Barite e Fluorite in Sardegna

La distribuzione dei siti a livello territoriale

Nell’articolazione dei siti concessionati in funzione dei minerali coltivati (fig. 1a), per evitare sovrapposizioni tra i differenti insiemi, nei siti con coltivazione di barite e/o fluorite non sono stati considerati quelli in cui sono stati estratti anche minerali metalliferi, perché già considerati tra i siti di tali minerali.

Mentre questa sovrapposizione tra gruppi diversi è in genere assente o ridotta, in questo caso è particolarmente ampia, tanto che tra i 124 siti in cui è segnalata la coltivazione di barite e/o fluorite ben 79 sono anche siti di coltivazione di minerali metalliferi, secondo l’articolazione spaziale e mineralogica mostrata in fig. 1b.

Come si osserva nella figura, tale distribuzione si concentra in due aree: il Sulcis-Iglesiente a SW e il Sarrabus a SE.

Per quanto riguarda, invece, i siti di coltivazione di barite e/o fluorite senza minerali metallici (fig. 1a), questi si concentrano in Sulcis-Iglesiente e, avendo un’evoluzione temporale che parte sostanzialmente dagli anni ’40 del XX secolo (fig. 2), spesso si configurano come coltivazione residuale di precedenti coltivazioni di minerali metallici, insistendo sostanzialmente sullo stesso giacimento.

Tutto ciò configura una forte paragenesi tra barite e/o fluorite e minerali metallici, in particolare i solfuri di piombo e zinco.


Fig. 1a - Distribuzione territoriale a livello comunali dei siti di Barite e/o Fluorite senza minerali metalliferi

Fig. 1b - Distribuzione territoriale a livello comunali dei siti di Barite e/o Fluorite con minerali metalliferi

Inquadramento geologico e giacimentologico


Per quanto riguarda i siti in cui barite e/o fluorite si accompagnano ai solfuri metallici, rappresentati in fig. 1b e già considerati in sede di geologia e giacimentologia dei siti di minerali metallici , si confermano i caratteri già descritti.

In particolare:

  • a SW in Sulcis-Iglesiente (35 siti), dove prevalgono i siti a Barite (30) associati a Galena (28) e, in sott’ordine, Blenda (21), mentre la Fluorite è coltivata in solo 8 siti, si tratta di corpi di varia forma, stratoidi, raramente filoniani insediati nella formazione calcareo-dolomitica di età cambriana;

  • a SE nel Sarrabus-Gerrei (32 siti), con prevalenza di Fluorite (28), associata a Galena (26), Blenda (25) e Barite (19), i giacimenti più importanti sono di tipo filoniano, in sedimenti siluriani interessati da vulcanismo tardo ercinico.

Limitando l’analisi ai 45 siti di Barite e/o Fluorite senza associazione con minerali metallici (fig. 1a), si osserva una netta prevalenza della Barite (41 siti), in grande maggioranza concentrati in Sulcis-Iglesiente (35), mentre la Fluorite è presente in pochi siti (8), per di più dispersi sul territorio.

Si può concludere che, in Sardegna, la fluorite presenta concentrazioni di interesse minerario prevalentemente in associazione paragenetica con barite e solfuri metallici.

Diverso è il caso della Barite di cui sono presenti ben 33 siti di coltivazione della sola barite, tutti concentrati nel Sulcis-Iglesiente, spesso come sfruttamento successivo a quello di blenda e galena nello stesso giacimento.

Evoluzione temporale dell'attività mineraria


In fig. 2 è rappresentata l'evoluzione temporale del numero di concessioni vigenti di siti di coltivazioni barite e/o fluorite, in assenza di minerali metalliferi.

Sono tutti ormai dismessi, salvo la concessione di “Rio Bacchera” ancora concessionata per il completamento del progetto di recupero ambientale, approvato dal Servizio attività estrattive e recupero ambientale con Determinazione n. 33 del 27/01/2016 per la durata di 3 anni.

Fig. 2 - Evoluzione temporale dei siti di minerali barite & fluorite in assenza di minerali metalliferi

La miniera di Barega

Dichiarato scoperto nel 1866, il giacimento di Monte Barega, il più grande di barite della Sardegna, venne dapprima concesso per la coltivazione di minerali di piombo nel 1873 alla ditta dell’imprenditore cagliaritano Gaetano Rossi per passare poi all’inizio del XX secolo alla Società Pertusola, in seguito a una trafila che, a partire dal 1879, ha interessato in successione: la Societè Anonyme des Zincs Francais, la Società Anonima delle Miniere di Malfidano e la Società Anonima delle Miniere di Gennamari Ingurtosu.

A partire dal 1935, ritenuta non economica la coltivazione del piombo, con DM del 6 marzo venne concessa in perpetuo alla Montecatini, per un’estensione pari a 96.57 ettari, la facoltà di coltivare la sola barite, concessione trasferita alla Società Mineraria della Barite (DM 28 settembre 1936) e quindi alla Società italiana del Litopone (DM 10 dicembre 1937).

Nel 1960, con Decreto assessoriale n. 346 del 1° luglio, venne assegnata alla Ditta di Gerolamo Ferrara una nuova concessione per barite denominata “Barega 1”, per anni 20 ed estensione di 236 ettari.

Mentre l’originaria concessione “Barega”, attraverso una serie di trasferimenti che hanno interessato la Montecatini (1963), la Barinter SpA (1964), la Ferrara SpA (1971) e la Bariosarda SpA (1972), si avviava alla chiusura, anche la nuova concessione “Barega 1” venne trasferita dalla Ferrara SpA alla Bariosarda SpA con DA n. 299 del 14 novembre 1972.

Alla scadenza del 30 giugno 1980 la concessione fu rinnovata dapprima fino al 1993 e successivamente, con Determinazione n. 177/A del 29 luglio 1993, per ulteriori anni 15 con ampliamento a 561 ettari, sempre a favore della Bariosarda SpA.

Con Determinazione n. 385 del 21 marzo 2000 venne, quindi, trasferita alla I.G.E.A. SpA che vi rinunciò e conseguentemente, con Determinazione n. 419 del 19 agosto 2002, fu trasferita alla TRALMEC Srl, fino alla scadenza prevista per il 28 luglio 2008.


Geologia e giacimentologia


Monte Barega fa parte di un allineamento E-W di colline carbonatiche cambriane, comprendente anche Monte Sa Fossateula e Monte Arcau, costituendo il lembo meridionale di un'anticlinale al cui centro affiorano le rocce più antiche della zona composte dalle metarenarie del Gruppo di Nebida (Cambriano inferiore, oltre 520 Ma).

Verso Sud affiorano le rocce più tenere, prevalentemente scistose, del Gruppo di Cabitza (Cambriano medio-Ordoviciano inferiore, 520÷480 Ma) sormontate poi dai conglomerati rossicci dell'Ordoviciano medio (470÷455 Ma).

Le rocce affioranti sul monte Barega sono rappresentate prevalentemente da Calcari ceroidi, Dolomia geodica e Dolomia gialla della Formazione di San Giovanni (Gruppo di Gonnesa, Cambriano inferiore).

La concessione mineraria di Barega copre quasi completamente gli affioramenti tipici della serie cambriana sarda, costituita dalla successione di arenarie, calcari e argille, successivamente piegata da eventi orogenetici ed erosa negli elementi più teneri (arenarie e argille), lasciando emergere rilievi costituti dai calcari.

I corpi mineralizzati a barite sono ospitati nelle rocce carbonatiche, secondo tre tipologie, diverse per caratteri geometrici e composizione:

  • vene mineralizzate, risultanti da una deposizione secondaria di barite e ganga prevalentemente quarzosa in faglie o fratture aperte.

La compenetrazione tra la barite e la ganga quarzosa rende difficile la coltivazione di queste mineralizzazioni, fortemente condizionata anche dai tenori di barite;

  • masse di forma colonnare all’interno di cavità carsiche di forma, dimensione e composizione variabile.

La barite è generalmente ben cristallizzata con caratteristiche molto favorevoli alla coltivazione mineraria;

  • lenti stratificate di materiale alluvionale, talvolta coperte da quarziti, dove ciottoli e frammenti di barite sono mescolati con suoli argillificati di basso grado.

In questo caso le mineralizzazioni sono sfruttabili economicamente dopo lavaggio della ganga argillosa.

Metodi di coltivazione


Esauritesi le parti affioranti del giacimento, intorno agli anni ’60 del XX secolo divenne necessario passare alla coltivazione in sotterraneo, utilizzando come vie di accesso alla mineralizzazione gallerie orizzontali in traverso banco scavate dalla superficie ai livelli più bassi, in collegamento con l’esterno attraverso gallerie inclinate di 15-20 m2 di sezione, che permettono l’accesso di camion con capacità di 15 tonnellate.

In funzione della variabilità delle mineralizzazioni in forma e dimensione, sono stati usati più metodi di coltivazione:

  • Sublevel stoping (coltivazione per sottolivelli a camera vuota, fig. 3), utilizzato dove le caratteristiche della roccia incassante erano tali da garantire un sufficiente stabilità delle camere vuote.

La spaziatura dei sottolivelli variava da 10 a 20 m, a seconda della regolarità della mineralizzazione.

  • Sublevel caving (coltivazione per sottolivelli con frana del tetto, fig. 4), adottato in presenza di rocce incassanti tenere e frananti, in particolare quando la mineralizzazione era in vicinanza di strati argillosi.

  • Metodo dei pilastri abbandonati (fig. 5), in presenza di zone sterili o a basso tenore che venivano lasciate in posto come pilastri a garantire e migliorare la stabilità dei vuoti.

  • Coltivazione a cielo aperto, per lo sfruttamento delle mineralizzazioni affioranti o vicino alla superficie.

Fig. 3 - Sublevel stoping

Fig. 4 - Sublevel caving

Fig. 5 . Camere e pilastri