Combustibili fossili in Toscana

La distribuzione dei siti a livello territoriale

In fig. 1 è mostrata la distribuzione territoriale, articolata a livello comunale, dei 166 siti di combustibili fossili e bitumi in Toscana, localizzati prevalentemente nelle province di Siena (59 siti), Arezzo (37), Firenze (32), Grosseto (15) e Pisa (12).

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti di combustibili fossili e bitumi in Toscana

Il Commissariato Generale per i Combustibili Nazionali (CGCN)


Durante la 1a guerra mondiale le difficoltà dei rifornimenti dall’estero e gli alti prezzi determinati dal deprezzamento della lira sui mercati valutari determinarono un’attiva politica a favore dell’aumento della produzione dei combustibili nazionali.

A questo scopo venne istituito il Comitato per i Combustibili nazionali, con riferimento al quale il decreto luogotenenziale (nel seguito d.lgt) del 7 gennaio 1917 n. 35 art. 1 (GU 15/1917) recita: «Le attribuzioni del Governo relativamente alle miniere di combustibili fossili, oli minerali e gas idrocarburati, sono esercitate da un Comitato composto dai sottosegretari di Stato dell’agricoltura, delle munizioni e dei lavori pubblici. Il Comitato ha sede presso il Ministero di agricoltura e per l’esercizio delle sue attribuzioni si avvale del personale degli uffici delle miniere, dei RR. Circoli di ispezione delle ferrovie, del Genio civile e del Segretariato delle munizioni».

Con successivi d.lgt [1] “La disciplina mineraria venne modificata nel senso di rendere più rapide le procedure di concessione, di ricerca e di sfruttamento, di far prevalere ai diritti del proprietario del soprasuolo quelli del pubblico interesse, di impedire le concessioni puramente speculative o di accaparramento, emanando norme per la revoca e la decadenza dei permessi di ricerca nei casi di non effettivo inizio o ripresa dei lavori minerari. Per le regioni più lignitifere... si disciplinarono in modo particolare i rapporti tra proprietario del suolo e concessionario, mantenendo però l’obbligo dell’indennizzo per compenso di ricerca e per l’esercizio della concessione” (Alberto De Stefani: La legislazione economica della guerra, 1926).

Infine, con d.lgt 5 agosto 1917 n. 1215 (GU 188/1917, fig. 2), fu istituito il Commissariato Generale per i Combustili Nazionali (di seguito CGCN) che sostituì il precedente Comitato, contemporaneamente soppresso.

Al CGCN fu riservata la facoltà di (art. 4 d.lgt 1215):

  • riconoscere le Federazioni di consorzi granari e istituire enti per la produzione e la distribuzione dei combustibili nazionali (comma a);

  • ordinare le requisizioni di combustibili nazionali, di tagli di boschi, di prestazioni d’opera, di mezzi di lavoro e trasporto (comma b);

  • coordinare gli enti civili e militari per l’intensificazione della produzione, per la determinazione dei tagli e per la riduzione dei trasporti (comma c);

  • distribuire la mano d’opera militare, i prigionieri e i mezzi di trasporto concessi dall’autorità militare (comma d);

  • stabilire le garanzie a favore di chi esercita usi civici o particolari diritti sui tagli dei boschi (comma e);

  • fissare i prezzi massimi per i combustibili, ai sensi del d.lgt 27 aprile 1916 n. 472 in GU 103/1916 (comma f);

  • rendere obbligatorie le sistemazioni e riparazioni stradali necessarie al transito dei veicoli per il trasporto dei combustibili (comma g).


Terminata la guerra, l’industria mineraria, in particolare quella dei combustibili, non più sostenuta dalle attività belliche, gravata dallo squilibrio tra domanda e offerta, con minore disponibilità di manodopera a basso costo (militari comandati e prigionieri di guerra), attraversò un periodo di grave difficoltà.

In questo quadro, il Governo si propose, mediante il CGCN, di assicurare con speciali provvedimenti le necessarie condizioni di vita e di sviluppo all’industria mineraria, ritenendo di pubblico interesse rimuovere ogni ostacolo, dipendente dagli ordinamenti creati nel periodo di guerra, all’esercizio delle miniere.

Tra le misure adottate fu sospesa, con Ordinanza CGCN 8 gennaio 1919, l’esazione del diritto fisso di lire 5 per tonnellata, precedentemente stabilito per i combustibili nazionali.

Contemporaneamente, nonostante la cessazione delle “dichiarazioni di ausiliarietà” [2], nessun licenziamento d’operai, nessun rinvio di prigionieri, di soldati o di comandati, nessuna riduzione o sospensione di esercizio doveva effettuarsi senza previo accordo con il CGCN.

Le funzioni del CGCN cessarono con l’emanazione del RD 14 novembre 1920 n. 1686 (GU 287/1920) che, all’art. 1, recitava: «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono restituite al Ministero di agricoltura tutte le attribuzioni già spettanti all’Ispettorato generale delle miniere e alla Direzione generale delle foreste in materia di combustibili nazionali, fossili e vegetali, olî minerali e gas idrocarburati, che furono temporaneamente trasferiti al Commissariato generale per i combustibili nazionali, e sono trasferiti al Ministero stesso tutti i poteri in materia di combustibili nazionali conferiti dal decreto legge 7 gennaio 1917 n. 35 e dai decreti successivi in detta materia».


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[1] Oltre al d.lgt 7 gennaio 1917 n. 35, recante “provvedimenti straordinari per la coltivazione delle miniere di combustibili fossili”, furono emessi:

  • d.lgt 21 dicembre 1916 n. 1737 (GU 300/1916), che istituisce, nei principali porti italiani, “Commissioni per regolare il commercio e la distribuzione dei carboni”;

  • d.lgt 2 febbraio 1917 n. 113 (GU 28/1917), relativo “all’istituzione di un Commissariato generale per i carboni alle dipendenze del Comitato”;

  • d.lgt 22 febbraio 1917 n. 261 (GU 47/1917), recante “provvedimenti per facilitare la coltivazione delle miniere di lignite e delle torbiere”;

  • d.lgt 26 aprile 1917 n. 696 (GU 106/1917), recante “nuovi provvedimenti per i combustibili nazionali”;

  • d.lgt 16 giugno 1917 n. 979 (GU 145/1917), con il quale le competenze di Comitato e Commissariato per i carboni furono trasferite al ministro dei trasporti marittimi e ferroviari.


[2] Dichiarazione con cui un’azienda è considerata ausiliaria allo sforzo bellico e sottoposta al controllo delle autorità militari. I lavoratori di queste aziende sono esentati dal servizio militare, in quanto il loro lavoro è di per sé servizio militare.


Gli effetti della politica del CGCN in Toscana

Nel periodo 1917-1920 furono 92 le concessioni e/o licenze di coltivazione accordate dal CGCN in base al d.lgt 35/1917, secondo l'articolazione regionale in tab. 2.

Nello stesso periodo, pur se non concessionate direttamente dal CGCN, risultano essere state aperte altre 60 miniere, quasi tutte in Toscana (54, pari al 90.00%), di cui 40 con licenza temporanea di coltivazione e 14 aperte per diritto di proprietà, dato che, prima del R.D. 1443/1927, in gran parte del territorio toscano era ancora in vigore il regime fondiario.

Se si esamina l’istogramma che rappresenta l’evoluzione temporale del numero di siti aperti (fig. 3a), si osserva come a un andamento sostanzialmente gaussiano (fig. 3b) con un massimo di 55 siti nel 1925 e valori sempre superiori a 30 fino all'inizio degli anni '50, dopo di che il numero di riduce progressivamente fino alla sostanziale estinzione nei primi anni '70 [3] si sovrapponga, nel periodo 1916÷1927, una forte attività (fig. 3c) che raggiunge il suo culmine nel 1920 (78 siti) per poi decrescere fino alla sua totale estinzione dopo il 1927, anno dell’entrata in vigore della nuova legge quadro sull’attività estrattiva (RD 1443), che non confermerà (o attiverà ex novo) la concessione per nessuno di questi siti.

Dato il peso specifico dell’attività CGCN in Toscana, si è ritenuto opportuno separare i relativi 78 siti (comunque elencati nel pdf scaricabile) dai restanti 88 (articolati a livello provinciale come da tab. 2) che meglio esprimono la reale attività estrattiva toscana nel campo dei combustibili fossili e bitumi, sui quali saranno approfondite le analisi di tipo geologico, giacimentologico e storico-culturale.


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[3] Fa eccezione la miniera di Santa Barbara III in Valdarno rimasta attiva fino al 1994.

Tab. 1 - Articolazione del numero di Siti CGCN per regione

Tab. 2 - Articolazione a livello provinciale dei siti di combustibili fossili non CGCN in Toscana

Fig. 2 - GU 188 del 9 agosto 1917 contente il d.lgt 1215

Fig. 3a – Evoluzione temporale dei siti di combustibili fossili e bitumi in Toscana

Fig. 3b – Evoluzione temporale dei siti di combustibili fossili e bitumi in Toscana, senza l’anomalia rappresentata dalle coltivazioni dipendenti, direttamente o indirettamente, dall’attività del CGCN

Fig. 3c – Evoluzione temporale dei siti toscani di combustibili fossili e bitumi operanti nel solo periodo di attività del CGCN

Inquadramento geologico e giacimentologico

Depurati dall'effetto CGCN, i giacimenti lignitiferi toscani possono essere schematicamente divisi in due gruppi, diversi per età e tipologia del combustibile fossile:

  • i giacimenti plio-pleistocenici di lignite xiloide, ubicati nelle aree centro-settentrionali della regione, con particolare riguardo al Valdarno superiore;

  • i giacimenti miocenici di lignite picea, posizionati nelle aree sud-occidentali della regione, in particolare in Maremma.


Approfondendo ulteriormente l’articolazione dei bacini per aree geografiche, tenendo conto della continuità territoriale dei giacimenti individuati di cui alla fig. 4, l’aspetto geologico e giacimentologico delle ligniti toscane può essere così sintetizzato:

  • Bacino del Mugello (fig. 5): di età pleistocenica, si estende nell’alta valle del fiume Sieve, affluente dell’Arno, nei territori dei comuni, da Ovest ad Est, di Barberino di Mugello, Scarperia, Borgo S. Lorenzo e Vicchio, in provincia di Firenze, tra la dorsale appenninica M. Morello-M. Senario, che separa il Mugello dalla Valdarno, e i monti dell’Appennino tosco-imolese.

Il bacino, di forma sostanzialmente ellittica (fig. 5b) con asse maggiore (ca. 23 km) in direzione ONO-ESE, lungo il corso del Sieve da Barberino a Vicchio, e asse minore (ca. 9 km) in corrispondenza di Scarperia, si estende per una superficie totale di circa 150 km2, suddivisa in due sottobacini (Barberino a O, Scarperia a E) da un affioramento trasversale di rocce pre-lacustri prevalentemente arenacee, denominato “Stretta delle Maschere”, in corrispondenza di quello che dal 1999 è il lago artificiale di Bilancino, a SSE di Barberino.


Le formazioni fluvio-lacustri del bacino si articolano, dal basso in alto, in:

  • complesso sabbioso-conglomeratico, che rappresenta il primo ciclo di sedimentazione lacustre, iniziatosi in facies conglomeratica e terminato in facies argilloso-sabbiosa;

  • complesso argilloso-lignitifero, costituito prevalentemente da argille con intercalazioni sabbiose e di depositi chimico-organogeni. La presenza di molluschi di acqua dolce (Helix, Bithinia, Dreissensia) testimonia di un ambiente di deposizione caratterizzato da acque basse e tranquille, mentre i pollini di tipo Carietum, Taxodiaceae e Abies permettono di datare il complesso al Quaternario antico (2.5÷1.8 Ma).

In questo complesso si trovano, ma non in continuità, due banchi di lignite di spessore massimo 10 m, con giacitura suborizzontale, talvolta intercalati da straterelli argillosi e disturbati da faglie con piccoli rigetti;

  • complesso sabbioso-argilloso, costituito da alternanze di strati di sabbie e argille e privo di manifestazioni di lignite, se non in frammenti.

Il complesso è caratterizzato da una scarsa presenza di fauna e da pollini (Carietum, Pinea, Abies) che testimoniano di cicli climatici avvenuti nell’ambito della glaciazione Günz-Mindel (Pleistocene medio, 1.2÷0.3 Ma);

  • complesso clastico superiore, rappresentato da ciottoli prevalentemente arenacei, di dimensioni variabili, disposti caoticamente in un materiale sabbioso.

  • Il complesso ha una diffusione elevata, raggiungendo uno spessore massimo di 30÷40 m, senza però rappresentare un orizzonte continuo, essendo collegato a un susseguirsi di episodi di colmamento del bacino.


La genesi del bacino è da attribuirsi a uno sbarramento tettonico del sistema idrografico, che originariamente era impostato da SO a NE (verso l’Adriatico), con la formazione prima del sottobacino di Scarperia e successivamente di quello di Barberino.

La fase lacustre, la cui origine è databile al Pleistocene inferiore (2.5÷1.8 Ma), si è evoluta in maniera differenziata tra i due sottobacini come dimostra lo spessore diverso dei sedimenti lacustri (fig. 5b).

Per quanto riguarda il potere calorifero e le riserve, il primo è dell’ordine di 2,500 kcal/kg, mentre le seconde sono state stimate a 10÷15 Mton, prevalentemente nel banco inferiore del sottobacino di Barberino.

  • Bacino del Valdarno superiore (fig. 6), di età plio-pleistocenica, è un bacino intermontano compreso tra la catena del Pratomagno ad est ed i Monti del Chianti ad ovest, formatosi nel Pliocene e sviluppatosi attraverso tre importanti fasi di sedimentazione in ambiente continentale, interrotte e intervallate da altrettante fasi erosive, avvenute sempre in clima continentale:

    • fase 1: con inizio nel Pliocene superiore (Villafranchiano inferiore, 3.5 Ma), quando si formarono due bacini poco estesi, di Castelnuovo a sud e di Palazzolo a nord, in cui era presente un ambiente di tipo lacustre e palustre, caratterizzato da un clima caldo umido, riconducibile inizialmente al tipo tropicale per poi alternarsi a momenti più freschi, che portò alla formazione di torbiere, trasformatesi poi in giacimenti di lignite xiloide.

    • fase 2: tra Pliocene superiore e Pleistocene inferiore (2.5÷2.0 Ma) in cui, dopo un periodo di movimenti tettonici e di erosione, si formò un bacino fluvio-palustre-lacustre di vaste proporzioni che occupava gran parte della vallata. Anche in questa fase la profondità delle acque era limitata ed erano presenti vaste zone paludose, caratterizzate da acqua stagnante, mentre il clima era più temperato e meno umido rispetto alla fase precedente e caratterizzato da modeste oscillazioni verso l’arido, con presenza di una tipica vegetazione della savana e della fauna tipica del periodo in Europa meridionale, tra cui elefanti, ippopotami, e rinoceronti.

    • fase 3: nel Pleistocene medio (0.5÷0.1 Ma), attribuibile al paleo-Arno e caratterizzata dall’alternarsi di clima caldo e freddo, riferibile all'interglaciale Riss-Würm, come confermano i resti di mammiferi rinvenuti (elefante, mammut lanoso, rinoceronte, bove, cervo, orso).

La successiva erosione dei sedimenti deposti nelle fasi descritte, ha poi portato il Valdarno Superiore ad assumere la morfologia attuale.

La formazione lignitifera è costituita da ciottoli, ghiaie e sabbie lacustri nella parte superiore, che può raggiungere potenze di oltre 100 m e conservare una certa coesione, e da argille azzurre compatte, localmente dette stelliccione, nella parte inferiore, che ha potenza variabile da qualche metro, in prossimità delle sponde eoceniche del bacino, fino a 150 m e oltre al centro del bacino lacustre.

Le argille azzurre ricoprono i banchi lignitiferi, anch’essi con potenza variabile da 10 m ai margini del bacino fino a 40 m nelle aree centrali di deposizione, con una potenza media di 20 m.

La lignite xiloide ha un potere calorifero di ca. 5,000 kcal/kg ed è interessata da alcune faglie con rigetto massimo di 30/40 m.

Dal punto di vista produttivo il Bacino di Castelnuovo ha costituito la più importante zona lignitifera italiana, con riserve stimate fino a 92 Mton.

  • Bacino della Maremma (fig. 7): rappresenta il più importante bacino di lignite picea toscana. La storia geologica del bacino maremmano inizia con l’ingressione marina miocenica, rappresentata da una formazione sabbioso-conglomeratica basale d’estuario, sui terreni alloctoni del Flysch Liguride, cui segue una facies lagunare a marne, argille e sabbie con fauna sia d’acqua salata che dolce (formazione marnoso-lagunare del Miocene Medio-Superiore, 13÷10 Ma), che comprende, nella sua parte basale, un episodio palustre determinato da una azione di colmata con apporto di detriti argillosi e instaurazione di una facies euxinica nella quale si verifica l’accumulo dei resti vegetali che daranno origine al banco di lignite (formazione argillosa palustre).

La formazione lignitifera è costituita da un banco principale, detto banco maestro, intensamente piegato e fagliato e localmente discontinuo, che ha uno spessore medio di 5-6 metri, con locali assottigliamenti fino a scomparsa e, in zone assiali di piccole pieghe, con ingrossamenti fino a 20 e più metri di potenza.

Sopra e sotto il banco maestro possono trovarsi altri straterelli sottili di lignite, economicamente non coltivabili.

La lignite è di tipo piceo con un elevato potere calorifero 5,500÷6,000 kcal/kg e le riserve totali che furono stimate nelle principali miniere del bacino (Ribolla, Casteani, Murlo, Paganico, Baccinello e Cana) ammontano a ca. 24 Mton.

  • i bacini minori (Siena e Val d'Elsa, Pienza e Trequanda, Val Cecina e Val di Cornia, ) di scarsa importanza mineraria ed economica sono descritti nel pdf scaricabile.

Fig. 4 Distribuzione dei siti toscani di combustibili fossili (esclusi siti CGCN)

Fig. 5 – Bacino del Mugello: a) Carta geologica; b) andamento del tetto delle formazioni pre-lacustri (Gemina, 1962)

Fig. 6 – Schema geologico del Valdarno Superiore (ENEL, 2014)

Fig. 7 – Schema stratigrafico del bacino lignitifero maremmano presso Ribolla (Arisi Rota, 1972)