Franz Elter a Cogne

La miniera di Cogne nella storia della siderurgia italiana del XX secolo

Lo sviluppo della moderna siderurgia italiana è databile agli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia, tardi in confronto alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti, ma anche alla Germania e alla Francia.

La causa di ciò va attribuita soprattutto alla carenza di risorse minerarie, sia di ferro che di carbone, quest’ultimo necessario al funzionamento degli altiforni a coke.

Secondo il Censimento ISPRA relativo alle concessioni assegnate dopo il 1870, considerando solo quelle con una durata di concessione maggiore o uguale a 30 anni, si segnalano i seguenti siti [1]:

 

Poiché le ligniti, siano esse picee o xiloidi, hanno un basso potere calorifero e una grande quantità di ceneri e umidità, per un’utilizzazione efficiente del carbon fossile al fine di produrre l’acciaio rimangono solo le miniere alpine di antracite di La Thuile (Aosta), in una regione periferica e con difficili collegamenti, soprattutto all’epoca della prima industrializzazione italiana.

Per quanto riguarda i minerali del ferro, il numeroso gruppo di siti di coltivazione della siderite concentrati nelle province lombarde di Brescia e Bergamo ─ all’origine di una cultura del ferro tra il XIV [2] e il XVII secolo, finché nel 1738 una rovinosa piena del fiume Mella provocò allagamenti e crolli nelle miniere, spazzando via anche numerose officine metallurgiche ─ dopo un breve periodo di rilancio dell’attività grazie all’acquisizione delle concessioni da parte della “Società degli Alti Forni, Acciaierie e Fonderie di Terni” a fine anni ’80 del XIX secolo, già dall’inizio del 1900 erano in forte crisi a causa del sempre più frequente ricorso all’uso di rottami di ferro al posto del minerale ferroso nella produzione di acciaio, tanto che nella relazione della Camera di Commercio e Industria di Brescia del 1910 si sottolineava come «...oggi le miniere sono quasi tutte abbandonate ed i forni spenti, anzi di molti non se ne scorgono che ruderi, ciò per effetto della concorrenza dei ferri esteri...».

Vale la pena di notare che, nell’area piemontese-lombarda, la scelta di fare ricorso ai rottami di ferro e/o alla ghisa importata per la produzione di acciaio era di carattere strutturale e strategico, sostenuta da Giorgio Enrico Falck, presidente dell’Associazione fra gli industriali metallurgici italiani, per le seguenti ragioni:

Bisogna, inoltre, aggiungere che la siderurgia del rottame permetteva anche di fare ricorso a forni alimentati a energia elettrica, particolarmente disponibile in forma idroelettrica nelle regioni alpine, bypassando così la scarsità di combustibile fossile.

Di conseguenza la siderurgia che si sviluppa nelle regioni industriali dell’arco alpino sarà a grande prevalenza la siderurgia del rottame.

Fig. 1 - La Centra idroelettrica di Chavonne

A questa si contrapponeva la siderurgia a ciclo integrale per la produzione di acciaio negli altiforni a partire dal minerale di ferro e usando come combustibile il carbon coke.

Questa siderurgia nel XX secolo si era organizzata, dopo varie vicissitudini, intorno alla Società ILVA a partire dal minerale di ferro estratto nelle miniere dell’isola d’Elba e usato negli altiforni sparsi lungo la costa tirrenica (Piombino, Bagnoli, Portoferraio e Follonica).

In questo quadro la Valle d’Aosta fa storia a sé grazie alle sue miniere di magnetite (Cogne) e di antracite (La Thuile), oltre alla grande disponibilità di energia idroelettrica.

Partendo da questa situazione particolarmente favorevole alla realizzazione di una siderurgia a ciclo integrale, nel biennio 1916-1917 i fratelli Perrone, proprietari della società genovese Ansaldo, originariamente produttrice di locomotive e poi di armamenti e motori navali, decidono di realizzare un complesso siderurgico articolato in due distinte società, la Ansaldo-Cogne, per la gestione del ciclo minerario-siderurgico connesso alla miniera di magnetite, e la Ansaldo-Aosta per la gestione della Centrale idroelettrica di Chavonne (fig. 1), essenziale a garantire il ciclo completo della Cogne.

Le miniere di Cogne diventano, quindi, la testa di un sistema verticale a ciclo completo che l’Ansaldo costruisce nei vari settori delle industrie meccaniche, elettromeccaniche, navali, chimiche e aeronautiche, con stabilimenti ad Aosta, Sampierdarena, Cornigliano, Pegli, Torino, La Spezia ed altri.

Dal 1921, però, la società deve affrontare un periodo di profonda crisi cui segue una vasta opera di risanamento finanziario e di ristrutturazione che, dopo una serie di vicende che riguarderanno il pacchetto azionario e l’assetto proprietario, porterà, il 12 marzo 1929, alla costituzione della Società Anonima Nazionale Cogne e alla nomina a Direttore della miniera del chimico e geologo Franz Elter, già collaboratore della Società dal 1921.


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[1] Non sono stati considerati i siti sardi, sia perché non rappresentativi dell’attività mineraria locale, sia perché non avrebbero comunque potuto incidere sulle sorti della siderurgia italiana a causa dell’isolamento geografico dell’isola, allora particolarmente pesante per mancanza di collegamenti.

Analogamente non sono stati considerati i siti di altre regioni continentali, quando non significativi dell’attività mineraria regionale.

[2] Del 1341 è lo Statuto di Bovegno, compilato da dodici sapienti eletti dalla riunione di vari comuni componenti l’Alta Valle Trompia al fine di regolamentare le modalità e l’organizzazione dell’attività mineraria locale.

Franz Elter

La giovinezza, gli studi e la prima collaborazione con l'Ansaldo

Franz Elter (fig. 2) nasce a Torino il 30 gennaio 1893 dal cittadino lussemburghese Jules, console di quel paese nel capoluogo piemontese, e dalla torinese Rosa Tinetti.

È il primo di tre fratelli, seguito da Marco [3], nato nel 1894, e Paul morto in tenera età.

Il padre è geologo di professione, impegnato soprattutto nella ricerca di giacimenti minerari in Valle d’Aosta, e l’ancora adolescente Franz lo seguirà nelle sue escursioni, in particolare nella Valle di Cogne principale meta del lavoro di ricerca del padre, socio della Società Miniere di Cogne che, come detto, è entrata a far parte del gruppo siderurgico genovese Ansaldo.

Conclusi a Pinerolo i suoi studi liceali, nel 1911 Franz si iscrive alla Facoltà di Chimica dell’Università di Torino laureandosi quattro anni dopo, il 23 giugno 1915.

Seguendo le orme paterne e nel ricordo della passione suscitatagli da quelle escursioni alla ricerca di minerali, si iscrive poi a Geologia laureandosi nel 1917 con una tesi sulla geomorfologia della Val Maira e riuscendo a ottenere un posto da assistente del Prof. Augusto Stella, docente di Ingegneria Mineraria presso il Politecnico di Torino e autore di un saggio sulle miniere di Piemonte, Lombardia e Toscana.

Due anni dopo, nel 1919, il padre Jules muore e, l’anno successivo Franz, su consiglio dello stesso Prof. Stella, lascia l’incarico di assistente universitario per essere assunto dall’Ansaldo, sostituendo sostanzialmente il padre in quel lavoro di ricerca e studio intorno al giacimento di magnetite di Cogne.

Proprio in quegli anni viene iniziata la costruzione della ferrovia mineraria che da Cogne porta ad Acque Fredde (fig. 3) e da qui, mediante teleferica, ad Aosta.

Dei 12 km di lunghezza totale della ferrovia, ben 8 erano ricavati in una galleria scavata sotto il Colle del Drinc, che all’epoca rappresentava la più lunga galleria mineraria al mondo. Proprio la gestione dello scavo della galleria del Drinc costituisce il primo compito affidato a Elter.

Sono gli anni del cosiddetto “biennio rosso” (1919-1920), caratterizzato da una serie di lotte operaie e contadine che ebbero il loro culmine con l'occupazione delle fabbriche nel settembre 1920, e la posizione di Elter, nonostante l’atteggiamento di forte chiusura dell’azienda, sarà sempre a fianco dei lavoratori che, da parte loro, gli erano devoti, riconoscendone il valore e subendo il suo ascendente che gli permetteva di non imporre mai le sue decisioni, riuscendo a ottenerne il rispetto attraverso il dialogo e il confronto.

Quando Elter comincia a lavorare a Cogne, la miniera occupa poco più di una trentina di lavoratori, tra impiegati e minatori, ed esce da un periodo di difficoltà a cui seguirà la già citata acquisizione da parte del gruppo Ansaldo, volta a fare della miniera il perno di un sistema siderurgico verticale a ciclo continuo.

Per fare entrare compiutamente in funzione la miniera, c’è bisogno di compiere studi e ricerche al fine di individuare il metodo ottimale di coltivazione del minerale, compito non facile dato che il giacimento si sviluppa in profondità per circa 600 m, a partire da una quota in superficie maggiore di 2,500 m.

Occorrono dunque notevoli impianti per il trasporto del minerale dall’imbocco della miniera a Cogne e di qui verso gli impianti siderurgici, dove sono già in funzione i macchinari per la frantumazione, il lavaggio e la separazione magnetica del minerale estratto.

Peraltro, i sondaggi da lui stesso diretti lo confermano nella convinzione che il giacimento sia compatibile con uno sfruttamento di tipo industriale, come avevano già intuito il padre Jules e l’ingegnere svedese Ranjar Nordensten, primo direttore della nuova miniera di Cogne, risorta dalle ceneri della miniera ottocentesca.

In quello stesso anno 1920, il fratello Marco presenta a Franz l’amica Teresita Castelli.

Teresita è nata a Edolo in provincia di Bergamo il 3 luglio 1891 in una famiglia di forti sentimenti socialisti, è laureata in Matematica, cosa rara per una donna nell’Italia dell’epoca, ed è un’appassionata alpinista, passione che condivide con Franz.

I due compiranno diverse gite in montagna maturando una forte affinità reciproca che si nutre anche di una condivisa insofferenza alle convenzioni borghesi, che in Franz si spinge fino a costruirsi, nel modo di vivere e di vestire, l’immagine di un personaggio [4] che ai più sembra soltanto stravagante (fig. 4).

Altro elemento condiviso è la posizione politica vicina a quella del partito socialista; Franz è consapevole del clima repressivo che si sta diffondendo e che, unito alla crisi in cui versa l'Ansaldo, lascia prevedere che cadranno “molte teste”, ma non fa mistero delle sue simpatie per il movimento operaio.

All’epoca, il logico approdo di una tale relazione non poteva che essere il matrimonio, anche se i due lo vedono più come una “formalità legale” e, per quanto li riguarda, sarebbero pronti semplicemente a convivere.

A conferma del suo anticonformismo, Franz (Mowgli) informerà la madre della sua intenzione di sposare Teresita in questi termini: «Il dottor Mowgli, o il compagno Mowgli, o Mowgli senz'altro ha deciso di prendere moglie in un'epoca non lontana, perché si è accorto di avvicinarsi ai trent’anni e di avere alcuni capelli bianchi, ma soprattutto perché si è accorto che gli piace molto la dottoressa Teresita Castelli, la quale lo ricambia di sentimenti adeguati allo scopo. Maman dovrà scusarmi se non l'ho avvertita prima, ma avevo già deciso da tempo che se me ne fosse presentata l'occasione avrei fatto tutto di mia ragione. Perché credo di avere l'età della ragione che se poi non l’avessi ancora allora è certo che non l'avrò più.»

Il 24 dicembre 1921 Franz e Teresita si sposano e vanno a vivere in una delle palazzine che l’Ansaldo ha costruito a Cogne per i tecnici e i dirigenti d’azienda.

Come detto, Franz è sempre più convinto delle potenzialità minerarie del giacimento di magnetite di Cogne, ma la situazione fallimentare dell’Ansaldo dei fratelli Perrone, che ha già provocato una forte riduzione del personale, crea una situazione d’incertezza circa il suo futuro professionale.

Grazie, però, all’opera di risanamento finanziario e di ristrutturazione imposta dalle banche creditrici con l’appoggio della Banca d’Italia e su pressione della stessa Fiat, il 21 luglio 1923 viene costituita, con partecipazione diretta del Ministero delle Finanze [5], la nuova S.A. Ansaldo Cogne, cui i Perrone cedono gli impianti, le miniere e le attività produttive.

L’anno successivo, l’Ansaldo Cogne e l’industriale svizzero Paul Girod, fondatore delle Aciéries Electriques di Ugines, danno vita alla S.A. Acciaierie Elettriche Cogne-Girod,

Poiché la situazione si mantiene ancora critica, nel 1924 il governo fascista interviene direttamente con la costituzione di due distinte società: l’Ansaldo-Cogne, per la gestione delle miniere e delle acciaierie, e l’Ansaldo-Aosta, per la gestione degli impianti elettrici.

Per controllare gli investimenti, la Banca d'Italia nomina come direttore generale dell’Ansaldo-Cogne l’ingegner Giuseppe Brezzi [6], già suo consulente nel settore dell'industria mineraria,.

La crisi viene, quindi, superata con l’intervento dello Stato e si assiste a un vero balzo in avanti nel numero degli occupati di Cogne, che passano da 83 a 283 dal 1924 al 1925.

Si ristabiliscono, così, le condizioni per un rilancio delle attività a pieno regime, a loro volta amplificate dal completamento della ferrovia mineraria Cogne-Acque Fredde, dopo che l’ultimo diaframma della Galleria del Drinc viene abbattuto il 16 settembre 1922.

Un mese dopo, il 18 ottobre, la galleria viene inaugurata e, lo stesso giorno, nasce il primo figlio di Franz e Teresita, Giulio (fig. 5), cui seguirà la nascita del secondogenito Giorgio, il 29 febbraio 1924.

L’ottimismo di Elter, nominato direttore del servizio tecnico della miniera, circa l’utilità del giacimento ai fini della produzione di acciaio viene confermato quando, nel settembre 1924, dalle acciaierie di Aosta escono i primi vagoni con l’acciaio ottenuto dalla magnetite di Cogne.

Intanto, con l’avvento del fascismo la situazione in miniera si fa sempre più tesa e sono all’ordine del giorno le azioni repressive contro chi non si adegua al nuovo clima politico, alimentate da precisi ordini governativi.

L’ingegner Brezzi tenta di agire con prudenza, ma per questo sarà messo sotto accusa dal Prefetto di Aosta, che gli affianca il giovane ingegnere Luigi Ramallini [7], trasferito dall’Ansaldo di Genova per dirigere gli impianti elettrici di Chiavonne.

Franz, di sentimenti sicuramente antifascisti, cercherà di restare dalla parte dei minatori ─ ma in maniera sotterranea, in attesa dei tempi maturi per agire apertamente che arriveranno solo nel 1943 ─ e si lascerà coinvolgere pienamente dal suo lavoro che ama profondamente.

Quando non è a Liconi o Colonna [8], fa la spola tra Cogne, La Thuile, dove ci sono le miniere di antracite usata per le acciaierie, e Aosta, sede delle stesse acciaierie.

Le qualità professionali di Franz sono estremamente utili all’Ansaldo-Cogne, non solo per quanto riguarda la gestione della miniera di magnetite, in cui introdurrà nuovi metodi di coltivazione [11] (a magazzino e per sottolivelli), ma anche per lo sfruttamento delle miniere di antracite di La Thuile e il relativo tracciamento della ferrovia mineraria Aosta-Pré Saint Didier, destinata al collegamento di tali miniere alle acciaierie aostane per la fornitura di combustibile.

Il 27 ottobre del 1927 il Ministero delle Finanze acquisisce l’intero capitale azionario e nasce la Società Anonima Cogne, che successivamente, il 12 marzo 1929, diventerà la Società Anonima Nazionale Cogne, per la gestione delle miniere e acciaierie, che insieme alla Società Anonima Nazionale Aosta, per la gestione degli impianti elettrici, ricostituirà in forma proprietaria diversa la stessa organizzazione gestionale del sistema siderurgico aostano già introdotta nel 1924.

La riorganizzazione societaria porta l’ingegner Brezzi alla presidenza del CdA della Cogne, mentre l’ingegnere Giuseppe Belluzzo [9] diventa Presidente della Società.

Contemporaneamente Elter è promosso alla direzione delle miniere del gruppo [10] e nei due anni successivi avvierà ricerche per la scoperta di nuovi livelli mineralizzati a magnetite e si occuperà della riorganizzazione del complesso minerario antracitico di La Thuile, dove saranno sviluppate nuove indagini per la definizione delle riserve, individuati diversi metodi di coltivazione e, soprattutto, sarà completata la rete di trasporto dell’antracite ad Aosta.



Fig. 2 - Franz Elter

Fig. 3 - Ferrovia del Drinc: Cogne-Acque Fredde

Fig. 4 - Franz Elter in montagna nel 1920

Fig. 5 - Franz, Teresita e Giulio a Cogne (metà degli anni '20)

Nel frattempo, la famiglia cresce: il 25 luglio 1927 è nato il terzogenito Piero e il 29 maggio 1931 nascerà, finalmente, una femmina, Orsetta.


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[3] Marco Elter sarà un grande sciatore, campione del mondo a 19 anni, e successivamente attore e regista teatrale.

[4] Lo stesso Franz si è scelto il soprannome di Mowgli, in omaggio al personaggio del ragazzo selvaggio allevato dagli animali della foresta, protagonista del romanzo di Kipling “Il libro della giungla”.

[5] Al capitale (150 milioni) della nuova Ansaldo Cogne parteciperanno la stessa Ansaldo (78 milioni, pari al 52%) e, appunto, il Ministero delle Finanze (72 milioni, pari al 48%)

[6] Nato ad Alessandria nel 1904, Brezzi si laurea in Ingegneria al Politecnico di Torino. Podestà dal 1935 fino alla Liberazione, dopo l'8 settembre 1943 cerca di mediare e proteggere gli abitanti e gli impianti della miniera nel periodo dell’occupazione tedesca.

[7] Ramallini è un fascista della prima ora, già organizzatore di una squadra di picchiatori fascisti che si rende protagonista di azioni violente contro i circoli antifascisti.

Nel 1926, alla costituzione della Provincia con Aosta capoluogo, diventerà segretario della federazione locale del Partito Nazionale Fascista e poi, dal 1938 al 1942, podestà di Aosta.

Il 17 luglio del 1944 sarà prelevato dai partigiani e portato a Cogne, dove sarà liberato a fine settembre grazie a uno scambio di prigionieri.

[8] Liconi e Colonna sono i due cantieri minerari storici del giacimento di Cogne.

[9] Deputato fascista dal 1929 e senatore dal 1934.

[10] Formalmente nel 1929 è nominato direttore della sola miniera di Cogne, ma da subito la sua impronta si allargherà a tutte le miniere del gruppo, di cui diventerà ufficialmente direttore nel 1934.

[11] Immagini dei link sono tratte da Paul Audibert: Metodi di coltivazione nelle miniere metallifere, L’Industria mineraria (1965)

La Direzione delle miniere della Cogne

Nel periodo di direzione di Elter la S.A.N Cogne, oltre alle miniere di magnetite e di antracite valdostane, controllerà la miniera di antimonio e tungsteno di Predazzo (TN), le miniere di ferro manganesifero di Malborghetto Valbruna (UD), la miniere sarde di molibdeno e tungsteno di Gonnosfanadiga in Medio Campidano e quella di rame di Funtana Raminosa a Gadoni (NU), dove viene anche individuato l’importante giacimento di magnetite di Giacurru-Perdabila che, però, non arriverà mai a ottenere la concessione [12].

In Sardegna, Franz stabilisce forti legami con i minatori di quell’isola così aspra e tormentata, in cui ritrova molti aspetti della terra valdostana.

Tuttavia, nonostante il grande lavoro di Elter, da tutti stimato come tecnico e organizzatore, la crisi economica mondiale del 1929-1932 investe pesantemente anche la Cogne, il cui deficit di bilancio si aggrava sempre più, tanto che nel 1933 il Ministero delle Finanze promuove un’inchiesta per valutare un piano di risanamento aziendale, affidata ad Agostino Rocca (fig. 6), ingegnere industriale e alto dirigente dell’appena costituito Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI).

L’anno successivo Rocca invia al Ministero una relazione che evidenzia la situazione economica negativa della Cogne, ma ne sottolinea molti aspetti tecnici avanzati.

Ragioni politiche − in gran parte legate alle esigenze espresse dalla Commissione per la siderurgia bellica che, in preparazione delle prossime prove militari cui il governo fascista impegnerà il paese (Etiopia e Spagna), non può rinunciare al contributo fornito dal sistema siderurgico aostano – fanno, tuttavia, prevalere la decisione di non interrompere l’attività, ma procedere a una riorganizzazione societaria, secondo cui la Cogne, la S.A.N. Aosta e l’acciaieria di Cornegliano, proprietà Ansaldo, si uniscono nella Società Italiana Acciaierie Cogne-Cornegliano (SIACC) che entra a far parte del gruppo IRI.

Tale soluzione, osteggiata dalla Cogne, si rivela, però, impraticabile anche per il decisivo intervento del nuovo Ministro delle Finanze Paolo Thaon di Revel (fig. 7), per cui la riorganizzazione della Cogne si limita all’accorpamento della S.A.N. Aosta, mentre la Cornegliano entra in IRI come Società italiana acciaierie di Cornegliano (SIAC).

Nel maggio 1935 la Cogne, ormai sotto il completo controllo dello Stato, riprende la normale attività, alimentata in particolare dalla già ricordata politica bellica fascista e dall’autarchia rilanciata dalle sanzioni internazionali conseguenti all’invasione dell’Etiopia.

La crescita del fatturato aziendale, che nel periodo 1934-1941 passerà da 82 a 569 milioni, non dipende però solo da favorevoli fattori esterni. Contano molto anche le scelte tecnico-organizzative di Elter, che diventerà un punto di riferimento per l’intero comparto minerario nazionale pubblico e privato, esercitando le sue competenze sia in molte regioni italiane (Sardegna, Piemonte, Calabria, Toscana) che all’estero (Spagna, Albania, Austria)

Dal 1937 Elter siede nei Consigli di Amministrazione della Raminosa, società valdostana consociata alla Cogne, della Ferromin, della Monte Amiata, leader nel settore delle minere di mercurio, della società carbonifera turca Türk Kömür Madenler.

Nonostante questo successo professionale, Franz Elter rimane politicamente un sorvegliato speciale del potere fascista.

Nel 1931, una relazione della milizia locale al Prefetto di Aosta individua nelle miniere di Cogne un «centro di propaganda violenta contro le istituzioni… primo fra tutti il direttore, ingegner Elter, notissimo per le sue idee e i suoi atteggiamenti contrari al Regime... dimostra l’antifascismo, o perlomeno, se la parola può sembrare troppo dura, l’afascismo di coloro che sono responsabili della disciplina delle maestranze».

Nel 1938 l’ingegner Ramallini, già citato come superfascista e dirigente della Cogne, viene nominato podestà di Aosta accrescendone il peso politico e l’azione repressiva in fabbrica.

Il 1938 è anche l’anno delle odiose leggi razziali che escludono gli ebrei da ogni impiego pubblico.

Ne fanno le spese anche gli ebrei impiegati alla Cogne, tra cui spicca la figura dell’ingegner Arturo Debenedetti [13], grande amico di Franz sin dai tempi della 1a guerra mondiale, con cui condivide l’amore per la montagna, l’interesse professionale e l’orientamento politico.

Nonostante ciò, nella Cogne lavorano un buon numero di aderenti al PCI, che costituiscono una cellula antifascista clandestina con cui Elter riuscirà a mantenere segretamente i contatti.

Evidentemente Elter, nonostante la sorveglianza a cui è soggetto, riesce a mascherare bene la sua attività clandestina se in un articolo per La Stampa viene descritto così: «un domenicano della miniera… Vive da anni coi suoi uomini, a duemilacinquecento metri e lavora a dare vanghe e aratri ai colonizzatori di Littoria, baionette ai legionari dell'Impero, motori alle vittorie dell'ala fascista e tricolore».

A testimoniare la grande importanza attribuita alla Cogne per le forniture belliche, il 19 maggio 1939, solo tre mesi e mezzo prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale, Mussolini e tre ministri (Finanze, Lavori pubblici e Cultura) visitano Cogne, seguiti un anno dopo (18 luglio 1940, poco più di un mese dopo l’entrata in guerra dell’Italia) da Vittorio Emanuele III.

Fig. 6 - Agostino Rocca

Fig. 7 - Paolo Thaon di Revel

Nell’estate 1940 anche la principessa Maria Josè, moglie del principe Umberto e notoriamente critica del fascismo, soggiorna in Val d’Aosta dove incontra anche Elter, che descriverà nel suo diario come «molto pessimista sull’andamento della guerra».

Gli eventi bellici portano a un aumento delle commesse e dell’occupazione, che arriva a 5395 addetti nel 1941, ma cresce anche il costo della vita, si acuiscono i problemi relativi alla mancanza di cibo e di generi di prima necessità.

Elter, con la moglie Teresita, che dopo il matrimonio ha deciso di occuparsi di pastorizia affittando l’alpeggio Arpisson di Epinel, cerca di ovviare al problema del cibo avviando un allevamento di ovini a Cogne.


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[12] Ancora a fine 2020 è stata presentata una nuova richiesta di concessione per la coltivazione del giacimento, con mineralizzazione a magnetite ed ematite subordinata, stimata in oltre 3 milioni di tonnellate (Giacurru, Progetto di coltivazione presentato da Sabbie Parma S.r.l)

[13] Libero docente all’Università di Torino e consulente della S.A.N. Cogne.

La Resistenza al nazifascismo

L'attività clandestina

Nel 1942 Cogne ospita un incontro segreto tra il generale Pietro Badoglio e la principessa Maria Josè, che cerca di spingere il generale a adottare misure drastiche per rovesciare il governo Mussolini e firmare un armistizio con gli anglo-americani.

È probabile che Elter sia stato informato dei risultati di quest’incontro, dato che insieme ad Adriano Olivetti e Ivanohe Bonomi, futuro successore di Badoglio nel ruolo di Presidente del Consiglio dell’Italia liberata (18 giugno 1944÷19 giugno 1945), fa parte di un gruppo che opera in sintonia con Maria Josè per sostenere il progetto di armistizio.

Con la caduta e l’arresto di Mussolini (25 luglio 1943) e la firma dell’armistizio (8 settembre 1943), Cogne si trova nella parte d’Italia sottoposta all’occupazione nazista appoggiata dai miliziani della Repubblica di Salò, costituita da Mussolini dopo la sua liberazione a opera di un commando nazista (12 settembre 1943).

Nonostante l’inasprimento dei controlli, nella zona vengono segnalate attività resistenziali che, secondo le denunce, fanno capo ai dirigenti della miniera, compresi quelli messi dal regime per controllare la situazione: il direttore Alberto Bezzica, colonnello del Genio e già direttore dell’Ufficio studi dello Stato Maggiore dell’Esercito; il segretario della sezione locale del PNF Luigi Marchionni, dal 1926 nella miniera di Cogne come impiegato e poi, nel secondo dopoguerra fino alla chiusura, come Direttore.

Naturalmente Elter fa parte di questi “capi”, insieme all’ingegner Marcoz, che viene denunciato e ammonito dalla Commissione provinciale del Tribunale Speciale «per manifestazioni antinazionali e per frasi contro i rappresentanti del Governo e del Partito».

Di più, a condividere con Franz la posizione antifascista c’è tutta la famiglia: Teresita e i quattro figli, compresi gli adolescenti Piero [14] e Orsetta.

Il 12 settembre, giorno della liberazione di Mussolini, Elter si attiva per reperire e nascondere le armi da usare contro fascisti e tedeschi. Nello stesso tempo si adopera per fare passare in Svizzera i figli grandi, Giulio e Giorgio, al fine di sottrarli all’arruolamento nelle file della Repubblica di Salò.

Con loro emigrerà un gruppo di giovani gravitanti tra Torino e Cogne, tra cui il torinese Ugo Pecchioli, che diventerà un importante dirigente del PCI.

Nelle settimane che seguono all’armistizio in Valle d’Aosta affluiscono numerosi militari sbandati che tentano di passare in Svizzera, aiutati da Elter e dal Comitato valdostano di Liberazione.

Tra il 5 e 6 ottobre i tedeschi, appoggiati dai repubblichini, assumono il controllo della fabbrica, che il 21 ottobre passa alle dipendenze del Ministero tedesco per gli armamenti e la produzione bellica, e sciolgono il Consiglio di Amministrazione, che viene sostituito da un commissario governativo nominato dal governo repubblichino.

Sotto l’occupazione nazista la situazione in fabbrica peggiora, i responsabili del servizio di Sorveglianza Ispettiva Disciplinare (SID) spadroneggiano, i militi della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) ricercano gli operai che si assentano dal lavoro, spesso per unirsi alla Resistenza.

Intanto, Elter ha preso i primi contatti, tra gli altri, con Emile Chanoux (fig. 8), autonomista e capo riconosciuto del movimento di liberazione valdostano, e con il comunista Emile Lexert (Milò, fig. 9),  minatore alla Cogne e, dopo l’8 settembre, punto di riferimento di una banda partigiana operante nei pressi di Fenis.

Nel suo ruolo di dirigente della Cogne riesce a stabilire un collegamento clandestino tra la società e gli operai diventati partigiani, che si estende anche alla vicina Ivrea, dove Paolo Polese, capo del personale Olivetti, svolge lo stesso ruolo tra l’azienda e le bande partigiane locali.

Il lavoro di Elter assicura, così, informazioni utili e finanziamenti alle bande partigiane, oltre a stabilire un contatto tra queste e l’americano OSS (Office of Strategic Services) che opera in Svizzera.

La strategia messa a punto da Elter e Lexert consiste nel boicottare la produzione dell’azienda, senza, peraltro, interromperla del tutto per impedire il trasferimento di macchinari e attività in Germania e la deportazione degli operai.

Questa strategia riguarda anche le miniere non aostane del gruppo operanti nelle zone occupate.

L’accordo con i partigiani prevede che non ci siano «… gravi atti di sabotaggio a danno degli impianti della Cogne… Ho potuto così suscitare persuasione che fosse meglio interrompere le vie di comunicazione della valle e risparmiare gli impianti industriali. Si deve molto a questo criterio, che è stato poi seguito, se la Cogne si è trovata alla fine della guerra con tutti gli impianti intatti e una riserva di 54,000 tonnellate di acciaio in deposito.» [15]

Per quanto riguarda le azioni di sabotaggio esterne, Elter mette a disposizione della banda di Lexert le sue competenze professionali e le dotazioni di materiali, che ha già precedentemente occultato prelevandole dai magazzini della Cogne e con cui saranno sabotate le linee ferroviarie e le strade di collegamento, rendendo più difficile e lento il trasporto dei minerali estratti e dell’acciaio prodotto.

Una delle azioni più eclatanti della banda Lexert avrà luogo il 23 marzo 1944 e riguarderà il sabotaggio della condotta forzata dell’acqua che alimenta la centrale elettrica di Chatillon, provocando l’interruzione della fornitura di elettricità alla linea di alimentazione di Torino.

Fig. 8 - Emile Chanoux (1906-1944)

Fig. 9 - Il comandante partigiano Milò: Emile Lexert (1911-1944)

Un mese dopo, il 21 aprile, mentre sta effettuando una ricognizione per il sabotaggio alla centrale di Covalou, un gruppo di miliziani fascisti sorprende Lexert e lo uccide, privando la Resistenza aostana di un uomo di primo piano non solo in senso operativo ma anche come elemento di collegamento tra il Partito Comunista e le bande partigiane operanti tra Aosta e Ivrea.

Ancora un mese dopo, il 19 maggio, morirà in cella dopo giorni di torture dei nazifascisti Emile Chanoux, il già ricordato capo delle Resistenza valdostana.

Nell’arco di quattro settimane la Resistenza ha perso i due più importanti punti di riferimento in Valle, in più la polizia fascista perquisendo la casa di Chanoux ha trovato documenti sulla produzione della Cogne, indizio della collaborazione di Elter con i partigiani.

A fine giugno, una lettera anonima inviata al responsabile disciplinare della Cogne denuncia Elter e il suo collaboratore, Riccardo Cristofori, per attività di collegamento e collaborazione con le bande partigiane.

Per Elter e Cristofori viene richiesta l’epurazione, mentre lo stesso Elter, in collaborazione delle bande comandate da Giulio Ourlaz, anche lui comunista ed ex lavoratore del gruppo, e dal capitano degli alpini Cesare Ollietti, mette a punto il progetto per l’occupazione di Cogne e la costituzione della Repubblica partigiana.

 

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[14] Coincidenza vuole che Piero, che seguirà le orme paterne diventando un importante geologo strutturalista le cui ricerche porteranno a una nuova definizione della struttura e dell’evoluzione dell’Appennino Settentrionale, sia nato lo stesso giorno (25 luglio) della caduta di Mussolini.

[15] Franz Elter: Memoriale del dicembre 1950

La Repubblica partigiana di Cogne (7 luglio÷2 novembre 1944)

Mentre Elter e i Comandi partigiani si incontrano per definire nei particolari le operazioni «… il 29 giugno, il Comando di piazza germanico di Aosta inviava a Cogne un presidio di gendarmeria a protezione della miniera. Feci allora presente al tenente Reitch, ufficiale germanico di sorveglianza presso la COGNE, che ritenevo questa misura nociva al buon andamento della miniera in quanto che gli operai e la popolazione vedevano in ciò l’intenzione di una deportazione degli uomini in Germania e sarebbero state da prevedersi delle diserzioni dal lavoro. L’ufficiale si persuase facilmente del mio punto di vista e a sua volta persuase il comando di piazza a ritirare il presidio, ciò che avvenne il 1° luglio 1944.

Nella notte dal 6 al 7 luglio la valle di Cogne fu occupata dai partigiani che predisposero subito un forte posto di blocco al ponte di Chevril. Il ponte di Chevril fu subito minato ad opera di una squadra di minatori comandata dal Sig. Marchionni.» [16]

Il tenente Reitch, pur disponendo di soli 15 uomini, vorrebbe reagire, ma Elter, attraverso il Sig. Cristofori che operava ad Aosta, lo convince a salire a Cogne da solo e “in abiti civili” per toccare con mano l’inutilità di una tale reazione.

«Il mio scopo era di evitare un immediato conflitto armato in modo che il presidio partigiano di Cogne avesse tempo di organizzarsi e fortificarsi. L’esito di un tale conflitto sarebbe indubbiamente stato favorevole ai partigiani date le esigue forze di cui disponeva il Reitch e volevo evitare la probabile uccisione di questo ufficiale che si era sempre comportato da galantuomo. Era inoltre convenuto col comando dei partigiani, e più tardi fu pure convenuto col CLN regionale, che la miniera avrebbe continuato a funzionare con ritmo produttivo ridotto. Questa misura era infatti opportuna perché la miniera fosse regolarmente approvvigionata di viveri e di esplosivi di cui avremmo potuto disporre sotto il mio controllo per l’alimentazione delle truppe partigiane e per uso bellico. Inoltre, era necessario fornire minerale agli stabilimenti siderurgici di Aosta per scongiurare la probabile deportazione in massa di tutta la maestranza in caso di arresto della produzione…

Il tenente Reitch a mezzo dell’interprete sig. Ermanno Favre che era pure dei nostri e più tardi raggiunse il presidio di Cogne come partigiano, fu facilissimamente persuaso a non agire. Egli non domandava di meglio. Si presentò la sera stessa al nostro posto di blocco di Chevril in abito civile. Fu accompagnato a Cogne dove contemplò alquanto interdetto il perfetto apparato militare della piazza e l’abbondanza del vettovagliamento, manifestò apertamente la sua soddisfazione di non averci attaccato con le armi. Dopo essere stato abbondantemente rifocillato fu rimandato incolume ad Aosta…» [17]

Con l’accordo tra Elter, Reitch e il Comando partigiano, Cogne diventa “zona franca” e comincia a raccogliere numerosi partigiani provenienti dalla valle e dalla Svizzera.

Con gli “svizzeri” tornano, tra gli altri, Ugo Pecchioli (fig. 10), Giulio Einaudi (fig. 11), figlio del futuro primo Presidente della Repubblica e futuro editore, e Giorgio Elter, mentre il fratello Giulio resta bloccato in Svizzera.

«Il periodo dell’occupazione di Cogne si svolse in un’atmosfera di armonia e la truppa partigiana osservò la massima disciplina. Le famiglie di sfollati e la popolazione locale poterono godere di un periodo di sicurezza e tranquillità…» [18]

Alla fine dell’estate Cogne, ormai assediata dai tedeschi e i fascisti, mancava quasi completamente di viveri, munizioni, mentre le armi in dotazione non erano più sufficienti a far fronte alla “contro avanzata” nazifascista.

«Solo verso la fine di ottobre il Comando Alleato della Savoia decideva di mettere a nostra disposizione l’armamento necessario.

Furono organizzate delle spedizioni che per raggiungere la Savoia dovevano attraversare tre valichi a oltre 3000 mt che separano la Val di Cogne dalla Val d’Isère… Tutto il personale della miniera e molti uomini della popolazione civile si prestarono volontariamente alla bisogna; senonché le precoci nevicate di quell’anno resero le operazioni estremamente difficili.

Nel frattempo, i tedeschi che avevano già la settimana prima attaccato la Valtournenche, attaccarono Cogne con ingenti forze e artiglieria. Dopo una giornata di combattimento sotto la neve l'attacco venne respinto, ma nella notte il Comando decise lo sgombero della valle essendo finite tutte le munizioni.

La maggior parte di noi dovette lasciare precipitosamente le proprie case e dopo lunghe estenuanti marce in alta montagna raggiungere le frontiere della Francia e della Svizzera.

Nella Valle d'Aosta furono lasciati solo piccoli nuclei di volontari che non avevano bisogno di servizi logistici per continuare l'opera iniziata che fu poi ripresa e condotta vittoriosamente alla fine di aprile del 1945. Solo ai partigiani e agli uomini della resistenza si deve il risultato finale che per la COGNE significa aver salvato i propri impianti e le ingenti scorte di acciaio prodotte durante questo periodo.» [19]

Fig. 10 - Ugo Pecchioli (1925-1996)

Fig. 11 - Giulio Einaudi (1912-1999)

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[16] Franz Elter: Memoriale sulla Resistenza

[17] Ibidem

[18] Ibidem

[19] Ibidem

La morte di Giorgio Elter (6 settembre 1944)

Pudicamente, nel suo Memoriale Franz Elter non parla dell’uccisione di suo figlio Giorgio, avvenuta in uno scontro a fuoco con i nazifascisti il 6 settembre 1944.

Come detto, Giorgio (fig. 12) è il secondo figlio di Franz e con Giulio, il primogenito, sono passati in Svizzera qualche giorno dopo l’armistizio per sfuggire all’arruolamento nella Repubblica di Salò.

I due fratelli, di 23 e 20 anni, sono cresciuti in una famiglia naturalmente antifascista, in cui si respirava un’aria di libertà e democrazia. Ė naturale, quindi, la loro adesione [20] alla Resistenza.

Tornato dalla Svizzera, Giorgio è pervaso da uno spirito umanitario, che così descrive in una lettera ai genitori il 21 marzo 1944: «Tanto io che Giulio ci siamo persuasi della necessità di sradicare dall’animo degli uomini quell’egoismo che sembra caratterizzare la razza umana. Lavoriamo quindi intensamente, unendo le nostre deboli forze a quelle di molti altri».

Dapprima Giorgio vorrebbe andare con i suoi compagni in un’altra zona per evitare ai familiari eventuali azioni di rappresaglia, poi si convince a restare a Cogne, soprattutto per difendere il padre, finito nel mirino nazifascista.

Il 6 settembre entra a far parte del commando che tenta di forzare il posto di blocco di Pont Suaz, alla periferia di Aosta lungo la strada che la collega a Cogne.

Nello scontro a fuoco che segue, Giorgio muore e rimane per tutto il giorno abbandonato in un prato, fino a che l’ingegner Cristofori viene inviato a recuperare il corpo, impresa non facile da quanto risulta dal suo racconto.

«Al mattino… verso le 9 feci al Comando di Cogne il solito rapporto a mezzo telefono clandestino e comunicai che un partigiano era morto nello scontro delle ore sei al posto di blocco di Ponte Suaz. Non sapevo di parlare col Padre della morte del proprio figlio.

Alle ore 14 intesi in città una prima incerta informazione… Contemporaneamente l’ing. Brezzi mi telefonò dubitando già l'accaduto e mi pregò di non rispondere al telefono al Dr. Elter ma di interessarmi per avere notizie precise. Contemporaneamente il federale Tognoni mi telefonò in tono minaccioso di andare a riconoscere un cadavere. Preoccupatissimo… pregai il Dott. Fassetta e l’autista Moniotto di recarsi al riconoscimento, il che fu presto fatto data la breve distanza… dal Comando [partigiano, NdR] … ebbi l’ordine di procedere con qualunque mezzo al recupero della salma, che secondo le disposizioni di Defilippi [colonnello della Milizia, NdR] … doveva essere buttato in Dora chiuso in un sacco.

Il compito era oltremodo difficile ed una mossa sbagliata ne avrebbe compromesso l'esito. Giocai d'astuzia e feci appello al Dott. Passetta ed al Magg. Margara che si prestarono… dimostrando una grande comprensione del momento ed un effettivo attaccamento al Dott. Elter al disopra di ogni idea politica.

Alle ore 17 fui chiamato d'urgenza dal capo della Provincia Dott. Stefanini… fu molto corretto, mi raccomandò prudenza e… mi consigliò di far sparire subito la salma per evitare le reazioni della milizia a e mi disse testualmente: “Ho anch'io cinque figli; so quanto potrà far piacere ad un padre riavere la salma del figlio."

Ero in contatto telefonico con Fassetta, Margara e Camandona che riuscirono ad asportare la salma senza ultimare le pratiche di legge e questa arrivo in cantiere verso le ore venti accompagnata da Margara su un carro funebre. Fu da noi spedita a Cogne a mezzo teleferica, presente anche l'ing. Margara. Precedentemente aprimmo il feretro e constatammo che il cadavere non era stato seviziato, come da voci circolanti in città, solo portava ai piedi un paio di zoccoli…

Per questo recupero che era ritenuto, data la tensione del momento, quasi impossibile, il Comando mi fece pervenire un elogio.» [21]

Franz non può andare a raccogliere le spoglie del figlio là dove è caduto, perché è considerato il capo della Repubblica di Cogne e fuori di essa sarebbe arrestato.

Fig. 12 - Giorgio Elter, Medaglia d'oro al Valor Militare (1924-1944)

Successivamente, vivrà il suo grande dolore interiormente maturando una riflessione di carattere spirituale e anche il suo amico più stretto, Arturo Debenedetti, nel suo elogio funebre affronterà l’episodio della morte di Giorgio con poche stringate parole: «il 6 settembre 1944 perdette il figlio Giorgio, ucciso dai fascisti in un combattimento presso Aosta.»

Della reazione di Teresita si sa quanto scrisse a Giulio per consolarlo della morte del fratello: «Non piangere troppo Giorgio. È morto in un momento di felicità, era tornato nella sua casa, dai suoi che l’adoravano e vedeva dinnanzi a sé un avvenire luminoso.»

Giulio risponde con una lettera in cui esprime il suo dolore per la morte del fratello che tanto amava e ammirava, ma è confortato dalla convinzione che Giorgio, battendosi per la libertà e la giustizia abbia “raggiunto la perfezione”.


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[20] Il terzogenito Piero (17 anni), troppo giovane per incarichi di tipo militare sarà staffetta, e l’ultimogenita Orsetta (13) è impedita dal collaborare attivamente solo dalla sua giovane età.

Naturalmente, anche Teresita sta a fianco dei partigiani offrendo soldi, cibo e un’ospitalità che Saverio Tutino, destinato a diventare grande giornalista e inviato in America Latina, ricorda così: «Noi che venivamo dalla città trovavamo nella casa degli Elter un rifugio dove nascondere le nostre cose e ristorarci con una scodella di latte caldo.»

[21] Riccardo Cristofori: Note sul recupero della salma di Giorgio Elter (Aosta, 1° settembre 1945)

La fuga in Svizzera e il ritorno a Cogne 

Il 1° novembre 1944 tedeschi e fascisti attaccano la Valle di Cogne, essendo respinti al primo attacco ma riuscendo a fiaccare la resistenza dei partigiani, ormai privi di munizioni, al secondo.

Tra i partigiani combattenti è presente anche una figura di grande importanza: Sandro Pertini (fig. 13), che provenendo dalla Francia e diretto a Torino si è fermato per la notte a Cogne.

Persa Cogne, Franz, su cui pende un ordine di cattura emesso dal Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, Teresita, anch’essa attenzionata dalla Guardia Nazionale Repubblicana e i figli piccoli Piero e Orsetta decidono di passare il confine con la Svizzera.

A Cogne vengono lasciate le madri di Franz e Teresita, troppo anziane per affrontare la traversata che li attende.

Dopo numerose traversie, il 6 novembre i quattro attraversano il confine al Colle del Gran San Bernardo sotto una forte nevicata e vengono ospitati dai monaci dell’Ospizio.

Quattro giorni dopo, finita la tormenta, scendono verso Martigny da cui sono avviati al campo di La Rosiaz per poi essere trasferiti al campo profughi di Losanna.

Negli stessi giorni, a Cogne i nazifascisti minacciano azioni di rappresaglia al fine di terrorizzare la popolazione e tagliare i fili che la legano ai partigiani.

La casa e il laboratorio di Franz sono date alle fiamme, la stessa madre ottantenne viene portata alla Caserma Cesare Battisti di Aosta, dove rimarrà reclusa per ben tre mesi.

In Svizzera, Franz si può riunire al figlio Giulio e al fratello Marco, che si sta spegnendo per un male incurabile in una clinica di Losanna.

Da Losanna, il 27 novembre Elter invia una lettera alla Presidenza della Cogne, che ha sede a Roma, ormai liberata dagli alleati.

In questa lettera descrive dettagliatamente il suo operato in azienda dopo l’armistizio, rivendicando la sua azione ostile al “collaborazionismo” che ha consentito all’azienda di proteggere i suoi macchinari, i suoi operai e le sue attività, impedendo che fossero trasferite in Germania.

Dopo aver richiesto il pagamento delle somme che gli sono dovute per il lavoro svolto, indispensabili al sostentamento della famiglia, si dichiara disponibile a riprendere subito il suo lavoro in azienda in Svizzera, a Roma o in Sardegna, dove la Cogne svolge ancora una notevole attività mineraria.

La lettera sortisce l’immediata revoca del licenziamento deciso dal commissario straordinario ingegner Bellometti, la cui situazione è diventata assai precaria.

A Losanna Franz, con l’amico Arturo Debenedetti, partecipa all’ambiente intellettuale della città, in cui sono attivi anche numerosi esuli, torna a frequentare le lezioni di geologia all’Università e riprende il suo lavoro di geologo minerario, collaborando con l’Ufficio minerario locale per la gestione delle miniere di antracite del Vallese.

A gennaio 1945, Franz Elter e Arturo Debenedetti scrivono una nota sulla Nazionalizzazione delle Industrie italiane, in cui sin dai primi due paragrafi chiariscono senza filtri la loro posizione: «Per ottenere una prima difesa contro il monopolio della grande industria pare consigliabile utilizzare quelle imprese che sono già parzialmente o totalmente in mano dello Stato, in modo che esse servano come freno ai monopoli privati, da un lato funzionando da calmiere per i prezzi, dall’altro obbligando il mercato del lavoro al massimo salario possibile.

Oltre che esercitare questa funzione, le imprese proprietà dello Stato possono facilmente servire ad un esperimento di partecipazione degli operai ed impiegati all’amministrazione dell’azienda, preparando così la trasformazione totale delle industrie.»

Per i due la Cogne è la fabbrica più adatta per questo esperimento socio-industriale.

Il 12 marzo 1945 l’ufficio romano di collegamento con la Svizzera sottopone al Ministro degli Affari Esteri un elenco di personalità e di tecnici, esuli nella Confederazione svizzera, di cui si vuole il rimpatrio, perché particolarmente utili alla ricostruzione industriale.

Della lista fanno parte, tra gli altri: Franz Elter, Umberto Terracini, Amintore Fanfani e Indro Montanelli.

Il 28 aprile i partigiani sfilano in un’Aosta liberata (fig. 14), mentre già da qualche giorno sono state prese decisioni importanti riguardanti la riorganizzazione del lavoro alla Cogne, in un momento particolarmente delicato, sia all’interno, dove i dipendenti iscritti al Partito fascista repubblicano sono sospesi, che all’esterno, per le controversie di carattere internazionale che hanno dei riflessi particolarmente evidenti in Valle d'Aosta, dove si manifestano gli interessi degli angloamericani da un lato e quelli francesi dall’altro.


Fig. 13 - Sandro Pertini (1896-1990)

Fig. 14 - Aosta liberata (28 aprile 1945)

Per la nomina di un nuovo commissario il CLN della Cogne propone una lista con tre nomi: Franz Elter, Ugo De La Pierre [22] e Prospero Nuvoli [23].

Lo stesso 28 aprile Franz Elter rientra a Cogne; Teresita e Orsetta lo seguiranno un mese dopo, mentre in Svizzera rimangono per ragioni di studio i due figli maschi, Giulio e Piero, che in Svizzera si è iscritto al Partito Comunista.


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[22] Chimico industriale nato a Gressoney St. Jean nel 1889, già dirigente delle acciaierie FIAT e poi di quelle ILVA di Porto Marghera, non è mai stato iscritto al PNF e ha collaborato con la Resistenza sia in Veneto che in Valle d’Aosta.

[23] Conte di Grinzane e ingegnere aeronautico, nato a Torino nel 1901, dopo la l’Armistizio aderisce alla Resistenza entrando nelle Squadre Armate Partigiane (SAP) di Torino. Arrestato e liberato per intervento dell’Amministratore Delegato della FIAT Vittorio Valletta, nel 1944 viene assunto dalla FIAT Aviazione per dirigere lo stabilimento di Riva del Garda (TN).

Il secondo dopoguerra

La riorganizzazione della Cogne

In Valle d’osta il dopoguerra si apre con un tentativo della Francia di approfittare degli effetti della guerra per sostenere quella parte del movimento autonomista che spinge per l’annessione alla Francia.

Contro tale prospettiva si muove, però, la maggioranza degli autonomisti guidati da Federico Chabod (fig. 15), che diventerà il primo Presidente del Consiglio della Valle d’Aosta e riuscirà ad ottenere già dal Governo Parri [24], con due decreti del 7 settembre 1945, i primi provvedimenti a favore dell’autonomia regionale, che verrà ratificata dall’Assemblea costituente con lo Statuto speciale per la Valle d'Aosta, promulgato il 26 febbraio 1948.

Nei decreti di settembre è prevista la concessione alla Regione delle acque minerali e delle nuove miniere.

Dalla misura viene, quindi, esclusa la miniera di Cogne, che rimane sotto il controllo statale e il cui rilancio risulta problematico.

Le vicende belliche hanno molto colpito l’azienda sia dal punto di vista produttivo che morale, ma ci sono le basi per la ripartenza.

Grazie alla politica di Elter, gli impianti si sono salvati e nei magazzini è conservata una riserva di 54,000 tonnellate di acciaio.

Inoltre, i dipendenti Cogne sono quasi 5,000 e costituiscono una presenza importante non solo dal punto di vista socioeconomico ma anche da quello politico.

Molti dipendenti, infatti, sono immigrati e iscritti al PCI e costituiscono un argine per contrastare sia le spinte annessionistiche francesi che i rigurgiti nazionalisti anti-autonomisti.

Intanto, con decorrenza 1° maggio 1945, Elter è nominato commissario con al fianco in qualità di vicecommissario l’ingegner Berzieri, già direttore centrale degli stabilimenti di Cogne. La carica è estesa anche alle due società consociate: SAMIS, che produce magnesio, e SADEA, che opra nel settore della distribuzione idroelettrica.

In coerenza con le idee contenute nella citata nota sulla Nazionalizzazione delle Industrie italiane, Elter decide di costituire un Consiglio di gestione in cui siano rappresentati anche gli operai, entrando in conflitto con il Governo Militare Alleato (GAM).

La riorganizzazione aziendale si arena di fronte alcune resistenze del CLN di fabbrica, che fa pressioni sul Ministero delle Finanze perché il nuovo Consiglio di amministrazione sia nominato in accordo con il nuovo Consiglio della Valle d’Aosta, in carica dal gennaio 1946.

La proposta del CLN, presentata al Ministro delle Finanze Scoccimarro il 17 novembre, è sostanzialmente accolta, insieme alla nomina di Elter, fino allora commissario straordinario, nel Consiglio di Amministrazione, fermo restando che il Presidente sarà scelto dal Consiglio valdostano.

Oltre a Elter, nel nuovo Consiglio siederanno: Luigi Berzieri, l’operaio Candido Vacher, Ugo De La Pierre [25], Guido Vanzetti [26] e Teresio Guglielmone [27].

Guglielmone sarà eletto Presidente, De La Pierre Direttore Generale ed Elter Amministratore Delegato.

Il primo obbiettivo del nuovo Amministratore delegato è quello di evitare che la Cogne entri in IRI, come stabilisce la legge sulle aziende a partecipazione statale.

Elter vede in questo passaggio una burocratizzazione della società, mentre la presenza autonoma della Cogne potrebbe sviluppare una competizione con Finsider che ne migliorerebbe la produzione nel campo degli acciai speciali.

Le ragioni di Elter vengono ascoltate e il trasferimento della Cogne all’IRI viene sospeso, anche perché una tale misura potrebbe favorire le componenti autonomiste che spingono per l’annessione alla Francia.

Elter sente molto le responsabilità che gli derivano dal nuovo incarico, è orgoglioso di un Consiglio che rappresenta tutte le tendenze politiche democratiche e le diverse componenti del mondo del lavoro.

Fig. 15 - Federico Chabod (1901-1960)

Si adopera in modo da ripristinare all’interno dell’azienda un quadro coerente con i valori resistenziali, riassumendo i lavoratori espulsi per antifascismo e/o partecipazione alle bande partigiane, riconoscendo delle gratifiche per quelli di loro particolarmente distintesi nella guerra ai nazifascisti, opponendosi alla reintegrazione di quelli epurati per collaborazionismo e/o iscrizione al Partito Fascista Repubblicano (PFR).

Ben consapevole delle ristrettezze cui è sottoposta la popolazione della valle, si prodiga di concerto con il CLN Alta Italia per reperire a Milano quantitativi di alimentari e merci varie da inviare ad Aosta.

Infine, consapevole del rapporto tra benessere e rendimento dei lavoratori e in linea con quanto realizzato a Ivrea dall’Olivetti, affida all’ingegner Trasino l’incarico di costruire più di cento nuovi appartamenti, destinati a operai e impiegati nel rapporto di 7 a 1, progettati dall’architetto triestino Edy Caraman.

Intanto, fra il 1945 e il 1947, la produzione di acciaio, leghe metalliche e ghisa aumenta, del 65%, 250% e 150% rispettivamente, come anche l’occupazione che praticamente raddoppia, arrivando a 9,000 unità nel 1948.


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[24] Primo governo dell’Italia postfascista, in carica dal 21 giugno al 10 dicembre 1945, fondato sul Comitato di Liberazione Nazionale in cui sono presenti: il Partito d'Azione, a cui apparteneva il presidente Ferruccio Parri, il Partito Comunista Italiano, la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, il Partito Democratico del Lavoro e il Partito Liberale Italiano.

[25] Berzieri e Vacher sono eletti dagli stessi lavoratori e De La Pierre era già stato proposto come vicecommissario dal CLN di fabbrica.

[26] Ingegnere, designato in Consiglio per conto degli industriali metallurgici.

[27] Economista democristiano e presidente della Commissione economica del CLN piemontese

La “guerra fredda” e il governo De Gasperi 

Le elezioni del 18 aprile 1948 segnano una svolta nella politica italiana che coinvolge tutte le imprese a partecipazione statale, in particolare la Cogne sino ad allora caratterizzata da una gestione particolarmente progressista.

La DC, appoggiata dall’Union Valdòtaine, ottiene una grande vittoria in tutta la valle (poco meno del 60%) e in particolare a Cogne, dove il candidato DC al Senato, Ernest Page, ottiene quasi il 70% dei voti contro i poco più del 20% del candidato del Fronte Progressista, Ugo De La Pierre, direttore generale della Cogne.

Pur se la Val d’Aosta era sempre stata una regione politicamente moderata – nel 1921 il Partito popolare, da cui nasce la DC, aveva ottenuto il 50%, contro il 14% del PSI e il 3.2% del neonato PCI – la sconfitta del Fronte Progressista è particolarmente netta, tanto più in considerazione del fatto che era stato presentato un candidato forte e stimato come il De La Pierre.

Comincia la caccia alle streghe. De La Pierre, Berzieri ed Elter sono oggetto di una campagna denigratoria, a cui non partecipa il presidente della Cogne, il democristiano Guglielmone, che difende la gestione della Società, di cui sottolinea i bilanci attivi degli ultimi esercizi.

Quello che Elter pensa sulla situazione mondiale del dopoguerra, in particolare sui rapporti tra Europa, Stati Uniti e URSS, è riassunto in una lettera che Franz invia a un amico americano, Jonathan Tichenor, a fine dicembre 1947.

Nella lettera si riconosce l’importanza del Piano Marshall per permettere ai paesi europei di riprendersi dalle ferite lasciate dalla guerra: «Evidentemente l'Europa non può fare a meno degli aiuti Americani. Se oggi qui tutti mangiano a sufficienza o quasi, se le industrie possono lavorare, è perché dagli Stati Uniti arriva il necessario. Se questo cessasse, non so come potremmo cavarcela.»

Però gli USA non dovrebbero intervenire pesantemente per condizionare lo sviluppo politico dei singoli paesi europei: «Credo che questa linea di condotta di non intervento sarebbe in ultima analisi anche nell’interesse degli Stati Uniti… La Russia non ha interesse ad invadere l’Europa… Ha solo bisogno di consolidare le sue frontiere… Tu mi dici… che gli Americani non possono disinteressarsi di questo antico Continente, perché altrimenti le Nazioni europee andrebbero verso la Russia. Non so. Ma non lo credo. Gli Europei hanno troppo individualismo per adattarsi ad un modello slavo…».

Poi Elter, persona di alta moralità e spiritualità, non un materialista antireligioso, lascia partire la bomba: «… Ecco che noi abbiamo proprio qui in Italia un governo di Democratici Cristiani. Governo molto ben visto da Washington. Ma Democrazia Cristiana vuol dire preti. E qui il popolo sa bene cosa vuol dire governo dei preti, oggi si presentano con la faccia e la veste della più corretta Democrazia, ma domani se il loro potere sarà consolidato, ti metteranno in casa la Santa Inquisizione. Non proprio col rogo come usavano fare una volta, ma poco per volta con tutte le buone maniere, cominceranno a sopprimere qualche giornale, a proibire qualche riunione politica, a far saltare dai posti di responsabilità le persone che non la pensano come loro…».

Come previsto da Elter, il governo  De Gasperi (fig. 16) non resta sordo all'appello di chi chiede l’epurazione dei comunisti dalla Cogne e per questo decide di nominare alla direzione generale della Società un dirigente che militi nella DC da affiancare a Guglielmone, ritenuto, forse per il suo passato nel CLN, non in grado di limitare la presenza di PCI e CGIL tra i lavoratori.

Giunto al termine del suo mandato, Elter decide di non presentare la sua candidatura per un rinnovo della carica di Amministratore Delegato, sostituito nel maggio 1949 da Guglielmone.

Fig. 16 - Alcide De Gasperi (1881-1954)

Nonostante l’aria di restaurazione che si respira, a Elter e De La Pierre sono mantenuti poteri da direttore generale.

Per poco, perché già dal 1950 Elter è rimosso dall’incarico a favore dell’ingegner Giancarlo Anselmetti, anch’esso democristiano, che ha diretto le Officine di Savigliano e che dal 1962 sarà sindaco di Torino.

La conflittualità in azienda cresce, la pressione sugli operai diventa fortissima, i licenziamenti, spesso per ragioni politiche, aumentano.

Nel 1952 le elezioni della Commissione Interna della Cogne segnano una grande vittoria della CGIL (quasi il 70%), ma l’anno dopo le elezioni nazionali confermano la prevalenza DC che, sempre a Cogne, raccoglie oltre il 70%.

Intanto, non potendo restare da emarginato in quella che per oltre 30 anni era stata la “sua” fabbrica, nel 1951 Elter ha lasciato la Cogne, salutato come «… uomo della montagna: rude negli atti, ma di cuore grande; schivo da convenevoli, ma romantico nell'anima; lavoratore duro se pur estroso, affezionato ai suoi uomini, come un ottimo padre ai suoi figli» [28].


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[28] Dal saluto di commiato ne “Il Giornale della Cogne”

Gli ultimi anni

La Cogne è sempre più condizionata dagli interventi politici dei democristiani, che si riflettono sui rapporti tra dirigenza e lavoratori e sui risultati economici della Società.

All’interno dell’opposizione nel Consiglio Regionale, rappresentata dall’Union Valdòtaine e dai partiti di sinistra, ci si interroga sulle ragioni dello squilibrio tra costi di produzione e prezzi di vendita, sul perché si utilizza la lignite estera mentre l’antracite valdostana è inviata agli stabilimenti di Imola [29].

Nel 1953 vengono licenziati 17 impiegati e 26 operai per attività politica e, l’anno dopo, sono espulsi tre membri delle Commissioni interne, tra cui quel Giulio Ourlaz che era stato partigiano e aveva fortemente contribuito alla costituzione della Repubblica partigiana.

Ne segue uno sciopero che durerà 47 giorni senza, peraltro, ottenere i risultati sperati poiché la CISL e il sindacato autonomo valdostano SAVT hanno firmato, in contrasto con la CGIL, un accordo che limita fortemente i diritti sindacali in azienda.

Gli ultimi anni della vita di Franz sono caratterizzati da un lato da profonde riflessioni sul senso della vita, dall’altro da un’attività politica di base.

Riprende il tema del rapporto fra determinismo e libero arbitrio, alla luce dei Vangeli e degli scritti dei Padri della Chiesa, sfida il pregiudizio dell’inconciliabilità tra sentimento religioso e materialismo.

Nei suoi scritti si trova l'essenza di una concezione profonda della vita, in cui religione, etica, cultura e politica sono fattori strettamente interdipendenti, non solo per la crescita dell'uomo singolo, ma della stessa società.

Contemporaneamente frequenta la sezione del PCI di Torino a cui è iscritto, e la comunità di sinistra e progressista del capoluogo piemontese.

Intanto, in seguito al lavoro e ai matrimoni, la famiglia si è un po' dispersa: Giulio, geologo, rimane a Torino prima all’Università poi al CNR; Piero (fig. 17), anch’esso geologo, è professore di Geologia all’Università di Pisa; infine, Orsetta, che è laureata in Scienze naturali, vive a Roma con il marito Saverio Tutino [30] (fig. 18) ed è borsista al CNR.

Di conseguenza, Franz viaggerà spesso tra Roma e la Toscana per andare a trovare i figli.

Gravemente malato, vuole morire come è vissuto, coerentemente, nella certezza che ciascuno raccoglierà quello che ha seminato.

Nelle disposizioni testamentarie, redatte già nell’ottobre 1955, scrive: «In qualche modo ci si ritrova. Niente Paura… Spero anche che non mi vestirete da stupido. Basta un lenzuolo, come si faceva una volta.»

Muore il 3 dicembre 1959, dopo molti mesi di dolorosa malattia.

Nel suo ricordo, pubblicato sul “Bollettino della Società Geologica” e poi sui “Resoconti dell’Associazione Mineraria Sarda”, a sottolineare il legame tra Elter e la Sardegna, l’amico di una vita Arturo Debenedetti riassumerà nella frase iniziale, prima di descriverne la vita, la qualità umana e sociale dell’uomo: «Chi ha avuto l’occasione di avvicinarlo non può averlo dimenticato e non lo dimenticherà, ma la memoria della Sua vita e del Suo lavoro deve rimanere, come esempio anche fra i geologi che non Lo hanno conosciuto personalmente; anche se la Sua opera di geologo (pubblicata solo in minima parte) non è nota come quella mineraria, la cui importanza è riconosciuta da quanti in Italia si occupano di miniere...».


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[29] Nel 1938 la Cogne installa a Imola un complesso industriale per la produzione di proiettili e parti di cannoni, con lo scopo di inserirsi nel ricco mercato delle commesse militari. Nel dopoguerra la fabbrica, distrutta dai bombardamenti e ricostruita con il contributo volontario degli operai, sarà riconvertita per la produzione di macchine tessili.

[30] Giornalista e scrittore, tra i fondatori del giornale La Repubblica, di cui fu inviato in Sudamerica. Nel 1984 ha fondato l’Archivio Diaristico Nazionale, che nella sede di Pieve Santo Stefano raccoglie Diari provenienti da tutta Italia e da ogni genere di persone.


Fig. 17 - Piero Elter (1927-2012)

Fig. 18 - Saverio Tutino (1923-2011)

Bibliografia