Salgemma in Calabria

La distribuzione dei siti a livello territoriale

In fig.1 è mostrata la distribuzione territoriale, articolata a livello comunale, dei 3 siti di salgemma concessionati in Calabria nel periodo post-unitario.

Solo due di questi, tuttavia, rivestono una certa importanza anche se per motivi differenti:

  • la concessione S. Leonardo (1870÷1978), nel Comune di Lungro (CS) è sede di un importante museo storico che ricostruisce la storia delle miniere di salgemma del territorio, già coltivate in epoca romana come testimoniato da Plinio il Vecchio (23-79 d.c.) in "Naturalis Historia” ;

  • la concessione Timpa del Salto (1967-2012), nel Comune di Belvedere Spinello (KR), che testimonia il forte impatto ambientale di alcune tecniche di coltivazione del salgemma, come è descritto di seguito.

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti di coltivazione del salgemma in Calabria

Miniera di Timpa del Salto

Le saline di Belvedere Spinello furono sfruttate fin dal 1115 come finanziamento delle famose abbazie del comprensorio Altilia-Belvedere.

Il sale era allora una risorsa strategica e il controllo dell’autorità molto severo: chi gestiva tutte le cose era il maestro del sale, che dopo l’estrazione si impegnava in prima persona a farlo giungere al porto di Crotone dove vi era il fondaco del sale.

Le miniere sopravvissero fino all’epoca borbonica (1826), quando furono chiuse perché ritenute poco controllabili e non più necessarie per il fabbisogno del Regno.

La coltivazione riprese solo nel 1967 quando la concessione Timpa del Salto fu assegnata alla Montecatini Edison SpA per 30 anni con Decreto dell’Ingegnere capo del Distretto minerario di Napoli del 27 novembre 1967 (GU 45/1968), poi prorogata per ulteriori 15 anni e intestata con Decreto del Direttore del Settore Regionale Risorse Sottosuolo n. 16799 del 14 ottobre 2004 (BUR Cal 20/2004) alla Syndial SpA.


Inquadramento geologico e giacimentologico

Il giacimento di salgemma coltivato in comune di Belvedere di Spinello (Crotone) è parte della regione al bordo orientale della Sila nota nella letteratura geologica come Bacino Crotonese (BC).

Le rocce sedimentarie affioranti nel BC si sono tutte sedimentate durante il Neogene, mentre i banchi di salgemma sfruttati fanno parte della successione evaporitica messiniana (7÷5 Ma) diffusa in tutto il Bacino Mediterraneo.

La successione sedimentaria, trasgressiva sul Cristallino della Sila, inizia con le arenarie e i conglomerati della Formazione di San Nicola, sovrastati dalle Argille marnose del Ponda di età tortoniana, che passano gradualmente verso l’alto a laminiti organogene di colore chiaro, simili al tripoli noto in Sicilia.

La successione delle sovrastanti formazioni evaporitiche comprende tre distinte formazioni, denominate: “evaporitica inferiore”, “detritico salina” ed “evaporitica superiore”.

A separare i terreni che contengono strati di gesso dai sovrastanti terreni che non contengono depositi evaporitici si trova una formazione conglomeratica (Conglomerato delle Carvane) al cui tetto si osserva un passaggio graduale ma rapido a sedimenti più fini, prima arenaria poco cementata poi argilla sabbiosa e infine marna argillosa (Marna argillosa dei Cavalieri).

Al di sopra, in parziale eteropia di facies, la marna argillosa passa gradualmente a una formazione arenacea (Molassa di Zinga), con significato regressivo rispetto alla Marna argillosa dei Cavalieri.

Le tre formazioni del Pliocene antico (Carvane, Cavalieri e Zinga) non sono state attraversate dai pozzi nell’area della miniera, dove le formazioni Plioceniche più recenti poggiano direttamente sui depositi evaporitici.

In quest'area, così come in una ampia zona al bordo Nord Occidentale del BC, la successione attribuibile al Piacenziano (Pliocene superiore, 3 Ma ca.) inizia con la Formazione di Spartizzo di deposito lagunare, che passa verso l’alto e verso Est alla Formazione delle arenarie di Scandale e quindi alle Argille marnose di Cutro, le quali completano la successione sedimentaria.

Per quanto riguarda più propriamente i depositi evaporitici nella zona centrale della miniera, si possono distinguere, dal basso verso l’alto:

  • argilla marnosa di base con litologia omogenea, a profondità compresa tra 753 e 817 m (Formazione del Ponda);

  • anidrite di base, costituita da uno strato di anidrite potente 10 metri, che passa gradualmente verso l’alto a una alternanza di strati di anidrite, argilla e gessarenite;

  • terzo banco di sale, costituito, nella zona centrale della miniera, da un banco di salgemma potente 11 m ca., intercalato tra due strati di anidrite per uno spessore complessivo di 18 m;

  • quattro strati di anidrite separati da sottili straterelli argillosi, per uno spessore di 22 m;

  • secondo banco di sale, potente 15 m;

  • partimento principale, spesso più di 30 m e costituito da uno strato di gessarenite che passa gradualmente verso l’alto ad argilla, da due strati di anidrite separati da un partimento argilloso, da uno strato di salgemma e, infine, da un secondo banco di gessarenite che passa verso l’alto ad argilla;

  • primo banco di sale, il solo coltivato, posto tra 379 e 619 m di profondità per uno spessore complessivo di 240 m, diviso in quattro strati separati da partimenti sterili, di cui i due più recenti sono formati da salgemma a elevato tenore di NaCl, mentre quelli più antichi sono ricchi di noduli di argilla e di anidrite;

  • gessi di tetto, potente intervallo formato dall'alternanza di strati di argilla, gessarenite, gessorudite e anidrite (formazione evaporitica superiore).

Metodo di coltivazione e impatti connessi

  • Zona settentrionale

La miniera di salgemma di Timpa del Salto è stata messa in produzione nel 1969 mediante dissoluzione in situ del salgemma e recupero della salamoia satura, a partire dalla zona settentrionale della concessione (Bacino Nord), dove è stato adottato il metodo di produzione che utilizza una coppia di pozzi (fig. 2a): un pozzo per l’iniezione di acqua dolce e un secondo pozzo per l’eduzione della salamoia satura. Il collegamento tra i due pozzi veniva realizzato mediante idro-fratturazione lungo una superficie di stratificazione alla base del banco di salgemma. Questo metodo produce in sottosuolo cavità che, fino a quando la dissoluzione non raggiunge il tetto del banco salino, sono in parte riempite dai residui insolubili depositati per decantazione e per il resto da salamoia.

Quando la dissoluzione raggiunge il tetto del banco salino, dalle sovrastanti formazioni detritiche cominciano a staccarsi blocchi i quali spiazzano la salamoia e producono la migrazione della cavità verso l’alto.

Questo processo è destinato ad arrestarsi quando la cavità, per effetto dello smembramento dell’ammasso roccioso, viene riempita, ovvero quando la cavità raggiunge la superficie, formando in tal modo un camino di collasso o sink hole, in funzione delle caratteristiche meccaniche delle formazioni interessate, delle dimensioni della cavità e dello spessore delle formazioni al tetto della cavità.

La produzione, nella zona settentrionale della miniera, è proseguita fino al 1986 mediante la perforazione di numerose coppie di pozzi, creando in profondità varie cavità collegate tra loro.

Un primo camino di collasso si è formato nel 1983 a NW della concessione senza conseguenze collaterali, data la quantità molto ridotta di salamoia fuoriuscita.

Dopo l’evento principale del 25 aprile 1984, descritto successivamente, si sono formati altri tre camini di collasso nell’area Nord della concessione, sempre senza conseguenze ulteriori rispetto alla formazione di un laghetto inizialmente pieno di salamoia.


  • Zona meridionale

Nella zona meridionale della concessione (Bacino Sud) è stato, invece, adottato un metodo di coltivazione che prevede l’utilizzazione di pozzi singoli dotati di due tubazioni: l’intercapedine tra le due tubazioni per l’iniezione dell’acqua dolce e la tubazione interna per l’eduzione della salamoia (fig. 2b).

L’adozione di questo metodo si è resa necessaria in quanto la struttura diapirica del banco di salgemma non permetteva di realizzare collegamenti tra coppie di pozzi.

Inoltre, il metodo di produzione a pozzo singolo, non adottabile nella zona settentrionale per la accentuata stratificazione e il minore spessore del banco salino, è risultato perfettamente adeguato al maggiore spessore nella zona Sud e alla presenza dei fitti sistemi di fratturazione del salgemma, prodotti dalle sollecitazioni che hanno determinato l’ispessimento del banco stesso.

Con l’avanzare della coltivazione si determina la formazione di cavità approssimabili a cilindri irregolari con asse verticale, la cui forma può essere periodicamente ricostruita mediante misure in situ, permettendo di controllare la migrazione della cavità verso la superficie, di evitare la formazione di camini di collasso e, a produzione completata, rendendo disponibili le cavità per l’accumulo degli sterili.


Nella fig. 3 sono rappresentate le sezioni del giacimento in termini di resistività ottenuta mediante campagne geoelettriche effettuate prima della coltivazione (fig. 3a) e dopo l’evento del 25 aprile (fig. 3b e c).

Si osserva come la coltivazione del giacimento abbia provocato il formarsi di ampie zone a resistività bassa (r < 2 ohmm) definite come "masse impregnate" costituite da terreni sede di circolazione di salamoia, da terreni liquefatti e rideposti alla base delle cavità di dissoluzione e dalla stessa salamoia che ha resistività molto bassa (r = 0.08 ohmm).


Fig. 2 - Schema di coltivazione a due pozzi (a) e a pozzo singolo (b)





Fig. 3 - Sezioni di resistività: prima della coltivazione (a) e dopo l’evento del 25 aprile (b, c) (fonte: Mining italiana 1985)

L'evento del 25 aprile 1984


Il 25 aprile 1984, alle 5 di mattina, dopo una fermata dell’attività mineraria di alcuni giorni, si verificarono i seguenti fenomeni lungo la faglia di Timpa del Salto (figg. 4 e 5):

  1. Formazione di un camino di collasso con dimensioni in superficie di 50 m per 120 m ca.

  2. Franamento della collina di quota 201 m, con movimento diretto verso NE, cioè verso la bocca del camino di collasso.

  3. Fuoriuscita dal camino di collasso di un volume di 104÷105 m3 di salamoia, che, mista ad argilla, scese con violenza lungo il Fosso Barretta, ostruì il canale principale di derivazione del sistema di irrigazione e alluvionò circa 120 ettari nella valle del Fiume Neto, inquinando irrimediabilmente oliveti e agrumeti fino al margine della superstrada Cosenza-Crotone. La zona della pianura funzionò da vasca di espansione, con gli argini costituiti dai rilevati stradali.

  4. Formazione di un laghetto in corrispondenza al camino di collasso, da cui, nei mesi successivi l’evento, fuoriuscì acqua con una portata che si stabilizzò a 6 m3/ora ca., con contenuto in soluzione di salgemma in diminuzione dai 182 gr/l del 25 aprile ai 60 gr/l di inizio di agosto.


L'ora mattutina e la giornata festiva concorsero a evitare danni alle persone.

Fig. 4 - L’evento del 25 Aprile 1984 a Belvedere Spinello

Fig. 5 - I maggiori dissesti causati dall’attività mineraria a Belvedere Spinello (Gisotti, 1992)

La ripresa dell’attività e la situazione alla cessazione della concessione

Dopo circa tre anni dall’evento, nonostante l’opposizione del Comune, il Distretto minerario di Napoli dette l’approvazione alla ripresa dell’attività con alcune sostanziali modifiche:

  • il passaggio dalla coltivazione a pozzi multipli a quella a pozzi singoli;

  • l’abbandono della coltivazione nella zona settentrionale;

  • la realizzazione di una rete di controllo e allertamento della subsidenza.


L’attività di estrazione è proseguita fino al 2009 con vari cambi di concessionari, tra cui Montecatini, Enichem e per ultima Syndial.

A concessione cessata (il 26/11/2012), si sono registrate altre fuoriuscite di salamoia, l’ultima il 3 luglio 2013, per la prima volta fuori dai confini della miniera.

La salamoia emersa dal terreno, infatti, ha interessato la strada provinciale 30, che è stata chiusa al traffico fino al luglio 2015, e aree private fuori dalle competenze della miniera.

In particolare, nella zona Pantano-Ponticelli, su alcuni terreni nei quali è avvenuta la mietitura, si notavano macchie di fango e sale essiccato dai 15 ai 20 metri di larghezza e la presenza di salamoia nella cunetta della provinciale 30 (https://www.ilcrotonese.it/incubo-miniera-la-salamoia-risale-ed-invade-i-terreni-belvedere/).

Dal 2018 l’ex sito minerario è di proprietà della Regione che ha affidato a ENI Rewind la gestione del piano di messa in sicurezza e monitoraggio