Ceramici e industriali in Sardegna

La distribuzione dei siti a livello territoriale


In fig.1 è mostrata la distribuzione territoriale, articolata a livello comunale, dei 96 siti di minerali ceramici e in Sardegna.

Inquadramento geologico-giacimentologico


Come si osserva in fig. 1, le concessioni di minerali ceramici e/o industriali si concentrano prevalentemente in quattro distinte aree geografiche:

  • Sarcidano, al centro della Sardegna, con 24 siti, di cui 4 attivi al 2019, nei comuni di Laconi, Nurallao, Villanova Tulo, Nurri, Sadali, Orroli ed Escalaplano, con coltivazione prevalente di Terre refrattarie e Terre da sbianca, con Bentonite e Caolino in sottordine.

I giacimenti si trovano in corrispondenza dei terreni del Giurassico medio (175÷160 Ma), in particolare nella formazione di Genna Selole (GNS in fig. 2), costituiti da conglomerati monogenici quarzosi, con intercalazioni di quarzo-areniti biancastre e argille bianche o grigio-chiare caolinitiche e refrattarie, con livelli carboniosi contenenti resti vegetali e pirite.

I principali minerali costituenti sono caolinite, illite, quarzo, con percentuali elevate di ossidi di alluminio che rendono le argille adatte all’impiego come refrattari. Il complesso mineralizzato si riscontra quasi costantemente al di sotto delle dolomie giurassiche (Tacchi di Laconi), in giacitura sub-orizzontale o lievemente inclinata in corrispondenza dei principali disturbi tettonici, con potenza media di 6÷8 m.

Talvolta si rilevano paleosuoli ricchi di ossidi e idrossidi di ferro (il cosiddetto “Ferro dei Tacchi”), derivati da una lunga evoluzione pedogenetica di tipo lateritico in clima caldo-umido.

L’ambiente deposizionale della formazione è fluviale, con evoluzione a lacustre e palustre nella parte superiore.

  • Marmilla-Sud Campidano, a circa 30 km a S della precedente, con 21 siti, tutti dismessi, nei comuni di Furtei, Serrenti, Segariu e Guasila, con coltivazione esclusiva di caolino.

Il vulcanismo oligo-miocenico (30÷20 Ma) che ha interessato buona parte del bordo orientale della fossa tettonica del Campidano, caratterizzata da una serie di faglie disposte parallelamente con direttrice principale NW-SE, ha messo in posto lungo queste discontinuità una serie di vulcaniti a chimismo variabile.

La zona di Serrenti-Furtei nella quale le formazioni effusive sono prevalentemente di tipo andesitico, s'inserisce in questo contesto geologico e si differenzia dalle aree circostanti per i fenomeni di caolinizzazione che in essa si sono sviluppati dopo la messa in posto delle vulcaniti, sottoposte a un intenso campo geotermico.

La conseguente circolazione di fluidi epitermali (90÷200°C), ha provocato l’alterazione dei litotipi originari, tanto più spinta in formazioni brecciate o incoerenti, come i depositi piroclastici, rispetto agli ammassi vulcanici.

Gli studi geochimici testimoniano di fluidi idrotermali ad alta salinità e temperature tra 400 e 500 °C, che nella risalita hanno interagito con le acque meteoriche riducendo salinità e temperatura fino a un valore compreso tra 90 e 140 °C cui corrisponde la precipitazione di barite epitermale.

Le mineralizzazioni a solfuri si sarebbero messe in posto intorno ai 250°C mediante fluidi a bassa salinità.


Per quanto riguarda la formazione del caolino, in letteratura esistono ipotesi differenti, pur se tutte riconoscono l’importanza della fase idrotermale.

Più specificatamente:

  • alcuni autori indicano una genesi direttamente idrotermale tardo-post-vulcanica per trasformazione delle rocce vulcaniche terziarie;

  • altri autori ritengono che il caolino si sia formato per alterazione supergenica provocata da acque meteoriche ossidanti che, alterando i solfuri di origine idrotermale, avrebbero creato le condizioni favorevoli per un ambiente acido adatto alla formazione del caolino a partire dai feldspati delle vulcaniti.


Studi giacimentologici più recenti hanno approfondito le conoscenze riguardo alla genesi idrotermale in ambiente esalativo tardo-vulcanico del caolino del settore Serrenti-Furtei.

Per quanto riguarda le alterazioni dei prodotti vulcanici, se ne segnalano quattro tipi:

  • Alterazione propilitica, molto diffusa nell’area, mineralogicamente caratterizzata dalla presenza di quarzo, calcite e pirite;

  • Alterazione argillica intermedia, caratterizzata dalla presenza di argille montmorillonitiche, con caolinite e quarzo subordinati, e presente in tutte le unità vulcaniche del settore;

  • Alterazione argillica avanzata, caratterizzata dalla presenza di argille caoliniche, mentre è assente la montmorillonite. Più diffusa della precedente, è pervasiva nell’unità vulcanica di Santu Miali (SMI) e in quelle piroclastiche (PDD) ed epiclastiche (RTT) (fig. 3);

  • Silicizzazione, fase di evoluzione della precedente in cui la silice sostituisce massivamente i litotipi originari o rappresenta la risultante di un processo di lisciviazione degli ioni metallici e dissoluzione dei relativi minerali, con conseguente formazione di vuoti riempiti da caolinite.


Dal punto di vista minerario le argille caoliniche, concentrate in particolare nei depositi mineralizzati di Monte Porceddu, Coronas Arrubias e Riu de s’Allumini, hanno svolto un ruolo significativo nell’attività estrattiva sarda dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni ’70, producendo migliaia di tonnellate di refrattari destinati all’industria siderurgica.

Tuttavia, la presenza di elevati contenuti di silice e ferro, a causa della presenza di quarzo e pirite, condizionando la purezza del caolino ne ha pesantemente penalizzato l’utilizzo nell’industria ceramica, decretandone sostanzialmente l’abbandono in concomitanza alla crisi definitiva del settore siderurgico italiano.

Le mineralizzazioni, generalmente di tipo massivo, sono impostate in fasce irregolari con potenza totale di almeno 30 m, sormontate da cappelli di silice con spessore variabile, risultante dalla precipitazione della stessa silice sopra il livello freatico a causa dell’attività di geyser all’interno del sistema epitermale.

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti di minerali ceramici e industriali in Sardegna

Fig. 2 - Serie stratigrafica in Sarcidano

  • Sassarese, con 21 siti nei comuni di Cossoine, Sassari, Putifigari, Florinas, Mores, Uri, Ittiri, Ossi, Muros, Banari, Ardara, Ozieri, Sedini, Mara e Padria, con coltivazione di caolino, bentonite, terre da sbianca e feldspati.

Di questi 10 sono ancora attivi al 2019, 3 per la coltivazione di caolino e feldspati e gli altri 7 per quella della bentonite, associata a caolino, feldspati, terre refrattarie e da sbianca.

Il principale di questi giacimenti ancora coltivati, quello di S’Aliderru, è localizzato in un’area caratterizzata dalla seguente successione stratigrafica, dal basso in alto:

  • basamento paleozoico, costituito da filladi quarzitiche e sericitiche;

  • calcari marnosi e calcari fittamente stratificati triassici, fittamente fratturati e, di conseguenza, permeabili con forte circolazione d’acqua e formazione di cavità carsiche;

  • calcari dolomitici e calcari compatti di età variabile da giurassica a cretacica superiore;

  • vulcaniti appartenenti al ciclo magmatico oligo-miocenico (30÷20 Ma), di natura prevalentemente piroclastica con livelli e bancate di cineriti pomicee spesso argillificate, con chimismo di tipo riolitico-riodacitico;

  • coltri alluvionali pleistoceniche di copertura, costituite quasi esclusivamente da quarzo proveniente dallo smantellamento delle rocce paleozoiche.

La mineralizzazione è incassata in un banco di cineriti a lungo affiorante e interessato da circolazione idrica sia superficiale che sotterranea, che ha provocato una forte alternazione dei livelli cineritici di base a contatto con i calcari mesozoici, con la formazione di bentonite di colore bianco, a tratti rosata.

Nel 2011, la concessionaria Società Sarda di Bentonite S.r.l. stimava riserve pari a 5 milioni di tonnellate, sufficienti a garantire la vita della miniera per altri 20 anni.

Un altro giacimento ormai abbandonato ma coltivato con produzioni significative negli ultimi 30 anni del XX secolo, quello di Pedra de Fogu localizzato a circa 13 km a SE del precedente, è costituito da corpi lenticolari spessi da 1 a 2 m, all’interno di lave trachiandesitiche.

La formazione di bentonite è avvenuta interamente per alterazione delle lenti piroclastiche oligo-mioceniche collegate ai fenomeni esplosivi associati all’effusione delle lave.

  • Barbagie di Nuoro e Ollolai, con 5 siti, di cui 3 ancora attivi al 2019, nei comuni di Orani, Sarule e Ottana per la coltivazione dei feldspati presenti nei filoni pegmatitici-aplitici, ampiamente albitizzati, associati alle intrusioni granitoidi tardo-paleozoiche che hanno interessato il basamento metamorfico durante le fasi estensionali della tettonica ercinica (320÷280 Ma), di cui rappresentano le fasi di cristallizzazione tardiva.

Al di fuori di queste aree si segnala, inoltre, la presenza di altri 25 disseminati sul territorio regionale, di cui 5 ancora attivi al 2019 per la coltivazione di feldspati, bentonite e/o terre da sbianca.

Fig. 3 - Serie stratigrafica oligo-miocenica in Marmilla-Sud Campidano

Evoluzione temporale dell’attività estrattiva


Lo sfruttamento dei minerali ceramici e argillosi in Sardegna comincia nei primi anni ’30 del XX secolo, dopo il Regio Decreto 1443 del 1927 con cui i minerali in questione sono classificati di 1a categoria e, come tali, necessitano di concessione mineraria.

L’evoluzione temporale nel numero di concessioni vigenti è mostrato nelle fig. 4 (mappa) e 5 (istogramma).

Quando iniziano gli anni ’40 sono 17 i siti in coltivazione, 16 con sfruttamento del caolino, 15 dei quali nel triangolo Furtei-Serrenti-Segariu (Marmilla-Sud Campidano).

Nel 1950 i siti aumentano fino al numero di 29, sempre con prevalenza della coltivazione di caolino (22 siti), ma inizia anche lo sfruttamento di terre da sbianca e refrattari nel Sarcidano.

La situazione si mantiene sostanzialmente inalterata fino all’inizio degli anni ’70, salvo un consolidamento della presenza di siti nel Meilogu (Sassarese), dove viene coltivata anche la bentonite.

Dopo il 1970 i siti attivi aumentano fino al massimo assoluto di 43 nel 1985, con un estensione dell’area del Sarcidano ai comuni più a sud di Villanova Tulo, Nurri, Siurgus Donigala ed Escalaplano.

Tra i minerali coltivati si mantiene sostanzialmente costante il caolino (20 siti), mentre aumentano i siti di coltivazione delle terre da sbianca (16), delle terre refrattarie (8) e della bentonite (7).

Nella seconda metà degli anni ’80 il numero di siti di minuisce significativamente sino al minimo relativo (32) nel 1990, per poi riaumentare a 33 nel 1995, quando sono attivi 9 siti di coltivazione dei feldspati e 9 di bentonite, mentre nella zona Furtei-Serrenti sono sostanzialmente spariti i siti del caolino, che nel totale regionale contano solo 6 siti, e si riducono i siti di sfruttamento di terre da sbianca (14 siti) e terre refrattarie (5).

Nel 2005 questa ripresa dall’attività estrattiva raggiunge il massimo relativo di siti attivi (37), trainata dai feldspati (15 siti), distribuiti su varie zone della regione, e dalla bentonite (14), anch’essa distribuita su varie zone, ma con una certa prevalenza nel quadrante nordoccidentale (Sassarese).

Aumentano anche i siti di coltivazione di caolino e argille caoliniche (13), nonostante la chiusura di tutti i siti dell’area originaria (Marmilla-Sud Campidano), e di terre refrattarie (10), mentre diminuiscono ulteriormente quelli di terre da sbianca (8).

Dopo il 2005 c’è un’ulteriore progressiva contrazione dell’attività estrattiva, che passa ai 32 siti attivi nel 2010 e ai 27 del 2015.

A fine 2019 rimangono in attività 22 siti, con prevalenza nel Sassarese, così articolati [1]: bentonite (11), caolino e argille caoliniche (9), feldspati (8), terre da sbianca (5), terre refrattarie (4).


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[1] Si tenga conto che in ciascun sito possono essere coltivati più minerali, per cui somma e totale non coincidono.

Fig. 4 - Evoluzione temporale delle concessioni vigenti di minerali ceramici e/o industriali su mappa

Fig. 5 - Istogramma dall'evoluzione temporale delle concessioni vigenti di minerali ceramici e/o industriali