La miniera di Pasquasia

Geologia e giacimentologia


Nella miniera di Pasquasia si coltivava una lente di sali potassici posta nel nucleo di una sinclinale sepolta con asse NE-SO.

Il giacimento (fig. 1) lungo 5 km, largo 2 km e con spessori fino a 500 m nella parte centrale poggia sui sottostanti termini della Formazione di Cattolica o direttamente sui depositi del Tripoli ed è costituito da diversi sali (salgemma, kainite, silvite e carnallite) organizzati in una serie di orizzonti a differente composizione, in successione stratigrafica, dal basso all’alto, così articolata:

  • salgemma, per uno spessore medio di 100-150 m;

  • kainite, intervallata con sottili livelli di salgemma, con spessori fino a 100 m;

  • un’alternanza di circa 50 m di carnallite e silvite con rare intercalazioni di kainite;

  • un ulteriore livello sommitale di salgemma spesso fino a 100 m.

La coltivazione, interamente meccanizzata, avveniva col metodo delle camere e pilastri, mediante due serie di gallerie ortogonali con altezza e larghezza di circa 10 m, che, all’incrocio tra i setti che separavano le gallerie, lasciavano sul posto pilastri di sostegno dei vuoti creati. Il collegamento tra i livelli avveniva mediante rampe a chiocciola.

Fig. 1 - Sezione stratigrafica in vicinanza della miniera di Pasquasia (elaborato da Foglio 1:50,000 CARG 631 Caltanissetta)

Cenni storici


Situata nell’omonima contrada a circa 15 km a SO di Enna, subito a N della SS122 e a E del fiume Morello (fig. 2), fu già aperta dalla S.P.E.M. per diritto di proprietà nel 1919 come miniera di zolfo, per essere chiusa nel 1931 senza venire concessionata.

La presenza di sali potassici individuati durante la coltivazione dello zolfo e la successiva scoperta in zona di un giacimento di sali potassici (kainite, carnallite e silvite) valutato in milioni di tonnellate, spinsero la Sali Potassici Trinacria (S.P.T.) a chiederne la concessione, che le fu assegnata per anni 30 con Decreto Assessoriale del 26 gennaio 1959.

La S.P.T., che dal 1962 annoverò tra i soci la Edison, gestì la miniera fino al 1968, quando l’EMS costituì l’Industria Sali Potassici E Affini (I.S.P.E.A.) che subentrò nella gestione della miniera.

Gli anni della gestione ISPEA (1968-1981), pur segnalando un aumento della produzione della miniera (fig. 3), che raggiungerà un massimo relativo nel 1977 (869,000 tonnellate) per poi scendere fino alle 581,000 tonnellate del 1981, sono caratterizzati e condizionati dal cattivo andamento complessivo dell’EMS, che nel 1975 sarà coinvolta nello scandalo dei fondi neri che travolse il suo presidente Graziano Verzotto.

Il 29 Novembre del 1981, l'ISPEA cedette la concessione mineraria all'ITALKALI per la cifra simbolica di 1000 Lire.

Il passaggio dal pubblico al privato dette i suoi frutti, sia dal punto di vista di operai e impiegati, che non dovettero più subire ritardi e dilazioni nel pagamento degli stipendi, che della produzione, che riprese a salire con regolarità fino al massimo di 1,356,000 tonnellate del 1988, grazie a profondi cambiamenti della tecnologia di coltivazione impiegata e della gestione logistica.

La kainite prodotta a Pasquasia, tra le più pure in commercio, trovò nuovi mercati, essendo esportata in Algeria, Brasile, Cina, Egitto, Giappone, Grecia, Marocco, Tunisia e Turchia.

Ma non è tutto oro quello che luccica: qualcuno accusò ITALKALI di “prendere la polpa e buttare il resto”, di sfruttare al massimo i tracciamenti ISPEA, senza progettarne di nuovi e definire una strategia di sfruttamento proiettata nel futuro.

Il 26 aprile 1986 è il giorno del disastro nella centrale nucleare di Chernobyl, un evento che, a torto o a regione, peserà pesantemente sulla storia della miniera, soprattutto dopo la sua chiusura.

Poche settimane prima, a marzo, l’ENEA (Energia Nucleare ed Energie Alternative) era arrivato a Pasquasia per studiare il comportamento di un particolare tipo di argilla, presente in una galleria che collegava l'esterno con il sottosuolo, all’interno di un programma europeo di studio per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi.

Chernobyl, ENEA, argille, studio per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi: l’associazione è immediata, Pasquasia è stata scelta come magazzino di stoccaggio dei rifiuti radioattivi italiani!

Cominciano i cortei e le manifestazioni antinucleari: sindaci, associazioni ambientaliste e cittadini non vogliono una discarica nucleare in casa.

L’ENEA è costretta ad anticipare la chiusura del proprio laboratorio e a fare i bagagli. In zona si esulta per aver evitato il peggio, ma la storia non finirà lì.

Intanto la produzione continuò a salire, superando il milione di tonnellate nel triennio 1987÷1989, per crollare di quasi il 60% nel 1990, anno in cui cominciarono le prime sospensioni del lavoro e il ricorso alla cassa integrazione.

Il 1991 fu ancora un anno di calo della produzione, che tornò a salire nel 1992 fino a sfiorare il milione di tonnellate.

Ma il 27 luglio 1992, i minatori e gli impiegati invece della paga ricevettero l’annuncio della chiusura della miniera, la cui concessione verrà dichiarata decaduta con Decreto Assessoriale del 18 gennaio 1995.

A quasi 30 anni dai fatti, le ragioni della chiusura non sono ancora state chiarite.

Si è parlato di questione ambientale, secondo cui gli impianti di trattamento del sale non erano a norma e scaricavano acqua salata e solventi nel fiume Salso, che già nel nome dichiara la propria “salinità”.

Tuttavia, il 1° febbraio 1991 fu approvata una legge regionale per mettere a norma l'impianto e il 25 luglio 1992, due giorni prima del fermo della produzione, venne emesso il bando regionale per la realizzazione dei lavori necessari alla regolarizzazione della miniera: discarica controllata, impianti trattamento scarichi, salinodotto, avviamento e gestione impianti.

Inoltre, il 9 Febbraio 1993, sette mesi dopo il fermo produttivo, la Comunità Europea stanziò i fondi per la realizzazione degli impianti di smaltimento dei reflui.

Ma la sensazione di un forte impatto ambientale di tali impianti permane tuttora nell’opinione pubblica, tanto che il Consiglio Comunale di Realmonte ha recentemente bocciato il progetto di ripresa di coltivazione dei sali potassici nell’omonima miniera e il relativo impianto di trattamento, decisione confermata nel giugno 2019 da una sentenza del TAR Sicilia.

Secondo il Distretto Minerario di Caltanissetta, invece, il giacimento era destinato a esaurirsi in un tempo breve, valutato in sette anni. Il che, però, non giustifica una chiusura anticipata e senza preavviso, avvenuta, peraltro, in un anno di forte ripresa produttiva.

Altre spiegazioni legate a pressioni internazionali volti alla chiusura della miniera per difendere interessi concorrenti sanno troppo di “complottismo” e “dietrologia” per essere presi sul serio.

Rimane la questione del rapporto tra Pasquasia e scorie radioattive che merita un ulteriore approfondimento.

Fig. 2 - La miniera di Pasquasia vista dal satellite

Fig. 3 - Produzione della miniera di Pasquasia dal 1973 a fine attività (http://www.pasquasia.it/)

Pasquasia e le scorie radioattive


Si è già detto della presenza di ENEA a Pasquasia nei giorni di Chernobyl e del relativo campanello d’allarme scattato nell’opinione pubblica.

Qualche anno dopo, il 30 Giugno del 1992, Leonardo Messina, uomo di mafia di San Cataldo, collabora con Paolo Borsellino e racconta di scorie nucleari a Pasquasia, a partire dal 1984.

Dopo la strage di via D'Amelio del 19 Luglio 1992, le sue dichiarazioni verranno messe in discussione e non sarà più chiaro come ricostruire quello che abbia realmente detto o meno. Resta un enigma irrisolto.

Intanto, dal 1992 al 1999, la miniera rimase senza guardiania, potenzialmente aperta a qualsiasi incursione notturna, dato che l’EMS si preoccupò di saldare le porte di accesso al sottosuolo di Pasquasia solo nell'aprile del 1996.

Inoltre, in un casolare abbandonato vicino la miniera di Bosco Palo, in provincia di Caltanissetta, vennero ritrovate delle bolle di accompagnamento, con data 1994, usate per smaltire rifiuti.

Su tutto ciò hanno indagato, in varie fasi, la Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta (rifiuti radioattivi), la Guardia di Finanza (smaltimento illecito di rifiuti) e la Procura di Enna (ancora sui rifiuti radioattivi), senza risultati chiari.

Successivamente, il 17 novembre 2008, il Consiglio Provinciale di Enna, con la partecipazione di quello di Caltanissetta, ha deliberato di istituire una Commissione Speciale per lo studio delle problematiche riguardanti la Miniera di Pasquasia (EN).

Sulla base dei lavori svolti la Commissione dichiara che:

a) alla luce di quanto avvenuto a partire dagli anni ’80 con il primo studio effettuato dall’ENEA e poi fermato dall’intervento del Sindaco della città di Enna nel 1986, il sito minerario di Pasquasia, così come altri siti della area dell’altipiano gessoso solfifero siciliano sono stati oggetto di più o meno approfondite indagini tecniche per la eventuale realizzazione di un impianto di stoccaggio definitivo delle scorie nucleari ad alta attività provenienti dalle lavorazioni energetiche nucleari;

b) gli stessi studi, effettuati in Pasquasia solo mediante la realizzazione di una galleria sperimentale da parte dell’ENEA e con la giustapposizione di simulatori di alta temperatura e lettori delle reazioni geologiche e chimico fisiche della roccia serbatoio, non hanno previsto alcun inserimento di materiali fissili di bassa, media o alta attività;

c) il Ministero dell’Industria, prima del 1995 aveva accordato alla società Italkali, gestore delle strutture e socio privato dell’Ente Minerario Siciliano, contributi per complessive Lire 30,368,000,000 a fronte di investimenti pari al doppio della somma, per la realizzazione di un vasto piano di implementazione delle attività di coltivazione e lavorazione degli alcali;

d) nel Luglio 1992, l’Italkali a seguito di una sentenza del Tribunale di Enna relativa ad un procedimento giudiziario a carico della stessa società per l’inquinamento delle acque del Fiume Morello e del fiume Salso o Imera Meridionale, chiude repentinamente le attività estrattive e di lavorazione;

e) nel 1995 la stessa Italkali consegna al Distretto Minerario di Caltanissetta gli stabilimenti di superficie e le gallerie, fino a tal data in condizioni generali di buona conservazione e funzionalità, ad esclusione di alcuni compartimenti profondi, che, non più disgaggiati, risultavano pericolosi ad ogni eventuale utilizzazione, oltre che di danni e malfunzionamenti che il rappresentante della Regione verbalizza come “da approfondire”;

f) nel novembre del 1996, il Ministero dell’Industria revoca i Decreti di finanziamento concessi precedentemente, a causa della inattività della miniera;

g) l’area centrale degli stabilimenti, posta nella omonima contrada Pasquasia, dalla data della consegna al Distretto minerario risulta essere controllata a vista da personale apposito e gestita prima dall’EMS e in seguito allo scioglimento dello stesso, dalla RESAIS, mentre due dei pozzi, esterni all’area, appaiono incontrollati e avvicinabili anche se con una qualche difficoltà dall’esterno;

h) nel 2002 la RESAIS con nota n. 4.958 del 24/05/2002 conferisce all’ARPA l’incarico di redigere il Piano di caratterizzazione relativo al sito minerario di Pasquasia – ENNA. L’Agenzia si è avvalsa della collaborazione dell’ARPA Toscana. Il piano viene redatto in conformità al D.M. n.471/99 recante “…criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’articolo 17 del D.L. 05/01/97 n. 22 e successive modificazioni”;

i) con nota del 27 settembre 1996, a poche settimane dalla revoca dei finanziamenti ministeriali, l’Italkali, scrive all’Assessore all’Industria pt. On. Castiglione, che ogni allarme relativo ad esaurimento del minerale coltivabile è da considerarsi del tutto infondato, in quanto da dati e studi geologici approfonditi non solo dai tecnici della stessa Italkali, ma anche da personale tecnico dell’Eni, il giacimento appare di notevole consistenza ed interesse di mercato e che la scelta della chiusura definitiva delle attività estrattive, come già avvenuto a Corvillo, va imputata a motivazioni diverse;

j) nell’Aprile del 1996 l’Ente Minerario ha provveduto alla saldatura delle porte di accesso al sotterraneo;

k) la Commissione ha poi interpellato ufficialmente la Prof. Avv. Rosalba Alessi, Commissario Liquidatore dei beni cartolarizzati della Regione Siciliana, in merito alla più volte ventilata cartolarizzazione della miniera e degli impianti di superficie, e, lo stesso Commissario, con nota del 30/01/2009 chiarisce che la Miniera è e rimane bene pubblico del Demanio della Regione Siciliana e che nonostante la liquidazione dell’Ente Minerario Siciliano, non vi è alcun procedimento di vendita;

l) la comunicazione ricevuta dalla Procura della Repubblica di Palermo, presso la quale viene archiviata un’indagine relativa alla chiusura della Miniera di Pasquasia ed all’eventuale presenza di scorie radioattive e/o tossiche e nocive. Da tale nota si evince che al momento della chiusura la miniera era stata attenzionata da soggetti esterni al mercato siciliano per l’acquisto della concessione e delle pertinenze, ma che la transazione si ferma per motivi da approfondire;

m) il Commissario Delegato per l’emergenza bonifiche e tutela delle acque in Sicilia, il quale comunica che si è dato incarico alla Società Sviluppo Italia “Aree produttive” fra l’altro di predisporre la progettazione degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza della miniera di Pasquasia, chiedendo alla stessa SIAP di notiziare con urgenza dello stato della progettazione.


Pertanto su espresso la Commissione ad oggi:

  • ritiene assolutamente improrogabile la definitiva messa in sicurezza dei luoghi secondo quanto già indicato dal Piano di Caratterizzazione redatto dall’ARPA e dal Commissario Delegato per l’emergenza bonifiche e tutela delle acque in Sicilia, il quale ha dato incarico alla Società Sviluppo Italia “Aree produttive” fra l’altro di predisporre la progettazione degli interventi di messa insicurezza d’emergenza della miniera di Pasquasia;

  • chiede che si effettui uno studio di ingegneria mineraria atto a chiarire le modalità ed il costo della eventuale messa a regime della miniera e degli impianti, considerando anche la vicinanza ad altri giacimenti similari coltivati in parte o addirittura vergini;

  • chiede che la Regione Siciliana, proprietaria del sito, attui una ricerca di mercato per valutare i costi ed i benefici di una riapertura del sito anche nell’ottica di verticalizzazioni ancora non sperimentate a fondo, quali quella del Magnesio che, anche in ragione della possibilità di coprire i costi energetici mediante impianti di produzione di energia alternativa, potrebbe ad oggi risultare vantaggiosa;

  • comunque, anche nella eventualità che la coltivazione appaia ad oggi antieconomica, nell’ottica della salvaguardia delle risorse ambientali e della durevolezza delle scelte economiche, chiede altresì, che il sito venga bonificato e reso neutro ad ogni impatto verso gli ambienti circostanti e che, anzi, se ne preveda un suo eventuale uso quale monumento di archeologia industriale e del geoturismo, questo anche in considerazione della presenza del giacimento all’interno dei geositi costituenti il patrimonio del Global Geopark Rocca di Cerere, riconosciuto dall’UNESCO.


La miniera di Pasquasia nella relazione della Commissione parlamentare 2014-2016 sui rifiuti


Il 19 luglio 2016 la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, istituita con legge n. 1 del 7 gennaio 2014, ha rilasciato una specifica Relazione territoriale sulla Regione Siciliana [1] che dedica un paragrafo (§2.5.3.2, pagg. 207-211), di seguito riportato integralmente.

La miniera di Pasquasia, sita nel territorio del comune di Enna, in funzione dal 1959 al 1992, è stata gestita da diverse società, ultima delle quali Italkali Società italiana Sali Alcalini SpA. con sede in Palermo. Il sito estrattivo ha funzionato a fasi alterne sino al mese di agosto 1992, periodo in cui l'attività produttiva è stata sospesa a seguito dell'occupazione da parte delle maestranze per non più riprendere [2].

All'interno del sito minerario, nel corso del 1986 venne inoltre avviata, in collaborazione con l'Italkali SpA, un'attività di sperimentazione svolta dall'Enea.

In merito alle passate vicende, innescate dalle propalazioni di un collaboratore di giustizia, su un presunto utilizzo risalente della ex miniera di Pasquasia, quale possibile sito di stoccaggio di rifiuti radioattivi, il sostituto procuratore di Enna, Augusto Francesco Rio, audito l’11 marzo 2015 dalla Commissione ha dichiarato che «non sono state acquisite, nel corso delle attività di indagine, notizie o spunti di interesse investigativo. Le stesse vicende sono state, negli anni passati, oggetto di attività di indagine della direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Caltanissetta, rimaste prive di obiettivi riscontri (…) Si è detto sempre che dentro Pasquasia vi fossero delle scorie nucleari all’interno della galleria dell’Enea scavata a metà degli anni ‘80, ma ciò non è stato mai verificato anche perché questa galleria è chiusa con un tappo in cemento e si inoltra nella viscere della terra.»

In merito a tali vicende, la prefettura di Enna, nel documento trasmesso alla Commissione (doc n.226/2) ha rilevato: «Le uniche emissioni riscontrate derivano, infatti, dall'isotopo 40 del potassio, la cui radioattività è di origine naturale e deriva dalla normale composizione isotopica del medesimo presente in natura e dall'isotopo 137 del Cesio, in concentrazione superiore alla minima attività rilevabile, solamente nei due campioni prelevati in suoli compatti, esposti alle precipitazioni atmosferiche, non soggette a manipolazioni dal periodo in cui l'attività mineraria venne sospesa. Verosimilmente, come riferito dall'Arpa, la presenza di quest'ultimo isotopo sarebbe riconducibile a deposizione di ricadute atmosferiche di particolato originato da eventi di fall-out remoti nello spazio e nel tempo, es. Chernobyl. Per completezza giova precisare che nella miniera risulterebbero presenti sorgenti radioattive dichiarate, costituite da cesio 137, utilizzate nel monitoraggio dei flussi di minerale, nonché nell'impianto di pesatura automatica e comunque utilizzate nel ciclo produttivo dell'attività estrattiva. Tali sorgenti sono state parzialmente rimosse e smaltite secondo la normativa vigente. Sono, infatti, ancora presenti nel sottosuolo della miniera altre due sorgenti di Cesio 137, non ancora rimosse a causa dell'inaccessibilità del sottosuolo.»

Dopo la dismissione dall’Italkali, il sito di Pasquasia è stato oggetto di un annoso contenzioso fra l’Italkali stessa, proprietaria dell’impianto, e l’ente minerario siciliano, che poi è stato assorbito dall’assessorato all’industria. Sulla pendenza di questo contenzioso, e dunque il palleggio di responsabilità tra Italkali ed ente minerario siciliano, riferisce il sostituto procuratore: «ha determinato un abbandono sul suolo a partire da metà degli anni ‘90 di ingentissime quantità di amianto. La custodia del sito venne affidata alla Resize (RESAIS, NdR), altra società della nostra Regione, però con risultati veramente insignificanti, atteso che più volte ci si introduceva all’interno del recinto di Pasquasia e operava dei sabotaggi, come quando furono manomessi contenitori di olio dielettrico, per cui è stato necessario effettuare la bonifica.»

Invero, con riferimento ai procedimenti attualmente in corso sul sito, la procura di Enna ha riferito, nel documento trasmesso alla commissione (doc n.173/1) di aver iscritto il procedimento penale n. 387/2011 RGNR, riguardante attività illecite connesse alla gestione della ex miniera di sali potassici Pasquasia, sita nel territorio di Enna, da diversi anni in grave stato di abbandono e di degrado. Si è proceduto, in particolare, nei confronti di Lombardo Raffaele, quale presidente pro tempore della Regione siciliana e commissario delegato in materia di bonifiche e di risanamento ambientale dei suoli, di Russo Pietro Carmelo e di Marino Giosuè, assessori regionali pro tempore dell'energia e dei servizi di pubblica utilità, nonché di La Rosa Pasquale, consegnatario del sito minerario dismesso, persone sottoposte ad indagini in ordine ai reati di cui agli articoli 256, commi 1, lettere a) e b), 2 e 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006, 424 e 61, comma 9, del codice penale.

Secondo le prospettazioni degli inquirenti, tali reati sarebbero stati commessi «dal 15 gennaio 2010 e successivamente, per avere, nell'ambito delle rispettive funzioni, concorso a determinare il deposito incontrollato di ingenti quantitativi di materiali contenenti amianto, stimato in oltre 910,000 tonnellate, da cui sono composte le strutture di grandi capannoni industriali in disfacimento della predetta ex miniera, oltre a 15,000 tonnellate di terreno contaminato, nonché di altri rifiuti pericolosi ed a cagionare il conseguente disastro ambientale del sito, con pericolo di inquinamento atmosferico per il pericolo di dispersione di fibre di amianto e di contaminazione dei suoli e di inquinamento delle acque di superficie e delle falde.» (doc 173/1 cit.).

Con decreto emesso in via di urgenza il 14 marzo 2011, nella fase delle indagini preliminari, è stato disposto il sequestro preventivo dell'intero ex sito minerario, con tutte le sue pertinenze. Il provvedimento è stato convalidato dal Gip presso il tribunale di Enna, con decreto del 30 marzo 2011. Dopo il sequestro delle aree della ex miniera, sono state assunte dal soggetto attuatore nominato dall'ufficio del commissario delegato per l'emergenza bonifiche presso la Regione siciliana varie e concrete iniziative volte alla bonifica del sito e in particolare alla eliminazione dei pericoli di inquinamento atmosferico e dei suoli e di danni ambientali in genere, nonché i pericoli connessi alla tutela della salute pubblica e dei pochi lavoratori presenti nel sito.

Nella relazione (Doc. 173/1) inviata dalla procura della Repubblica di Enna si afferma che «In particolare, sono state poste in essere varie attività di controllo e di monitoraggio delle strutture e dei depositi di materiali in amianto e della radioattività su matrici ambientali, mediante operazioni di rilevamento e analisi di campioni prelevati dall’ARPA. Con relazione del 19 ottobre 2012, la predetta agenzia è pervenuta alle conclusioni che non esiste, nella superficie della miniera dismessa e nelle sue pertinenze, contaminazione da radioisotopi gamma emittenti non naturali, che il cemento amianto presente nelle strutture, o abbandonato nel terreno, allo stato, non disperdeva in aria fibre di amianto in quantità superiore al limite consentito e che il percolato prodotto dai rifiuti stoccati non emetteva sostanze contaminanti oltre i limiti di legge. (…) Dopo il sequestro del sito, sono state avviate, dall'amministrazione regionale, le operazioni di bonifica del suolo, recentemente contaminato dal versamento, ad opera di ignoti, di un notevole quantitativo di olio dielettrico contenuto in alcuni grandi generatori in disuso, nonché le complesse operazioni di bonifica e messa in sicurezza dell'intero sito abbandonato, a conclusione di un iter amministrativo e burocratico, abbastanza lungo ed accidentato, avviato diversi anni prima.»

Le indagini preliminari si sono quindi concluse con avviso ex articolo 415-bis del codice di procedura penale alle persone indagate e le loro posizioni sono al vaglio della procura. In seguito, con ordinanza commissariale n. 351 del 29 giugno 2012, è stato approvato il bando di gara per la realizzazione dei lavori relativi agli interventi richiesti, per l'importo complessivo di euro 17,066,293, oltre oneri di sicurezza e IVA, aggiudicati in via definitiva, alla costituita ATI 1Emme SpA, Water & Soil Remedation Srl, Levata Curtatone, Zenit Consorzio Stabile, che hanno dato concreto inizio ai lavori di bonifica, mediante messa in sicurezza, trasporto e conferimento dei rifiuti in cemento amianto presso un sito autorizzato.

Per tali operazioni, particolarmente impegnative, era prevista la durata di due anni.

La procura ha riferito dunque che «venute meno le esigenze cautelari poste a base delle misura del sequestro preventivo ed al fine di consentire le operazioni di bonifica, con provvedimento del 29 Luglio 2013, in accoglimento dell'istanza presentata dall'assessorato regionale dell'energia, ha disposto la revoca del sequestro preventivo del sito minerario dismesso con tutte le sue pertinenze e ne ha ordinato la restituzione in favore dell'istante, Marco Lupo, quale direttore generale dell'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità dipartimento dell'acqua e dei rifiuti.»

Tuttavia, «durante la fase delle indagini di questa procura, la direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Caltanissetta, ha avviato un autonomo filone di indagini, per reati di sua competenza, venuti alla luce nel corso delle operazioni di bonifica del sito affidate alla predetta società 1Emme ed ha disposto, in data 26 marzo 2014, un nuovo sequestro delle aree del sito minerario di Pasquasia, ravvisando, a carico di pubblici amministratori e di privati, i reati di traffico illecito di rifiuti, anche tossici e nocivi, associazione per delinquere finalizzata alla frode in pubbliche forniture e vari reati contro la pubblica amministrazione e la fede pubblica. Il procedimento risulta pendente nella fase delle indagini preliminari.»

In merito a tale ultimo filone di indagini, il sostituto procuratore ha riferito in sede di audizione che «la vicenda Pasquasia non è ancora terminata, perché, dopo che si è assistito a un lungo palleggio fra i vari enti tra cui Sviluppo Italia circa la progettazione esecutiva della messa in sicurezza di emergenza, adesso si erano stanziati circa 40 milioni di euro per questo adempimento ma, a seguito di indagini della DDA di Caltanissetta, è stato accertato anche all’interno dell’operazione di messa in sicurezza un vero e proprio traffico di rifiuti che ha portato al sequestro della miniera di Pasquasia e quindi alla fine delle operazioni di bonifica. (…) È stato accertato che nell’ambito di questa operazione di MISE vi era un altro traffico di rifiuti (sembra veramente paradossale) da parte di chi doveva bonificare e quindi si è proceduto al sequestro.»

E' doveroso dare conto del documento 4384, costituito dalla nota trasmessa da Pier Carmelo Russo alla Commissione a seguito dell'audizione dell'11 marzo 2015 dei magistrati della Procura di Enna, con particolare riferimento al passaggio dell'audizione in cui il magistrato ha affermato che tutti gli indagati si starebbero difendendo «dichiarando che non avevano fondi e quindi non potevano intervenire in maniera proficua su quel sito.»


Si riporta di seguito parte della nota summenzionata:

a) INCOMPETENZA ASSOLUTA

La bonifica dei siti inquinati da amianto in Sicilia è stato oggetto, sin dal 1999 (OPCM 31 maggio 1999, n. 2983), di Ordinanze di Protezione civile, adottate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

In presenza di un'Ordinanza siffatta – all'epoca dei fatti contestati era in vigore l'OPCM n. 3852/2010 – al soggetto ordinariamente titolare della responsabilità dell'intervento subentra il Commissario delegato, nominato con la stessa Ordinanza nonché, per le attività di esecuzione, il soggetto attuatore, nominato dal Commissario o direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Tali conclusioni sono suffragate, tra l'altro, dalle dichiarazioni rese alla Commissione presieduta dalla S.S., dal Procuratore generale della Corte dei Conti, dott. Aloisio, nel corso dell'audizione del 13 marzo 2015, relativamente alla discarica di Bellolampo, per la quale esisteva analoga Ordinanza; e, altresì, dalla Giurisprudenza costituzionale, civile, penale, contabile, nonché dall'Avvocatura generale dello Stato, con pronunce tutte puntualmente segnalate dallo scrivente nelle proprie difese.

Tutti tali elementi costituiscono l'asse portante delle difese dello scrivente, le quali dunque divergono del tutto dai contenuti delle dichiarazioni nel verbale attribuite al dott. Rio.

b) ILLEGITTIMITÀ DELLE ORDINANZE SINDACALI E PROVINCIALI DI BONIFICA

Secondo quanto si legge nel verbale, il dott. Rio avrebbe affermato che «l'imputazione a carico del presidente, degli assessori, del consegnatario è una responsabilità di tipo omissivo per avere omesso di bonificare e di intervenire di fronte a delle ordinanze di urgenza notificate dai sindaci e dal presidente della provincia.»

Tuttavia tali ordinanze sono state ritenute illegittime dal TAR Sicilia il quale, annullandole con sentenze nn. 1913/2012 e 1527/2013, ha espressamente affermato l'insussistenza della responsabilità dell'Assessorato regionale dell'Energia e, per converso, quella esclusiva del Commissario delegato e del soggetto attuatore nominati in forza della citata OPCM n. 3852/2010.

Tali sentenze hanno acquisito efficacia di cosa giudicata poiché non impugnate dagli organi che le avevano emesse.

Posto che dell'esistenza di tali sentenze il dott. Rio è stato puntualmente edotto, si ritiene che l'affermazione allo stesso attribuita possa essere stata non integralmente riportata in sede di verbalizzazione, atteso che, in caso contrario, la Commissione potrebbe fondare le proprie conclusioni su provvedimenti non solo non più esistenti, ma annullati in quanto illegittimi e, verosimilmente, illeciti.

Peraltro, si deve segnalare il fatto che, malgrado tali sentenze abbiano individuato il soggetto attuatore come responsabile esclusivo delle eventuali omissioni in relazione alle quali agisce la Procura di Enna egli, per quanto a conoscenza dello scrivente, non solo non è stato inquisito, ma addirittura, in fase di sequestro della miniera di Pasquasia, è stato nominato dalla stessa Procura custode giudiziario del sito.

A ciò si aggiunga, a mero scopo descrittivo e senza interferenza alcuna con i fatti oggetto della presente segnalazione che, per quanto lo scrivente non possa, sulla base delle informazioni disponibili, affermarne l'identità, i dati anagrafici e professionali del soggetto attuatore chiamato all'epoca dalla Procura della Repubblica di Enna [3] a ricoprire il ruolo di custode giudiziario sono del tutto coincidenti con quelli di un parente diretto (figlio della sorella) di Scianna Giacinto, quest'ultimo già condannato in via definitiva per associazione mafiosa con sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 18 giugno 1999 - irrevocabile il 30 maggio 2000 – il quale, secondo le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori e riportate nella sentenza della Corte d'Appello di Caltanissetta del 18 marzo 2002, irrevocabile il 12 marzo 2004, avrebbe favorito la latitanza di Giuseppe ”Pidddu” Madonia, noto capomafia di Caltanissetta ed Enna, nella cui provincia ricade, per l'appunto, lo stesso sito di Pasquasia.

Peraltro, il medesimo soggetto attuatore è in atto rinviato a giudizio, per avere concorso al rilascio dell'AIA alla società ILVA, ben nota, si ritiene, a Codesta Commissione.

c) INSUSSISTENZA DELLA CONDOTTA OMISSIVA

Malgrado l'attribuzione delle funzioni fosse di pertinenza della diade Commissario delegato/soggetto attuatore, lo scrivente ha svolto un'intensa attività di impulso, giungendo a proporre, nella qualità di Assessore, disegni di legge per pervenire ad una più sollecita provvista finanziaria intimando, in data 6 agosto 2010, il soggetto attuatore a usare dei propri poteri straordinari e delle risorse delle quali egli aveva disponibilità per la bonifica dei siti inquinati dall'amianto in tutta la Sicilia.

La prova dell'attività svolta nei soli nove mesi dell'incarico di Assessore all'Energia, come si è detto conferito il 29 dicembre 2009 e cessato il 4 ottobre 2010, si rinviene nel fatto che il 20 ottobre 2010 è stata bandita, dopo alcuni decenni di inerzia, la gara per la messa in sicurezza del sito di Pasquasia. Dunque, in soli sei mesi, risalendo la prima segnalazione degli Uffici al 29 marzo 2010, si è intervenuti per sollecitare l'avvio operativo delle attività volte alla bonifica, pienamente conseguendo tale obiettivo.


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[1] Relatori: On. Alessandro Bratti, On. Stella Bianchi, On. Renata Polverini

[2] In realtà, la decisione della chiusura è tutta da attribuirsi alla proprietà e le proteste e le occupazioni successive da parte dei minatori furono fatte proprio in opposizione a tale decisione e per la riapertura del sito.

[3] Decreto di sequestro preventivo della Procura della Repubblica di Enna del 14 marzo 2011, adottato in epoca anteriore all'affidamento delle indagini al dott. Rio e, dunque, allo stesso estraneo.