanti di Resiutta.

Dalla fine del XIX secolo e fino a primi anni ‘50 nella Miniera, da venature bituminose intercalate nelle rocce dolomitiche si estraeva un minerale bruno, leggero, di facile infiammabilità; questo veniva portato a Resiutta per essere distillato in un fabbricato ancora visibile sulla sinistra del torrente Resia per estrarne alcuni oli minerali pesanti, utilizzando come combustibile i gas che si liberavano durante la distillazione.

L’olio proveniente dalla miniera di Rio Resartico garantiva la prima illuminazione pubblica della città di Udine, ma si produceva anche l’ittiolo, usato come farmaco.

Delle vecchie miniere, abbandonate a metà degli anni ’50 del secolo scorso, rimangono i resti del vecchio borgo minerario (fig. 2), raggiungibili dalla frazione Povici di Sopra seguendo il sentiero CAI n. 702 e nelle cui vicinanze sorge anche un comodo rifugio per gli escursionisti (fig. 3).

Proseguendo per il sentiero si raggiunge la galleria di collegamento (fig. 4), utilizzata dai minatori per raggiungere rapidamente le gallerie di estrazione, il cui tratto iniziale, messo in sicurezza dall’Ente Parco Naturale Prealpi Giulie e appositamente attrezzato, è visitabile con l’accompagnamento di una guida dando ai visitatori la possibilità di rivivere la storia scritta negli anni dal duro lavoro dei minatori (fig. 5).

Presso i locali delle ex scuole di Resiutta, inoltre, è stata allestita una Mostra permanente della Miniera di Resartico con numerosi pannelli, corredati da suggestive foto, che illustrano le attività che si svolgevano in miniera, le dure condizioni di lavoro, la storia delle ricerche compiute, gli aspetti geologici e quelli naturalistici dell’area. Particolarmente interessante è la ricostruzione a grandezza naturale di un tratto di galleria con un carrello per il trasporto dei materiali estratti (fig. 6).


Fig. 2 - Borgo minerario di Povici di Sopra

Fig. 3 - Rifugio della valle del Rio Resartico

Fig. 4 - Galleria di collegamento della miniera del Rio Resartico

Fig. 5 - Visitatori nel tratto di galleria attrezzato e messo in sicurezza

Fig. 6 - Ricostruzione di un tratto di galleria con un carrello di trasporto del minerale


Inaugurato il 6 dicembre 2008, il Museo della miniera di Cludinico, aderente alla rete museale CarniaMusei trova collocazione nell’edificio (fig. 7), all’ingresso del paese, che un tempo ospitava il magazzino del villaggio minerario, villaggio composto da numerosi altri fabbricati di cui oggi, dopo la fine dello sfruttamento del giacimento minerario in seguito alla liquidazione dell’Azienda Carboni Italiani (A.Ca.I.) disposta nel 1956, non rimane quasi traccia.

La ricca collezione mineraria presente nel museo, creatasi a seguito dei lavori di sistemazione del sito minerario grazie all’apporto di ex minatori e di loro familiari, ne testimonia l'evoluzione fino al periodo della sua massima espansione.

Tra i numerosi reperti esposti (figg. 8 e 9), i contributi più sostanziosi provengono dal fotografo Luigi Gardel, che ha messo a disposizione varie sue fotografie e materiale appartenuto al perito minerario Massimo Mocci, e dal signor Rinaldo Raber che, avendo lavorato per molti anni alle dipendenze dell’A.Ca.I., ha conservato una preziosa serie di documenti e oggetti legati alle attività dell’Ufficio Tecnico dell’epoca e ha raccolto i suoi ricordi in due libri nei quali descrive minuziosamente le vicende della Miniera di Cludinico e del locale sfruttamento del carbon fossile.

Il percorso di visita è organizzato a sezioni tematiche, consentendo ai visitatori di prendere coscienza dell’intero processo produttivo, dalla rappresentazione dei livelli di affioramento ai reperti dei carotaggi effettuati con le sonde Swenska, dai sistemi di avanzamento in galleria al brillamento delle mine, dagli attrezzi usati per l’estrazione del carbone alla fucina e all’attrezzatura della falegnameria.

Un apposito spazio è dedicato alla vita negli alloggiamenti e al tempo libero dei minatori, molti dei quali provenienti anche da fuori regione.

Ben rappresentati sono, inoltre, gli strumenti utilizzati per i rilievi topografici, le lampade a carburo di cui si servivano i minatori, l’oggettistica dell’Ufficio Tecnico e la bibliografia d'epoca dedicata al mondo delle miniere.

La sede del Museo funge, inoltre, da punto di partenza per l’escursione all’interno della ex Miniera Creta d'Oro (facente parte assieme alla Vareton e Rio Malon dell’intero complesso minerario di Cludinico) attraverso un dedalo di gallerie ora illuminate e messe in sicurezza (fig. 10).

Muniti di casco e pila, i visitatori potranno identificare le vene di carbone ancora presenti, capire le varie fasi del processo estrattivo ma anche ammirare le sorprendenti concrezioni che si sono formate nell’arco di un cinquantennio (fig. 11).


Fig. 7 - La sede del muso della miniera di Cludinico

Fig. 8 - Foto d’epoca dell’ingresso della galleria Vareton

Fig. 9 - Due giovani minatori sporchi di carbone

Fig. 10 - Visita alle gallerie nella miniera di Cludinico

Fig. 11 - Concrezioni nelle gallerie della miniera di Cludinico


Polomuseale Cave è il nome che è stato dato al complesso delle realtà museali di Cave del Predil (fig. 12): “una realtà particolare che unisce il Museo Storico Militare delle Alpi Giulie (MSM) al Parco internazionale geominerario (PIG), creato in seguito all’interruzione dell’attività estrattiva della miniera per renderla visitabile, al museo della tradizione mineraria, Miniera Lab (ML), che affianca l’esperienza della visita alla miniera con un percorso documentario che consente di comprenderne appieno la storia e le peculiarità”.

Il Parco Internazionale Geominerario (PIG) ospita la ex miniera di Raibl, una delle più importanti miniere europee di piombo e zinco, scoperta in epoca romana e attiva dal secolo XVIII fino al 1991, ora divenuta un ecomuseo.

La visita guidata, all’interno delle gallerie messe in sicurezza, avviene parte a piedi (fig. 12) e parte con l’utilizzo di un trenino a trazione elettrica (fig. 13) in un viaggio nel cuore della terra per scoprire minerali, tecniche di estrazione, ma soprattutto per comprendere le fatiche di migliaia di minatori che hanno lavorato per secoli dentro le sue viscere.

Il Museo della Tradizione Mineraria, che ha sede nel palazzo che un tempo ospitava gli uffici della direzione della miniera, espone i materiali relativi alla complessa storia della miniera, che nel tempo ha caratterizzato la vita di questa località e dei suoi abitanti.

L’obiettivo di questa “nuova sede della memoria e della tradizione mineraria” è quello di diventare un archivio, un centro di documentazione, un luogo nel quale continuare a raccogliere documenti e testimonianze per condividerli con studiosi, ex minatori, cittadini della valle, curiosi e appassionati.

Il percorso di visita restituisce - attraverso foto (fig. 14), minerali, strumenti di lavoro, plastici e miniature delle macchine per la lavorazione dei minerali - il racconto di questa valle e delle sue montagne e propone episodi e testimonianze del lavoro dei minatori e delle vicende che ne hanno caratterizzato lo sviluppo, sia in Italia che in Slovenia, sino alla lotta contro la sua chiusura.

Fig. 12 - Ingresso del Parco Internazionale Geominerario di Raibl

Fig. 13 - Il trenino elettrico per il trasporto dei visitatori in galleria

Fig. 14 - Minatori di Raibl nel 1967