Arburese, Guspinese

L’area Arburese, Guspinese, a Nord del distretto minerario delle Sardegna sud-occidentale (fig. 1), misura 524 km2, pari a circa il 12.60% dell'estensione del Parco Geominerario della Sardegna, comprendendo 6 comuni (tab. 1a).

È un’area particolarmente importante per la storia e per il patrimonio minerario che contiene, in cui le valenze storiche e di archeologia industriale sono espresse al massimo nei siti di Montevecchio e Ingurtosu, profondamente legati non solo allo sviluppo socio-economico della comunità locale ma anche alla storia dello sviluppo dell’industria mineraria italiana.

Non meno interessanti, anche se di entità minore, sono i centri minerari dismessi di Gennamari e Perd’e Pibera.

Le vicende produttive, tecnologiche, economiche e sociali di oltre un secolo e mezzo d’industria mineraria in quest’area hanno segnato profondamente il territorio e la cultura della popolazione locale, rappresentando oggi un enorme patrimonio in fase di recupero e valorizzazione.

Nell’area, tra i siti gestiti dal Parco geominerario, risulta solo quello di Montevecchio; nel seguito sono stati, tuttavia, descritti anche altri due siti che sono stati oggetto di recupero (tab. 1b).

Fig. 1 - L'area mineraria Arburese, Guspinese

Fig. 1 - Comuni (a) e siti minerari (b) interni all'area Arburese, Guspinese



Gestita dalla Lugori SC arl in appalto dal Comune di Guspini, la miniera di Montevecchio si trova a 5.5 km a NO di Guspini e a 5 km a N di Arbus, all’incrocio tra la SP66 e la SP68 (fig. 2).

Lungo la strada che da Guspini conduce al borgo di Gennas (Montevecchio) e che digrada poi fino al mare attraversando il territorio di Arbus, è possibile incontrare le strutture che hanno profondamente segnato la storia dei comuni limitrofi.

Per primi si incontrano i cantieri di Levante, con la Diga Fanghi e gli edifici di Sciria, dalla cui stazione partiva il trenino carico di minerale diretto a San Gavino.

Continuando verso Ovest, si incontrano la Laveria Principe Tomaso, i Pozzi Sartori e San Giovanni: quest’ultimo, profondo 290 m e recentemente restaurato, era al servizio del cantiere Piccalinna.

Ancora più avanti si può osservare la torre merlata di stile neogotico del Pozzo Sant’Antonio.

Arrivati al borgo di Gennas s’incontrano gli edifici di servizio della miniera, con particolare riguardo alla Palazzina della Direzione.

Da qui in poi si entra nel territorio del Comune di Arbus, sede dell’area Montevecchio Ponente, dove s’incontrano il cantiere Sanna, il principale del sito, e le miniere di Telle e di Casargiu, le ultime prima della concessione di Ingurtosu.


Sono previsti 6 percorsi di visita:

  • Palazzina della Direzione: articolato all'interno dell’omonimo edificio di forme classicheggianti e neorinascimentali (fig. 3), si sviluppa su tre piani intorno a un ampio chiostro centrale, sul quale si affaccia, lungo tre lati, un porticato dalle volte a crociera con decorazioni “a grottesca”.

Progettata ed edificata nel borgo di Gennas tra il 1870 e il 1877 per volontà di Giovanni Antonio Sanna, fu adibita inizialmente ad ospitare gli uffici direzionali della società mineraria e l'abitazione della famiglia Sanna, per essere poi destinata interamente all'attività amministrativa. Al suo interno è possibile rivivere, grazie a un attento lavoro di ricostruzione degli ambienti originari, i fasti della borghesia ottocentesca e, nei locali del sottotetto, le modeste condizioni di vita della servitù.

Particolarmente interessante la visita alla Sala Blu (fig. 4), il cui nome si deve alle decorazioni che ricoprono completamente le pareti e la volta, adibita a sala dei ricevimenti prima e a sala riunioni e di rappresentanza poi.

Vi si trova uno dei numerosi camini dell’appartamento, attorno al quale si sviluppa un ricco salotto di poltrone, divani e specchi dorati che insieme a un maestoso pianoforte a coda decora l’ampia sala, un tempo teatro di feste e serate musicali.

Un piano sopra, nel sottotetto, sono ospitati i locali della servitù costituiti da un’ampia cucina (fig. 5) con utensili di rame appesi alle pareti, una piccola sala da pranzo e le camerette con arredi semplici ma funzionali.

Nonostante la grande differenza con il fasto del piano sottostante, si deve osservare come questi alloggi fossero nettamente migliori di quelli destinati ai minatori , per non parlare delle condizioni dei villaggi circostanti.

  • Sant’Antonio: si snoda lungo le aree di superficie adiacenti la caratteristica torre merlata, in stile "ghibellino" a coda di rondine, dell’omonimo pozzo di estrazione (fig. 6) e include, oltre alle sale argani e compressori, la visita agli alloggi degli operai (fig. 7), importante esempio delle condizioni di vita nelle miniere, e all' ex-deposito minerali che offre, invece, un'ampia panoramica sul lavoro minerario: dalla roccia al minerale puro sino al metallo pronto a essere forgiato.

Sono inoltre presenti i documenti di supporto alle ricerche stratigrafiche e le descrizioni delle tecniche di estrazione, cernita e arricchimento.

  • Officine: comprende le strutture dove si svolgevano le attività di manutenzione e ricostruzione dei macchinari; in particolare:

    • l’edificio, oggi adibito a centro di accoglienza, costruito sul vecchio impianto della prima centrale elettrica risalente al 1901, che ospitava: al pano terra, il laboratorio degli elettricisti; al primo piano: la sala dove dal 1938 vennero conservati i modelli necessari per la riproduzione in fonderia dei pezzi di ricambio dei macchinari e di altri oggetti metallici di utilizzo comune in miniera;

    • l’officina per la forgiatura e la tempera dei fioretti, rimodernata e ampliata nel 1912, che costituiva un laboratorio di fondamentale importanza per la costruzione e la manutenzione degli utensili metallici necessari all’attività in miniera;

    • la fonderia (fig. 7a), risalente al 1885 e rimodernata nel 1912, che ospitava gli impianti per la fusione di tutti i getti in ghisa e piombo degli elementi meccanici necessari all’ordinaria manutenzione degli impianti di miniera e per la costruzione di nuovi macchinari, in cui sono visibili i forni, le sagome, gli stampi e altri strumenti per la fusione;

    • l’officina meccanica (fig. 7b), sorta nel 1938 come fabbricato per la manutenzione degli automezzi, poi ampliata nel 1948, dotata della strumentazione tecnica per lavori di piccola e grossa carpenteria, di una gru a ponte scorrevole per la riparazione e il montaggio di macchinari da lavoro e per la normale manutenzione dei mezzi di trasporto.

  • Piccalinna: si sviluppa nel complesso minerario (fig. 8) intorno al Pozzo San Giovanni e all’interno delle sale argano e compressori. La macchina di estrazione che vi è conservata, con i suoi 120 cavalli vapore permetteva l’estrazione di 20 metri cubi di materiale all’ora.

Il Pozzo San Giovanni (fig. 9a), scavato intorno al 1870 con una profondità di 100 metri e in seguito approfondito fino a 400 metri, fu successivamente rivestito in muratura con conci irregolari di basalto a vista e cornici in laterizi attorno alle aperture e nei marcapiani.

A fine ‘800, adiacenti al pozzo a furono realizzati altri edifici:

  • la sala forge, in cui un fabbro aveva il compito di eseguire la manutenzione dei fioretti danneggiati utilizzati nei martelli perforatori;

  • la lampisteria, dove venivano conservate le lampade a carburo e le materie infiammabili e da cui i minatori prendevano una piccola medaglia di riconoscimento da portare in galleria;

  • la sala argano (fig. 9b), con l'imponente macchina d'estrazione, inizialmente a vapore ed elettrificata intorno agli anni ‘30, del tipo a bobine con funi piatte che si arrotolano su loro stesse in spire successive;

  • la sala compressori, a cui si può accedere direttamente dalla sala argano, che ospitava le macchine per la produzione dell'aria compressa per i vari usi in miniera.


Infine, nell’area è presente la laveria anch’essa in pietra basaltica a vista, realizzata nel 1876 appoggiata alla collina, ampliata e rimodernata intorno al 1907 e, in seguito alla sostituzione con la moderna e vicina laveria Principe Tomaso inaugurata nel 1935, trasformata in alloggi per operai scapoli, deposito casermaggio e, più recentemente, in scuola frequentata dai figli degli operai che risiedevano nei vicini alloggi del cantiere.

  • Galleria anglosarda (fig. 94), che deriva il nome da quello della compagnia “La Piemontese - Compagnia Reale Anglosarda” a cui vennero appaltati i lavori di scavo che iniziarono nel 1852. Il percorso si sviluppa per circa un chilometro lungo il filone metallifero in una vera galleria di estrazione e non solo di transito dei materiali verso altre destinazioni, in cui si possono osservare i vari tipi di armature impiegate per garantire la sicurezza della volta, le diramazioni e i fornelli di areazione, i binari con vagoncini e motopala, i vari tipi di perforatrici e i plastici delle “volate” con la disposizione delle mine sul fronte di avanzamento.

  • Levante: ultimo percorso implementato in ordine di tempo, prosegue i percorsi Sant’Antonio e Piccalinna verso la parte rimanente dei Cantieri del Levante, raggiungendo il cantiere Mezzena con l’imponente Pozzo Sartori (fig. 95), entrato in funzione il 1° giugno 1941, profondo 520 m, suddiviso in 19 livelli e attrezzato dal 1957 con skips [1], raggiungendo così una potenzialità estrattiva di circa 130 t/h di minerale grezzo.

Nel cantiere è compresa la laveria Principe Tomaso, costruita nel 1877 e rimasta in funzione con ammodernamenti fino al 1981, in cui blenda e galena venivano separate dello sterile nell’impianto di flottazione con una potenzialità fino a 1,200 ton/giorno.


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[1] Sistema di trasporto su rampe inclinate o in verticale effettuato mediante un recipiente, "skip", a scarico automatico, provvisto di ruote e trainato da una fune su rotaie oppure sollevato lungo apposite guide


Fig. 2 - La miniera di Montevecchio (fonte GoogleEarth)

Fig. 3- La Palazzina della Direzione a Montevecchio

Fig. 4 - La Sala blu nella Palazzina della Direzione

Fig. 5 - La cucina nella Palazzina della Direzione

Fig. 6 - La torre merlata del pozzo Sant’Antonio nella miniera di Montevecchio

Fig. 7 - Alloggi dei minatori a Montevecchio: a)+ b) cucina, c) cameretta

Fig. 8 - Complesso minerario di Piccalinna

Fig. 9 - a) Pozzo San Giovanni; b) Argano a funi piatte

Fig. 10 - Galleria anglo-sarda: a) schema di volata; b) carrello abbandonato all’ingresso di una galleria secondaria; c) tratto finale della galleria con rivestimento

Fig. 11 - Pozzo Sartori

Miniera di Ingurtosu


La miniera di Ingurtosu è situata a circa 7 km a OSO della miniera di Montevecchio (fig. 12) sulla SP66.

All’interno dell’area mineraria opera il Centro Educazione all’Ambiente e alla Sostenibilità (CEAS) che ha le sue sedi operative presso il recuperato Pozzo Gal (fig. 13) di Ingurtosu e gli antichi edifici dell’Ufficio Geologico e della Foresteria di Montevecchio.

Il pozzo Gal, che deve il suo nome a Paul Gal, Presidente del Consiglio di Amministrazione del gruppo Pennaroya che negli anni ‘20 gestiva attraverso la Pertusola le miniere di Gennamari e Ingurtosu, fu messo in funzione nel 1923 per lo sfruttamento del filone Brassey, uno dei più importanti della Sardegna per l’estrazione della galena argentifera; intestato a 204 m slm, al suo completamento era profondo 334 m raggiungendo il livello -130 slm.

Attualmente il pozzo Gal ospita al suo interno un Museo Multimediale con la storia della miniera di Ingurtosu, una Mostra Entomologica (storia dell’apicoltura, collezione di insetti, storia della seta in Sardegna), varie collezioni di minerali, mostre fotografiche, e la mostra degli oggetti del laboratorio chimico e dell’archivio storico della miniera.

Partendo da Pozzo Gal si può seguire il percorso che si inoltra nella vegetazione lungo un sentiero che passa sulla collina e segue il vecchio tracciato ferroviario, segnato da cumuli di detriti originati dall’accumulo di materiali sterili, da vecchi edifici e gallerie a testimonianza dell’antica attività mineraria presente un tempo.

Il percorso termina in un piazzale dove si possono ammirare i resti della vecchia Laveria Pireddu (fig. 14), le abitazioni dei minatori e, più avanti, la Laveria Brassey (fig. 15).

Partendo da Arbus è possibile percorrere “il Sentiero del Minatore”, percorso di circa 2 km utilizzato dai minatori per raggiungere i vari cantieri di lavoro dislocati lungo la strada provinciale che va da Ingurtosu a Montevecchio: Laveria La Marmora, Pozzo Amsicora, Pozzo Fais e Pozzo 92.

Il percorso attraversa la vallata di Sibingia, ricoperta da una rigogliosa vegetazione a macchia mediterranea e, a tratti, da un fitto bosco di lecci e sughere, fino ad incrociare la SP66, tra Telle e Casargiu.

La fauna tipica dell’area è costituita da specie quali il cervo, il cinghiale, la volpe, la martora, il gatto, il coniglio selvatico, la pernice e la poiana.

Presso la ex foresteria della vicina miniera di Montevecchio, inoltre, il CEAS gestisce, la Collezione Dellacà, costituita da diorami che riproducono la vita mineraria in varie epoche, e il Museo dei minerali che comprende una ricca collezione di minerali e fossili provenienti, oltre che dalle miniere di Montevecchio e di Ingurtosu, da altre miniere sarde, del resto d’Italia e del mondo.

Fig. 12 - L’area mineraria di Ingurtosu (fonte GoogleEarth)

Fig. 13 - Pozzo Gal della miniera di Ingurtosu

Fig. 14 - Laveria Pireddu della miniera di Ingurtosu

Fig. 15 - Laveria Brassey della miniera di Ingurtosu

Miniera di Perd'e Pibera


La miniera di Perd’e Pibera, denominata nei decreti di concessione “Riu Planu Is Castangias", è ubicata a circa 5 km a S di Gonnosfanadiga (fig. 16) all’interno dell’omonimo Parco di proprietà e gestione comunale.

La laveria ristrutturata (fig. 17), priva dei macchinari portati via dalla concessionaria Società Nazionale Cogne al momento dell’abbandono, dovrebbe trasformarsi, nei progetti del Comune, in un centro di accoglienza, foresteria e sala congressi annessa.

Allo stato attuale, tuttavia, gli edifici minerari ristrutturati contribuiscono alla bellezza e interesse del parco, senza però valorizzare lo specifico minerario dell’area.

Fig. 16 - La miniera di Perd’e Pibera (fonte GoogleEarth)

Fig. 17 - La laveria (a dx) ristrutturata della miniera di Perd’e Pibera