Recupero museale in Umbria
Legislazione in materia a livello regionale
In data 14 dicembre 2007 il Consiglio regionale umbro ha approvato la Legge Regionale n. 34 (BUR n. 55 19/12/2007) “Promozione e disciplina degli ecomusei” con cui «La Regione promuove e disciplina... gli ecomusei istituiti sul proprio territorio allo scopo di ricostruire, testimoniare e valorizzare, con il coinvolgimento attivo degli abitanti, la memoria storica, la vita, i patrimoni materiali e immateriali, le forme con cui sono state usate e rappresentate le risorse ambientali, i paesaggi che ne sono derivati, i saperi e le pratiche delle popolazioni locali e le loro trasformazioni nel tempo» (art. 1 comma 1).
«Gli ecomusei sono territori connotati da forti peculiarità storico-culturali, paesistiche ed ambientali, finalizzati ad attivare un processo dinamico di conservazione, interpretazione e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale della società umbra da parte delle comunità locali, in funzione di una comprensione del ciclo ecologico, delle specificità biotopiche, geomorfologiche e demo-antropologiche e del rapporto uomo-natura, accompagnando le trasformazioni del territorio nel quadro di uno sviluppo economicamente sostenibile e ambientalmente compatibile» (art. 1 comma 2).
Il riconoscimento degli ecomusei è promosso:
«dagli enti locali singoli o associati sulla base di un progetto di fattibilità condiviso» (art. 3 comma 1 lett. a);
«da associazioni, istituzioni di natura pubblica o privata che operano nell'ambito territoriale dell'ecomuseo, previo parere favorevole degli enti locali territorialmente competenti, sulla base di un progetto di fattibilità condiviso» (art. 3 comma 1 lett. b).
«Alla gestione degli ecomusei provvedono le province territorialmente competenti, o i comuni singoli o associati nel cui ambito ricade l'ecomuseo, o le comunità montane, o altri organismi pubblici o privati anche appositamente costituiti, che abbiano comunque, come scopo, le finalità di cui all' articolo 2» (art. 5 comma 1).
È istituito presso la Giunta regionale il Comitato tecnico scientifico composto da:
«due rappresentanti dell'amministrazione regionale con competenze specifiche nelle materie oggetto della presente legge, di cui uno con funzioni di Presidente, designati dalla Giunta regionale» (art. 6 comma 1 lettera a);
«due esperti di comprovata professionalità in materia di storia, cultura e antropologia culturale, geografia e paesaggio e comunque nelle materie di cui alla presente legge, designati dall'Università degli Studi di Perugia» (art. 6 comma 1 lettera b);
«tre rappresentanti designati dal Consiglio delle autonomie locali”»(art. 6 comma 1 lettera c).
Tra gli ecomusei già riconosciuti c’è l’Ecomuseo geologico minerario di Spoleto.
I siti musealizzati
Nella tabella che segue è riportata la lista dei siti minerari oggetto di recupero museale, in atto o in progetto al 2019, la cui distribuzione a livello comunale è mostrata in fig. 1.
Maggiori approfondimenti di questi siti sono riportati nel pdf scaricabile.
Fig. 1 - Distribuzione a livello comunale dei siti musealizzati in Umbria
Ecomuseo geologico e minerario di Spoleto
L’Ecomuseo Geologico Minerario di Spoleto “concretizza un’idea progettuale perseguita da anni dalla popolazione e dal Comune di Spoleto per il recupero delle testimonianze archeologico industriali, della cultura materiale, della memoria individuale, collettiva e sociale che costituiscono un elemento identitario per la popolazione e rappresentano un patrimonio importante per uno sviluppo sostenibile dell’area, incentivando inoltre attività culturali, turistiche, produttive innovative condivise”.
Il museo non si limita all’area strettamente attinente alle miniere spoletine, ma comprende il territorio che si estende per circa 350 km2 dai Monti Martani alla valle del Marroggia-Tessino comprendendo la Montagna Spoletina fino ad affacciarsi sulla Valnerina (fig. 2).
L’ecomuseo è articolato nelle seguenti strutture:
Laboratorio di Scienze della Terra, museo didattico scientifico del Comune di Spoleto realizzato intorno alla storica Collezione Toni - raccolta ottocentesca ricca di oltre 5000 reperti di rocce, fossili, minerali - e al fondo Albino Frongia, contenente materiale relativo alle miniere lignitifere situate nel territorio dei comuni di Todi, Montecastrilli, Acquasparta, Baschi, Massa Martana, Gualdo Cattaneo, Giano dell'Umbria, Cerveteri e altri comuni laziali.
Centro Informativo di S. Nicolò di Marroggia
Oltre a quello rilevante delle miniere di lignite che ha caratterizzato la storia spoletina tra Ottocento e Novecento, i tematismi affrontati riguardano le risorse naturali e ambientali, le acque e il loro utilizzo, gli aspetti geopaleontologici, i materiali lapidei con i relativi siti estrattivi e gli utilizzi archeologici e storici per l’edificato, le opere d’arte, le attività produttive, nell’ottica di un museo diffuso della cultura materiale avente come obiettivo la riappropriazione identitaria dei luoghi, delle storie, del patrimonio culturale e la promozione e valorizzazione di questo patrimonio sia a livello turistico che di impresa.
Fig. 2 - Limiti territoriali dell’ecomuseo geologico e minerario di Spoleto
Museo delle miniere di Morgnano
Le miniere di Spoleto hanno contribuito allo sviluppo economico della città e dato lavoro a numerose famiglie, non poche delle quali hanno dovuto pagare un contributo di vite umane, rimasto nella memoria collettiva.
Qui come nelle altre zone di estrazione il minatore percorreva chilometri a piedi o in bicicletta per recarsi al cantiere minerario e tornare, dopo un duro turno di lavoro sotterraneo, all'originario lavoro del contadino.
A questa epopea operaia e contadina è dedicato questo museo (fig. 3) che vuole mostrare dove affondano le radici della moderna società spoletina.
Il museo è realizzato sul Pozzo Orlando, l’antico pozzo di estrazione del complesso minerario spoletino, luogo simbolo della memoria sia per l’importanza dell’opera e la sua centralità nel sistema estrattivo, sia per le tragiche vicende di cui fu teatro nel 1955 (fig. 4) e che segnarono per sempre la memoria collettiva della città di Spoleto.
Il museo propone la visita alla mostra espositiva SpoletoMiniere, alle raccolte di materiali, reperti, documenti conservati e la visione di filmati realizzati con il contributo testimoniale di ex minatori.
Inoltre, l’Associazione Amici delle Miniere che gestisce il Museo si propone di:
perseguire ulteriori azioni fattive per il recupero della memoria storica dell’attività mineraria;
realizzare un CEntro di Documentazione sull’Attività Mineraria (CEDAM), anche con attività museali;
promuovere:
la raccolta di collezioni, reperti, documenti e testimonianze varie sull’attività delle miniere;
azioni di cooperazione nazionale e transnazionale per il raggiungimento degli obiettivi succitati;
qualunque attività utile allo sviluppo del territorio, specialmente nel campo geologico e naturalistico e del turismo e compatibile, collegato alle tematiche indicate;
attività di studio, ricerca e didattica, di escursionismo e soggiorno, di turismo ecocompatibile collegato ai temi della memoria delle miniere, ai territori interessati storicamente dall’ attività mineraria e all’ ambiente fisico in generale;
assumere la gestione di strutture ed attività collegate ai temi elencati;
sviluppare attività:
editoriale, filmica e di comunicazione multimediale;
di formazione, aggiornamento e di servizi, con particolare riguardo agli ex-minatori, alle famiglie e a quanti riconoscono le loro radici in quella storia.
Fig. 3 - Ingresso del Museo delle miniere di Morgnano
Fig. 4- Ingresso del Museo delle miniere di Morgnano
Museo Paleontologico “Luigi Boldrini” di Pietrafitta
Il Museo Paleontologico “Luigi Boldrini” (fig. 5) ospita la ricca collezione paleontologica rinvenuta negli anni ‘60-‘90 nella miniera di lignite di Pietrafitta.
L’esposizione si snoda lungo un percorso circolare, nel quale si possono ammirare molti dei reperti più interessanti della collezione di vertebrati fossili di Pietrafitta: pesci, anfibi, rettili, uccelli, roditori e insettivori, carnivori, scimmie, rinoceronti, antilopi e cervi, fino ad arrivare ai giganteschi mammut (fig. 6).
Un viaggio nel tempo permette di tuffarsi nella Pietrafitta di un milione e mezzo di anni fa, quando il territorio era occupato da paludi e acquitrini circondati da una rigogliosa vegetazione, che attirava la ricca fauna oggi esposta nel museo.
Fig. 5 - Sede del Museo Paleontologico “Luigi Boldrini” di Pietrafitta
Fig. 6 - Scheletro parziale di Mammuthus meridionalis lasciato in posizione di rinvenimento in una “culla” di cemento armato.
Il principale artefice della raccolta paleontologica di Pietrafitta fu Luigi Boldrini, al cui nome è dedicato il museo.
Quando comincia questa storia a metà degli ’60 del XX secolo, Boldrini era un minatore, per la precisione Assistente Capoturno di miniera, che vedendo qualcosa “biancheggiare” nella lignite estratta dagli escavatori fece interrompere gli scavi.
Dalla lignite estratta emersero frammenti di ossa di grandi mammiferi (fig. 7), i primi reperti della grande raccolta che seguirà e che comprenderà resti di elefanti, rinoceronti, orsi, bovini, cervi, equini, castori, tartarughe, insomma di tutta quella fauna che popolava il grande bacino lacustre.
Naturalmente, una tale iniziativa non poteva rimanere un fatto “privato” di un singolo cittadino, così già dal 1968 si attivò una prima collaborazione tra Università di Perugia e la dirigenza ENEL della centrale di Pietrafitta, da cui dipendeva la miniera.
Anche in quest’ambito fu determinante la competente supervisione di Boldrini, che, insieme ad altri tecnici della miniera, permise di risolvere i diversi e complessi problemi tecnici che si presentavano quotidianamente nell’attività di recupero dei fossili.
Fig. 7 - Luigi Boldrini osserva alcuni reperti fossili recuperati
Per approfondimenti su gli altri siti musealizzati si rimanda al pdf scaricabile.