Funtana Raminosa

L'area di Funtana Raminosa, situata in Sardegna centrale (fig. 1) nelle regioni delle Barbagie di Seulo e Belvì, occupa una superficie di circa 145 Km2, pari al 3,49% della superficie complessiva del Parco Geominerario della Sardegna, interessando 5 comuni (tab. 1a).

Dal punto di vista geominerario, l’area comprende, oltre alle mineralizzazioni di rame di Funtana Raminosa, quelle di ferro a Perdabila e il bacino di antracite di Seui.

Paesaggisticamente, l’area è caratterizzata da rilievi variamente articolati, ricoperti da boschi a roverella e castagni; il settore montano e vallivo alle falde del Gennargentu ne rappresenta decisamente la parte più selvaggia e meno compromessa. Spettacolari, per bellezza, sono i vasti banchi calcarei incisi profondamente dalle acque superficiali che hanno generato precipizi e pareti alte fino a cento metri: il paesaggio dei Tacchi, i cui elementi più elevati sono rappresentati dal Tacco di Ticci (860 m) a SE di Seulo e dal Tacco di Tornolu (797 m).

La vastità dei boschi e delle zone ad alta naturalità ha consentito il mantenimento di una fauna di straordinario interesse, tra cui spiccano il muflone e l’aquila reale.

La flora presente nell’areale del Gennargentu costituisce un patrimonio botanico di valore inestimabile, rappresentato oltre che da specie a larga distribuzione geografica ed ecologica, da numerose entità endemiche, con specie comuni ma anche rarissime o esclusive.

Come dimostra la stessa denominazione dell’area, la sua importanza mineraria dipende dalla presenza della miniera di rame di Funtana Raminosa, l’unica gestita direttamente del Parco (tab. 1b).

Fig. 1 - L'area mineraria Funtana Raminosa

Tab. 1 - Comuni (a) e siti minerari (b) interni all'area Funtana Raminosa

Miniera di Funtana Raminosa


La miniera di Funtana Raminosa, posta sulle rive del fiume Saraxinus a circa 9 km a SSO di Gadoni (fig. 2), ha svolto un ruolo particolarmente significativo nella storia della metallurgia del rame nell'area mediterranea, iniziato nell'età eneolitica (ca. 2,600÷1,800 a.C.) e proseguito in età nuragica come testimoniano i bronzetti risalenti al IX secolo a.C. ritrovati in questa zona.

Attiva anche in epoca romana, a cui viene fatta risalire l’omonima galleria rinvenuta nel 1900 durante alcuni scavi, in tempi moderni fu dichiarata scoperta ufficialmente nel 1911 e concessa nel 1913.

Nel 1920 fu ultimato l’impianto di flottazione, il primo in Italia a utilizzare questa tecnica per la separazione dei minerali.

La costruzione del villaggio minerario cominciò solo nel 1936, mentre nel 1940 fu realizzata la ferrovia Decauville a scartamento ridotto e la teleferica per il trasporto del materiale sino a “Taccu Zippiri”, dal quale veniva inviato Cagliari.

Negli anni ‘50 fu edificata la nuova laveria, ma le produzioni negli anni successivi furono altalenanti a causa della posizione sfavorevole della miniera, della tipologia dei giacimenti da coltivare e della qualità del materiale estratto.

Dal 1973 ai privati si sostituirono le partecipazioni statali e venne iniziato un programma di ricerca che sembrò evidenziare la presenza di nuove zone ricche di materiale da trattare.

Tuttavia, un’errata stima delle riserve di minerale, accompagnata da investimenti eccessivi e dalla concomitante discesa del prezzo del rame, causarono la crisi definitiva della miniera.

L’inquinamento delle falde acquifere causato dalla rottura del bacino di decantazione

dette, infine, il colpo mortale all’attività produttiva, chiusa nel 1983.

Dal marzo 2000 la miniera inattiva è passata sotto la gestione IGEA che ha garantito il mantenimento in ottime condizioni di conservazione dell'insediamento, grazie alla continua presenza degli ex-minatori, impegnati dapprima nei lavori di risanamento ambientale dell’area e successivamente nelle iniziative industriali alternative a quelle minerarie.

Ciò ha consentito, il 23 novembre 2018, la riapertura del sito, affidato da Regione Sardegna, IGEA e Parco Geominerario alla gestione del comune di Gadoni, per un rilancio in funzione turistica (fig. 3).

Lungo la strada asfaltata che conduce all’ingresso degli impianti è ancora visibile il villaggio minerario, con gli alloggi per i minatori ed i vari servizi, dagli uffici alla mensa, dall’infermeria allo spaccio, fino alla palazzina della direzione, l’edificio più rappresentativo dell’insediamento industriale oggi destinato ad ospitare l’archivio minerario (fig. 4).

Anche gli impianti più vecchi della miniera si conservano in buone condizioni, in particolare la laveria costruita nel 1950; al contrario, le condizioni di conservazione della prima laveria per la flottazione dei minerali sono andate peggiorando con il tempo.


Fig. 2 - Collegamento Gadoni → Funtana Raminosa

Anche gli impianti più vecchi della miniera si conservano in buone condizioni, in particolare la laveria costruita nel 1950; al contrario, le condizioni di conservazione della prima laveria per la flottazione dei minerali sono andate peggiorando con il tempo.

Sono visitabili la Galleria Romana, per un breve tratto attrezzato dove sono osservabili i macchinari di miniera e le colorate concrezioni di rame sulle pareti (fig. 5), l’edificio compressori e la laveria.

Infine, un edificio denominato “casa Mandas” è stato recuperato e destinato a museo.

Fig. 2 - Volantino della cerimonia di riapertura della miniera di Funtana Raminosa

Fig. 3 - Il villaggio minerario di Funtana Raminosa

Fig. 4 - Incrostazioni di ossido di rame nella Galleria Romana