Recupero museale in Sicilia

«...Tra la sterpaglia, ferri contorti e rovine, il pozzo era tombato con una lastra di pietrisco e calcestruzzo. “Qui sotto c'è un mondo che non vedremo mai” disse l'ingegnere sotto i ruderi del castelletto con ascensore, e tirò fuori una vecchia mappa con le sezioni dei pozzi. Evocò un formicolare di uomini, turbine, generatori, ferrovie sommerse e pazzesche riparazioni compiute lì dentro. Disse che le miniere erano una “cosa viva”, piena di gas, acqua, vapori e bitumi; qualcosa che “si muove, parla e ascolta”. E concluse: “Se non dai l'accesso a tutto questo, la memoria si perde. Le miniere di sale polacche sono visitate da milioni di persone. Perché qui non è possibile fare la stessa cosa?”.

Bella domanda. Lì non era possibile, perché in quella sconfinata bellezza aveva fatto il nido l'italica devastazione.

Ma dietro c'era di peggio: l'accanimento e il disprezzo per la storia più nobile di Sicilia. Tutto s'erano preso le cavallette. Le balestre, le catene, le docce, gli strumenti dell'officina. Nella miniera di Trabìa, sull'altro versante, erano scomparsi persino i giganti elettrogeni del gruppo Tosi, la stessa fabbrica che li aveva installati sul “Titanic”. Generatori pesanti decine di tonnellate, che da lì avevano dato luce a tre province. Tutto rubato, nella certezza dell'impunità».

(Paolo Rumiz: I segreti sulfurei di Gessolungo la miniera “viva” che giace abbandonata, in «Domenica di Repubblica», 5 agosto 2011)

La Legge Regionale 15 maggio 1991 n. 17

La legge regionale 15 maggio 1991 n. 17 e s.m.i. “Istituzione ed ordinamento di musei regionali e interventi nei settori del teatro e dei beni culturali”, istituisce, tra le altre cose, “il museo regionale delle miniere in Caltanissetta, con sede nelle miniere Gessolungo, La Grasta e Trabia-Tallarita di Riesi, il museo regionale delle miniere di Agrigento con sede in Ciavolotta, la miniera-museo di Cozzo Disi, ..., nonchè il museo regionale naturale e delle miniere di asfalto di Castelluccio e della Tabuna, in provincia di Ragusa...” (Art. 2 comma 3).

“Per la tutela e la conservazione dell'area Floristella-Grottacalda e per l'acquisizione e il recupero del palazzo Pennisi sito nella predetta area compresa nei territori di Enna, Aidone, Piazza Armerina e Valguarnera è istituito l'ente parco minerario Floristella-Grottacalda” (Art. 6 comma 1).

“L’ente parco, cui l'Ente minerario siciliano (E.M.S.) conferirà la relativa area in proprietà, provvede alla protezione e conservazione del complesso minerario Floristella, alla difesa e protezione del paesaggio e dell'ambiente naturale dell'area mineraria e della circostante area forestata, alla riqualificazione dei valori etno-antropologici e naturali del parco e al corretto uso del relativo territorio” (Art. 6 comma 2).

“Apposito statuto, approvato con decreto del Presidente della Regione, provvede a regolare le attività e le finalità dell'ente, nonché la composizione degli organi di amministrazione nei quali sono rappresentati la Regione, la provincia regionale di Enna ed i comuni di cui al comma 1” (Art. 6 comma 3).

“Il presidente dell'ente è nominato con decreto del Presidente della Regione” (Art. 6 comma 4).

“Ogni intervento nell'area del parco è sottoposto al preventivo parere dell'ente che ne valuta la compatibilità con le vocazioni dell'area stessa” (Art. 6 comma 5).

“Gli interventi deliberati dall'ente sono sottoposti a parere preventivo dei consigli degli enti locali interessati” (Art. 6 comma 6).


Proposta per l’istituzione del Parco nazionale geominerario delle Zolfare di Sicilia

Il 25 marzo 2014 è stata presentata per iniziativa dei deputati Capodicasa, Amoddio, Berretta, Iacono e Taranto una proposta di legge per l’istituzione del Parco nazionale geominerario delle Zolfare di Sicilia.

Secondo i Proponenti, «...Nell’articolato contesto della Sicilia tra l’ottocento e il novecento si inserisce in modo compiuto la storia dello zolfo siciliano, ovvero dell’attività economica che caratterizzò l’area centro-meridionale dell’isola: quell’area che va dalla zona collinare interna del nisseno, comprendente anche le attuali propaggini dell’ennese, fino alla costa meridionale dell’agrigentino e alla città di Catania dove ancora, nella zona del porto, svettano le due ciminiere delle industrie di lavorazione e di raffinazione dello zolfo...

Il paesaggio delle miniere ancora recuperabili è contraddistinto da due grandi aree, ciascuna delle quali è in stretto rapporto alle diverse tecniche di escavazione e di utilizzazione dei minerale che si sono succedute nel corso degli anni.

La prima area, corrispondente a quella utilizzata dagli inizi dello sfruttamento fino agli anni ‘50 del XX secolo, presenta i resti delle strutture che hanno caratterizzato la produzione per fusione; la seconda, invece, conserva gli impianti che hanno segnato il passaggio al trattamento per flottazione. Una sintesi delle due aree è mirabilmente riscontrabile nella miniera di Cozzo Disi. È in questo sito, infatti, che si apprezza la sequenza di tutti gli apparati tecnologici che si sono succeduti per l’estrazione e per la coltivazione del materiale solfifero...

Nei primi anni del ‘900, nella miniera di Cozzo Disi, al fine di aumentare il rendimento della zolfara, sono stati realizzati dei forni in batteria, dotati di un unico canale per la ventilazione dei fumi: una struttura poderosa quanto affascinante dal punto di vista architettonico. Essa, costituita dai forni di fusione a vapore, caratterizza fortemente il luogo con i suoi mulini di frantumazione e con tutte le strutture meccaniche annesse, che costituivano il sistema di separazione del minerale dall’inerte. L’impianto di fusione a vapore della miniera di Cozzo Disi è stato l’unico in esercizio fino agli anni ‘50 in tutta l’Italia zolfifera...

Il nuovo sito, caratterizzato dalle grandi strutture di estrazione, come l’impianto di flottazione... fu iniziato negli anni ‘50... Assieme all’impianto di flottazione entrò in esercizio l’impianto di purificazione, che comprendeva le installazioni per la fusione dello zolfo flottato.

La miniera di Cozzo Disi, dichiarata miniera museo dalla... legge regionale n. 17 del 1991, ha già fruito di alcuni interventi di ripresa e di sistemazione finanziati con leggi regionali che hanno consentito di tutelarne l’accessibilità e la ventilazione. Va comunque sottolineato che per convertire la miniera di Cozzo Disi in un unico e intero reperto museale occorre completare la riqualificazione delle aree esterne...

La realtà mineraria della Sicilia centro-meridionale trova nella miniera di Trabia-Tallarita uno straordinario esempio di archeologia industriale, rappresentativa di tutte le complesse fasi dell’evoluzione dell’attività estrattiva... La miniera di Trabia-Tallarita fu una delle miniere di zolfo più grandi e ricche della Sicilia e, forse, del mondo. Le miniere di Sommatino vengono descritte, già alla fine del XVIII secolo, come quelle più importanti della Sicilia e coltivate con maggiore intensità... All’inizio del XX secolo, la miniera di Trabia-Tallarita era una delle miniere più produttive della Sicilia, con quasi il 12 per cento della produzione totale dell’isola che, a sua volta, estraeva il 90 per cento della produzione mondiale...

Oggi... il senso di rovina avvolge tutto allo stesso modo, con la stessa amara dignità che la storia ci consegna... Si respira il senso di dolore e di fatica delle migliaia di uomini che vi hanno lavorato e vissuto conoscendo soltanto il buio e dei “carusi” che in quei luoghi persero il sorriso insieme, molto spesso, alla loro stessa vita...

Il legame tra i giacimenti minerari e la proprietà fondiaria fu il principale ostacolo allo sviluppo dell’industria zolfifera, perché i proprietari erano, in genere, nobili latifondisti, che dimostravano verso il sottosuolo lo stesso disinteresse manifestato verso la proprietà fondiaria. Invece, il principe di Trabia e di Butera e il principe Pignatelli-Fuentes si mostrarono, sotto questo profilo, nobili illuminati e decisero di affittare le loro miniere a persone o a enti che garantissero solidità economica e volontà di miglioramento tecnologico. Perciò, la “Zolfara grande” di Trabia e la miniera di Fiume-Tallarita furono all’avanguardia, in Sicilia, per quanto concerneva la gestione e la sperimentazione tecnologica...

L’articolo 6 della citata legge regionale n. 17 del 1991, istituisce l’ente parco minerario Floristella-Grottacalda per tutelare, recuperare, conservare, valorizzare, promuovere e gestire le contigue aree minerarie dismesse di Floristella, di Grottacalda e di Galizzi, situate ai confini dei territori comunali di Enna, di Piazza Armerina, di Aidone e di Valguarnera Caropepe. L’esperienza del parco minerario di Floristella-Grottacalda (Enna), che è oggi parte del parco culturale Rocca di Cerere, dimostra che l’elemento culturale che queste strutture incarnano contiene valenze, oltre che ambientali, di natura storica ed etnoantropologica di fondamentale importanza...

La miniera Ciavolotta, sede di uno dei musei minerari regionali istituiti con la ricordata legge regionale n. 17 del 1991, ricade nel territorio dei comuni di Agrigento e di Favara. La miniera dispone di un sotterraneo di notevole interesse quasi interamente recuperabile con costi relativamente contenuti, con l’obiettivo di raggiungere le famose "zubbie", cavità carsiche createsi nel giacimento zolfifero con le pareti ricoperte da zolfo mammellonare amorfo di aspetto simile all’ambra.

La miniera di Trabonella, nel territorio di Caltanissetta, è uno dei siti minerari storicamente più importanti della Sicilia; essa è inserita, con la miniera di Giumentaro, all’interno della riserva naturale "valle del Salso e Imera meridionale". L’antica zolfara di proprietà del comune è oggetto di interventi di bonifica, di risanamento e di riqualificazione che renderanno fruibili gli immobili e gli impianti esterni, con la possibilità che si realizzi un itinerario sotterraneo mediante il recupero di una galleria che dall’esterno raggiunge il pozzo a una profondità di settanta metri...

Da quanto illustrato è indubbio che vi fu in Sicilia una “civiltà dello zolfo” che determinò grandi trasformazioni in molte comunità isolane, spingendole in avanti nello sviluppo non solo sociale, ma anche culturale. A Caltanissetta non sarebbe stato possibile uno sviluppo culturale, quale quello che Sciascia definì come... una «piccola Atene», senza la civiltà dello zolfo e quella del grano duro e, pertanto, senza gli operai delle miniere e i contadini produttori di grano...

Ripercorrere, quindi, prassi quotidiane, stili di vita e comportamenti sociali di questi gruppi sembra utile per recuperare una memoria da utilizzare per la strutturazione di nuovi valori ispirati a quelli positivi del passato... per fare tesoro... di quella cultura... delle risorse... come... l’Istituto minerario di Caltanissetta che, fin dalla sua fondazione nel 1862, è stato il principale centro dell’attività di formazione dei tecnici minerari che hanno operato nelle miniere di zolfo del centro-Sicilia, del resto d’Italia e del mondo...

L’intensa attività didattica ha risentito, a partire dagli anni ‘70, della massiccia crisi correlata alla progressiva chiusura delle miniere di zolfo.

L’Istituto ha saputo però raccogliere la sfida, modificando i suoi ’curricula’ formativi e affermandosi oggi come un centro avanzato nella formazione di tecnici attivi nel settore della geologia e dell’ambiente... nel suo Museo, nato come raccolta di minerali e di fossili per il laboratorio di mineralogia e geologia, si è iniziata un’azione di recupero di attrezzature, carte, schemi e documentazione fotografica connessi con l’attività mineraria che, insieme alla bellissima collezione di oltre 5.000 reperti di minerali e di fossili, costituisce oggi il nucleo su cui è imperniata l’azione didattica e divulgativa.

Si avverte tuttavia la mancanza di un coordinamento che stimoli e colleghi tra loro le iniziative tese al recupero della memoria della secolare tradizione mineraria.

... motivazioni culturali, storiche, ambientali e antropologiche, da una parte, e la prova data dell’esperienza, dall’altra, ... spingono con forza affinché finalmente in Sicilia, come già in Sardegna e nelle Marche, si dia corpo alla normativa di tutela e di salvaguardia del suo straordinario patrimonio di archeologia industriale mineraria, mediante l’istituzione del Parco nazionale geominerario delle Zolfare di Sicilia.

L’esperienza dei geoparchi è oggi giunta a un significativo livello di maturazione... Questa realtà ha assunto, in determinati casi, come in quello sardo, la dimensione della presa di coscienza di una determinata regione nei confronti di un fenomeno che ne ha condizionato l’assetto, le attività produttive e le possibilità di successo economico...

La produzione siciliana di zolfo ha costruito un patrimonio geominerario storico e ambientale di grande rilevanza e con peculiarità rare, mineralogiche e naturalistiche; è ormai indifferibile avviare un processo conoscitivo per conservarlo...

Con l’istituzione del Parco nazionale geominerario delle Zolfare di Sicilia si valorizza un’identità ambientale ed etnoantropologica di grande rilevanza, contribuendo a costruire, sul modello del Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna, il sistema dei parchi geominerari siciliani, che pongono in rete le zolfatare con i segni sul territorio delle dinamiche di ecostoria.

Occorre gestire efficacemente i beni culturali siciliani, interpretando l’isola come un museo diffuso...

In un sistema regionale di museo diffuso così costruito, che sottolinea la vocazione regionale a un turismo culturale, si riduce la pressione turistica su pochi ed esausti nodi e, contestualmente, si evitano l’abbandono e la scomparsa di beni come questo, ora marginalizzati dai principali circuiti di visita... definendo, infine, percorsi escursionistici e di visita di un ambito naturalistico ancora in larga parte integro e di un ecosistema del lavoro minerario tuttora leggibile, anche nella trama delle infrastrutture in sotterraneo

Stante questa premessa, la proposta di legge prevedeva, all’art.1 comma 1, l’istituzione, ai sensi dell’art. 2 comma 7 della legge 6 dicembre 1991 n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), del Parco nazionale geominerario delle Zolfare di Sicilia, sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (art. 1 comma 2).

«La delimitazione e la zonizzazione del territorio del Parco nazionale coincidono, in sede di prima attuazione della presente legge, con quanto stabilito dalla legislazione vigente della regione Sicilia e, in particolare, dalla legge regionale 15 maggio 1991, n. 17, con riferimento al Parco minerario di Floristella-Grottacalda, in provincia di Enna, al museo regionale delle miniere istituito nella provincia di Caltanissetta nelle miniere di Gessolungo, di La Grasta e di Trabia-Tallarita e al museo regionale delle miniere di Agrigento con sedi in Ciavolotta e nella miniera–museo di Cozzo Disi. Fanno parte del territorio del Parco nazionale anche la riserva naturale orientata regionale di Monte Capodarso e Valle dell’Imera meridionale, che contiene al suo interno le miniere di Trabonella e di Giumentaro, e la riserva naturale integrale regionale delle Maccalube di Aragona, istituite ai sensi della legge regionale 6 maggio 1981, n. 98. È inoltre compresa nel territorio del Parco nazionale l’area delle Maccalube di Terrapelata, di proprietà del comune di Caltanissetta e del demanio dello Stato» (art. 1 comma 4).

«L’istituzione e la gestione del Parco nazionale perseguono armonicamente i seguenti obiettivi (art. 2 comma 1):

a) conservazione delle testimonianze storiche e culturali dell’attività mineraria;

b) tutela dei siti di interesse geologico, naturalistico, paesaggistico, archeologico e storico;

c) creazione di nuove opportunità di sviluppo economico e sociale e di nuova occupazione».

«Sono organi dell’Ente Parco nazionale (art. 3 comma 1):

a) il presidente;

b) il consiglio direttivo;

c) la giunta esecutiva;

d) il collegio dei revisori dei conti;

e) la comunità del Parco nazionale» (art. 3 comma 1).

«La nomina degli organi di cui al comma 1 del presente articolo è effettuata secondo le disposizioni e le modalità previste dall’articolo 9, commi 4, 5, 6 e 10, e dall’articolo 10, comma 1, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni» (art. 3 comma 2).

«Il presidente dell’Ente Parco nazionale è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con la regione Sicilia” (art. 4 comma 1) e “ha la legale rappresentanza dell’Ente Parco nazionale ed esercita le funzioni di attuazione dell’indirizzo politico-amministrativo e di controllo stabilite dal consiglio direttivo dell’Ente, nonché le eventuali ulteriori funzioni attribuitegli dal medesimo Ente» (art. 4 comma 2).


Lo stato dell’arte della musealizzazione delle miniere siciliane


Nonostante quanto previsto dalla Legge Regionale 15 maggio 1991 n. 17, a tutto il 2019 gli interventi di musealizzazione hanno riguardato soprattutto la realizzazione del Museo regionale Trabia-Tallarita, a seguito del restauro delle strutture di superficie del sito, e l’istituzione del Museo Naturale e delle Miniere di Asfalto di Ragusa.

Per quanto riguarda il Parco minerario Floristella-Grottacalda, gestito da un Ente Parco appositamente creato e in cui confluiscono diversi comuni che afferiscono a quell’area, sono stati investiti fondi e avviati dei restauri, che però non sono stati ancora conclusi.

In particolare, il restauro di Palazzo Pennisi che dovrebbe diventare la sede museale del Parco, è rimasto a metà.

Analogamente, la Miniera-museo di Cozzo Disi, fra le più importanti d’Europa, è ancora lontana da una reale attivazione, nonostante l’Associazione Italiana Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI), attraverso un protocollo d’intesa che ha coinvolto l’ISPRA, l’Associazione Nazionale Ingegneri Minerari (ANIM), l’Assessorato regionale ai Beni culturali e il Comune di Casteltermini, abbia promosso con successo un processo per l’affidamento della gestione allo stesso Comune, che ha nominato un consiglio tecnico-scientifico il quale ha messo a punto un piano di gestione.

Niente si è fatto, infine, per l’attivazione del museo regionale delle miniere di Agrigento, con sede nella miniera di Ciavolotta.


Nella tabella che segue e in fig. 1 è riportata la distribuzione territoriale a livello comunale dei siti oggetto di musealizzazione, aderenti alla Rete Nazionale dei Musei Minerari (ReMi), in atto o in fase di realizzazione.

Musealizzati_SIC.xlsx

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti minerari musealizzati in Sicilia

Museo Naturale e delle Miniere di Asfalto

Il Museo Naturale e delle Miniere d'Asfalto di Tabuna e Castelluccio, in Piazza G. Matteotti 11, è uno dei luoghi di interesse per chi visita Ragusa.

L’area museale si suddivide in tre sezioni:

  1. l’area della Tabuna, dove ancora vengono prodotti cemento e mattonelle d’asfalto;

  2. l’area di Castelluccio e del Parco Naturalistico del fiume Irmino, dove è possibile visitare miniere e fabbricati rurali;

  3. il collegamento nord-sud fra le due aree.


Il visitatore ha quindi l’opportunità di visitare i luoghi di estrazione della pietra pece, da cui asfalto e bitume sono stati ricavati fin dall’antichità e utilizzati per ottenere materiale da costruzione, da pavimentazione o per realizzare opere d’arte.

In zona Streppenosa è possibile visitare un traliccio e una caldaia per la produzione di vapore risalenti al periodo fra le due Guerre Mondiali, suggestivi reperti di archeologia industriale.

Le miniere di Castelluccio-Streppenosa e l’area protetta circostante, che hanno anche una valenza speleologica e naturalistica, sono oggetto di escursioni organizzate dallo Speleo Club Ibleo di Ragusa (fig. 2).


Fig. 2 - Visita speleologica nella miniera di Streppenosa (Foto di Nello Lucenti)

Miniera-museo di Cozzo Disi

Dopo l’istituzione con L.R. 17/1991, per la Miniera-museo di Cozzo Disi fu stanziato, con L.R. 3/1996, un miliardo di lire per realizzare opere per la “salvaguardia delle infrastrutture in sotterraneo della miniera museo di Cozzo Disi” (art. 3 comma 1), da affidare al Corpo regionale delle Miniere (comma 2).

Questo primo finanziamento consentì di ripristinare la galleria di flottazione e quella posta quindici metri più in basso e collegata alla precedente da una discenderia.

Si costituiva in questo modo un primo circuito sotterraneo, in entrata ed in uscita, fruibile per i visitatori.

Nel 2001 fu stanziato un altro miliardo che fu utilizzato per il ripristino degli impianti, funzionanti fino al 1992, e che dopo l’abbandono dell’Ente Minerario Siciliano erano stati semidistrutti.

Come già accennato, l’azione congiunta di AIPAI, ISPRA, ANIM, Assessorato regionale ai Beni culturali e Comune di Casteltermini ha consentito, nel 2013, l’assegnazione della gestione al Comune di Casteltermini, che ha nominato un Consiglio Tecnico-Scientifico per la redazione del Piano di gestione, riavviato una serie di progetti di completamento dell'allestimento museografico della prima area e un progetto, finanziato dal Ministero per lo Sviluppo Economico, per la realizzazione di un'area eventi e per l’accoglienza del pubblico nella zona antistante l'ex centrale elettrica.

Dopo vari anni di attese finalmente nel 2018 la miniera è diventata fruibile al pubblico.

Il suo sotterraneo è ben conservato fino all’ottavo livello a 230 metri di profondità, un vero e proprio viaggio nelle viscere della terra dove si ammirano le pareti coperte da cristalli di gesso, grandi oltre due metri, di eccezionale purezza e trasparenza.

La miniera è oggi una delle tappe fondamentali dell’itinerario museale l’Età dello Zolfo.

È stata ripristinata la funzionalità dell’impianto estrattivo, dei quadri elettrici, delle gabbie che scendono nei pozzi, delle funi e di tutte la macchine che erano ferme ed abbandonate da più di 10 anni.

Il museo, che aderisce alla rete REMI, si trova sulla SP 222 a circa 500 m a NO della Stazione di Campofranco e a 1 km dalla SS 189 Palermo-Agrigento (Fig. 3).


  • Alla scoperta delle Grandi Garbere

Nell’ambito della redazione del Piano di Gestione, una squadra di lavoro minerario-speleologica ha esplorato i sotterranei della miniera, con il duplice obiettivo di:

  • identificare zone in buone condizioni di sicurezza da destinare alla fruizione turistica dopo gli opportuni lavori di recupero;

  • raggiungere le Grandi Garbere (fig. 4), che costituiscono un elemento di grande valore per la fruizione turistica della miniera e, di conseguenza, per la valorizzazione della cultura e dell'economia del territorio.


Le Grandi Garbere, cavità carsiche ricche di cristalli di gesso puri e trasparenti, di dimensione metrica e ricoperti da migliaia di grossi cristalli di zolfo, si trovano al 3° livello della miniera, a circa 100 m di profondità.

Per permettere la visita a queste meraviglie naturali è necessario ripristinare alcune vecchie gallerie e realizzare nuovi ascensori, ma prima di tutto pompare fuori l’acqua che, dopo anni di abbandono, allaga le gallerie (fig. 5).

L’accesso diretto alla “zona grotte” percorrendo le gallerie del terzo livello è precluso dalle cattive condizioni delle gallerie stesse, franate nella parte finale (fig. 6).

Pertanto, si sono cercati sia eventuali collegamenti dall’esterno per mezzo di prospezioni in superficie, sia nuovi varchi dall’interno partendo dai sottostanti livelli 4° e 5°. Le esplorazioni del maggio 2014 hanno dimostrato che ci sono buone possibilità di arrivare finalmente al zona delle Grandi Garbere partendo dai livelli sottostanti.



Fig. 3 - Localizzazione della Miniera-museo di Cozzo Disi

Fig. 4 - Schizzo di una Garbera (da Badino et al., 2015)

Fig. 5 - Galleria allagata al 3° livello (da Badino et al., 2015)

Fig. 6 - Frana al 3° livello che preclude l’accesso alle Gerbere (da Badino et al., 2015)

Parco Minerario delle Zolfare di Comitini

Il Parco Minerario delle zolfare di Comitini (fig. 7), di gestione comunale e aderente alla Rete ReMi, permette di visitare i resti di archeologia mineraria, espressione della cultura zolfifera dell’area.

Nel parco ancora oggi sono presenti le antichissime calcarelle, i calcheroni, i più moderni forni Gill, le discenderie che consentono l’accesso alle miniere, di cui lo stesso Luigi Pirandello è stato gestore e testimone critico in alcune sue novelle (“Il fumo”, “Ciàula scopre la luna”).

Erano circa 70, tra grandi e piccole, le miniere di zolfo dell’area che produssero nel XIX secolo una grande quantità di ricchezza per l’isola, attraverso il duro lavoro di alcune migliaia di addetti.

Tra le poche che sopravvissero nel XX secolo e vennero concessionate dopo il 1927 si possono citare: Crocilla Vella, Montagna Pizzo Società, Crocilla Grande Sopra La Ferrovia, Crocilla Piccola Sotto La Ferrovia, Mandrazzi Cacciatore, Mandrazzi Genuardi, Lenza Mandrazzi Castiglione, Fiumarazza Batrice, Crocilla Principe Sotto La Ferrovia, Crocilla Principe Sopra La Ferrovia, Piano di Verità, Balataliscia Carruba, Crocilla Grande, Fiacche Vella, Stretto Cuvello Gueli.

Fig. 7 - Parco Minerario delle Zolfare di Comitini

Museo delle solfare Trabia-Tallarita

Istituito con L.R. 17/1991, il museo (fig. 8) è sito in comune di Riesi, contrada Palladio presso l’ex Centrale Elettrica, sulla SS190 che collega Riesi con Sommatino.

Il complesso minerario Trabia-Tallarita, acquisito dall'Assessorato Regionale dei Beni Culturali nel 2003, rappresenta uno straordinario esempio di archeologia industriale in un contesto naturale di grande bellezza.

Del sito minerario fanno parte integrante i resti monumentali delle gallerie, dei viadotti, dei caselli e della stazione predisposti negli anni Trenta del secolo scorso, ma mai entrati in funzione, in previsione di un tronco ferroviario che doveva collegare Caltanissetta a Caltagirone per facilitare il trasporto dello zolfo.

L'8 marzo del 2010 è stato inaugurato il Museo delle solfare, primo lotto dei lavori di recupero, che hanno interessato la centrale elettrica a corrente continua Palladio e i fabbricati annessi, un tempo destinati ad officine ed uffici.

La centrale fu realizzata nel 1909 al fine di sostenere le esigenze dell’intero bacino minerario grazie a due dinamo della potenza di 130 kW, potenziata negli anni Venti con l’installazione di tre nuovi gruppi generatori di 220 kW e, infine, dotata nel 1930 di una cabina di 5 trasformatori da 200 kW.

Il Museo è articolato in cinque nuclei principali, studiati per consentire al visitatore di intrecciare e alternare i diversi fili che raccontano l’esperienza mineraria:

  • la discenderia, che permette di entrare virtualmente nella miniera, simulando la discesa nelle gallerie attraverso l’accesso ai pozzi;

  • il padiglione della miniera costituito da uno spazio multimediale;

  • l’area dei motori a gas (fig. 9), prodotti dalla ditta legnanese Franco Tosi, la stessa dei motori installati sul Titanic, collegati alle dinamo da 130 kW che generavano la corrente elettrica per la miniera Tallarita e che, nel periodo bellico, servirono a fornire elettricità anche ai comuni vicini;


  • gli esperimenti scientifici in laboratori dedicati all’elettricità;

  • la timeline che percorre i momenti più significati della storia dello zolfo in Sicilia.


Nei fabbricati adiacenti sono allestite la mostra fotografica permanente “Sulfaro e sulfatari” sulla vita in miniera (fig. 10), una sala proiezioni, una sala conferenze, una sala didattica e uno spazio destinato ad esposizioni temporanee.

Fig. 8 - Museo delle solfare Trabia-Tallarita (foto Kalò Cassaro)

Fig. 9 - Area motori Tosi

Fig. 10 - Mostra permanente "Sulfaro e sulfatari"

Parco Minerario Floristella-Grottacalda

Previsto dall’art.6 della LR 17/1991 attraverso l’istituzione di un apposito Ente, il Parco si estende su una vasta area alla confluenza delle superstrade che collegano Enna, Valguarnera, Aidone e Piazza Armerina, a pochi chilometri dagli svincoli autostradali di Mulinello ed Enna (fig. 11).

In un contesto paesaggistico pregevole, caratterizzato dalla presenza del Lago di Pergusa, 4.5 km a NO, e della riserva faunistico-forestale della Ronza, a 4.5 km a SSO, il parco minerario si colloca in un bacino che comprende beni culturali ed ambientali d'interesse internazionale, come la Villa Romana del Casale a Piazza Armerina e gli scavi archeologici di Morgantina ad Aidone, entrambi posti a 13 km circa dall’area del Parco, a SSO e SE rispettivamente.

Il Parco Minerario Floristella Grottacalda accorpa le due omonime miniere di zolfo dismesse, risultando uno dei più significativi insediamenti d'archeologia industriale del Meridione italiano e fornendo una vera e propria stratigrafia delle diverse epoche e dei relativi sistemi e tecniche d'estrazione e di fusione dello zolfo:

  • dalle antiche discenderie, circa 180, di accesso alle gallerie sotterranee, ai tre pozzi di estrazione con i relativi castelletti completi di sale argano;

  • dalle più antiche calcarelle per la fusione dello zolfo, ai calcaroni e ai forni Gill;

  • dalla lampisteria ai ruderi dei fabbricati di servizio sorti in prossimità dei pozzi (infermeria, alloggi per i minatori, locale del dopolavoro);

  • dalla tratta ferroviaria tra le stazioni di Floristella e Grottacalda attraverso le quali veniva caricato e spedito lo zolfo, alla rete ferrata interna per il trasporto dei vagoncini con il minerale.

Su un'altura si erge imponente il Palazzo Pennisi (fig. 12), antica residenza della famiglia proprietaria, che domina il complesso minerario.

La sontuosità del manufatto, la sua pregnanza architettonica e il suo essere sostanzialmente un fortino, con feritoie per i fucili e tunnel di fuga, forniscono un'immediata immagine di ciò che era l'estremo divario sociale dell'epoca e le modalità di confronto tra le classi.

All’interno – oltre agli alloggi, agli uffici, ai vani di servizio, alla cappella a pianta ottagonale, alla carbonaia, ai granai, alle cantine – sono presenti delle uscite segrete di sicurezza che attraverso le cantine e due piccole gallerie permettevano la fuoriuscita dal Palazzo nel costone sottostante.

Degne di menzione sono, inoltre, la struttura di captazione della sorgente presso il Palazzo, il palmento per la fermentazione del mosto e la cosiddetta “via del mosto”, un sentiero, realizzato inizialmente allo scopo di consentire un rapido collegamento tra palmento e Palazzo, costeggiato da una canaletta in coppo siciliano che portava il mosto, per caduta, direttamente nelle cantine padronali.

Dopo la dismissione della miniera, il Palazzo cadde nel dimenticatoio per un lungo periodo, fino a quando nei primi anni ’90 divenne oggetto di un urgente intervento di consolidamento e ristrutturazione per farne la sede dell’Ente Parco Minerario.


All’interno dell’area a parco, il sistema più articolato e complesso è rappresentato dalla miniera di Grottacalda, un territorio di 267 ettari in cui è ancora possibile individuare due macro aree: la prima con gli impianti di estrazione e di fusione e la seconda sede degli edifici annessi alle attività di gestione dell’ex-miniera.

Gli antichi pozzi di estrazione (Pozzo Grande, Pozzo S. Rosa, Pozzo Vittorio Veneto e Pozzo Mezzena) sono situati ai vertici del perimetro del giacimento minerario.

Al momento della chiusura dell’impianto estrattivo, all’interno dell’area mineraria era presente un piccolo borgo, vecchia frazione del comune di Piazza Armerina, con circa 20 edifici (impianti minerari, alloggi per minatori e impiegati, depositi e servizi vari) costruiti nel periodo in cui la piccola miniera di zolfo si andava trasformando in una delle principali realtà industriali del continente, secondo lo schema planimetrico tipico di un villaggio operaio di fine ‘800.


Il villaggio si presentava completo di ogni forma di servizio assistenziale e collettivo, in modo da agevolare e quindi limitare gli spostamenti per lavoratori e gestori.

Attorno al Pozzo Grande, punto baricentrico dell’intero complesso, è presente un originario nucleo di edifici riservati ad officine, magazzini, alloggi per i minatori e uffici (fig. 13).

A sudest si trova l’edificio della centrale elettrica, direzione e dopolavoro, più ad ovest invece si estende l’area dei servizi e dei dormitori e, nelle vicinanze, la scuola e la sede del soccorso sanitario.

Attraversando la strada secondaria che conduce al comune di Valguarnera, sorge la dismessa stazione ferroviaria di Grottacalda, mentre sul punto più alto, sorgono il Palazzo del Principe di S. Elia, la Chiesa di S. Barbara e l’Ufficio Postale.

Attualmente buona parte del costruito è andato perso per via dei crolli che hanno interessato gli edifici.

Fig. 11 - Localizzazione del Parco Minerario Floristella-Grottacalda (Fonte GoogleEarth)

Fig. 12 - Palazzo Pennisi in cima all’altura

Fig. 13 - Il villaggio intorno al Pozzo Grande (Sapienza, 2015)

Museo Minerario Paleontologico e della Zolfara Sebastiano Mottura

Sito a Caltanissetta, in Viale della Regione 71, adiacente all’Istituto Tecnico Minerario Sebastiano Mottura di cui è un’emanazione, il museo ospita al suo interno una ricca collezione di minerali e fossili (fig. 14), messa insieme a partire dalla fondazione della scuola per scopi didattici, e un'esposizione permanente dedicata alla tecnologia mineraria per l'estrazione dello zolfo di Sicilia.

Grande spazio è dedicato ad alcuni strumenti d'epoca utilizzati nell’attività mineraria, come i castelletti di estrazione, i vagoncini utilizzati per il trasporto dei minerali, i forni Gill.

Diversi pannelli murali, con una ricca collezione di foto d'epoca, grafici e diagrammi, testimoniano della storia e del ciclo economico dello zolfo.

Le collezione di minerali e fossili presenti conta 2,500 minerali e 1,500 reperti fossili di varie epoche geologiche e tra questi anche una collezione di macrofossili, catalogati in ordine stratigrafico, dal Siluriano (450 Ma) al Quaternario.

I minerali in esposizione, in particolare campioni di zolfo sono di grande rarità e bellezza, oltre che in una grande varietà di forme, struttura, raggruppamento cristallino e trasparenza.


Fig. 14 - Museo Minerario Paleontologico e della Zolfara

Zolfare di Montedoro

Il più antico documento che testimo­nia l'attività estrattiva a Montedoro è datato 2 marzo 1818. Nel corso di un decennio il paese si trovò circondato da un'infinità di piccole miniere e gallerie che passavano il paese da una parte all'altra, causando spesso crolli e mo­dificandone l'aspetto. La miniera, qui come altrove, ha portato significativi mutamenti nella vita dei lavoratori e delle loro famiglie.

Con l'intento di valorizzare e proteggere il patrimonio storico-mineralogico del paese è, quindi, nato il Museo della zolfara (fig. 15), intitolato allo scrittore e poeta montedorese Angelo Petyx, che raccoglie informazioni, fotografie, ricostruzioni (fig. 16), minerali e utensili legati all'attività estrattiva all'interno di una mostra permanen­te dal titolo "Zolfare e zolfatari di Mon­tedoro, civica raccolta di testimonianze etnostoriche".

Il museo si situa all'ingresso del Parco Urbano di Montedoro, sul monte Ottavio, in prossimità della miniera più longeva del paese, la "Nadurello", appartenuta alla famiglia Caico, una delle più influenti del paese nell'epoca dell'attività estrattiva siciliana.

Ancora oggi, in questo sito, si trova l'antico forno Gill per la lavora­zione del materiale estratto (fig. 17).

Fig. 15 - Ingresso del Museo della Zolfara a Montedoro

Fig. 16 - Ricostruzione dei "carusi" che trasportano a spalla in superficie lo zolfo estratto

Fig. 17 - Rudere dell'antico forno Gill