Asfalto & bitumi in Abruzzo

La distribuzione dei siti a livello territoriale

In fig.1 è mostrata la distribuzione territoriale, articolata a livello comunale, dei 24 siti di estrazione di asfalto & bitumi, concentrati nell'area della Maiella in provincia di Pescara (23 siti).

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti di estrazione di asfalto e/o bitumi in Abruzzo

Geologia e giacimentologia

Dal punto di vista geologico, i terreni affioranti nel distretto degli asfalti abruzzesi sono tutti post-eocenici.

A partire da questo periodo la serie è completa dal Miocene al Quaternario e la successione dei terreni (tab. 1) si può osservare in tutto il suo sviluppo, dai più recenti ai più antichi, risalendo la valle del Lavino e quelle dei due rami superiori dello stesso Lavino, il fosso S. Angelo e il Capo la Vena che passa sotto Roccamorice.

Sulla destra del fiume si incontra prima il Pliocene, rappresentato da ghiaie e sabbioni (sabbie gialle) e dalle argille grigio-azzurre. A sua volta, il Pliocene poggia su una potente formazione di argille con gessi che assume, principalmente nella Valle del Pescara a monte di Scafa, una straordinaria estensione.

Subordinati alle argille sembrano essere straterelli, banchi e grossi nuclei lenticolari di brecciola calcarea assai dura e resistente, che però s’incontra quasi sempre dislocata e talvolta in frammenti nella massa franosa delle argille e assai raramente in posto. Nei pressi del giacimento di S. Giorgio, sulle argille gessose poggia un banco di qualche metro di potenza di una puddinga a elementi calcarei di discreta grandezza, che sembra essere il top del gruppo gessifero.

Il gesso è principalmente sotto forma di grossi cristalli a forma di ferro di lancia, anche se a S. Giorgio la galleria di ribasso ha tagliato un potente banco di gesso saccaroide, simile all’alabastro.

Nelle argille associate ai gessi non è rara la presenza di zolfo cristallizzato.

A S. Giorgio, fra la zona dei gessi e il sottostante Calcare a Lithotamnium, è presente un banco di calcare asfaltino che potrebbe essere il corrispondente del “cagnino” di Romagna e del calcare siliceo sovrastante al tripoli sarmatiano dell’Italia Meridionale e della Sicilia.

Nel complesso, questo gruppo gessifero corrisponde perfettamente alla serie gessoso-solfifera siciliana, calabrese e romagnola del Messiniano, che continua, con straordinaria costanza di caratteri, dalla Sicilia al Piemonte, al piede del versante esterno dell’Appennino.

Segue nella zona gessosa un complesso marnoso calcareo di centinaia di metri di potenza, attribuibile al Miocene superiore-medio e perfettamente concordante con gli strati superiori e inferiori. Il termine più alto della serie è un Calcare a Lithotamnium, che affiora in diverse località, tra le quali Lettomanoppello, San Giorgio e Roccamorice. Verso la base della serie, separato dal precedente da molti banchi marnosi non fossiliferi, compare un altro potente banco di Calcari a Briozoi e a Heterostegina. Questo calcare compare in abbondanza nelle miniere di Acquafredda e in quella di Santo Spirito.

Siccome anche tali calcari sono attribuibili al Miocene medio, ne deriva che tutta la potente pila di strati calcarei, che va dai Calcari a Lithotamnium a quelli a Briozoi, è attribuibile allo stesso piano e che si tratti unicamente di differenze nelle condizioni locali ad aver favorito lo sviluppo di un tipo di organismi piuttosto che di un altro.

Ma la differenza tra i due calcari non è limitata ai soli organismi fossili in essi contenuti, poichè il Calcare a Lithotamnium mostra, soprattutto in alcuni casi (Piano Monaci, Cusano), una forte presenza di carbonato di magnesio, tanto da poter essere considerato una vera e propria dolomia. Viceversa, nei Calcari a Briozoi la presenza del magnesio è insignificante.

Al di sotto delle formazioni del Miocene medio si incontrano banchi marnosi, probabilmente attribuibili al Miocene inferiore e all’Eocene superiore, seguiti da calcari nummulitici contenenti nuclei di selce fossilifera, attribuibili all’Eocene superiore e medio.

Dal punto di vista tettonico, sopra l’area asfaltica di S. Valentino la stratificazione pende dolcemente (10°-15°) verso N, turbata da un complesso di fratture con direzione N30°E e pendenza di 50°-80° verso NO, con rigetti che nella miniera di S. Giorgio hanno portato i gessi alla quota delle marne del Miocene medio.

Esiste pure un sistema di fratture, meno importante, in direzione E-O.

Le più importanti mineralizzazioni asfaltiche e bituminose abruzzesi hanno sede principalmente nel complesso marnoso calcareo del Miocene medio e superiore (13÷7 Ma).

Tuttavia, dentro alla serie precedentemente descritta, l’asfalto non si trova solo in un orizzonte determinato e costante ma ricorre a diversi livelli, il più recente dei quali corrisponde ad un calcare concrezionario quaternario, mentre il più antico soggiace allo strato nummulitico ed è, pertanto, sicuramente eocenico.

Dal punto di vista industriale i soli livelli importanti sono quelli inferiori alle argille gessifere, quelli, cioè, che si incontrano nel Miocene e nell’Eocene.

Nel Miocene gli orizzonti asfaltici principali sono due:

  • uno superiore (rocce incassanti: Calcari a Lithotamnium), corrispondente alle miniere di Piano dei Monaci, Fonte e Cese a Lettomanoppello (fig. 2) e S. Giorgio e Cusano a Roccamorice;

  • uno inferiore (rocce incassanti: Calcari a Briozoi), corrispondente alle miniere dell’Acquafredda e di Fonticelle.


In particolare, nei due orizzonti definiti è diversa la distribuzione delle mineralizzazioni nella roccia incassante: nei Calcari a Lithotamnium, porosi, le impregnazioni bituminose hanno uniformemente permeato la roccia, mentre nei Calcari a Briozoi, meno porosi, hanno riempito le cavità distribuite non uniformemente.

Per quanto riguarda il calcare della miniera di S. Giorgio, la sua posizione sopra lo strato a “Lithotamnium” fa propendere per l’attribuzione al Miocene superiore.

All’Eocene appartengono, invece, le miniere del vallone di S. Spirito, in cui gli orizzonti asfaltici sottostanno ai banchi nummulitici.

Al di fuori di questi quattro orizzonti la presenza di asfalto può essere considerata solo di tipo accidentale, nei gessi del Miocene superiore e nelle argille del Miocene medio.

Più interessante è, invece, l’orizzonte asfaltico più recente, il calcare concrezionario, probabilmente quaternario, della valle di Cusano.

Se ne trovano enormi massi nelle frane caratteristiche dell’argille del Miocene superiore; è abbastanza ricco di asfalto da essere già stato coltivato in altri tempi. La struttura concrezionaria è molto evidente; la roccia presenta pori e cavernosità, la calcite è disposta in croste concentriche fibroso-raggiate e i segni dell’accrescimento progressivo sono evidenziati proprio dall’impregnazione asfaltica.

Tab. 1 - Successione di terreni nella zona del distretto asfaltico abruzzese

Fig. 2 - Una colata di bitume nella miniera di Lettomanoppello nel 1956

Tra tutti i depositi di roccia asfaltica, la maggiore produzione di asfalto proviene dalle miniere aperte nello strato superiore del Miocene medio, non tanto perché diano materiale migliore o abbiano banchi più potenti, quanto per la loro più felice ubicazione in prossimità delle vie di trasporto.

Le miniere tipiche di questo livello sono “Piano dei Monaci” e “Cusano”, in cui l’impregnazione asfaltica raggiunge una potenza di 30 metri. Il tenore medio di bitume è di 11-12%, oscillando, in funzione della località, tra i valori estremi 5% e 14%. Inoltre, come già osservato, è forte la presenza di magnesio in questi calcari, tanto che si potrebbe parlare più propriamente di dolomia.

Dai giacimenti di “Piano dei Monaci” e “Cusano” differisce quello di “S. Giorgio” per la sua posizione immediatamente superiore ai Calcari a Lithotamnium, per la sua grande ricchezza in bitume (tenori compresi tra 9% e 30%) ed infine per la costituzione chimica del calcare, praticamente puro e privo di magnesio. Il giacimento di S. Giorgio ha una potenza di 30÷40 metri, ancora maggiore, quindi, dei due giacimenti già citati ed è coperto dalle argille gessifere.

Tale giacimento, inoltre, è attraversato dai due sistemi di fratture precedentemente citati e che dividono il campo minerario in tre frazioni.

Per quanto riguarda i giacimenti dell’orizzonte miocenico inferiore, nel banco asfaltico affiorante di “Acquafredda” è immediatamente evidente la grande estensione dell’impregnazione, assai maggiore di quella presente nei calcari superiori.

Questa grande estensione, tuttavia, era troppo povera per essere tutta coltivata; i lavori, quindi, sono stati concentrati solo in alcune zone ricche, di forma allungata, che lateralmente sfumano nelle parti povere circostanti.

Si tratta di zone, con una dimensione massima di centinaia di metri, tutte orientate N-S di modo che appaiono come ampie e lunghe strisce parallele. Anche questo giacimento ha una grande potenza, raggiungendo anche i 50 metri ma sulla verticale c’è alternanza di zone ricche e povere.

La parte coltivata dei banchi ha un tenore medio di 12% di bitume, la roccia è molto solida e ricca di organismi fossili riconoscibili, principalmente “Heterostegine” e “Briozoi”, con tutti i pori riempiti di bitume.

Breve storia delle miniere del bacino asfaltifero della Maiella

La coltivazione e la raffinazione del bitume nell’area della Maiella risalgono già ai tempi dell’Impero romano, come risulta da reperti marchiati che sono stati rinvenuti presso Scafa e in contrada Pignatara a Lettomanoppello.

Nel XII secolo la Repubblica marinara di Amalfi utilizzava l’asfalto abruzzese per calafatare le proprie navi, mentre Flavio Biondo, nella sua opera Italia Illustrata, scritta tra il 1448 e il 1458 ma pubblicata nel 1474, attestava che tedeschi e ungheresi “raccolgono e asportano” petrolio presso il castello di Cantalupo, vicino a Tocco da Casauria, in quanto reputato avere virtù medicamentose.

Nel 1835 si dava conto dello sfruttamento del bitume liquido nel resoconto di “un viaggio per diversi luoghi delle province di terra di lavoro e di Abruzzo per conto della Reale Accademia di Scienze”.

Nel 1840, infine, il teatino Silvestro Petrini scoprì giacimenti di asfalto nel complesso della Maiella, nelle contrade di Manoppello e San Valentino.

Quattro anni più tardi nacque la prima attività per l’estrazione di bitume che, assieme a quello coltivato presso Roccamorice e quello “liquido” raccolto presso Tocco da Casauria, veniva raffinato fino ad ottenere petrolio, all’epoca usato prevalentemente per l’illuminazione.

Si trattava di una pionieristica iniziativa imprenditoriale di successo che ricevette le attenzioni del Regno delle Due Sicilie: “Una miniera di bitume è stata rinvenuta in Manoppello…, e subito in essa sonosi fatti de’ cavamenti da un tal Silvestro Petrini, … ha egli convertito il bitume in pece nera e compatta, che inviata in Napoli, ha ottenuto gli elogi di coloro che l’hanno adoperata” (Lavori delle Società economiche delle province continentali Annali civili del regno delle Due Sicilie, 1845).

Il rapporto della Società in anonimo per la Ferrovia Abruzzese per i confini Romani citava i bitumi tra i prodotti di maggiore importanza per la zona, sostenendo che la loro commercializzazione avrebbe potuto incrementarsi attraverso la costruzione della ferrovia tra Roma e gli Abruzzi.

Con queste premesse, subito dopo l’Unità d’Italia nel territorio dei Comuni del bacino della Maiella ebbe inizio l’acquisto di lotti di terreno da parte di molti imprenditori, interessati soprattutto alla ricerca di petrolio.

I pionieri della ricerca petrolifera in Abruzzo furono due italiani, tali Maurizio Laschi di Vicenza e Carlo Ribighini di Ancona, i quali, nel 1863, costituirono un’azienda che già nel 1867 fu costretta a sospendere l’attività per le scarse produzioni di petrolio, ottenute dai pozzi perforati nel territorio di Rocca di Casauria.

Nonostante questa "falsa partenza", l’interesse per l’estrazione e la lavorazione della roccia asfaltica per la produzione di oli, bitume, catrame attirò nella zona altri imprenditori con aziende meglio strutturate ed organizzate. Un esempio è dato dalla ditta Asphaltene di Parigi, che in quegli anni ottenne dal Comune di Lettomanoppello la concessione di sfruttamento delle miniere asfaltiche di Mazzamora e Valle Roberto.

Nel luglio 1867 fu costituita da alcuni esponenti della borghesia e del notabilato locale la Società Anonima Abruzzese per i Minerali della Maiella (SAM), con un capitale notevole per l’epoca di 800,000 lire, che acquistò dal Ribighini, nominato poi direttore generale, miniere e stabilimenti, tra cui un impianto presso Grottamare (Ascoli), utilizzato in precedenza come raffineria di zucchero.

L’intenzione della SAM era quella di estrarre olio dal bitume negli impianti di Lettomanoppello e di raffinare l’olio estratto nello stabilimento di Grottamare.

Tuttavia, il progetto fallì sia per l’utilizzo del solo bitume puro come materia prima delle produzioni, sia per la decisa protesta degli abitanti di Grottamare che mal sopportavano le esalazioni che si producevano nella distillazione degli oli.

Di conseguenza, già nel 1869 la società si sciolse mettendo in liquidazione miniere e macchinari, ennesima testimonianza di come, in quegli anni e a livello locale, mancasse l'organizzazione aziendale necessaria per intraprendere l’attività estrattiva.

Iniziò, quindi, per l’industria estrattiva abruzzese una fase caratterizzata dalla presenza di società straniere, dotate di una più efficiente e solida struttura tecnica e finanziaria. Nel settore si inserirono poche ma grandi imprese che riuscirono a monopolizzare il bacino minerario per oltre un cinquantennio, fino al 1923, anno in cui nacque una nuova società locale, la Società Abruzzese Miniere Asfaltiche (S.A.M.A.).

Nel 1872 la società inglese Claseen, con sede italiana ad Ancona, acquisì le miniere e gli stabilimenti della SAM.

L’anno successivo si costituì la società inglese SAI (The Anglo-Italian Mineral Oils and Bitumen Company Limited) che intraprese subito lavori minerari nel territorio dei Comuni di San Valentino, Roccamorice e Abbateggio.

Alla fine del 1885 i fondi in concessione alla società inglese erano 436 (per una superficie complessiva di circa 830 ettari e un canone annuo di 42,350 lire).

La SAI mise in atto una serie di interventi, tra i quali la costruzione, in località Scafa, di uno stabilimento per l’estrazione e la raffinazione del bitume estratto nelle miniere di Roccamorice. Tale stabilimento fu dotato di macchinari e impianti per la fusione e la distillazione del minerale (caldaie, forni, alambicchi, storte, impianti a vapore, camere di frazionamento, pompe, vasche di chiarificazione) e collegato alla stazione di San Valentino tramite linea ferroviaria.

Il bitume ottenuto (5% della roccia asfaltica estratta) forniva olio da illuminazione (31,5%), lubrificante (35%) e residuo solido (33,5%). Secondo una stima industriale del 1881, lo stabilimento di Scafa era in grado di fondere circa 50 t di roccia asfaltica al giorno, con una produzione annua che si aggirava intorno a 200 t di petrolio e 320 t di oli lubrificanti, per un valore complessivo di oltre 200,000 lire.

Per minimizzare i costi di trasporto della roccia estratta dalle miniere allo stabilimento di raffinazione di Scafa, la SAI provvide, inoltre, alla costruzione di una linea ferroviaria decauville di 8 km lungo la valle del torrente Lavino, di cui, nell'ambito Progetto del 2019 per la Realizzazione del Parco didattico del Lavino, è prevista la rifunzionalizzazione mediante la costruzione di una pista ciclabile sullo stesso sedime ferroviario per 1,020 metri.

Il tracciato, notevolmente impervio, era caratterizzato da rilevanti opere di ingegneria, in parte ancora esistenti (ponti in tralicci metallici, manufatti di sostegno sui dirupi delle vallate e tratti in galleria).

Nel 1888 le attività della SAI, già passate nel 1886 sotto il controllo della Claseen, furono cedute a una nuova società straniera, la Reh e C., società in accomandita semplice, nata a Berlino il 14 maggio dello stesso anno, avente come oggetto principale la ricerca, l’escavazione, la preparazione e il commercio dell’asfalto, con un capitale sociale di 500,000 lire sottoscritto, tra gli altri, anche da una banca, la Deutsche Credit Bank, a testimonianza di quanto fossero importanti i mezzi finanziari nel settore minerario.

Si tratta di una data molto importante per l’economia abruzzese in quanto segnò la nascita della prima industria moderna nella regione, inserita in un circuito economico e commerciale di livello europeo in un settore, quello della produzione di bitume ed asfalto per opere stradali, allora in continua crescita.

La Reh introdusse impianti e cicli produttivi allora all’avanguardia in Europa. Dopo aver rilevato le miniere e lo stabilimento di Scafa, di proprietà della SAI, nel periodo 1891-1897, procedette allo sviluppo dell’intero complesso minerario con:

  • apertura di nuovi siti minerari, con l’acquisizione delle miniere di proprietà della “Asphaltene” che aveva da tempo abbandonato ogni attività mineraria nella zona;

  • installazione di infrastrutture di servizio all’industria estrattiva e potenziamento di quelle già esistenti, tra le quali è da menzionare il prolungamento verso monte della decauville costruita dalla SAI di ulteriori 2600 m (con il traforo di due gallerie, la maggiore delle quali lunga 300 m), fino alla località Pilone, e la costruzione, nel 1895, di una teleferica per il collegamento della miniera Foce con lo stabilimento di Scafa, mentre la forza motrice era fornita dalla centrale idroelettrica sul Lavino, la prima di una certa importanza costruita in Abruzzo che sviluppava una potenza di 76 kW.


A metà degli anni ’90 del XIX secolo, la Reh gestiva le seguenti miniere:

  • nel Comune di Roccamorice: Acquafredda (a cielo aperto), San Giorgio, Santo Spirito e Torretta (sotterranee), tutte collegate con le officine di trasformazione di San Valentino;

  • nei Comuni di Lettomanoppello e Manoppello: Piano dei Monaci e Foce (a cielo aperto), che rifornivano lo stabilimento di Scafa.


La miniera di roccia asfaltica più importante era quella di Piano dei Monaci: qui la roccia asfaltica estratta a cielo aperto, a quota 270 m s.l.m., era trasportata, tramite vagoncini, fino al piazzale di base, dove era caricata su benne che, a loro volta, erano calate per mezzo di argani in un pozzo. Alla base del pozzo, il minerale finiva in vagoni più grandi e da qui era inviato, per mezzo della decauville, allo stabilimento di Scafa.

L’unica realtà locale che riuscì ad affermarsi nel settore in quegli anni fu l’impresa di Giovanni Paparella e del figlio Donato, di San Valentino, la quale, ottenuta una concessione perpetua di sfruttamento nei territori di Tocco da Casauria e Roccamorice nel 1867, riuscì a produrre, per oltre venti anni, asfalto per opere stradali, lavorando il bitume estratto nelle miniere esercite nel proprio stabilimento presso San Valentino.

Nel 1893 cessò il monopolio della Reh nel bacino minerario della Maiella per l’avvento di una nuova società straniera, la NAC (The Neuchatel Asphalte Co. Ltd.), sorta di multinazionale dell’asfalto operante non solo in Europa ma anche in America e in Australia.

Si trattava, infatti, di un’impresa con una solida esperienza internazionale nel settore estrattivo, costituita il 29 luglio 1873 a Londra, dalla fusione di cinque società europee a responsabilità limitata e di una società sudamericana. La NAC si dimostrò subito una società intraprendente e vivace: nel biennio 1893-1894 acquistò lo stabilimento di Paparella e attivò cinque miniere (tab. 2).

Tab. 2 – Miniere di proprietà della NAC alla fine del 1894 (fonte: Rivista del Servizio Minerario, 1894)

Allo stesso modo della Reh, anche la NAC integrò nel biennio 1896-1897 il complesso produttivo con la costruzione di una linea teleferica e di un tratto ferroviario a scartamento ridotto.

La linea della teleferica aveva una estensione di circa 7 km, articolata in due bracci che partivano da due miniere attivate in quegli anni nel comune di Roccamorice, Cusano e S. Giorgio, terminando entrambi in località Cese, dove era collocato il capolinea della teleferica principale, collegato direttamente con lo stabilimento di Pianapuccia (Scafa).

Al contrario, la NAC si dimostrò meno interessata a dotarsi subito di un impianto idroelettrico autonomo, preferendo acquistare corrente elettrica. Solo nel 1907-1909, l’azienda inglese realizzò sul fiume Lavino un complesso idroelettrico formato da due centrali, con una potenza di 79 kW, collegate alle officine di Pianapuccia per mezzo di una linea aerea trifase a 530 Volt.

Negli ultimi anni del XIX secolo la produzione mineraria cominciò a risentire positivamente degli interventi strutturali messi in atto dalle due società (Reh e NAC), segnando il definitivo decollo dell’industria estrattiva della Maiella a cavallo tra i due secoli, sebbene il settore continuasse a mostrare fluttuazioni dell’andamento produttivo e commerciale.

Nel 1901 le uniche regioni italiane produttrici di asfalto e bitume erano la Sicilia con le miniere di Ragusa, che produssero 75,270 t di roccia asfaltica (valore 1,129,050 lire) e l’Abruzzo con le miniere della Maiella, che garantirono 28,841 t di roccia asfaltica (valore 180,000 lire) e 763 t di bitume grezzo (valore 90,000 lire).

Nello stesso anno, dalla lavorazione delle rocce asfaltiche e dei bitumi nello stabilimento di Pianapuccia si ottenne una produzione di circa 22,000 t tra polvere d’asfalto (10,743 t), mastice d’asfalto in pani (8,700 t), bitume raffinato (1,388 t), olio di bitume (47 t), mattonelle d’asfalto (933 t), per un valore complessivo pari a 657,855 lire.

Agli inizi del XX secolo si ebbe l’apertura di nuove miniere di roccia asfaltica da parte della NAC a Lettomanoppello (Albereto e Posititore), a Manoppello (Fonte), a Roccamorice (Cafarella) e nel 1908 fu costituita la “Società Anonima Valle Romana Manoppello Asphalte Minen” da parte della ditta Emilio Kölner, che precedentemente aveva acquistato, in territorio di Manoppello, contrada Valle Romana, alcuni terreni in cui aveva aperto una miniera e costruito uno stabilimento di raffinazione.

Nel periodo 1908-1916 le miniere del bacino in questione erano, quindi, esercite da 3 società: Neuchatel Asphalte Co. Ltd., Reh & C. e Valle Romana (tab. 3).

Tab. 3 – Società esercenti le miniere di asfalto e scisti bituminosi nel periodo 1908-1916

Nel 1913 la produzione asfaltifera e bituminosa raggiunse la ragguardevole cifra di 49,607 tonnellate, lavorata nei tre stabilimenti suindicati ottenendo 35,200 t di polvere d’asfalto, 12,191 di mastice d’asfalto, 1,790 di mattonelle d’asfalto e 426 di bitume raffinato, con l’utilizzo di 376 addetti, di cui 5 donne e 28 minorenni (10 maschi e 18 femmine).

Scoppiata la Prima Guerra Mondiale, nel gennaio 1917 le miniere e gli stabilimenti di proprietà delle due società tedesche Reh e Valle Romana furono requisite dallo Stato in quanto appartenenti a un paese nemico e, dopo una prima fase di amministrazione diretta da parte del Commissariato Generale per i Combustibili Nazionali, trasferiti in esercizio alla Ditta Leopoldo Parodi Delfino, sotto la cui gestione andò distrutto lo stabilimento di raffinazione di Manoppello, appartenuto precedentemente alla società Valle Romana.

Terminata la guerra, nel settembre del 1922 fu costituita la già citata S.A.M.A., con un capitale sociale di 1,200,000 lire e uno Statuto che prevedeva come scopo principale «la coltivazione di miniere asfaltiche e bituminose [. . .] in Italia e all’estero, lavori d’asfalto e bitume».

Il primo atto della nuova Società fu di aggiudicarsi, tramite asta, le proprietà demaniali ex Reh-Valle Romana e di ottenere una nuova concessione, denominata San Valentino, comprendente tutta la rimanente zona dei Comuni di Lettomanoppello, Manoppello, Roccamorice, Abbateggio e San Valentino non compresa nelle miniere esistenti e la miniera di Foce Blasioli, acquistata dal Parodi durante il suo periodo di gestione.

Successivamente, tra il 1939 e il 1942, le miniere della S.A.M.A. furono raggruppate nella concessione San Valentino, che nel tempo assorbì anche le restanti miniere ancora produttive, rimanendo, a partire dal 1982, una delle due concessioni ancora attive.

Nel 1951 la S.A.M.A., pur mantenendo la sigla, cambiò denominazione diventando Società per Azioni Miniere Asfalto, con sede in Bergamo Via Camozzi 124, significativamente la stessa sede della Italcementi.

Le miniere della NAC, invece, mantennero la propria autonomia, passando nel 1928 alla “Soc. Puricelli Strade e Cave”, nel 1942 alla “Italstrade S.p.A.” e nel 1950 a “S.C.A.F.A. – Società Asfalti Fabbricazioni Affini”, per poi confluire nella S.A.M.A. nel 1982.

Nel 1939 fu concessa una nuova miniera, denominata Lettomanoppello, affidata al Comune di Lettomanoppello ma di fatto esercita dalla Società Puricelli e da quelle che nel tempo hanno sostituito questa nella gestione delle miniere non S.A.M.A..

Nel 1963 tale concessione venne trasferita a S.C.A.F.A. e l’attività estrattiva è stata interrotta nel 1981.

Successivamente la miniera, ora denominata “Miniera Comunale di Lettomanoppello”, è stata oggetto di trasferimento prima alla Addario Camillo e Figli Srl con Decreto Distrettuale del 1996 confermato da Provvedimento regionale n. 104 del 13 novembre 2003, poi alla Addario Camillo Group Srl con Determinazione del 13 settembre 2016 (BUR 38/2016) e risulta a tutto il 2019 ancora in attività [1] (fig. 3).

Come risulta dalla precedente descrizione della storia mineraria dell’area, nella seconda metà del XX secolo il settore estrattivo di asfalto e rocce bituminose nel Bacino della Maiella perse gradualmente importanza.

La migliore trasportabilità delle materie prime, l’impoverimento progressivo dei giacimenti locali e i crescenti problemi di impatto ambientale, insieme alle diverse scelte di politica economica e industriale che privilegiavano i comparti manifatturieri rispetto a quelli primari, portarono al progressivo abbandono dell’attività mineraria.

Fra il 1962 e il 1965 cessò la produzione di pietra asfaltica per pavimentazione, ragione per cui la provincia di Pescara passò da una produzione di 40,000 t annue, pari a oltre il 30% del totale nazionale, a zero.

Proseguì, invece, la produzione [2] di pietra asfaltica per distillazione, che ancora nel 1969 fece registrare una quantità di 115,000 t, in calo però rispetto agli anni precedenti se si considera che la produzione del 1964 era pari a 175,000 t, tale da saturare quasi per intero il mercato italiano, anch’esso in rapido declino (270.000 t nel 1963, di cui 100.000 estratte in provincia di Ragusa).

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[1] Il 5 dicembre 2016 è stato pubblicato un bando per l’affidamento in concessione del Compendio minerario San Valentino a Manoppello. Dopo due assegnazioni provvisorie fatte decadere, il bando è al marzo 2021 ancora in assegnazione.

[2] I dati di produzione sono tratti dalla relazione "Valorizzazione dei siti minerari dismessi nella Regione Abruzzo" , a cura del Servizio Attività Estrattive e Minerarie della Regione Abruzzo (2006)

Fig. 3 – Miniera comunale di Lettomanoppello nel giugno 2017 (da GoogleEarth)

L'evoluzione temporale dell'attività mineraria

In fig. 4, in cui è riportata l’evoluzione temporale dei siti di asfalto e/o scisti bituminosi in termini di numero concessioni vigenti, si osserva una forte crescita a partire dalla fine del XIX secolo, che continua più lentamente fino ai 18 siti del 1920, dopo di che si ha una leggera diminuzione e una sostanziale costanza tra 11 e 13 siti fino alla fine degli anni ‘70 . Dai primi anni ’80 il numero di concessioni attive crolla a 2 (San Valentino e Miniera Comunale di Lettomanoppello), di cui solo l’ultima risulta ancora attiva, mentre per la prima è in corso dal dicembre 2016 una procedura di bando pubblico per l'affidamento in concessione, al marzo 2021 non ancora completata.

Fig. 4 - Evoluzione temporale del numero di concessioni vigenti di asfalto e/o scisti bituminosi in Abruzzo