Recupero museale In Emilia-Romagna

I siti musealizzati

Nella tabella che segue è riportata la lista dei siti minerari oggetto di recupero museale, in atto o in progetto al 2019, la cui distribuzione a livello comunale è mostrata in fig. 1.

Maggiori approfondimenti di questi siti sono riportati nel pdf scaricabile.

Musealizzati_EMR.xlsx

Fig. 1 - Distribuzione territoriale a livello comunale dei siti musealizzati in Emilia-Romagna

Recupero e valorizzazione del Villaggio minerario di Formignano


Nell’ottobre 1983, vent'anni dopo la chiusura, nella sala del cinema di Borello si svolsero due serate dedicate alla miniera, aventi come relatori noti studiosi e appassionati di storia: Antonio Veggiani, Giordano Conti, Sergio Lolletti, Pier Paolo Magalotti.

Nacque in quel momento l’esigenza di recuperare una storia socio-culturale ed economica di grande importanza per l’area, all'epoca caduta nell'oblio (fig. 2).

Si raccolsero racconti orali, fotografie e documenti scritti, oggetto di mostre, convegni, seminari e studi sulle miniere cesenati.

Si ripristinò la tradizione della festa di Santa Barbara, patrona dei minatori.

Si andò «alla riscoperta della nostra storia, di tutto ciò che in qualche modo ha formato e trasformato il suo tessuto sociale, politico e culturale», come affermò Lanfranco Gentili, allora Presidente del Quartiere Borello di Cesena, nella presentazione di una pubblicazione del 1986 intitolata “Zolfi e zolfatari, un’attività mineraria scomparsa del Cesenate”, che illustrava un’omonima mostra realizzata nel quartiere e tenutasi presso la Biblioteca Malatestiana.

L’anno dopo, in marzo, venne costituita la “Società di Ricerca e Studio sulla Cultura Materiale e Antropologica della Romagna Mineraria”, che nel 1996 diventerà “Società di Ricerca e Studio della Romagna Mineraria” (SRSRM) di cui il Gentili sarà Presidente.

Scopo della SRSRM era quello di:

  • svolgere una attività interdisciplinare di ricerca, studio e valorizzazione del patrimonio minerario, materiale e culturale, della Romagna;

  • promuovere il recupero delle più significative testimonianze di archeologia mineraria.

Dai 9 soci fondatori si è passati ai circa 400 del 2016, che includono anche enti pubblici come lo stesso Comune di Cesena.

Allo scopo di recuperare il villaggio minerario, la SRSRM commissionò a un gruppo di architetti [1], professori della Facoltà di Architettura dell'Università di Firenze, esperti e specialisti locali un Progetto di fattibilità.

Il progetto, sovvenzionato dal Comune, prevedeva l’acquisizione di un’area di 90 ettari intorno al villaggio, allo scopo di realizzare un vero e proprio parco museo.

Nel 1999 l’area del villaggio venne acquisita dal Comune di Cesena e, successivamente al vincolo ai sensi del D.Lgs n. 42 del 22 gennaio 2004 (Codice dei Beni Culturali), inserita nell’elenco degli immobili comunali che presentano interesse storico e artistico.

Quello stesso anno divenne sindaco di Cesena Giordano Conti, già correlatore della tesi di cui alla nota [1] e membro del gruppo di studio del Progetto di fattibilità.

I due mandati del sindaco Conti (1999-2009) furono ricchi di scritti e discorsi sull’importanza dell’ex villaggio minerario di Formignano, che, però, si concluderanno con un nulla di fatto dal punto di vista del recupero del villaggio per mancanza di fondi stanziati, a parte la realizzazione del monumento bronzeo di Tito Neri “Il minatore” (fig. 3), inaugurato il 1° ottobre 2005, nell'ambito della Sagra del minatore, organizzata annualmente dal 1992 nella prima domenica di ottobre.

Nel febbraio 2010 il Comune, guidato dal nuovo Sindaco Lucchi, decise di provare a coinvolgere i privati nel progetto di Parco delle Miniere di Zolfo, già messo a punto nel 2002 per la partecipazione con esito negativo [2] a un bando LIFE-Enviroment e rielaborato nel 2004 da un team di architetti che ebbe dal comune l'incarico di redigere un progetto di "Allestimento del Museo Minerario di Formignano”, articolato in tre stralci per un ammontare previsto di 7 milioni di euro (fig. 4):

  • parte museale: con il recupero degli edifici per ripristinare parzialmente il ciclo produttivo e offrire al visitatore un approccio diretto alla vita della miniera;

  • usi collaterali: con il recupero di edifici da convertire ad attività di servizio, su cui impegnare partner privati a sostegno della gestione;

  • parco naturalistico: attraverso il recupero dei 90 ettari dell’area mineraria vasta in modo da unire “natura e cultura”.


Il pre-bando, pubblicato con richiesta di manifestazione d’interesse rivolta a imprenditori interessati alla gestione di un servizio di ristorazione all’interno del costituendo Parco, andò però deserto.

Nel luglio 2010, il Settore Edilizia Pubblica del Comune (Det. 1141/2010) approvò il progetto esecutivo «Allestimento Museo Miniera di Formignano 1° stralcio Risanamento conservativo» per un importo di 700,000 euro e determinò di procedere all’appalto dei lavori.

Nel novembre 2011, tuttavia, il mancato interesse dei privati e la conseguente incertezza sulla possibilità di realizzare i successivi stralci del progetto convinsero il Comune a destinare i fondi del Progetto ad altre spese, considerate prioritarie.

Il 2012 fu un anno tremendo, le eccezionali nevicate di febbraio e il terremoto di maggio infersero un duro colpo agli edifici del villaggio minerario.

Negli anni successivi non molto è stato fatto dall’istituzione comunale per realizzare il progetto relativo al Villaggio Minerario di Formignano, a parte una struttura prefabbricata in legno installata nell’area del villaggio nell’aprile 2017.

Questa struttura, attuale sede della SRSRM, in cui hanno trovato collocazione i numerosi materiali documentari sulle miniere, rappresenta un primo passo per organizzare uno spazio museale permanente aperto alla fruizione dei visitatori che nell'ipotesi di progetto, a partire dalla dislocazione originaria degli edifici minerari (fig. 5), dovrebbe essere organizzato come mostrato nella fig. 6.

Oltre allo spazio museale, rimane sempre in piedi il progetto di organizzare un sistema ricettivo ricreativo-turistico e la sistemazione dell’area vasta di 90 ettari a parco naturalistico-culturale, dotato di propria sentieristica.


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[1] L'anno prima gli architetti, ancora laureandi, avevano presentato una tesi dedicata proprio al recupero museale del villaggio di Formignano,

[2] Il risultato negativo non dipese dalla qualità del progetto, ma dall'incongruenza tra il suo contenuto socio-culturale e l'ambito prettamente naturalistico del bando.

Fig. 2 - Il villaggio minerario di Formignano abbandonato alla rinaturalizzazione

Fig. 3 - Il monumento in bronzo “Il minatore” di Tito Neri al Villaggio minerario di Formignano

Fig. 4 - Progetto Formignano articolato in tre stralci

Fig. 5 - Impianti di superficie della miniera di Formignano

Fig. 6 - Progetto di recupero museale della Miniera di Formignano

Gli spazi espositivi più tradizionali (in rosso) sono collocati negli edifici magazzini e officine, con uno sviluppo lineare.

L’ingresso al museo è connesso con il centro di documentazione, con la sede della “Società di Ricerca e Studio della Romagna Mineraria” (SRSRM), cui è demandata la gestione delle iniziative culturali, e con una sala attrezzata con PC per consentire a studiosi e specialisti i necessari approfondimenti.

L’ordinamento espositivo si muove secondo un preciso indirizzo critico: bacino minerario romagnolo, zolfo nella storia, concessioni minerarie, industria solfifera e, nel fabbricato più a valle, attività degli zolfatari, la vita e il loro mondo. Il verde indica gli spazi museali al coperto, cioè quell’ambiente in cui la cabina elettrica di trasformazione, la lampisteria, gli impianti di sollevamento e areazione, i sistemi di trasporto su binari sono stati, non solo ripristinati, ma messi a disposizione del pubblico per essere “gustati”.