Combustibili fossili in Calabria

La distribuzione dei siti a livello territoriale

In fig.1 è mostrata la distribuzione territoriale a livello comunale, dei 5 siti di combustibili fossili in Calabria, articolati in tre bacini:

  • il bacino pleistocenico del Mercure (0.30÷0.11 Ma) a Nord, con ligniti di origine fluvio-lacustre estese per circa 60 km2 anche alla confinante provincia di Potenza, scoperto già nel 1913 e coltivato su scala artigianale nel periodo bellico, poi abbandonato sia per la scarsa qualità della lignite che per l’isolamento dei luoghi. Solo negli anni ’60 fu significativamente coltivato per alimentare la Centrale ENEL omonima;

  • le ligniti tortoniane di Briatico (11÷7 Ma) al centro, sedimentate in ambiente litorale-lagunare o palustre nelle argille sabbiose grigio-verdastre tortoniane in due bacini indipendenti, Conidoni e Zungri, estesi 10.5 e 22 km2 rispettivamente. Oggetto di sfruttamento e coltivazione già dai tempi borbonici, senza particolari risultati a causa delle difficoltà connesse alla presenza di una falda acquifera a tetto dell’orizzonte mineralizzato e alla franosità della roccia incassante.

  • le ligniti oligoceniche di Agnana-Antonimina (33÷23 Ma) a Sud, presenti all’interno di alternanze di arenarie a grana grossa e strati argilloso-sabbiosi a tetto di formazioni conglomeratiche che costituiscono la base della serie paleogenica, a loro volta sovrastanti in trasgressione talora il substrato cristallino, talaltra i calcari mesozoici. La sedimentazione è avvenuta in ambiente lagunare in evoluzione verso un ambiente marino via via più profondo.

I lavori di coltivazione, eseguiti nel passato principalmente nel bacino di Agnana, più promettente ma di estensione ridotta (2÷3 km2), hanno riguardato solo la parte settentrionale del giacimento, lasciando intatta e sostanzialmente inesplorata la parte meridionale.


Si tratta in ogni caso di siti di scarsa importanza economica, concessionati in tempo di guerra dal Commissariato Generale per i Combustibili Nazionali, che hanno terminato l’attività nella decade successiva alla 1a guerra mondiale, anche se per tre siti (uno per bacino) era prevista una vita più lunga, giustificata sia dalla storia precedente che dalle potenzialità mostrate.

Il sito di Agnana Calabra è noto anche per i ritrovamenti fossili di Antracoterio all’interno della lignite estratta, come di seguito illustrato.

La miniera di Agnana Calabra e i resti fossili di Anthracotherium

Intorno al 1855, durante l’attività estrattiva nella miniera di lignite di Agnana Calabra vennero trovati i resti fossili, attualmente custoditi preso il Museo di Paleontologia dell’Università di Napoli Federico II, di un Antracoterio, un grosso mammifero che visse da 30 a 20 milioni di anni fa, spesso trovato in depositi di lignite in Europa e Asia, circostanza cui deve anche il nome (da anthrax = carbone e therios = mammifero).

L’Antracoterio (fig. 2), appartenente alla specie Anthracotherium sp., aveva abitudini di vita semiacquatiche e somigliava molto agli attuali ippopotami, con cui è lontanamente imparentato, anche se era più piccolo, essendo lungo mediamente due metri.

Possedeva una dentatura robusta, adatta a scavare nel fango e a strappare le piante acquatiche di cui si nutriva; i suoi arti erano corti e tozzi, con dita piccole e zoccoli, adatti a non sprofondare nel fango delle zone paludose in cui viveva.

Il ritrovamento di Agnana indica che a quel tempo la zona era occupata da una foresta con ampie zone paludose, nei millenni successivi invasa dal mare che depositò sabbie, ghiaia e frammenti di conchiglie.

I rilevamenti geologici e i fossili di Agnana forniscono dati importanti per ricostruire la geografia dell’Italia di 30 milioni di anni fa, tenuto conto che l’Antracoterio ha origine eurasiatica ed è stato ritrovato anche in giacimenti di lignite del Nord-Italia (vedi Cadibona) e del centro Europa.

Se si ammette che una parte della Calabria facente parte della catena alpina fosse situata di fronte al massiccio sardo-corso, a sua volta ruotato in senso orario e accostato alle coste pirenaico-provenzali dell'Europa (Boccaletti, Guazzone & Manetti, 1974), si può ipotizzare un ingresso dalla Sardegna, oppure direttamente dalle Alpi lungo una serie di terre emerse parallele alla costa sardo-corsa (Azzaroli& Guazzone, 1979; Esu & Kotsakis, 1983).

Fig. 1 - Distribuzione a livello comunale dei siti di combustibili fossili in Calabria

Fig. 2 - Ricostruzione di Anthracotherium sp.