Legislazione mineraria regionale

Sulla base del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 112 che, come già evidenziato, ha trasferito alle regioni [1] gran parte dei compiti relativi all’attività estrattiva, sono stati chiusi tutti i distretti minerari, tranne quelli siciliani già di dipendenza regionale dal 1965, e le relative competenze sono passate alle Regioni che operano sulla base di apposite Leggi regionali (o provinciali), sinteticamente descritte di seguito per la parte specificatamente relativa ai minerali solidi di 1a categoria, nel quadro di un Piano Regionale delle Attività Estrattive [2] (PRAE).

Infatti, con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 che ha modificato l’art. 117 della Costituzione circa la potestà legislativa di Stato e Regioni, queste ultime [3] hanno acquisito il potere legislativo anche in materia di attività estrattiva, anche se per la quasi totalità delle regioni le relative leggi si limitano a disciplinare le attività estrattive solo di cave e torbiere.

Oltre a Sicilia e Trentino-Alto Adige, già minerariamente autonome da decenni, solo nel caso di Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto, Toscana, Calabria e Sardegna le leggi regionali in materia di attività estrattiva si riferiscono anche alla coltivazione di miniere in senso stretto (minerali solidi di 1a categoria). Nelle altre regioni la gestione regionale dell’attività estrattiva dei minerali di 1a classe segue la normativa nazionale, ai sensi della Legge 5 giugno 2003, n. 131 “Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", che all’art. 1 comma 2 recita: «Le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia…».

Infine, per quanto riguarda la valorizzazione del patrimonio minerario dismesso, alcune regioni (Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria) hanno prodotto specifiche leggi regionali che disciplinano la materia, mentre altre (Umbria [4], Calabria [5], Sicilia [6] e Sardegna [7]) hanno introdotto specifici articoli all’interno di leggi regionali più generali.

All’atto del “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”, in particolare per quanto riguarda le “Miniere e risorse geotermiche” (artt. 32-36), erano in vigore i Distretti e Uffici minerari in tab. 1.

Nel passaggio alle regioni (vedi tab. 2 [8]), ciascuna si è organizzata in modo autonomo, inquadrando l’attività mineraria in ambiti differenti, prevalentemente nelle aree tematiche Ambiente e Territorio in 9 casi (Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Puglia e Basilicata) e Sviluppo economico (Imprese, Attività produttive) in 7 casi (Piemonte, Liguria, Marche, Lazio, Molise, Calabria e Sardegna). Fanno eccezione, seppure riconducibili alla suddivisione individuata, l’Abruzzo (Urbanistica e Territorio, afferente all’Ambiente) e Campania (Lavori pubblici, afferente allo Sviluppo economico).

Per l'analisi delle legislazioni minerarie delle singole regioni e i relativi approfondimenti vedere il pdf scaricabile.

Tab. 1 - Distretti minerari all'atto del passaggio delle competenze minerari alle Regioni

Tab. 2 – Inquadramento dell’attività mineraria nelle varie regioni

Per l'analisi delle legislazioni minerarie delle singole regioni e i relativi approfondimenti vedere il pdf scaricabile.


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[1] Salvo la Sicilia e il Trentino-Alto Adige per le quali il trasferimento era già avvenuto sulla base dei già citati DPR: 27 luglio 1962 n. 1350 (Trasferimento del patrimonio minerario dallo Stato alla Regione Trentino-Alto Adige), 31 maggio 1965 n. 1713 (Trasferimento del patrimonio minerario dallo Stato alla Regione Sicilia), 20 gennaio 1973 n.115 (Trasferimento del patrimonio minerario dalla Regione Trentino-Alto Adige alle Province autonome di Trento e Bolzano).

[2] In generale la pianificazione delle attività estrattive si realizza, a livello regionale, mediante il PRAE, che può anche articolarsi a livello provinciale in PPAE (Piano Provinciale delle Attività Estrattive).

In alcune regioni il PRAE è sostituito da piani equivalenti, come i Piani cave provinciali, in Lombardia, e i Piani Infraregionali delle attività estrattive (PIAE), a livello provinciale in Emilia.

[3] Nel caso del Trentino Alto Adige la competenza è stata trasferita alle Province autonome nel caso di Trento e Bolzano.

[4] Nel caso dell’Umbria la LR 34/2007 “Promozione e disciplina degli ecomusei”, non fa esplicito riferimento ai siti minerari, ma a “territori connotati da forti peculiarità storico-culturali, paesistiche ed ambientali”, tra cui possono essere inseriti a pieno titolo i siti minerari storici, in particolare le miniere di lignite della zona di Spoleto.

[5] Per quanto riguarda la Calabria, la Legge regionale 5 novembre 2009 n. 40 (Attività estrattive nel territorio della Regione Calabria) all’art. 29 si riferisce al “Recupero ambientale dei siti estrattivi dismessi”.

[6] Anche la legislazione siciliana fa riferimento a musei regionali in senso lato, ma è grazie ad essa che sono stati istituiti i Musei minerari di Agrigento, Caltanissetta, dell’Asfalto di Castelluccio e Tabuna (RG), la miniera-museo di Cozzo Disi (AG) e il parco minerario Floristella-Grottacalda (EN).

[7] Le disposizioni per la valorizzazione del patrimonio minerario dismesso sono all’art. 20 (commi 5÷9) della LR 5/2015 (legge finanziaria 2015).

[8] Nella tabella non sono state considerate le regioni Trentino-Alto Adige e Sicilia, in quanto non interessate dal passaggio di competenze connesso alla Legge 59/1997. Di conseguenza, le suddette regioni hanno mantenuto la precedente articolazione della gestione mineraria.