Impianto elettrolitico di produzione dello zinco

Impianto elettrolitico di produzione dello zinco dalle calamine

L’impianto elettrolitico di produzione dello zinco (fig. 1), a partire dalle “calamine ferruginose” prodotte nella vicina miniera di Campo Pisano aventi contenuto di zinco del 20-24% quasi tutto presente sotto forma carbonatica (smithsonite) (tab. 1), progettato dal Prof. Livio Cambi ed entrato in funzione nel 1926, era così articolato:

  • reparto ricevimento e preparazione del minerale, costituito da silos di stoccaggio di 750 m3, forno di essiccamento, due mulini a tamburo (6 t/h) per macinare la calamina essiccata e un mulino tubolare (1.6 t/h) per la ganga calcarea.

Durante l’essiccamento per via del calore si libera l’anidride carbonica CO2 e rimane l’ossido di zinco ZnO, secondo la reazione:

ZnCO3 + calore → ZnO + CO2

Il macinato veniva caricato in due silos in cemento armato da 150 m3;

  • reparto di lisciviazione, provvisto di 10 tine da 40 m3 disposte su due file parallele, dove la calamina macinata veniva lisciviata con acido solforico diluito in un secondo la reazione:

ZnO + H2SO4 ZnSO4 (in soluzione)+ H2O

Ai piedi delle tine erano installati due classificatori a rastrelli per la separazione delle sabbie (contenenti fino al 7% di Zn) dalla torbida (contenente circa 170g di solido per litro).

Le sabbie venivano macinate in un mulino e quindi rimesse in ciclo per un ulteriore attacco nelle tine, mentre la torbida veniva inviata ai decantatori Dorr (fig. 2), situati nel successivo reparto;

  • reparto separazione della ganga, in cui funzionavano 8 decantatori continui Dorr di 250 m3 ciascuno, seguiti da 7 filtri continui a vuoto Oliver da 22 m2.

I decantatori producevano un addensato contenente 800÷900 g/l di solidi con il 3% di Zn, mentre i filtri separavano il fango dalla soluzione chiarificata di solfato di zinco;

  • reparto depurazione e filtrazione dell’elettrolitica, in cui le soluzioni chiarificate venivano depurate in 4 tine Pachuca di prima depurazione (sferratura), in cui si eliminavano ferro, arsenico e antimonio.

La soluzione così depurata, ma contenente ancora solidi in sospensione, veniva filtrata da una batteria di 12 filtri-pressa da 100 m2 ciascuno.

La soluzione sferrata e filtrata era ancora trattata con polvere di zinco per favorire la precipitazione del rame e del cadmio presenti (cementazione: Cu[Cd]SO4 + Zn → ZnSO4 + Cu[Cd]), per poi essere ulteriormente filtrata con altri tre filtri pressa prima dell’invio alle celle di elettrolisi;

  • reparto elettrolisi, con 192 celle di 2.5 m3 ciascuna, raggruppate in 4 batterie; ogni cella aveva 20 elettrodi negativi, in alluminio, e 21 positivi di piombo ed era alimentata con corrente elettrica fornita da quattro gruppi motore sincrono-dinamo a 6,000 A e 200 V;

  • reparto fusione, con un forno a induzione e uno a riverbero riscaldato a olio pesante, per la fusione delle lastre catodiche e la formazione dei lingotti commerciali.


L’impianto era completato da:

  • un reparto per il recupero del cadmio elettrolitico (30 t/a);

  • un reparto per la produzione della povere di zinco, destinata alla vendita e all’uso nel ciclo produttivo dell’impianto;

  • un reparto per la produzione dell’acido solforico necessario al processo elettrolitico, a partire dalla blenda e pirite di Campo Pisano.


L’impianto, in funzione senza interruzione dal 1926 al 1961, produsse 188,210 tonnellate di zinco (circa 5,500 t/a) con 504 tonnellate di cadmio (circa 15 t/a).

Agli inizi degli anni ‘60, la diminuzione dei quantitativi di calamine fornite dalla miniera di Campo Pisano portò alla decisione di utilizzare, previo arricchimento, i materiali di alcune discariche.

Venne, quindi, costruita la laveria Galletti per trattare i materiali zinciferi delle discariche di Monteponi, risultanti dai più antichi processi di laveria dei vecchi impianti.

Entrata in esercizio nel 1961, la laveria era alimentata dagli sterili al 6% di Zn della vecchia laveria Calamine, selezionati a mezzo denso per ottenere pre-concentrati al 25% di Zn.

A causa, però, della presenza in discarica di numerose specie mineralogiche che rendevano inefficiente il trattamento, si approfondirono gli studi in materia, prendendo in considerazione anche altre discariche e mineralizzazioni ossidate presenti in Iglesiente.

Fig. 1 - Edificio dell'impianto elettrolitico a Monteponi

Tab. 1 - Composizione media della calamine ferruginose di Campo Pisano

Fig. 2 - Interno dell’impianto elettrolitico di Monteponi (decantatori Dorr)

L’attenzione fu posta, in particolare, sul processo di volatilizzazione degli ossidati costruendo l’impianto di fumigazione Waelz per la produzione di ossido di zinco, costituito da:

  • un forno tubolare rotativo di 60 m che produceva fumi al 70% di Zn, realizzato nel 1964;

  • un altro forno, simile al precedente ma di soli 30 m, per l’eliminazione dai fumi di elementi indesiderati.


Entrato in funzione nel 1967, costituirà una nuova alimentazione dell’impianto elettrolitico che, per l’occasione, fu rammodernato con le innovazioni tecnologiche disponibili.

I fanghi rossi come scarto dell’impianto elettrolitico

Come scarto del processo elettrolitico descritto in precedenza si otteneva un fango costituito principalmente da idrossidi di ferro (Goethite → Fe2O3*H2O → 2FeOOH), messo a dimora in appositi bacini ricavati sui fianchi della collina.

Si sono così accumulati, a fianco della SS126 (fig. 3), “fanghi rossi” per circa 2,400,000 tonnellate su una superficie di circa 10 ettari (fig. 4), con una composizione media (tab. 2) in cui, oltre agli ossidi di ferro (44.75%), sono presenti in percentuali significative: ossidi di zinco (ZnO, 10.44%), anidride solforica (SO3, 9.90%), silice (SiO2, 5.99%), ossidi di calcio (CaO, 5.39%), allumina (Al2O3, 1.97%) e ossido di piombo (PbO, 1.18%).

Negli anni i fanghi rossi sono diventati protagonisti di un paradosso storico-culturale-ambientale:

  • da un lato, sono individuati come elemento caratteristico di una storia industriale con valenza storica e socio-culturale e come tale sottoposti a vincolo monumentale posto dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Tutela del Paesaggio di Cagliari con DM del 10 giugno 1987, a commento del quale l’allora soprintendente arch. Francesca Segni Pulvirenti scriveva: «si precisa che il vincolo sugli impianti e sulle discariche della Miniera di Monteponi viene apposto ai sensi della legge 1089 del '39, sulla tutela dei Beni Culturali, in considerazione del particolare interesse degli impianti dal punto di vista dell'Archeologia Industriale, oltre che per l'intrinseco valore architettonico di gran parte degli immobili. Le stesse discariche di materiale calaminoso, i famosi Fanghi Rossi di Iglesias, hanno ormai acquisito una tale importanza, sia come particolarità geologica, sia come parte integrante del complesso minerario, inscindibile da esso, da reclamare, da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali, un immediato intervento di tutela anche a fronte di iniziative di carattere speculativo, quali vanno delineandosi le recenti notizie apparse con grande rilievo sulla stampa. Il vincolo su Monteponi si configura, in definitiva, come azione volta a salvaguardare un autentico ‘monumento’ archeologico industriale, oltre che una fondamentale testimonianza storica dello sviluppo della civiltà del lavoro nell'Iglesiente e nell'intero Sulcis.» [1]

  • dall’altro, i fanghi rossi contengono (tab. 1) vari metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio, zinco) con concentrazioni molto maggiori dei limiti previsti dalla Legge 152/2006 per siti contaminati ad uso commerciale e/o industriale (tab. 2).

Inoltre, a causa della granulometria fine dei fanghi, questi possono essere facilmente veicolati sia per via area con il vento (fig. 5), che per via idrica con le piogge [2].


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[1] Lettera del Soprintendente Arch. Pulvirenti al Direttore de L'Unione Sarda (28/11/1986)

[2] Quando piove, il rio San Giorgio assume una colorazione rossastra, come anche lo stagno di Sa Masa e la foce verso la costa di Fontanamare. Il vento, invece, crea problemi alla frazione Bindua posta a 1 km a SW dei fanghi.


Fig. 3 - Discarica di fanghi rossi a Monteponi (Foto dell’Autore, 22 agosto 2019)

Fig. 4 - La discarica dei fanghi rossi a Monteponi (da Google Earth)

Fig. 5 - Fanghi rossi nel vento

Tab. 1 - Composizione media dei fanghi rossi

Tab. 2 - Concentrazione metalli pesanti nei fanghi rossi vs. limiti L. 152/2006)