Combustibili fossili e bitumi nel Lazio

La distribuzione dei siti a livello territoriale

In fig.1 è mostrata la distribuzione territoriale, articolata a livello comunale, dei 19 siti di estrazione di combustibili fossili e bitumi, concentrati principalmente nelle province di Frosinone (11 siti) per i bitumi e Rieti (6) per la lignite.

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale di siti di coltivazione di combustibili fossili e bitumi

Geologia e giacimentologia

Al di fuori delle vulcaniti che caratterizzano le province di Roma e Viterbo, si trovano principalmente mineralizzazioni ad asfalto e bitume, nelle province di Frosinone e Latina, e i bacini lignitiferi in provincia di Rieti.

  • Le mineralizzazioni ad asfalto e bitume, presenti principalmente in provincia di Frosinone, interessano diverse tipologie di rocce sedimentarie (calcari, dolomie, arenarie) appartenenti a differenti orizzonti e sono sempre collegate a faglie che mettono in comunicazione tra loro tali orizzonti.

Il bitume riempie le fratture cementando l’eventuale breccia di frizione e imbibendo per uno spessore variabile le rocce al contorno.

Circa la provenienza degli idrocarburi, la constatazione che tutti gli orizzonti geologici della regione (salvo il Quaternario) possono essere mineralizzati attraverso fratture suggerisce l’idea di una giacitura profonda degli idrocarburi sottostante al Norico (Trias superiore, ca. 200 Ma), da cui gli stessi idrocarburi migrano in seguito ad eventi tettonici, per essere immagazzinati dalle rocce soprastanti in funzione delle proprietà litologiche delle rocce serbatoio e del loro rapporto con le formazioni adiacenti.

  • I bacini lignitiferi della provincia di Rieti sono, invece, associati a bacini lacustri e costituiscono sostanzialmente un’appendice periferica dei bacini lignitiferi umbri.

Il più importante, il bacino di Leonessa, è localizzato a circa 20 km a NNE di Rieti, in una depressione tettonica generata da una faglia diretta posta al margine meridionale del bacino, orientata ONO-ESE e con rigetto stimato in un migliaio di metri. La depressione è delimitata a nord da una faglia orientata NE-SW, responsabile del brusco cambiamento delle caratteristiche dell’alveo del Fosso Tascino-Fiume Corno, ampio a sud e fortemente inciso a nord della faglia.

Le sponde del bacino sono costituite, nella parte orientale, dalle formazioni del Lias (195÷175 Ma) e del Cretaceo inferiore e medio (145÷100 Ma) e, nella parte nordoccidentale, da termini del Cretaceo superiore e dell'Eocene (100÷35 Ma) in facies di scaglia rossa.

La forma del bacino è articolata in due bracci (fig. 2): il primo, a Ovest, si estende a N verso Monteleone di Spoleto, con sviluppo in parte interrotto dal rilievo M. Alto-M. Massa, mentre il secondo si articola a sua volta in due rami, il più grande dei quali termina in prossimità della collina di Chiavano e l’altro nella valle di Terzone, presso la collina di Trimezzo.

I sedimenti lacustri del bacino, attribuibili in base all’analisi pollinica al Pleistocene inferiore e medio (1.5÷0.3 Ma), sono costituiti dai seguenti quattro complessi sedimentari principali, ordinati dal basso in alto:

  1. argilloso-sabbioso-ghiaioso, costituito da argille intercalate a livelli di sabbie e ghiaie, attribuibile a fasi pleistoceniche a clima temperato-caldo (livelli argillosi) e freddo steppico (livelli sabbiosi);

  2. argilloso-marnoso-lignitifero, affiorante a NO e costituito da alternanze di argille, talora torbose, argille sabbiose e sabbie argillose, con un quadro vegetazionale fossile in cui si riscontrano caratteri microtermici connessi con manifestazioni glacialogiche pleistoceniche.

È in questo complesso che si incontrano i livelli lignitiferi;

  1. conglomeratico-sabbioso-argilloso, costituito prevalentemente da conglomerati che rappresentano il nucleo di un grande conoide formato da materiali grossolani di trasporto fluviale. Anche in questo complesso sono presenti fasi pleistoceniche a clima caldo e a clima freddo steppico;

  2. alluvionale, costituito da terre rosse e brune, miste a materiali tufacei argillosi e a ghiaie calcaree incoerenti predominanti nella parte superiore.

Le analisi effettuate in loco hanno permesso ricostruire l’evoluzione geomorfologica plio-quaternaria del bacino di Leonessa.

Nell’area in esame sono presenti apparati sommitali considerati superfici relitte di un antico paesaggio, precedente alla formazione del bacino e ai relativi depositi databili al Pleistocene inferiore (1.5÷0.8 Ma), dominato da un’energia del rilievo relativamente bassa, con un sistema di drenaggio caratterizzato da ampie valli poco incise.

L’analisi di facies e lo studio paleontologico hanno consentito di determinare l’esistenza di un passaggio da condizioni climatiche fresche umide a freddo aride, durante il quale si è verificato il prosciugamento dello specchio d’acqua e la formazione di un estesa piana fluviale a canali intrecciati.

All’inizio del Pleistocene medio (0.8 Ma) una ripresa dell’attività tettonica con incremento del tasso di sollevamento regionale hanno prodotto dapprima l’erosione dei depositi dei complessi 1 e 2 e successivamente la formazione di estesi conoidi alluvionali (complesso 3).

La notevole estensione del conoide, che ha raggiunto il versante di M. Tolentino, ha prodotto lo sbarramento del Fosso della Molitta e consentito la formazione di un nuovo bacino lacustre.

L’attribuzione dell’evoluzione del bacino a un periodo compreso tra il Pleistocene inferiore e medio, ne colloca lo sviluppo a un’età successiva a quella dei bacini occidentali e precedente a quella dei bacini orientali, supportando l’ipotesi di una migrazione progressiva verso est dell’apertura delle depressioni intermontane.

Dal punto di vista produttivo, la cubatura del banco di lignite è stata stimata da GEMINA in 12 milioni di tonnellate, con una copertura di sterile di circa 270 milioni di m3.

Di conseguenza, dati i modesti quantitativi di lignite, l'elevato rapporto sterile/minerale, le difficoltà per lo scavo di grossi banchi di conglomerati di copertura, è stata sempre esclusa la convenienza di uno sfruttamento del giacimento a scopo termoelettrico.

L’unica miniera attiva di questo bacino è stata quella di Ruscio, nel comune di Monteleone di Spoleto, che però è ubicata in Regione Umbria.

Fig. 2 - I limiti del bacino di Leonessa (Gemina,1962)

Evoluzione temporale dell'attività estrattiva

In fig. 3 è mostrata l'evoluzione del numero di concessioni vigenti di combustibili fossili e bitumi nel Lazio.

L'andamento è sostanzialmente costante, intorno alle 7 concessioni, con un massimo di 10 concessioni nel 1920.

L'attività si riduce fino a scomparire a partire dalla seconda metà degli anni '60 del XX secolo, con la chiusura dei siti frusinati di asfalto e scisti bituminosi.

In tutti i casi si è trattato di giacimenti di scarso interesse economico, che non hanno dato luogo a importanti coltivazioni, se non in periodo bellico (vedi massimo del 1920) su concessione del Commissariato Generale dei Combustibili Nazionali (CGCN).

Fig. 3 - Evoluzione temporale del numero di concessioni attive di combustibili fossili e bitumi nel Lazio