Subsidenza e miniere di sale abbandonate in Sicilia

La subsidenza causata dalle miniere di sale abbandonate

In generale, le miniere di salgemma e/o sali potassici siciliani, oggi abbandonate, avevano la tipica struttura multi-livello a galleria e a camere e pilastri.

I cloruri alcalini, come il cloruro di sodio (NaCl → Salgemma) e il cloruro di potassio (KCl → Silvite), e i sali in generale subiscono processi di dissoluzione ad opera delle acque circolanti per infiltrazione nel sottosuolo in misura 130 volte (Frumkin, 2000) superiore ai gessi. La dissoluzione dei sali crea un indebolimento dei pilastri e delle volte delle cavità minerarie generando, in funzione della profondità delle cavità e/o delle caratteristiche geomeccaniche dei terreni di copertura, fenomeni di subsidenza più frequenti in corrispondenza dei punti di incontro delle gallerie minerarie, quasi sempre con forme sub-circolari e con diametri e profondità variabili.

Nel bacino minerario di Caltanissetta sono numerosi i crolli e le subsidenze legate alle cavità sotterranee, in particolare localizzate presso i siti minerari dismessi di Bosco, San Cataldo (fig. 1), Cattolica Eraclea e Racalmuto-Montedoro.

In queste aree i dissesti prodotti dalla formazione di grandi inghiottitoi, coni di frana e subsidenze varie, ha prodotto ingenti danni in superficie interessando vaste aree in cui ricadono abitazioni, terreni agricoli e talvolta infrastrutture viarie; per tale ragione sono state dichiarate aree ad alto rischio.

Secondo la classificazione proposta da Gutiérrez (fig. 2) questi sinkholes rientrano all’interno della tipologia dei complex sinkholes, più precisamente dei caprock sagging e collapse sinkholes, cioè piegamento e conseguente crollo degli strati di copertura.

Il più grande è in corrispondenza della miniera di Racalmuto, contrada Pantanelle, con un diametro di circa 200 m e una profondità di quasi 100 m (fig. 3).

Allo scopo di ridurre il pericolo prodotto dalla comparsa improvvisa di queste voragini occorre saper classificare il territorio in funzione del rischio e definire un piano di monitoraggio e mitigazione del rischio, secondo quanto definito schematicamente nel successivo paragrafo.


Fig. 1 - La miniera abbandonata di S. Cataldo (Foto dell’Autore, Novembre 2003)

Fig. 2 - Principali tipologie di sinkholes, secondo Gutiérrez et alii (2007)

Fig. 3 - Racalmuto in contrada Pantanelle: Sinkhole con zoom sugli strati gessosi piegati (Liguori 2013)

Programmare la mitigazione del rischio di subsidenza


Il programma di mitigazione del rischio si articola nelle seguenti 4 fasi:

  • Identificazione delle aree a rischio

Per identificare le aree a potenziale rischio di subsidenza è necessario raccogliere il maggior numero possibile di informazioni, sia di superficie che sotterranee, sull’attività di subsidenza passata e presente nell’area di studio.


Le informazioni di superficie comprendono:

  • l’esame di foto aeree, in particolare delle immagini stereoscopiche, molto utili all’individuazione di sinkholes.

Il confronto tra foto di date diverse permette di definire la cronologia di apparizione e la velocità delle deformazioni;

  • le indagini di campo, che permettono di localizzare aree di subsidenza non identificabili dalle foto aeree, perché piccole, profonde o coperte dalla vegetazione;

  • i dati topografici e geodetici, in particolare le curve di livello a grande scala, che possono segnalare depressioni non altrimenti individuabili.

In alcune aree, le curve di livello di vecchie mappe e la toponomastica possono segnalare sinkholes cancellati da riempimenti artificiali o da attività antropiche;

  • le informazioni orali e documentarie, fornite dalle interviste alla popolazione, in particolare a chi ha partecipato alle attività di riempimento dei vuoti, e da documenti scritti;

  • i paleo-caratteri di subsidenza, osservabili negli affioramenti e che ne descrivono la formazione, le dimensioni e l’età.

L’esperienza dimostra che in molte aree i sinkholes sono il risultato della riattivazione di pre-esistenti cavità e strutture di subsidenza.


Le informazioni di sotterraneo derivano da:

  • esplorazioni speleologiche, che forniscono dati sulla distribuzione delle cavità sotterranee e la localizzazione dei punti dove possono avvenire processi di indebolimento dei tetti e delle pareti delle stesse cavità;

  • prospezioni geofisiche, usate per individuare anomalie e variazioni nelle proprietà fisiche che corrispondono a cavità, strutture di subsidenza, irregolarità nell’andamento degli strati sotterranei, sinkholes sepolti;

  • sondaggi, perforazioni e scavo di trincee, che forniscono informazioni sulla natura, le proprietà geotecniche, le stratificazioni e le strutture del terreno e permettono l’esame dei vuoti e dei sedimenti disturbati dai processi di subsidenza;

  • indagini idrogeologiche per definire i flussi di acque sotterranee che rappresentano l’agente geologico responsabile della “carsificazione” delle evaporiti e una delle cause principali dei fenomeni di subsidenza.

La composizione chimica delle acque sotterranee e l’indice di saturazione dei principali minerali evaporitici danno indicazione sulla potenziale aggressività delle acque e sulla velocità di dissoluzione.

È importante, infine, valutare l’impatto delle attività umane sull’idrologia naturale.

  • Predizione della distribuzione spaziale e temporale di futuri sinkholes

Identificati i sinkholes pre-esistenti e le aree di subsidenza, il passo successivo è predire la distribuzione spaziale e temporale dei futuri sinkholes.

Non essendo possibile, allo stato attuale delle conoscenze, prevedere dove e quando si verificherà un determinato evento, la previsione temporale consiste nel definire la frequenza e la probabilità che si verifichi un episodio di subsidenza, attraverso reti di monitoraggio in grado di registrare potenziali precursori (micro-deformazioni del terreno, variazioni della piezometrica, variazioni di quota).

Altro elemento utile consiste nel definire la periodicità di eventi che possono alterare i caratteri idrologici dell’area (temporali, periodi di maggiore o minore uso irriguo), correlando questi caratteri con la formazione dei sinkholes al fine di prevedere i periodi dell’anno in cui potrebbe crescere la probabilità [1] e l’intensità di un episodio di subsidenza.

Naturalmente, per definire tale probabilità è necessario conoscere la cronologia, anno per anno (o per intervalli annui), degli eventi passati, che deve essere la più completa e validata possibile per garantire la qualità della probabilità (o frequenza) ricavata che, altrimenti, risulterebbe troppo ottimistica.

Per la predizione spaziale degli eventi si ricorre, in prima approssimazione, al parere degli esperti, a criteri geologici e all’informazioni note sull’esistenza di aree già interessate da fenomeni di subsidenza.

La concentrazione o la dispersione dei sinkholes in un area può essere definita tramite la “nearest neighbor analysis”. In particolare, con la seguente formula:

R = 2 d (n/A)0.5

in cui:

A = area esaminata

n = numero dei sinkholes

d = media aritmetica delle distanze (di) tra l’imo sinkhole e quello ad esso più vicino

R varia da 0 a 2.15 con il seguente significato:

  • R ~ 0 sinkholes concentrati

  • R ~ 1 sinkholes con distribuzione casuale

  • R >= 2 sinkholes con distribuzione uniforme [2]

Se l’analisi dimostra che i nuovi sinkholes si formano in vicinanza dei precedenti (R<<1), le loro vicinanze devono essere tenute sotto controllo.

Valori di R≈2 indicano, invece, l’esistenza di strutture che controllano la formazione dei sinkholes e che vanno individuate.

  • Calcolo del rischio

Il rischio RSI si ottiene come sommatoria dei prodotti della pericolosità PSI (probabilità che un sito sia interessato da una subsidenza di una data intensità I) per il danno, a sua volta misurato dal prodotto del valore VaI dei beni potenzialmente colpiti per la loro vulnerabilità VuI (percentuale di danno).

Naturalmente, se in uno stesso sito insistono N beni di natura, valore e vulnerabilità diversa (residenti, attività commerciali, beni immobili, monumenti), il rischio totale sarà dato dalla sommatoria dei rischi riferiti a ciascuna tipologia di bene j:


RSI = PSI (Va1I + ... + VaNI)


Se sono presenti M fenomeni autonomi di subsidenza, il rischio totale RS sarà dato dalla sommatoria:

RS = RS1+ ... + RSM


Il calcolo del rischio può essere usato per effettuare un’analisi costi-benefici, confrontando i costi di mitigazione del rischio con i danni in assenza di mitigazione e consentendo di ottimizzare le strategie di intervento.

  • Interventi di mitigazione

La migliore strategia di mitigazione del rischio di subsidenza è quella di evitare di programmare nuovi interventi nelle aree di maggiore pericolosità e di delocalizzare le attività sensibili già presenti.

Eliminando i beni che insistono sull’area a rischio si azzera il danno e quindi il rischio.

Per quanto riguarda le attività di mitigazione del rischio nelle aree già occupate con attività non delocalizzabili, gli interventi da realizzare includono:

  • per ridurre la pericolosità del sito

    • prevenire prelievi d’acqua troppo elevati e l’abbassamento della falda;

    • controllare l’irrigazione, evitando sprechi d’acqua (canali e fossi rivestiti, tubazioni flessibili);

    • impermeabilizzare le superfici con geomembrane e geotessili;

    • realizzare sistemi di drenaggio efficienti;

    • bonificare sinkholes e inghiottitoi;

    • ripienare le cavità del suolo e delle rocce, facendo attenzione a non modificare l’idrologia dell’area con conseguenti dissoluzioni e crolli in altre aree;

    • migliorare, per compattazione o iniezioni di malta, la resistenza dei terreni;

    • realizzare schermi impermeabili sotto le dighe per evitare la circolazione sotto di esse.

  • per ridurre il danno alle strutture:

      • usare particolari tipi di fondazioni (a platea, a trave rovescia) che distribuiscano i carichi su un’area ampia e contrastino i cedimenti differenziali del terreno.

L’utilizzo di cordoli perimetrali di rinforzo può offrire maggiore protezione in caso di crolli ai bordi delle strutture.

I pali infissi ad attrito, che scaricano il peso sui terreni di copertura, o i pali che appoggiano le fondazioni su terreni profondi resistenti migliorano le condizioni di carico dei terreni superficiali.

  • rinforzare le strutture lineari (strade, ferrovie) con geogriglie elastiche nella massicciata, che evitano collassi catastrofici e, rallentando gli effetti della subsidenza, possono agire da allarme prima che la subsidenza provochi conseguenze disastrose;

  • rinforzare i piloni dei ponti in modo che quelli superstiti possano resistere alla perdita di un pilone;

  • per ridurre le perdite finanziarie e il danno alle persone:

    • stipulare polizze di assicurazione;

    • monitorare (con inclinometri, estensimetri, misure geodetiche) e dotare di strumenti di allarme le strutture vulnerabili in zone a rischio;

    • formare e informare i decisori e la popolazione sui rischi;

    • recintare e segnalare i sinkholes e le aree ad elevata pericolosità.


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[1] La probabilità si misura in numero di eventi annui per km2: una probabilità di 0.1 significa che in un anno in media ci si attende 1 sinkhole in un area di 10 km2 o che ci vogliono mediamente 10 anni per osservare la formazione di un sinkhole in un’area di 1 km2.

[2] R = 2 → distribuzione uniforme a pattern quadrato; R = 2.15 → distribuzione uniforme a pattern esagonale