Minerali ferriferi (Valli Camonica, Trompia, di Scalve)

Cenni storici

Sorvolando sulle numerose tracce di coltivazione di metalli risalenti dall'età preistorica all'epoca romana, durante la quale lo sfruttamento delle miniere delle Valli Camonica e Trompia avveniva utilizzando gli schiavi deportati "ad metalla", fino all'Alto Medioevo, si può sintetizzare l'evoluzione storica delle miniere di ferro lombarde attraverso la successione dei seguenti eventi particolarmente significativi:

  • le prime testimonianze scritte in Valle Camonica risalgono al 905-906, ma è solo dal XV secolo che diventano abbondanti, in coincidenza con l’inizio della dominazione veneta su parte del territorio lombardo;

  • il 1° luglio 1428 la Serenissima emana il cosiddetto “Privilegio Foscari”, con il quale la Valle poteva commerciare il ferro anche con stati esteri, e nel 1488 la normativa denominata “Capitoli et Ordini minerali” che regolarizzò il lavoro minerario. Tale normativa, tuttavia, non venne estesa alle valli bresciane che continuarono ad applicare i capitoli minerari dello Statuto di Val Trompia (1436), che si rifanno alle disposizioni degli Statuti di Bovegno (1341);

  • proseguita senza particolari eventi l'attività estrattiva fino all'inizio del XVIII secolo, nel 1738 una rovinosa piena del fiume Mella provocò allagamenti e crolli nelle miniere, mentre molte officine vennero spazzate via dalla furia delle acque. Tale evento condizionò fortemente l'attività di molte miniere, tanto che nel 1752 quelle rimaste aperte erano solo 18 delle 163 del momento di massimo sviluppo;

  • all’inizio del XIX secolo l’attività estrattiva del ferro languiva, tanto che nel 1808 il Professor Giovanbattista Brocchi annotava che “mentre il minerale rigurgitava una volta in Val Trompia, non si lavora attualmente che intorno allo scheletro delle vecchie miniere”;

  • ad aggravare la situazione contribuirono anche la concorrenza esterna, in particolare del ferro di produzione tedesca, i ritardi tecnologici e gli alti costi di produzione, oltre una condizione di lavoro dei minatori particolarmente dura, condivisa anche dai ragazzi e ragazze, dai 7 ai 15 anni, cui era affidato il compito di trasportare il minerale, condannati ad essere “piccoli, rachitici, pallidi e malaticci”, come osserva Giuseppe Zanardelli a metà dell’800;

  • a partire dalla seconda metà del XIX secolo, l’unificazione italiana condizionò fortemente l’attività mineraria delle valli lombarde anche a seguito dell’impegno di imprenditori locali, prima, e della grande industria, rappresentata dalla “Società degli Alti Forni, Acciaierie e Fonderie di Terni”, dopo;

  • nel 1892 fece il suo arrivo la società inglese “The Brescia Mining and Metallurgical Company Limited”, con sede a Glasgow, che ottenne le concessioni minerarie di Costaricca e Costa Bella oltre i permessi di ricerca Torgola e Val Navazze;

  • tuttavia, nonostante un primo periodo di intensa attività, gli alti costi di produzione e i bassi tenori dei giacimenti portarono alla chiusura delle miniere già nel 1900;

  • le miniere lombarde, che nel 1887 avevano prodotto più di 20 mila tonnellate di minerale ferroso, scesero, fra il 1892 e il 1900, a una produzione media annuale di 2,200 tonnellate;

  • la relazione della Camera di Commercio e Industria di Brescia, redatta nel 1910, si chiudeva con una desolante considerazione: «...oggi le miniere sono quasi tutte abbandonate ed i forni spenti, anzi di molti non se ne scorgono che ruderi, ciò per effetto della concorrenza dei ferri esteri. Le uniche escavazioni che resistono sono quelle di siderite site sui monti di Cerveno e di Pisogne (di proprietà della Società Anonima “Gio. Andrea Gregorini”), di zinco (una miniera a Capo di Ponte della “Ditta Zitti Felice fu Antonio ed Eredi Grassi Giovanni”), di zinco/ferro e rame a Sellero (della “Ditta Erba e Curletti”) e di barite a Pisogne (della “Ditta Avv. Corna e c.”)»;

  • oltre alle difficoltà intrinseche all'attività mineraria, negli anni '20 del XX secolo emerse l'inadeguatezza dei forni fusori esistenti al trattamento del minerale estratto;

  • venne, pertanto, proposta la costruzione di forni elettrici e a tale scopo nel 1932 venne fondatala Società Italghisa, nei cui forni elettrici alcuni industriali bresciani pionieri dell’elettrosiderurgia Filippo Tassara, Carlo Franzoni e Alberto Cucchi faranno trattare la siderite estratta dalla Miniera di S. Aloisio acquisita dalla Terni con DM del 16 novembre 1936 (GU 291/1936);

  • la politica autarchica del regime fascista permise, forzatamente, una ripresa delle attività minerarie in espansione fino alla fine del secondo conflitto mondiale;

  • dopoguerra vide il diffuso interesse verso i siti minerari da parte delle più importanti industrie italiane (Breda, Montecatini, Fiat, Franchi-Gregorini, Ilva, Ferromin), ma tale attenzione non andò oltre le massicce campagne di ricerca;

  • in data 27 marzo 1964 venne costituito a Milano il Consorzio minerario Barisella, con sede a Schilpario, cui partecipavano le tre SpA: F.lli Marzoli & C. di Palazzolo dell’Oglio (BS), Stabilimento S. Eustacchio di Brescia e Acciaierie e ferriere lombarde Falck di Milano;

  • con successivo DM del 4 aprile 1966 (GU 172/1966) furono affidate alla gestione unica del Consorzio minerario Barisella le lavorazioni delle concessioni delle miniere di ferro: Barisella, S. Barbara, Pezzase, Meraldo e Terzana Alta, che vennero intestate al Consorzio. Furono anche assoggettate a gestione unica del Consorzio le lavorazioni delle miniere di ferro che erano oggetto delle concessioni Sopracroce Fondi, Monte Blesio, Monte Flesio e Pisogne di cui rimase titolare la Acciaierie e ferriere lombarde Falck;

  • già alla metà degli anni '70, tuttavia, quasi tutti i siti vennero abbandonati, rimanendo attive solo le concessioni di Alfredo (Bovegno) e Sant’Aloisio (Collio) in alta Val Trompia, poi riunificate con DDS 10 gennaio 2002 n. 237 (BURL 4/2002) nella nuova concessione Arianna assegnata all’Agenzia Parco Minerario della Val Trompia s.c.r.l., essenzialmente ai fini del recupero e della valorizzazione turistico-culturale del patrimonio minerario.

Le miniere di siderite Alfredo e Sant'Aloisio

Miniera Alfredo

Localizzate a circa 1 km a E dell’abitato di Bovegno (fig. 1), all’altezza del km 31 della statale 345 che sale a Collio, in località Castive, si trovano le strutture diroccate, in gran parte smantellate, degli impianti esterni della Miniera Alfredo (fig. 2), che coltivava ricchi banchi di siderite «ab antiquo attaccata in più punti a mezzo di scavi a giorno e di lavori in sotterraneo che formavano un intreccio di gallerie anguste, tortuose, in gran parte discendenti, tanto che il trasporto veniva effettuato a spalla. Dalla bocca della miniera di fondovalle il materiale si trasportava a mezzo di lizze». (Dalla descrizione dell'ingegner Villa nel libro del professor Stella “Le miniere di ferro dell'Italia” ,1921)

L’attività mineraria ebbe inizio ufficialmente nel 1873, quando la Ditta Stabilimenti Glisenti, di Francesco Glisenti e dei fratelli Isidoro e Costanzo, dopo aver acquistato nel 1872 la concessione per lo sfruttamento di minerali di ferro in un'area vicino a Bovegno, cominciò a tracciare la galleria Alfredo (dal nome del primogenito di Francesco, nato nel 1870) alla quota di 650 metri, di poco superiore al livello del fiume Mella. In prossimità della bocca vennero costruiti due forni di torrefazione, che sarebbero stati ampliati nel 1875.

Con l'acquisizione, nel 1874, del forno fusorio di Tavernole i fratelli Glisenti si garantirono la gestione del ciclo completo del ferro:

  • estrazione del minerale

  • arrostimento del minerale nei forni "a bocca" miniera

  • fusione nel forno di Tavernole

  • lavorazione nelle officine di Villa Carcina, dove sorgeva anche la villa padronale della famiglia Glisenti.


Nel 1887 la morte di Francesco Glisenti provocò profonde trasformazioni nel settore siderurgico locale e nazionale, che gli Eredi Glisenti abbandoneranno definitivamente nel 1907, cedendo tutte le attività siderurgiche, compresa la miniera Alfredo, alla Società anonima Metallurgica Bresciana già Tempini.

Come evidenziato dalla relazione della Camera di Commercio e Industria di Brescia del 1910, il decennio si aprì all’insegna di una forte crisi del settore ─ «...oggi le miniere sono quasi tutte abbandonate ed i forni spenti, anzi di molti non se ne scorgono che ruderi...» ─ ma nella seconda metà la produzione di minerali di ferro aumentò per la presenza di condizioni favorevoli al mercato siderurgico, conseguenti alle richieste derivanti dalle attività nazionali di preparazione alla guerra.

Con atto di cessione del 23 maggio 1922 la concessione passò alla Soc. an. Alti Forni Acciaierie e Ferriere Franchi Gregorini, che riprese l'estrazione convogliando il minerale allo stabilimento di Lovere.

Confermata alla stessa concessionaria con DM del 20 maggio 1930 (GU 214/1930), la miniera passò alla Società ILVA Alti Forni e Acciaierie d’Italia con DM del 20 febbraio 1933 (GU 112/1933) e, infine, alla Mineraria Siderurgica Ferromin S.A. con DM del 27 aprile 1940 (GU 148/1940), sotto la cui gestione negli anni del dopoguerra, dal 1953 al 1974, la miniera raggiunse il massimo grado di attività.

Gli imponenti forni di torrefazione, tuttora visibili ma oramai in rovina, sono stati costruiti a partire dal 1954 e hanno rappresentato per quel periodo una grande novità.

Questi forni, infatti, venivano alimentati con olio combustibile denso permettendo così di risolvere il problema costituito dall'approvvigionamento del carbone di legna.

In quegli anni nella Miniera Alfredo lavoravano ben 268 minatori, tra cui una folta rappresentanza di sardi.

Nel 1968 con DM del 15 ottobre (GU 9/1969) la concessione passò alla Carlo Tessara S.p.a. - Stabilimenti elettrosiderurgici ma, dopo fasi alterne, le coltivazioni di siderite cessarono nel 1974.

Fig. 1 - Localizzazione della miniera Alfredo (fonte GoogleEarth)

Fig. 2 - Impianti esterni della miniera Alfredo al 2018


Nel 1981, con Decreto dell’Ingegnere Capo del Distretto minerario di Milano del 20 agosto (GU 105/1982), la concessione venne estesa alla coltivazione di barite e fluorite per ulteriori 20 anni, trasferita alla S.r.l. Mineraria S. Aloisio con successivo DM del 23 novembre 1982 (GU 51/1983).

Negli anni di maggior attività la miniera era sviluppata su 8 livelli tra le quote 650 e 860, con una lunghezza complessiva delle gallerie superiore ai dieci chilometri.

Miniera Sant'Aloisio


La concessione mineraria S. Aloisio era la più estesa e ricca della valle ed è stata l'ultima fra quelle di ferro della Val Trompia ad essere fermata, non prima, tuttavia, che venissero tentati nuovi sistemi di coltivazione e di trattamento del minerale.

Situata 3 km a ENE della miniera di Alfredo, al km 35 della statale 345 (figg. 3 e 4) poco prima di Collio sul confine con il comune di Bovegno, è preannunciata da un segno inequivocabile: l’imbocco della Vallona, galleria di carreggio e di scolo delle acque, realizzata nei primi anni '40 da “mano d'opera d'esonero”, utilizzando cioè minatori che erano stati esonerati dal servizio militare o che erano stati richiamati dal fronte appositamente per essere impiegati nei lavori minerari.

Quella estrattiva era considerata, infatti, un'industria bellica di importanza strategica e non doveva perciò subire rallentamenti.

Già nel 1819 in alcuni documenti si parlava di S. Aloisio Nuova, elemento che suggerisce l’esistenza di una miniera più vecchia di cui però si sono perse le tracce.

Cinquant’anni dopo, da un’operazione di aggregazione delle cosiddette "tre antiche miniere”, titolari di concessioni confinanti (Valdardo, S. Marco, Prato e Cavallaro), nacque la Società S. Aloisio cui, con Regio Decreto dell’8 dicembre 1870, fu assegnata la nuova concessione unificata.

Sedici anni più tardi, in un contesto economico già non più favorevole allo sviluppo dell’attività mineraria, la concessione fu acquistata dalla Società degli Altiforni Fonderie e Acciaierie di Terni.

Nemmeno l’arrivo della Terni, tuttavia, riuscì a risollevarne le sorti, anche perché l’impegno di quest’ultima si rivelò altalenante e privo di un preciso progetto di rilancio dell’attività estrattiva.

Come per le altre concessioni di siderite dell’area, a parte i pochi anni di ripresa alimentata dal conflitto bellico, il nuovo secolo non portò alcun miglioramento, tanto che agli inizi degli anni Venti le generali condizioni dell’economia spinsero le ditte concessionarie, fra cui la Terni, a sospendere l’attività estrattiva, generando preoccupazione nella popolazione e nelle autorità politiche locali.

I pionieri dell’industria elettrosiderurgica bresciana non esitarono, quindi, a far pressione sulla Terni, proponendosi come possibili gestori delle miniere.

Nonostante la conferma della concessione con DM dell’8 ottobre 1929 (GU 59/1930), la Terni abbandonò definitivamente le sue concessioni bresciane [1] tra il 1932 e il 1933, mentre con DM 16 novembre 1936 (GU 291/1936) la concessione fu trasferita alla Società anonima ltalghisa Elettrosiderurgica Italiana, fondata agli inizi dell'anno 1932 che successivamente prese il nome di "Carlo Tassara", cui partecipavano gli industriali bresciani Filippo Tassara, Carlo Franzoni e Alberto Cucchi.

Lo scopo era di estrarre materiale per alimentare i forni elettrici della Società Italghisa di Bagnolo Mella.

Con DM 18 gennaio 1939 (GU 45/1939) la miniera fu, quindi, intestata alla Carlo Tassara S. A. Stabilimenti Elettrosiderurgici, che la trasformò in una moderna industria estrattiva raggiungendo l’apice nel periodo della Seconda Guerra Mondiale e mantenendolo negli anni '50 e '60.

Ma a partire dagli anni ’70, come nelle altre miniere dell’area, si registrò un costante declino, imputabile a diverse cause, come l’aumento dei costi gestionali e la diminuzione della domanda di minerale.

Fig. 3 - Localizzazione della miniera di S. Aloisio (fonte GoogleEarth)

Fig. 4 - L’imponente struttura dei fabbricati esterni della miniera di S. Aloisio, affacciati sulla SS345

Con DM 23 novembre 1982 (GU 51/1983) la concessione passò alla S.r.l. Mineraria S. Aloisio, ma nella primavera del 1984 la produzione fu interrotta definitivamente.

Tuttavia, con Decreto del Dirigente della Struttura Pianificazione Cave e Miniere (DDS) della Regione Lombardia n. 237 del 10 gennaio 2002 (BURL 4/2002) è stata conferita all’Agenzia Parco Minerario della Val Trompia per anni 15 (scadenza 09/01/2017) la concessione di siderite denominata “Arianna”, che riunisce le storiche concessioni Alfredo e Sant’Aloisio.


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[1] Oltre la S. Aloisio, la Regina Zoje e Valle della Megua