Le miniere di magnetite di Cogne
Geologia e giacimentologia
Il giacimento di Cogne, ubicato a 2.5 km ca. a NE dell’abitato tra i 2,000 e i 2,500 (Liconi) metri di quota, si ritrova in un contesto geologico-petrografico caratterizzato, come già ricordato, dalla presenza di una formazione a calcescisti con pietre verdi, nota come “Mesozoico a facies piemontese”, con motivo strutturale a “isoclinale” con direzione OSO-ENE e inclinazione di 20÷50° verso NNO.
Localmente la serie geologica è rappresentata, dal basso in alto, da:
quarziti sericitiche;
calcari più o meno dolomitici;
carniole e gessi triassici;
calcari marmorei micacei;
calcescisti triassici e giurassico-cretacei, con intercalazioni di ofioliti.
II corpo minerario, interamente racchiuso in una massa serpentinitica, in prossimità del contatto inferiore di questa con le dolomie triassiche, si configura come una grossa lente a tendenza colonnare, concordante con l’andamento generale della scistosità, che si sviluppa prevalentemente nel senso dell’immersione, con una pendenza media intorno a 40°.
In profondità esso si smembra in due masse principali, accompagnate da alcune lenti minori, che tornano quindi a riunirsi in un corpo unico di dimensioni via via decrescenti verso il basso.
Il suo sviluppo è di circa 600 m secondo l'immersione, mentre raggiunge un massimo di circa 250 m in direzione, in corrispondenza delle sue parti superiori.
Lo spessore, piuttosto variabile da punto a punto, raggiunge i 60-70 m nelle parti alte, riducendosi a pochi metri in profondità.
Tale morfologia mostra nel suo insieme che il giacimento ha condiviso con la roccia incassante l’evoluzione tettonica alpina, cosa ben confermata, peraltro, dal generale stato di ricristallizzazione metamorfica che il giacimento denuncia a livello microstrutturale.
Sia nel giacimento principale che nella vicina mineralizzazione di Larcinaz, il minerale è costituito essenzialmente da magnetite (con tenori in Fe del 45-50%) e, assai subordinatamente, da ematite, pirrotina, calcopirite, associati a ganga di serpentino prevalente e, in misura minore, di olivina, calcite, dolomite.
Sulla base delle osservazioni di campagna sul giacimento, sulla composizione geochimica e mineralogica e sulle rocce incassanti, si possono fare le seguenti considerazioni:
il giacimento ha condiviso con le rocce incassanti i fenomeni di deformazione e ricristallizzazione avvenute in età alpina;
l’associazione magnetite-serpentinite è più antica del contatto tettonico inferiore e, quindi, anteriore alla messa in posto delle falde;
la magnetite è più antica rispetto alla sedimentazione delle rocce di tetto, che non sono mai mineralizzate;
esiste, pertanto, uno stretto legame spaziale e genetico tra magnetite e serpentinite, presente in tutte le altre mineralizzazioni simili valdaostane;
il profilo geochimico e cristallografico non corrisponde a nessuno dei giacimenti di segregazione magmatica conosciuti;
è possibile collegare la magnetite (Fe3O4) a un processo di serpentinizzazione (Mg3Si2O5(OH)4) dell’olivina ((Mg,Fe)2SiO4) [1] presente nelle rocce incassanti, che sarebbe, però, avvenuto prima della tettonica alpina e la formazione del giacimento potrebbe, quindi, conseguire da processi di mobilizzazione e concentrazione del ferro, legati a tale serpentinizzazione ·e controllati dal gradiente termico ambientale.
____________________________________
[1] Serie isomorfa continua da forsterite (Mg2SiO4) a fayalite (Fe2SiO4).
Cenni storici
[2]
A parte quelle già svolte ai tempi dei romani, la prima testimonianza di un’attività mineraria a Cogne nel Medioevo non riguarda il ferro, ma l’argento, e risale alla metà del XII secolo quando il conte Umberto III di Savoia concesse al Vescovo «la metà dell’argentaria che fosse trovata in terra Ecclesia», in dialetto Val Elliese da cui il nome Valeille.
Ancora di argento di Cogne si parla nel 1421, quando il vescovo si impegnò a fornire il minerale della Valeille per la realizzazione della cassa-reliquario di San Grato, un cassone in legno ricoperto d’argento con statue e bassorilievi conservato nel Museo della Cattedrale di Aosta.
Ma il vero e proprio processo di sfruttamento delle risorse minerarie della Valle d’Aosta prese l’avvio, insieme allo sviluppo della metallurgia del ferro e del rame, da un quadro economico disastroso che caratterizzò il Settecento, con le guerre tra Francia e Austria, per la successione al trono di Spagna e il predominio in Europa, che determinarono frequenti occupazioni da parte di eserciti stranieri e savoiardi nel territorio valdostano.
Cogne, antico feudo vescovile, svolse un ruolo centrale in questa nuova attività mineraria e metallurgica grazie ai suoi giacimenti di magnetite.
La situazione era però assai complessa a causa del mai sanato conflitto tra il Vescovo e la comunità locale sul diritto di estrazione del minerale: dal 1640 gli abitanti di Cogne si ritenevano, infatti, proprietari del ferro che estraevano e lavoravano nelle loro fonderie.
I veri protagonisti della metallurgia in Valle d’Aosta furono, però, i bergamaschi:
Carlo Mutta, da Bordogna in Val Brembana, che riuscì ad alimentare il forno fatto costruire alla Nouva, lungo la strada per Aymavilles;
i suoi figli che ricercarono minerali in altre parti della Valle d’Aosta, impiantando attività estrattive e fonderie a Valmeriana, Champdepraz, Champorcher e Châtillon;
i Gervasone, giunti in Valle come fonditori nelle fabbriche dei Mutta, che svolsero un ruolo importante nella metallurgia del Settecento, in particolare a Châtillon, Ussel e Verres.
A fine del Settecento, la Rivoluzione Francese e i conseguenti cambi di regime segnarono la temporanea fine dello sfruttamento delle miniere in tutto il Dipartimento.
Ma già a inizio Ottocento lo Stato francese iniziò a guardare con maggiore interesse alle miniere, fino a fare della Valle d’Aosta, con una produzione di 11 chilogrammi pro capite, la regione italiana con la più alta concentrazione di attività siderurgiche, essendo in funzione 9 altiforni e 15 fucine.
In questo complesso panorama si inserì il tentativo innovativo, e per l’epoca rivoluzionario, della gestione comunitaria della miniera di Cogne.
Promotore e artefice di questa iniziativa è il dottor César Emmanuel Grappein (fig. 1), nato a Cogne il 22 aprile 1772, che, dopo aver intrapreso e abbandonato gli studi teologici, nel 1804 aveva conseguito a Torino la laurea in medicina.
Tornato a Cogne si dedicò alla guida dell’amministrazione, spinto dalle idee illuministe e rivoluzionarie e fermamente convinto che i suoi concittadini fossero in grado di gestire in proprio l’attività mineraria sotto la guida dell’amministrazione comunale.
Egli intuì, innanzitutto, che il problema più importante da risolvere è quello del trasporto del minerale alle fonderie, che venne risolto con una strada iniziata nel 1816 secondo il progetto di André Joseph Perrod e terminata nel 1824, grazie al sistema feudale del lavoro gratuito (a corvées) rinnovato tutte le estati.
Tuttavia, nonostante la nuova strada, l’organizzazione del lavoro rimase molto problematica.
Secondo un rapporto dell’ingegnere del Corpo delle Miniere del 1861: «compiuti i fori da mina, il minerale viene fatto brillare e trasportato con barelle al piazzale di cernita, dove viene selezionato ad opera di alcuni vecchi minatori e fatto scendere con piccole carrette trainate da tre uomini lungo una via inclinata fino alla partenza delle slitte. Lo slittatore, partito da Cogne con la slitta sulle spalle verso mezzanotte e giunto dopo quattro ore di marcia, carica la slitta con 700-1000 kg di minerale e in circa tre ore scende al deposito dell’Entrepot. Da qui il minerale è avviato a mezzo di carrette o di slitte trainate da un uomo o da un mulo al magazzino di Vieyes, distante circa 12 km, dove l’addetto al trasporto lo deposita, riprendendo quindi la strada per Cogne».
Agli inconvenienti del trasporto si aggiungevano quelli causati dal metodo di estrazione “a camere e pilastri”, che determinava la perdita di una grande quantità di minerale nei pilastri di sostegno delle gallerie e che diventò presto “un incubo fatale” per gli imprenditori metallurgici, che lamentavano sia l’insufficiente fornitura, sia l’elevato costo imposto dall’amministrazione.
Nel 1833 Grappein fu sconfitto e con lui finì l’utopia comunitaria di Cogne che, per un effettivo decollo dell’attività mineraria, dovrà aspettare imprenditori come Theys, Van der Straten Ponthoz e Perrone, ancora una volta degli “stranieri” come lo erano stati i Mutta e i Gervasone.
Il 1885 segnò l’avvio di una nuova fase di sviluppo sociale ed economico della Valle d’Aosta, con la nascita della Société Valdôtaine pour l’Eclairage Public, con una piccola centrale sul Buthier destinata e rivoluzionare l’illuminazione pubblica della città.
Due anni dopo entrò in funzione a Pont-Saint- Martin la Società Elettrometallurgica per il trattamento del rame, destinata a diventare nel 1918 la SIP (Società Idroelettrica Piemontese), uno dei maggiori gruppi italiani nel settore elettrico.
Quindi, nel 1898, la miniera di Cogne, inattiva ormai da alcuni decenni, fu affittata prima e acquistata poi per 80 lire dal belga Alfred Theys, che agiva insieme al conte Van der Straten Ponthoz.
Nel 1909 nacque la Società Anonima Miniere di Cogne che, sotto la residenza di Carlo Marcello Bombrini, iniziò una fase di attente ricerche geologiche e di perforazioni che permisero di valutare in più di 5 milioni di tonnellate la consistenza del giacimento.
Nel quadro di un razionale sfruttamento dell’intero bacino minerario, venne nominato il primo direttore della miniera nella persona dell’ingegnere svedese Ranjar Nordensten, furono acquistate le antiche fonderie di Villeneuve e Aymavilles e predisposte le teleferiche Liconi-Colonna e Colonna-Molina, fu avviata la costruzione del complesso di Colonna, degli impianti per il trattamento del minerale e della centrale di Lillaz, che forniva l’energia necessaria per i compressori.
Tra la fine del 1915 e l’inizio del 1916, la società in difficoltà venne incorporata dalla Gio. Ansaldo e C. dei fratelli Perrone, che acquistò la miniera e tutti gli impianti, costruì ad Aosta un’acciaieria elettrica e realizzò, su progetto dell’Ing. Gilardi di Milano, la ferrovia a scartamento ridotto Cogne-Acque Fredde (fig. 2), costruita tra 1916 e il 1922 e lunga 11,645 metri, di cui 8,225 in galleria sotto il colle del Drinc (fig. 3), che risultava, all’epoca, la più lunga in Europa di quel tipo.
Le miniere di Cogne diventarono, quindi, la testa di un sistema verticale a ciclo completo che l’Ansaldo intese costituire nei vari settori delle industrie meccaniche, elettromeccaniche, navali, chimiche e aeronautiche, con stabilimenti ad Aosta, Sampierdarena, Cornigliano, Pegli, Torino, La Spezia ed altri.
Il 1921, però, fu un anno di profonda crisi per l’Ansaldo che, nel quadro di una vasta opera di risanamento finanziario e di ristrutturazione, cedette nel 1923 gli impianti, le miniere e le attività produttive alla neocostituita S.A. Ansaldo Cogne, che l’anno dopo, insieme all’industriale svizzero Paul Girod, fondatore delle Aciéries Electriques di Ugines, diedero vita alla S.A. Acciaierie Elettriche Cogne-Girod.
In seguito alla riunificazione del pacchetto azionario e attraverso diverse vicende istituzionali si pervenne, il 12 marzo 1929, alla costituzione della Società Anonima Nazionale Cogne e alla nomina di Franz Elter (fig. 4) come direttore delle miniere.
Di origine lussemburghese, giunto a Cogne già nel 1921 come assistente della sezione di Ingegneria mineraria del professor Stella, nell’ambito dei rilevamenti geologici del tracciato della galleria del Drinc, diventò in breve il maggiore esperto minerario, creando un complesso che rimarrà un modello di efficienza industriale.
Realizzate nuove ricerche e tracciamenti, terminata la costruzione della ferrovia, delle teleferiche e delle laverie di Cogne e Aosta, Elter avviò la produzione introducendo in Italia il metodo della coltivazione a magazzino e sostituendolo, più tardi, con il metodo dei sottolivelli.
Nei primi anni ’30 del XX secolo la Cogne entrò nell’IRI e diventò, così, una “azienda speciale” dello Stato, cui venivano commissionate importanti forniture di proiettili e serbatoi per siluri.
Con lo scoppio della 2a guerra mondiale i reparti della miniera vennero riorganizzati e l’azienda crebbe fino ai circa 10,000 addetti del 1944, ma già a partire dal 1942 cominciarono a farsi sentire pesantemente le vicende umane e industriali che caratterizzarono quel drammatico periodo.
Profondamente antifascista, padre di due figli partigiani, uno dei quali, Giorgio, resterà ucciso presso Aosta e sarà medaglia d’argento della Resistenza, Elter si adoperò, durante il periodo della Repubblica partigiana di Cogne, per la pacifica convivenza tra le bande partigiane ospiti e la popolazione ospitante.
A questo proposito nel suo memoriale dichiarò: «In qualità di Direttore della miniera della Cogne ho ritenuto mio dovere di resistere alle direttive collaborazioniste dall’8 settembre ’43 in poi. Ho agito dapprima con molta prudenza, perché un arresto improvviso della produzione mineraria avrebbe provocato probabilmente la graduale asportazione degli impianti e la deportazione della mano d’opera… Durante il periodo dell’occupazione di Cogne da parte delle truppe partigiane ho cercato di contribuire con tutte le mie forze perché queste fossero fornite di viveri dai magazzini della miniera, di esplosivi, di indumenti, eccetera. Fu anche iniziata con successo la fabbricazione di bombe ad alto potenziale e di fucili mitragliatori. Detti inoltre la mia collaborazione tecnica e partecipai ad atti di sabotaggio della ferrovia in fondo valle. Le interruzioni frequenti di ponti e della linea ferroviaria riuscirono opportune e solo una minima parte della produzione siderurgica di Aosta poté essere esportata mentre 40,000 tonnellate di acciaio rimasero sui piazzali di Aosta… Due dei miei figli hanno combattuto con l’esercito partigiano. Uno di essi cadde in combattimento il 6 settembre 1944 per la causa dell’umanità e della libertà della patria».
Dopo il 2 novembre 1944, giorno della caduta della Repubblica di Cogne, riparò in Svizzera dove fu internato nei campi profughi, prima di rientrare in Italia, partecipare alla Liberazione di Aosta il 28 aprile 1945 e assumere il ruolo di commissario straordinario nel consiglio di amministrazione, che mantenne fino al 1953 quando fu sostituito da Giuseppe Anselmetti, che fu nominato direttore generale e amministratore delegato.
Fig. 1 - Ritratto di César Emmanuel Grappein
Fig. 2 - La ferrovia a scartamento ridotto Cogne-Acque Fredde
Fig. 3 - Tracciato della ferrovia a scartamento ridotto Cogne-Acque Fredde
Fig. 4 - Franz Elter, storico direttore della miniera di Cogne
Negli anni Cinquanta la società non riuscì a operare gli investimenti necessari per intensificare la produzione, che raggiunse un massimo di 355,138 tonnellate [3] nel 1956, e ridurre i costi in modo da poter sostenere la nuova economia di pace e fronteggiare un' agguerrita concorrenza.
Nonostante il rinnovamento degli impianti avvenuto negli anni Sessanta, la Cogne perse importanti fette di mercato e dal 1959 l’estrazione del minerale si concentrò a Costa del Pino, mentre furono abbandonate le gallerie superiori di Liconi e Colonna.
La coltivazione del giacimento, che ancora nel 1961 era stimato in 12 milioni di tonnellate di minerale al 38%, diventò troppo costosa per reggere alla concorrenza sui mercati internazionali, tanto che nel 1967 la Cogne arrivò a importare ferro dalla Mauritania.
Le circostanze che avevano portato alla nascita del complesso siderurgico valdostano, minerale eccellente ed energia a buon mercato, non esistevano più e la miniera, seppur non esaurita, cessò definitivamente la produzione nel marzo del 1979, anche se la concessione è rimasta vigente, passando negli anni in varie mani (tra cui ILVA e IRITECNA) fino ad essere trasferita con DPGR del 30 novembre 2000 a FINTECNA S.p.A., che nel 2006 ha inoltrato istanza di rinuncia all’Autorità competente, Regione Autonoma della Valle d’Aosta, integrata nel 2010 dalla richiesta di rimozione del vincolo minerario, con conseguente cessazione dell’asservimento alla miniera dei terreni e degli altri beni rientranti nella concessione.
In tale contesto, con delibera n. 2042/2011 la Regione ha definito il programma d’interventi (sostanzialmente opere di messa in sicurezza e bonifica, con particolare riguardo alla raccolta e smaltimento delle acque interne) da eseguire a cura della concessionaria.
Il 31 ottobre 2013, la stessa società FINTECNA ha presentato la dimissione della concessione mineraria comunicando di avere terminato i lavori di messa in sicurezza della miniera e permettendo così al Comune di subentrare nella proprietà e di progettare la realizzazione di un importante sito museale minerario.
Con DGR n. 12 dell'8 gennaio 2016, infatti, la miniera è stata inserita nel Parco Minerario regionale, con le sue pertinenze che comprendono le vecchie miniere di Liconi e Larcinaz, confluite in Cogne (vedi Recupero museale).
La coltivazione del giacimento, che ancora nel 1961 era stimato in 12 milioni di tonnellate di minerale al 38%, diventò troppo costosa per reggere alla concorrenza sui mercati internazionali, tanto che nel 1967 la Cogne arrivò a importare ferro dalla Mauritania.
________________________________
_______________________________________
[2] Gran parte delle notizie di questo paragrafo sono tratte dal sito: http://www.grand-paradis.it/it/spazi-cultura/centro-espositivo-alpinart/la-miniera-di-cogne
[3] Rivista del Servizio Minerario (RSM) del 1956 pag. 396