Talco e amianto in Valle d'Aosta

La distribuzione dei siti a livello territoriale

In fig. 1 è mostrata la distribuzione a livello comunale dei 5 siti di coltivazione di talco o amianto censiti nel periodo 1870-2019 in Valle d'Aosta, tutti coltivati in sotterraneo e ormai abbandonati.

Fig. 1 - Distribuzione a livello comunale dei siti di talco e amianto in Valle d'Aosta

Geologia e giacimentologia

Da un punto di vista geologico e giacimentologico, Amianto [1] e Talco, sono associati al complesso dei calcescisti con pietre verdi, derivando dallo stesso processo di serpentinizzazione dell’olivina analizzato nel caso della magnetite .

In particolare il talco è il prodotto dalla reazione (1) e può a sua volta innescare un successivo processo di serpentinizzazione (2).


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[1] Amianto è in realtà il nome commerciale riferito ad un gruppo di minerali costituito da silicati fibrosi, in particolare a una forma fibrosa di serpentino denominato crisotilo.

Evoluzione temporale dell'attività estrattiva

In fig. 2 è riportata l’evoluzione temporale, espressa in numero di concessioni vigenti, dei siti aostani di talco e amianto, che presenta un andamento unimodale concentrato in 40 anni, dal 1929 al 1969 anno di cessazione dell’ultima concessione ancora attiva, con un massimo di 5 siti nel 1940.

Fig. 2 - Evoluzione temporale del numero di concessioni vigenti di Talco e/o Amianto i9n Valle d'Aosta

Tra i siti censiti l’unico ad avere avuto una qualche importanza industriale è stato quello di Emarese (Piere-Settarme Chassant), dove in affioramento o in posizione sub-superficiale erano presenti con varie giaciture numerose vene di serpentina amiantifera, fortemente laminata, scistosa, spesso ondulata o pieghettata, poco dura, di colore verde chiaro, screziata di nero a causa delle impregnazioni di magnetite, talvolta con aspetto zonato e con una lucentezza quasi sericea. La struttura non è omogenea, in parte lamellare, in parte fibrosa.

Fu scoperto nel 1872 da tre abitanti locali Joseph Roux, Pantaleon Cretier e Jean-Baptiste Peacquin, che lo sfruttarono in modo intensivo e incontrollato al punto tale da causare, nel 1890, un’imponente frana di massi che invase l’intero pianoro sottostante, in seguito al quale la coltivazione cessò per un decennio, prima di essere ripresa a inizio ‘900 dalla ditta inglese Asbestos Quarries Limited.

Solo nel 1936, tuttavia, con DM del 7 gennaio fu concessa in perpetuo al comune di Emarese, allora denominato Mongiove, la facoltà di coltivare il giacimento di amianto per una superficie di 34.89 ettari.

Durante la 2a Guerra Mondiale la concessione venne in un primo momento sequestrata e poi affidata alla Società delle Cave di San Vittore, pur rimanendo come concessionario il comune di Emarese.

A causa dello scarso rendimento economico, la miniera venne completamente abbandonata nel 1968, quando con DM del 20 luglio venne accettata la rinuncia del comune concessionario.

Con DM n. 468 del 18 settembre 2001, art. 3 lettera c) il sito di Emarese è stato inserito nel Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale (SIN), in quanto compreso nell’Allegato E allo stesso DM.

Nell’Allegato F, il sito viene così descritto:

Lo stato di avanzamento della bonifica del sito di Emarese a fine 2020 è riassunto di seguito, articolato in funzione della componente ambientale interessata (terreni, falda).

Per ulteriori approfondimenti su Emarese come SIN si rimanda al pdf scaricabile.