Bauxite in Abruzzo

La distribuzione dei siti a livello territoriale

In fig.1 è mostrata la distribuzione territoriale, articolata a livello comunale, degli 11 siti di estrazione di bauxite, concentrati nell'area della Maiella in provincia di Pescara (23 siti)).

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti di estrazione della bauxite in Abruzzo

Geologia e giacimentologia

Le bauxiti carsiche abruzzesi sono incorporate in una spessa successione carbonatica meso-cenozoica, parte della Piattaforma Carbonatica Appenninica.

Dal tardo Cretacico fino all’Oligocene l’evoluzione tettonico-stratigrafica dell’area adriatica ha sperimentato parecchi episodi di emersione e immersione rispetto al livello marino, causando cambiamenti di paleoambiente in vari settori della piattaforma carbonatica. Durante i lunghi periodi di esposizione agli agenti atmosferici si sono verificati intensi fenomeni di carsificazione, seguiti dalla deposizione di bauxite.

Nel distretto abruzzese, in particolare, si possono riconoscere due principali, anche se discontinui, orizzonti di bauxite:

  • il primo e principale, fino a 10 m di spessore, corrisponde alla trasgressione stratigrafica tra il tardo Albiano e il primo Cenomaniano (100 Ma ca.);

  • il secondo, con spessori fino a 1 m, incassato in calcari di età variabile dal tardo Cenomaniano al primo Turoniano (93 Ma ca.)


La successione cretacica termina con una trasgressione paleogenica, seguita da sedimenti miocenici, consistenti in calcari a Pettinidi, Briozoi e Lithotamnium.


Come mostrato in fig. 1, i giacimenti di bauxite abruzzesi si trovano nella parte occidentale della regione, articolati in due gruppi:

  • a NO l’area sirentina (Lucoli, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, Ovindoli), posta a circa 10 km a S di L’Aquila, nell’intorno del Piano di Campo Felice, i cui giacimenti corrispondono al primo orizzonte bauxitico incassato in una successone stratigrafica che parte dai calcari micritici con Dictyoconus algerianus (Albiano inferiore, 115 Ma ca.) a letto della bauxite, mentre a tetto si incontrano calcari micritici e marne verdi che terminano con un bio-orizzonte a Cisalveolina fraasi (Cenomaniano superiore, 95 Ma ca.), cui è sovrapposta una breccia calcarea a matrice bauxitica, corrispondente al secondo orizzonte associato appunto alla trasgressione del Cenomaniano superiore. Verso l’alto seguono circa 10 m di calcari porosi di età Turoniana (90 Ma ca.).

Dal punto di vista tenorimetrico, la bauxite di questo gruppo risulta simile a quella degli altri giacimenti italiani per contenuto di allumina (40÷60%), limonite (20÷25%), mentre è più basso rispetto ai giacimenti pugliesi di Spinazzola il contenuto di silice (10 vs. 20%), ossido di titanio (2.5 vs. 4.5%), Nichel (200 vs. 500 ppm) e, rispetto ai giacimenti salentini, ossido di cromo (700 vs. 1500 ppm).

Per quanto riguarda l’origine del materiale che ha portato alla formazione della bauxite che ha riempito le cavità carsiche del calcare, escluso l’apporto di materiale siliceo-clastico marino prevale l’ipotesi di un apporto di materiale piroclastico portato dal vento che ha coperto la piattaforma carbonatica ed è stato successivamente soggetto a laterizzazione in situ e rimoventazione locale.

L’ipotesi è confermata dalla presenza nella bauxite di materiale piroclastico (cristalli di zircone) databile a un vulcanismo coevo alla formazione della bauxite (90 Ma ca.).

  • a SE l’area marsicana (Lecce de’ Marsi, Collelongo, Villavallelonga), in cui l’orizzonte bauxitico giace su un complesso di età cretacica inferiore (Albiano) costituito da calcari micritici nocciola con intercalazioni dolomitiche, deposti in ambiente neritico protetto caratterizzato da ampi bassifondi ad acque calde, poco mosse, con abbondante vegetazione algale e ricca microfauna a foraminiferi bentonici che assume talora caratteristiche semi-lagunari.

La bauxite presenta giacitura lenticolare, costituendo il riempimento di sacche di erosione nei calcari sottostanti, con spessore variabile fino a un massimo di circa 5 metri, di colore rosso-bruno con chiazze giallastre, in genere terrosa, talora a struttura pisolitica.

Ove il minerale è presente solo in tracce si ritrova un banco calcareo rossastro intercalato a straterelli dolomitici, oppure uno strato calcareo di circa 50 cm di potenza costituito da una fitta alternanza di sottili liste varicolori, tra il rosso ed il verde.

La fine della trasgressione cretacica è segnalata dalla presenza un «livello a elementi calcarei neri» presente a tetto delle bauxiti, cui seguono verso l'alto pochi metri di calcari bianchi micritici a Cisalveolina fraasi, come già segnalato per il gruppo precedente, cui si sovrappone un complesso di calcari ben stratificati che raggiungono spessori di oltre 300 m, caratterizzati nella parte alta da una estrema abbondanza di Rudiste che, insieme alla presenza di qualche raro livello coralligeno, fa ritenere che nel Cretacico superiore quest'area fosse occupata da estesi e rigogliosi banchi organogeni posti ormai quasi al limite col mare aperto.

La bauxite appare costituita da una massa fondamentale finemente oolitica, nella quale sono disseminate numerose pisoliti più o meno deformate. Le ooliti presentano per lo più struttura concentrica e il materiale che le costituisce è della stessa natura della matrice che le cementa. Il colore è rosso-bruno ferruginoso ma tende a volte al rosso chiaro e al roseo. La bauxite appare più o meno compatta, talora con aspetto terroso, che sfuma a tetto in sottili letti argillosi rossi o gialli.

Il tenore medio in allumina varia dal 55 al 60%, la limonite è abbondante con una media del 28%, mentre la silice si aggira intorno al 4-5% e l’ossido di titanio (rutilo) è presente in misura di circa il 2%.

Cenni storici

I primi riferimenti a mineralizzazioni di ossidi di ferro (limonite) in Abruzzo risalgono al 1778, ma è solo nel 1812 che ne venne scoperta una grande quantità nel territorio del comune di Lecce nei Marsi, in una zona a quota elevata (1400 m) che, proprio dal colore della terra limonitica , era denominata Collerosso.

Le prime notizie relative allo sfruttamento della limonite marsicana, risalgono invece al 1843, quando il minerale cominciò ad essere trasportato alla Ferriera Marsicana di S. Sebastiano.

Tuttavia l’associazione di questo minerale con la bauxite per la produzione di alluminio non avvenne se non agli inizi XX secolo, per una doppia causa: la prima di carattere generale, connessa alla complessità e al costo del processo di estrazione dell’alluminio, messo a punto a livello industriale solo alla fine del XIX secolo (vedi Tav. 1); la seconda di carattere particolare, dovuta a una serie di paradossali errori, il primo dei quali è da attribuire all’ingegnere minerario francese M. Meissonnier che, nel 1857, repertò erroneamente i campioni prelevati a Lecce de’ Marsi come raccolti in Calabria.

Poiché tali campioni risultarono ricchi di allumina, le successive pubblicazioni del servizio minerario francese riportarono la falsa notizia di importanti giacimenti bauxitici in Calabria che, però, negli anni successivi nessuno riuscì a rintracciare.

Il primo a rendersi conto dell’errore fu un ingegnere italiano, Francesco Salmoiraghi, il quale nel 1900 dapprima scrisse una memoria dall’eloquente titolo “Esiste la bauxite in Calabria?”, poi cercò di risalire alla fonte di quelle notizie che non riuscivano a trovare conferma sul campo.

Fu così che Meissonnier, interpellato sulla questione, riconobbe l’errore di attribuzione del campione e indicò nella Marsica la sua origine, dando in via a nuove ricerche che dettero rapidamente frutto quando, nel 1900, si ebbe il ritrovamento, nei monti di Lecce nei Marsi, di due campioni di bauxite ferruginosa da parte di una squadra del Regio Corpo delle Miniere che faceva capo all’ingegnere Ettore Mattirolo.

Nel suo rapporto, Mattirolo riferisce che la bauxite di Lecce dei Marsi aveva “fin da quell’anno richiamato l’attenzione di alcuni industriali”, tanto che il Comune di Lecce nei Marsi aveva approvato l’affitto di alcune miniere site nel proprio territorio.

Al 31 dicembre 1901 i contratti stipulati nell’area erano i seguenti:

  • tra il Comune di Lecce nei Marsi e la Societè Franco-Suisse pour l’industrie Electrique, con sede in Ginevra, la maggiore azionista del gruppo che avrebbe fondato la SIE (Società Italiana di Elettrochimica) e quindi la SIFA (Società Italiana per la Fabbricazione dell’Alluminio);

  • tra il Comune di Villavallelonga e la Societè Franco-Suisse pour l’industrie Electrique;

  • tra il Comune di Collelongo e l’ingegner Giuseppe Liberi, quale rappresentante di una società industriale da nominarsi.


Tali contratti, che avevano durata compresa fra i 20 e i 90 anni, prevedevano canoni annui di concessione stabiliti fra le 800 e le 2000 lire.

Essendo i giacimenti a quota superiore ai 1200 m s.l.m., i fondi erano considerati per legge di proprietà dei Comuni, in modo da garantire il territorio in relazione a possibili speculazioni da parte degli imprenditori.

Nonostante gli esiti soddisfacenti delle prove di estrazione dell’alluminio dal minerale di Lecce nei Marsi, lo sfruttamento industriale delle bauxiti aquilane ebbe inizio solo quando, il 30 giugno 1904, fu costituita a Roma la SIFA che, nello stesso anno, costruì il primo stabilimento per la fabbricazione dell’alluminio con il processo Bayer+Hall-Heroult (Tav. 1) nella valle del Pescara, a Bussi sul Tirino.

La produzione di bauxite e di alluminio all’inizio del XX secolo si mantenne modesta, intorno alle 7,000 t con circa 900 t di alluminio nel periodo pre-bellico, raggiungendo le 9,000 t (1,200 t di alluminio circa) solo durante il conflitto mondiale, quando con Decreto n. 35 del 25 novembre 1915 le miniere di bauxite di Lecce dei Marsi furono dichiarate ausiliarie del Ministero delle Armi e Munizioni.

In quegli stessi anni, nelle miniere di Lecce dei Marsi lavoravano circa 60 minatori, tutti adulti.

Terminata la guerra, la bauxite abruzzese risentì della concorrenza di quelle istriane ormai annesse al Regno d’Italia e, tra il 1923 e il 1924, l’impianto SIFA fu dismesso per essere trasferito dalla Montecatini, che ne aveva preso il controllo, a Porto Marghera.

Tale dismissione segnò sostanzialmente la fine della prima fase della produzione della bauxite marsicana, che fu oggetto di nuovo interesse solo nel secondo dopoguerra per opera della società triestina Imprese Industriali Minerarie Cerlenizza, che divenne concessionaria di due siti (Cardito Est e Mandrilli-R. Castello) nel comune di Lecce de’ Marsi.

La nuova fase, tuttavia, si esaurì rapidamente già nella prima metà degli anni ’70.

Nell’area sirentina (Lucoli, Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio, Ovindoli) il primo giacimento riconosciuto era ubicato a circa 2 km a ESE dell’abitato di Rocca di Mezzo, alla quota di 1350 m s.l.m. nella valle Cordora, profonda incisione nelle formazioni calcaree mioceniche dell’area, lungo l’asse di una faglia incisa ulteriormente da fenomeni erosivi.

Nel Repertorio delle Miniere del 1927 risulta data in affitto dal Comune di Rocca di Mezzo alla ditta del Sig. Bianchi Giuseppe per 29 anni a partire dal 1925, proprio negli anni in cui veniva dismesso l’impianto SIFA di Bussi.

Più importante è la zona di Campo Felice, nel comune di Lucoli, con formazioni di calcari del Cretaceo medio-superiore e grande diffusione delle manifestazioni di bauxite, di cui le principali in località Puzzilli, Casamaina e Serralunga.

Nella prima metà degli anni ’50 le concessioni nel settore di Lucoli furono affidate alla SAVA (Società Alluminio Veneta per Azioni), anche se la concessione di Serralunga fu dapprima assegnata alla Imprese Minerarie Cerlenizza di Trieste.

Essendo i giacimenti coltivati a cielo aperto e ubicati a quote non inferiori ai 1200 m s.l.m., l'attività estrattiva veniva interrotta nel periodo invernale.

Dalle miniere il minerale veniva trasportato a valle mediante teleferica e successivamente trasferito su autocarri al porto di Pescara per l’imbarco verso Porto Marghera, dove erano localizzati gli stabilimenti di trasformazione della SAVA.

Una quota, pur modesta, della produzione era invece destinata al Lazio, per la produzione di cementi fusi (o alluminosi).

L’estrazione cessò nella prima metà degli anni ’70 per la rinuncia della concessionaria a seguito dell’impoverimento tenorimetrico dell’allumina (da 58-60% a 51-53%) e della contemporanea crescita del contenuto di silice (da 2.5-5% a 7.8-16%) che rendevano il processo di estrazione dell’alluminio non più economico.

Estrazione dell’Alluminio dalla Bauxite

L’alluminio è di gran lunga il più giovane tra i metalli di uso industriale, essendo stato prodotto per la prima volta su larga scala industriale solo dalla fine del XIX secolo.

Pur essendo il terzo elemento per ordine di abbondanza sulla terra, l’alluminio primario si può ottenere quasi esclusivamente dalla bauxite con un procedimento complesso messo a punto nel 1886 dall’americano Charles Martin Hall e dal francese Paul Heroult che, pur operando indipendentemente uno dall’altro, scoprono contemporaneamente il primo processo di fusione elettrolitica per la produzione di alluminio metallico dall’allumina.

Il metodo di Hall – Heroult, che è ancora oggi il sistema utilizzato per la produzione di alluminio ed è stato migliorato dalle successive scoperte, quale quella dell’austriaco Karl Bayer che nel 1888 brevettò la tecnica per l'estrazione dell'ossido di alluminio dalla bauxite, si articola in due stadi:

  • 1° stadio: Processo Bayer per l’eliminazione delle impurità della bauxite (Fe2O3 e SiO2)

Attraverso le seguenti fasi:

  • frantumazione ed essiccazione della bauxite;

  • trattamento della farina di bauxite con NaOH a 175°C, per ottenere una soluzione di alluminato di sodio NaAl(OH)4, oltre a silicati di Na, ossidi di Fe e Ti insolubili che vengono eliminati come fanghi rossi;

  • raffreddamento della soluzione con precipitazione dell’idrossido di Al sotto forma di solido bianco e vaporoso;

  • raccolta e riscaldamento a 1050°C dell’idrossido di Al con formazione di Allumina pura (Al2O3).

  • 2° stadio: Processo Hall-Heroult per la produzione di Al puro

Mediante elettrolisi in un bagno a 950°C di criolite (Na3AlF6) e allumina con elettrodi al carbonio:

Reazione al catodo: Al3++3e- Al

Reazione all’anodo: 2O2-+C CO2+4e-

In totale: 2Al2O3+3C 4Al+3CO2

Per produrre 1 kg di Al occorrono 2 kg di allumina, che si ricavano in media da 4 kg di bauxite, e 20 kWh. La grande quantità di energia elettrica necessaria al processo richiede la presenza di una centrale elettrica al servizio e ne costituisce il limite.

Tav. 1

L'evoluzione temporale dell'attività mineraria

In fig. 2 è riportata l’evoluzione temporale dei siti di bauxite in termini di numero concessioni vigenti.

L'istogramma mostra la totale assenza di concessioni fino all’inizio del XX secolo, un numero basso (da 1 a max 4) fino agli anni ’60, cui segue un aumento, con un massimo di 6 concessioni, tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, che, tuttavia, rimane limitato sia nell’importanza economica che nel tempo, esaurendosi alla fine di quello stesso decennio.

Fig. 2 - Evoluzione temporale del numero di concessioni vigenti di bauxite in Abruzzo