Combustibili fossili in Liguria

La distribuzione dei siti a livello territoriale

In fig.1 è mostrata la distribuzione territoriale, articolata a livello comunale, dei 9 siti di combustibili fossili nella Regione Liguria, articolati nelle province di La Spezia (lignite picea) e Savona (Antracite e lignite picea).

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti di combustibili fossili in Liguria

Geologia e giacimentologia

Come mostrato in fig. 1, le miniere di combustibili fossili, a forte prevalenza di lignite picea, sono concentrate in due zone:

  • in Lunigiana, in provincia di La Spezia ai confini con la Toscana, dove dalla metà del XIX secolo agli anni ’50 del XX secolo nell’area Sarzanello-Caniparola sono state coltivate miniere di lignite incassate nel “subsintema di Sarzanello Caniparola (ASZ1)”, il primo di quelli appartenenti al “sintema di Sarzana (ASZ)”, in cui, come risulta dalle vecchie descrizioni minerarie, è presente una successione, caratterizzata, a partire alla base:

    • da circa 6 metri di argille ricche di sostanza organica contenenti due banchi di lignite, quello principale coltivato, con spessore da 0.80 a 1.30 metri, l’altro secondario spesso solo 0.30 metri;

    • sopra i depositi lignitiferi si trovano circa 2 metri di argille grigiastre e scure, anch’esse ricche di sostanza organica, con lenti di calcari marnosi e marne con abbondanza di molluschi di acqua dolce e alghe verdi;

    • la successione si chiude con un’alternanza di argille e sabbie spessa circa 30 metri, con alla base un terzo banco lignitifero, anch’esso spesso solo 0.30 metri.

La presenza floristica e faunistica all’interno della successione permette, pur con qualche incertezza, una datazione riferibile alla transizione Messiniano-Zancleano (5.5÷5.0 Ma). Per quanto riguarda l’ambiente deposizionale, le evidenze litologiche e paleontologiche indicano un contesto a clima subtropicale-temperato caldo, variabile da ambiente palustre, con sviluppo di torbiere, ad area lacustre con sedimentazione terrigeno-carbonatica a coprire le argille lignitifere; successivamente, l’area lacustre ha subito un’ulteriore transizione ad area palustre con la formazione del secondo banco lignitifero sottile, di seguito coperto da potenti apporti sabbiosi di probabile natura fluvio-deltizia.

  • in provincia di Savona, con particolare riguardo alla lignite dell’area di Cadibona, mentre l’antracite di Osiglia e Calice, di scarsa qualità e basso potere calorifero, presente in lenti di limitata estensione non ha mai dato luogo a coltivazioni economicamente significative.

Sedimentata in ambiente lacustre lungo la costa del mare oligocenico, di origine autoctona dovuta al determinarsi, a più riprese, di condizioni adatte alla formazione di torbiere, localizzata all’interno di formazioni di età compresa tra Oligocene superiore e Miocene inferiore (25÷20 Ma), costituite da grosse bancate di conglomerati poligenici più o meno cementati, con ciottoli ben arrotondati di taglia assai variabile, localmente con presenza di livelli arenacei e marnosi fittamente stratificati con locali intercalazioni di lenti e banchi di lignite di potenza massima di 1 m, con forte presenza di resti vegetali e animali (vedi riquadro), la lignite di Cadibona fu scoperta nel 1786 e attirò fin dal principio l’attenzione di Gilbert Chabrol de Volvic, prefetto del distretto napoleonico di Montenotte dal 1806, che vedeva nell'estrazione del carbone la chiave di volta per i progetti di sviluppo industriale.

La miniera, concessionata con decreto il 18 novembre 1827, raggiunse il massimo di produzione nel 1857 con 27,000 tonnellate estratte da 300 minatori, mentre altri operai si occupavano del trasporto della lignite al porto di Savona dove veniva imbarcato e spedito verso vare destinazioni, prevalentemente nazionali.

Nel 1887 la miniera, considerata esaurita, venne abbandonata, ma durante la 1a guerra mondiale il Commissariato Generale per i Combustibili Nazionali rilasciò una nuova concessione per anni 20 con decreto del 29 marzo 1917, concessione che venne revocata solo 10 anni dopo, con decreto ministeriale del 28 luglio 1927.

Da quel momento non risultano pronunciamenti ufficiali circa tale concessione, fatto salvo che, secondo il censimento minerario realizzato dai tedeschi durante l’occupazione, la miniera risulta in attività nel 1944, gestita dall’Azienda Mineraria Ligure.

Finita la 2a guerra mondiale, la miniera tornò in crisi per le numerose difficoltà incontrate sul mercato internazionale della lignite che ne rendevano antieconomico lo sfruttamento.

Pertanto nel 1952, dopo due anni di gestione operaia in forma di cooperativa senza grandi risultati, la miniera venne definitivamente abbandonata.

La scoperta di resti fossili di Anthracotherium nella miniera di Cadibona

«Esiste nei pressi di Cadibona, villaggio a qualche miglio sopra Savona, ai piedi della grande cresta dell’Appennino, un banco di carbone di terra dello spessore di quattro o cinque piedi…esso non presenta alcuna impronta importante di vegetale, cosa tanto rimarchevole quanto rara in questo genere di strati; contiene ossa di animali (terrestri) sconosciuti».

Così il grande naturalista francese Georges Cuvier, membro e segretario perpetuo dell’Accademia delle Scienze a Parigi, fondatore dell’Anatomia Comparata e della Paleontologia come scienza, descriveva la scoperta dei resti fossili di un grande mammifero vissuto tra l’Eocene medio e il Miocene superiore (45÷15 Ma) cui dette il nome di Anthracotherium sp., che significa proprio “Grande mammifero del carbone”, del quale di seguito è mostrata una ricostruzione.

Si tratta di uno dei primi mammiferi che apparvero sulla terra ed appartiene al vasto ordine degli artiodattili, sottordine dei suiformi, che poteva raggiungere l’altezza di 1.20÷1.50 metri al garrese e il peso di 250 chili.

Tra i resti fossili di Cadibona, quelli rinvenuti nel 1872 nell’alveo del rio Magnone, compreso nell’area della concessione mineraria, avevano attirato l’attenzione particolare del paleontologo Senofonte Squinabol, che nel 1887 aveva partecipato al Congresso della Società Geologica Italiana tenuto a Savona.

Nel 1890 lo studioso scriveva in Cenni preliminari su un cranio ed altre ossa di Anthracotherium Magnum Cuvier di Cadibona: «Oltre ai tanti frammenti più o meno interessanti di Anthracotherium Magnum Cuvier, provenienti dalle ligniti di Cadibona…esiste scavato già da qualche anno, ma non noto che a pochi, e non descritto, un magnifico cranio completo di questo animale, colla mandibola inferiore, una scapola, una parte di bacino, alcune vertebre, il tutto incastrato in un grosso pezzo di molassa» e l’anno seguente, dopo lo studio dei vari reperti, concluse che nel bacino di Cadibona erano presenti almeno cinque tra le nove specie conosciute di questo animale.

Evoluzione temporale dell'attività estrattiva

L'istogramma di fig. 2, che riporta il numero di concessioni attive dal 1870 al 2019, mostra un andamento irregolare con un numero di concessioni vigenti sempre basso (massimo 5 siti a fine degli anni '20 ai tempi del Commissariato Generale per i Combustibili Nazionali, CGCN), che si esaurisce già negli anni '60 del XX secolo.

Fig. 2 - Evoluzione temporale del numero di concessioni vigenti di combustibili fossili in Liguria