Miniera di Pietrafitta Val Nestore

Giacimentologia

Il bacino lacustre di Pietrafitta, ramo secondario occidentale dell’antico lago tiberino (fig. 1), si estende in direzione E-W per vari km, con la massima ampiezza longitudinale tra Pietrafitta e Tavernelle, immediatamente a W della confluenza del fiume Nestore con i suoi affluenti, Cestola e Rigalto.

Circondato da formazioni riferibili al Miocene medio-inferiore e al Paleogene, il bacino presenta un riempimento di sabbie, ghiaie e argille, sovrastate da una copertura di alluvioni recenti del fiume Nestore e dei suoi affluenti.

Le serie di riempimento del bacino, che raggiunge spessori anche di 200-250 m, comprende, dal basso all’alto (fig. 2):

  • un complesso argilloso-sabbioso-ghiaioso di base;

  • una serie argillosa contenente la lignite;

  • una copertura sabbiosa-ghiaiosa, che risulta erosa al centro della valle dove il banco lignitifero è quasi affiorante a WSW, immergendosi verso ENE ma rimanendo sempre a profondità inferiori a 20-25 m.


La lignite che venne estratta durante lo sfruttamento del bacino era di carattere torboso, solo in alcune zone e procedendo in profondità con l’escavazione la qualità della lignite migliorava sia in compattezza che potere calorifero.

Mediamente, l’umidità variava tra 45 e 60%, le ceneri tra 10 e 15% e il potere calorifero tra 1,200 e 1,500 kCal/kg.

Si trattava, quindi, di una lignite di bassa qualità comunque idonea alla alimentazione di una Centrale Termoelettrica.

La miniera si estendeva per circa quattro chilometri in lunghezza e per due chilometri in larghezza e ha prodotto in totale circa 20 milioni di tonnellate di lignite, che hanno evitato di importare 3 milioni di tonnellate di olio combustibile denso.



Fig. 1 - Localizzazione di Pietrafitta in un ramo secondario occidentale del bacino tiberino

Fig. 2 - Sezione attraverso il Bacino di Tavernelle-Pietrafitta: 1 – Alluvioni recenti; 2 – Depositi lacustri del Bacino di Pietrafitta; 3 – Depositi lacustri del Bacino di Tavernelle; 4 – Basamento pre-pleistocenico; 5 – Faglia

Paleogeografia del bacino di Tavernelle/Pietrafitta


Con l'emersione del territorio, determinata dalla tettonica plicativa durante il Miocene e parte del Pliocene, si instaura, nella zona, una rete idrografica fortemente controllata dalla struttura geologica.

Il paleo-Nestore scorre da NE verso SW e costruisce un ampio apparato deltizio nell'area attualmente occupata da Città della Pieve (fig. 3a).

A seguito di una fase tettonica distensiva nel Pliocene superiore (ca. 2 Ma), il sollevamento dell’area deltizia e il progressivo abbassamento del medio corso provoca l’inversione del corso del fiume.

Durante questa fase l’area valliva, gradonata da una successione di faglie parallele orientate in direzione NNW-SSE, forma il grande “bacino lacustre di Tavernelle” (fig. 3b).

Da questo momento, grazie anche al cambiamento micro-climatico generato dal lago, si intensificherà la frequentazione nelle aree limitrofe di faune ad elefanti (Arkidioskodon meridionalis), castori (Castor fiber), rinoceronti (Ricerhorinus etruscus), tartarughe (Emys orbicularis), insieme allo sviluppo di una rigogliosa copertura vegetale che diventerà la materia prima per la formazione dei banchi di lignite, all’interno dei quali sono stati custoditi preziosi resti fossili.

Con il perdurare della fase distensiva e l’ulteriore abbassamento verso SE ebbe inizio il parziale svuotamento del bacino di Tavernelle, cui seguì, a causa del successivo formarsi di un’area depressa prossima a Pietrafitta, la formazione di un altro bacino lacustre, più ridotto, all’interno del quale si sono accumulati i depositi lignitiferi di Pietrafitta (1.0 ÷ 1.5 Ma, fig. 3c).

Infine, anche questo bacino sarà vuotato dal neo fiume Nestore, funzionante come emissario verso E, attraverso la soglia di sfioro, a 200 m, presso Castiglion della Valle (fig. 3d).

Fig. 3 - Evoluzione paleogeografica del bacino di Tavernelle/Pietrafitta (Ambrosetti et alii, 1989)

Cenni storici

Le prime notizie sul giacimento delle miniere di lignite di Pietrafitta risalgono già al XVII secolo, ma solo nel 1862 la Società Promotrice per la Ricerca e la Coltivazione delle Miniere dell’Umbria, fondata l’anno prima a Perugia con lo scopo di utilizzare le risorse minerarie umbro-sabine, la segnala tra le possibili località di sfruttamento.

Peraltro, la mancanza di capitali e di iniziative non permisero l’inizio dello sfruttamento del giacimento.

Nel 1915, entrata l’Italia nella 1a guerra mondiale, riprese l’estrazione della lignite, ma solo nel 1917, con decreto del CGCN datato 14 giugno, il giacimento venne concesso per 15 anni in Gestione Statale, cui venne affiancata, con Decreto 15 dicembre 1917, la Banca Conti di Firenze.

Fu in questo periodo che s’incominciò a utilizzare la manodopera femminile per le operazioni di vaglio del minerale e come portatrici (fig. 4).

Terminata la guerra, la miniera, che aveva raggiunto l’apice produttivo e di occupazione con 300 unità circa, cominciò a declinare sia per la mancanza di domanda, soprattutto nel settore dell’acciaio, che per l’importazione di carbone di migliore qualità dall’estero.

Per risollevarne le sorti della miniera fu, quindi, proposta la costruzione di una centrale termoelettrica da alimentare con la stessa lignite estratta.

Con RD n. 1274 del 9 settembre 1920 (GU 246/1920) “È ammesso alla sovvenzione annua governativa prevista dell'art. 1 del decreto-legge Luogotenenziale, 28 marzo 1919, n. 454 [1] l'impianto proposto dalla Banca Conti e C. di Firenze a Pietrafitta con utilizzazione della lignite del giacimento del Nestore (provincia di Perugia) per la produzione, di energia elettrica, mediante un macchinario della potenza installata di 12,000 kW, con produzione normale di 8,800 kW” (art. 1).

“Alla Banca Conti e C. è concesso di estendere la coltivazione dei giacimenti torbiferi del bacino di Val Nestore in provincia di Perugia alla zona ed entro i limiti segnati nel piano alla scala a 1: 25,000 dalla Società stessa presentato, compresi gli impianti delle gestioni di Stato che saranno dalla Ditta riscattati corrispondendo un prezzo uguale al valore di stima del materiale in opera calcolato al momento della immissione in possesso. La durata della concessione è di anni venti, a partire dalla data della messa in esercizio dell'impianto...” (art.3).

Per il finanziamento dell’impianto fu costituita una società ad hoc, la Società Imprese Elettriche e Minerarie (SIEM), mentre il trasporto dell’energia venne affidato alla SELT-Valdarno.

L’acqua per il funzionamento della centrale veniva prelevata, tramite pompe, dal Lago Trasimeno, distante 10 km ca., e trasportata attraverso il valico di Montebuono.

L’impianto entrò in funzione nel 1925 e, di conseguenza, la scadenza della concessione fu fissata al 1945.

Si prevedeva di estrarre 168,000 tonnellate annue, producendo 2,850 tonnellate di solfato di ammonio ([NH4]2SO4), 3,000 tonnellate di catrame e 24 milioni di kWh (ca. 30% di utilizzo).

Tuttavia, la scarsa qualità del combustile, la modalità primitiva dell’estrazione, sostanzialmente manuale, la bassa resa dell’impianto, a cui si aggiunse la crisi economica tra il 1927 e il 1933, provocarono il fallimento della Banca Conti.

Negli anni ’30 la miniera aveva quasi del tutto interrotto l’attività che riprese soltanto nel periodo autarchico.

Con DM del 14 ottobre 1938 la concessione fu affidata per anni 30 alla Società Mineraria del Trasimeno, che nel 1942 fu acquisita da Angelo Moratti, che ne risollevò abilmente le sorti.

Nel 1943 gli addetti alla miniera erano 1,800 e la produzione raggiunse un livello secondo in Umbria alla sola miniera di Morgnano.

Dal gennaio dello stesso anno la zona di Pietrafitta-Tavernelle fu sede di un campo di concentramento destinato ai civili jugoslavi.

Dopo quell’anno, con l’eccezione del biennio 1945-46, in cui a favore della lignite nazionale pesò il divieto di importazione di carbone dall’estero, riprese la crisi che portò alla chiusura di molte miniere.

Pietrafitta fece eccezione, sia perché era una miniera coltivata a cielo aperto, il che garantiva con un’adeguata meccanizzazione (fig. 5) minori costi di estrazione, sia perché la lignite poteva essere usata per alimentare una centrale termoelettrica da ricostruire in vicinanza del giacimento, con conseguente abbattimento anche dei costi di trasporto.

Nel 1955 l’incarico di realizzare la nuova centrale fu affidato alla tedesca Siemens e la distribuzione dell’energia prodotta all’ACEA.

In seguito alla nazionalizzazione elettrica del 1963 la concessione (DM del 4 settembre 1964 in GU 296/1964) e la centrale passarono all’ENEL.

Alla scadenza, con DM del 14 ottobre 1969 (GU 8/1970), la concessione fu prorogata per altri 30 anni a partire dal 14 ottobre 1968, poi ulteriormente prorogata per 5 anni con DM del 3 agosto 1999 (GU 258/1999), a partire dal 15 ottobre 1998.

La vita della miniera si è, quindi, conclusa alla scadenza del 15 ottobre 2003.

In fig. 6 come appare l’area della miniera di Pietrafitta al 25 aprile 2018, sede di un bacino idrico al servizio della Centrale termoelettrica.

Nel riquadro che segue ("Cento anni di storia") è raccontata la storia della miniera in forma di poesia, con una particolare dedica a Luigi Boldrini, Assistente Capoturno di miniera, che fu protagonista dei ritrovamenti di fossili e a cui è dedicato il Museo Paleontologico di Pietrafitta.


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[1] L’art. 1 del Decreto Luogotenenziale 454/1919 stabiliva che “Nei tre anni dalla data del presente decreto potranno concedersi... sovvenzioni per la costruzione o trasformazione ed esercizio di impianti con impiego di combustibili fossili nazionali per la produzione e distribuzione di energia meccanica od elettrica in servizio diretto o ad integrazione di centrali idro-elettriche, o per altre forme di utilizzazione. La sovvenzione governativa annua può essere accordata per un periodo non superiore a venti anni fino ad un massimo di L. 150 a kW installato per gli impianti di produzione o distribuzione di energia meccanica od elettrica, e di L. 4 per ogni milione di calorie di potenzialità termica annua installata per gli altri impianti, da ripartirsi in entrambi i casi con l'atto di concessione in una quota fissa per l'impianto ed in una quota per l'esercizio. La sovvenzionabilità degli impianti e la misura della sovvenzione (che in nessun caso dovrà superare il disavanza determinato in base al piano finanziario) viene stabilita con decreto Reale su proposta del ministro dei lavori pubblici, di concerto con il ministro del tesoro, sentito il Consiglio superiore delle acque...” (GU 82/1919).

Nello specifico, la sovvenzione (art. 2 del RD 1274/1920) fu accordata per 20 anni nella misura massima di 66 lire a kW, articolata in una parte fissa (46 lire) e in una parte variabile, pari a 0.01 lire per kWh per un massimo di 24,000,000 di kWh (max 20 lire, essendo la potenza installata pari a 12000 kW).


Fig. 4 - Portatrici di lignite nei primi anni del XX secolo

Fig. 5 -Escavatrici a ruota (a) e a catena (b) del tipo di quelle usate a Pietrafitta

Fig. 6 - Miniera di Pietrafitta Val Nestore: sistemazione dell’area della miniera al 25 aprile 2018 (fonte: GoogleEarth)