I giacimenti superficiali supergenici
Quando i metalli concentrati nella crosta terrestre vengono esposti alla superficie, gli agenti atmosferici li sottopongono a una serie di processi di alterazione chimica che provocano ulteriori concentrazioni
La relazione tra l’alterazione e la formazione di minerali è spesso un elemento chiave che porta alla creazione di un giacimento sfruttabile e molti minerali non sarebbero sfruttabili se non fosse per ciò che avviene comunemente nell’ambiente superficiale.
Esistono diversi tipi di depositi in cui la fase finale di arricchimento è legata ai processi di alterazione superficiale. Alcuni di questi tipi di depositi sono economicamente molto importanti e contengono minerali, come la bauxite, che non si trovano in nessun’altra forma.
I processi di formazione dei minerali nell’ambiente superficiale sono intimamente associati alla pedogenesi, o formazione del suolo, che è un processo complesso e sfaccettato che riflette il clima locale e le interazioni chimiche dominanti tra roccia e atmosfera. Il suolo stesso è una risorsa estremamente preziosa poiché la produzione alimentare mondiale dipende in gran parte dalla sua esistenza e conservazione.
Molti metalli diversi sono arricchiti nell’ambiente superficiale, i più importanti dei quali, dal punto di vista metallogenico, includono Al, Ni, Mn, Fe, Cu, Au, Pt e U.
I lateriti, in particolare, vanno considerati con attenzione dati i loro arricchimenti associati di Al, Ni, Au ed elementi del gruppo del platino (PGE).
Sono importanti, inoltre, i depositi di argilla, calcreti e la mineralizzazione dell’uranio associata, così come l’arricchimento supergene del Cu nei depositi di tipo porfirico.
SOMMARIO
I principali processi chimici che contribuiscono all’alterazione includono:
Dissoluzione: il processo in cui i minerali si dissolvono in acqua.
Idrolisi: la reazione dei minerali con l’acqua, che porta alla formazione di nuovi minerali e al rilascio di ioni.
Idrolisi acida: simile all’idrolisi ma limitata soluzioni acide, più efficienti nella decomposizione dei minerali.
Ossidazione: la reazione dei minerali con l’ossigeno, che porta spesso alla formazione di ossidi.
Una volta iniziata l’alterazione e prodotte particelle fini di argilla, lo scambio cationico promuove ulteriormente la decomposizione dei minerali nella zona di alterazione.
Le solubilità relative dei diversi elementi nelle acque superficiali dipendono da una varietà di fattori, ma possono essere previste qualitativamente (fig. 1) in termini del loro potenziale ionico (o del rapporto tra carica ionica e raggio ionico).
I cationi con bassi potenziali ionici (<3) sono facilmente idratati e sono mobili in una gamma di condizioni, sebbene precipitino in condizioni alcaline e siano facilmente adsorbiti dalle particelle di argilla.
Allo stesso modo, gli anioni con alti potenziali ionici (>10) formano complessi solubili e si dissolvono facilmente, ma precipiteranno insieme agli elementi alcalini. Gli ioni con valori intermedi (potenziali ionici tra 3 e 10) tendono ad essere relativamente insolubili e precipitano facilmente come idrossidi.
Nel range di pH in cui esistono la maggior parte delle acque sotterranee (5-9), il silicio è più solubile dell’alluminio e di conseguenza l’alterazione chimica tenderà a lisciviarlo, lasciando una concentrazione residua di Al immobile e ossidi/idrossidi ferrici.
Questo è tipico dei processi di formazione del suolo in aree tropicali ad alta piovosità e produce profili di suolo lateritico, che possono anche contenere concentrazioni di bauxite (minerale di alluminio) e Ni. Tuttavia, i suoli lateritici non si formeranno in condizioni acide (pH < 5) poiché in quel contesto Al è più solubile di Si e i suoli risultanti sono arricchiti di silice e tipicamente impoveriti di Al e Fe.
Un altro processo che contribuisce alla dissoluzione dei minerali nella zona di alterazione è l’idratazione. In soluzioni acquose, le molecole d’acqua si raggruppano attorno alle specie ioniche a causa della loro polarità di carica e questo contribuisce all’efficacia dell’acqua come solvente di composti ionici. L’idratazione dei minerali può avvenire anche direttamente, come nel caso della formazione di gesso (CaSO4·2H2O) dall’anidrite (CaSO4) e dell’incorporazione di acqua nella struttura delle argille come la montmorillonite. L’idratazione dei minerali comporta l’espansione della struttura reticolare, contribuendo alla decomposizione fisica e chimica del materiale.
Fig. 1 - Diagramma di solubilità degli elementi in funzione di carica e raggio ionico
L’idrolisi è una reazione chimica, di grande importanza nei processi di alterazione, in cui uno o entrambi i legami O-H nella molecola d’acqua vengono rotti.
Esempi di questo processo sono forniti dalla decomposizione dei minerali alluminosilicati come il feldspato e anche dalla liberazione di silicio come acido silicico in soluzione, come mostrato nella seguente reazione, che mostra come in certe condizioni dal quarzo, generalmente insolubile, si mobilizzare la silice su un ampio intervallo di pH tramite reazioni di idrolisi che portano alla formazione di acido silicico (H4SiO4) relativamente solubile, come mostrato nell'equazione [1].
Sempre grazie all’idrolisi di Fe e Al si può avere la formazione di idrossidi poco solubili che precipitano come gibsite (Al) e goethite (Fe), come da reazioni [2] e [3].
L’idrolisi acida si riferisce ai processi mediante i quali i minerali silicatici si decompongono nella zona di alterazione, quando le superfici minerali attivate (cioè quelle con un difetto di carica netta) reagiscono con gli acidi (ioni H+) in soluzione.
Questo processo tende a scalzare i cationi metallici dal reticolo cristallino, che poi vanno in soluzione o precipitano.
Il processo è più attivo sulle superfici esposte da fratture, clivaggi e siti di difetti del reticolo.
Ossido-riduzione
L’ossidazione e la riduzione (ossido-riduzione) sono i processi chimici che coinvolgono il trasferimento di elettroni (fig. 2). Nell’ambiente superficiale, l’ossigeno, presente sia nell’acqua che nell’aria, è l’agente ossidante più comune.
L’elemento più comunemente ossidato nell’ambiente superficiale è probabilmente il ferro, che viene convertito dallo stato di valenza ferroso (Fe2+) a quello ferrico (Fe3+) tramite ossidazione (perdita di elettroni).
Di conseguenza la presenza di minerali e/o rocce contenenti ferro in zona di alterazione è una delle principali ragioni della loro instabiltà nella zona di alterazione.
Fig. 2 - Reazioni di oss
Le particelle di argilla sono spesso di natura colloidale (hanno, cioè, diametri < 2 µm) e sono caratterizzate da una carica superficiale netta negativa causata dalla sostituzione di Si4+ con Al3+ nel reticolo dell’argilla.
La carica negativa è neutralizzata dall’adsorbimento di cationi sulla superficie dei colloidi, i quali possono essere scambiati con altri quando l’acqua passa attraverso materiale alterato contenente colloidi di argilla e questo ha un effetto sulla stabilità dei minerali così come sulla natura della lisciviazione e della precipitazione nel regolite(*).
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(*) Materiale superficiale incoerente che ricopre le rocce compatte, di cui il suolo è la parte superficiale e vegetabile.
Uno schema semplificato è illustrato nella reazione che segue, dove gli ioni Ca2+ che aderiscono al colloide vengono sostituiti da ioni H dell’acque e vanno in soluzione:
La descrizione dei processi di formazione che segue si articola secondo la suddivisione in sottogruppi rappresentata in questo flow-chart.
La laterite è il prodotto di un’intensa alterazione meteorica in regioni intertropicali umide e calde ed è tipicamente ricca di argilla caolinitica, nonché di ossidi/idrossidi di Fe e Al. Le lateriti sono generalmente ben stratificate, a causa dell’alternanza tra la percolazione verso il basso dell’acqua piovana e il movimento verso l’alto dell’umidità nel regolite durante i periodi secchi stagionali, e ricoperte da croste di terreno duro.
Schematicamente il regolite lateritico si presenta secondo la seguente articolazione, dal basso verso l’alto (fig. 3):
zona di saprolite (*) alla base, sua volta suddivisa in:
saprolite inferiore, caratterizzata dalla distruzione dei feldspati e dei minerali ferromagnesiaci, con Si e Al trattenuti nei minerali argillosi (caolinite e allofane). In questa zona si formano anche ossidi/idrossidi di Fe con parziale ritenzione di alcuni metalli di transizione in fasi come ematite e goethite;
saprolite media-superiore, dove si osserva l’alterazione di tutti i minerali tranne i più resistenti, nonché la distruzione dei minerali secondari formatisi in precedenza come clorite e smectite. Solo minerali come muscovite e talco tendono a sopravvivere intatti attraverso questa zona.
zona di pedolite, caratterizzata dalla completa distruzione della struttura rocciosa e dal dilavamento di tutti gli elementi tranne i più stabili.
Questa zona è dominata composizionalmente da Si, Al e Fe ferrico che si trovano principalmente in caolinite, quarzo ed ematite/goethite.
Una zona residua ferruginosa è meglio sviluppata sopra rocce madri mafiche/ultramafiche, mentre la caolinite è più abbondante sopra litologie felsiche.
I giacimenti lateritici si suddividono a seconda che l’elemento metallico prevalente sia il Fe (limonite) o l’Al (bauxite). Sono presenti inoltre lateriti con presenza di metalli rari e preziosi come oro, elementi del gruppo del platino (PGE) e uranio.
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(*) Roccia altamente alterata in cui la trama e la struttura primaria sono ancora preservate
Le lateriti ferruginose (denominate ferricreti) sono caratterizzate dalla presenza di una sviluppata zona residua ferruginosa, dove le concentrazioni di Fe2O3 possono raggiungere il 20%. Tendono a formarsi in condizioni climatiche specifiche dove le precipitazioni sono inferiori a circa 1,700 mm all’anno e le temperature medie sono elevate.
In condizioni di precipitazioni più elevate, tende a verificarsi la dissoluzione del ferricreto e si accumula idrossido di alluminio (gibbsite Al(OH)3) a formare la bauxite.
I giacimenti lateritici sono formazioni economicamente importanti poiché rappresentano l’ambiente principale in cui si trovano i minerali di alluminio (bauxite). Possono anche contenere concentrazioni significative di altri metalli come Ni, Mn e Au, nonché Cu e PGE.
Fig. 3 - Profilo di un regolite lateritico
Fig. 4 - Laterite ferruginoso
Il minerale bauxitico, sotto forma dei minerali gibbsite/boehmite e diasporo, è la principale fonte di alluminio, la cui domanda è aumentata drasticamente nella seconda metà del ventesimo secolo.
L’accumulo di un residuo ricco di allumina, rispetto a uno arricchito di ferro, nella zona superiore di un profilo lateritico è una funzione di maggiori precipitazioni, ma anche di temperature medie più basse (circa 22 °C anziché 28 °C per i ferricreti) e maggiore umidità.
L’arricchimento effettivo di allumina nelle parti superiori dei profili lateritici è dovuto, almeno in parte, alla mobilità relativamente alta del Si rispetto all’Al, e probabilmente riflette condizioni di pH quasi neutre (tra 4,5 e 9). Il risultato è la dissoluzione incongruente di minerali come feldspato e caolinite, dove il silicio viene lisciviato più dell’alluminio, producendo un residuo simile alla gibbsite (Al(OH)3), secondo la seguente progressione:
feldspato – (perdita di silicio) → caolinite – (perdita di silicio) → gibbsite
La ridistribuzione del ferro e la segregazione di Al e Fe è un processo necessario nella formazione della bauxite perché i minerali ferruginosi tendono a contaminare il minerale.
I minerali bauxitici di alta qualità richiedono che sia Fe che Si vengano rimossi, ma non l’allumina, mentre i ferricreti e le lateriti convenzionali sono caratterizzati da diverse combinazioni di lisciviazione degli elementi.
L’interazione di Eh e pH è critica per la formazione di minerali bauxitici di alta qualità come dimostrato dal modello di Norton descritto in fig. 5, in quanto condizioneranno fortemente la mobilità relativa di Al e Fe e, di conseguenza, la dissoluzione e precipitazione dei minerali rilevanti durante la formazione delle lateriti e delle bauxiti.
Più specificatamente:
L’area dello spazio Eh-pH che comprende i campi 1 e 2 nella fig. 5 sarà caratterizzata dalla lisciviazione sia di Fe che di Al e non risulterà nella formazione di lateriti, ma più probabilmente in suoli podzol arricchiti di Si.
I campi 3 e 4 sono caratterizzati da solubilità limitata di Fe e Al e le lateriti e le bauxiti si formeranno solo se la composizione della roccia madre ha un alto contenuto di ferro o alluminio.
Nel campo 3 è improbabile che si formino bauxiti a causa della lisciviazione preferenziale dell’Al dal suolo, sebbene nel corso di un lungo periodo di tempo e date le giuste condizioni climatiche si formeranno lateriti ad alto contenuto di Fe.
Le soluzioni delle acque sotterranee che si formano nel campo 5 conterranno più Fe che Al e le lateriti si formeranno in questo ambiente.
Le condizioni ottimali per la formazione della bauxite sono fornite nel campo 6 dove le soluzioni delle acque sotterranee rimuoveranno preferenzialmente il Fe. In questo campo gli idrolisati di Al sono stabili, specialmente a pH tra 5 e 7, e si accumulerà la gibbsite.
Fig. 5 - Diagramma di formazione di laterite e bauxite in funzione di Eh e pH
Fig. 6 - Cave di bauxite di Spinazzola (Puglia)
Le lateriti che si sviluppano su rocce ultramafiche contenenti abbondante olivina e ortopirosseno e, quindi, con alti contenuti di Ni (cioè 0.1-0.3%), sviluppano comunemente concentrazioni di silicato o ossido di Ni che sono fino a 10 volte la concentrazione originale.
Data la relativa facilità di estrazione di questo tipo di minerale rispetto ai minerali solfuri magmatici a roccia dura, nonché i recenti sviluppi nei processi metallurgici estrattivi, le lateriti di Ni sono una merce molto ricercata.
I principi secondo cui si formano questi minerali sono relativamente semplici e fondamentalmente coinvolgono l’eluviamento del Ni dal residuo lateritico più superficiale e la concentrazione nell’illuvio saprolitico sottostante come talco, serpentino o smectite nicheliferi, o meno comunemente insieme a goethite.
La maggior parte dei lateriti di nichel si formano su rocce madri già ampiamente alterate a serpentinite. Una reazione importante in questo processo è quella in cui l’olivina si degrada in argille smettiche (saponite–nontronite) e goethite [4].
Una volta che la smectite, e anche la serpentina e il talco, sono presenti nel regolite, l’ulteriore concentrazione di Ni avviene principalmente tramite scambio cationico, principalmente con Mg2+, secondo reazioni del tipo in equazione [5], riferita alla serpentina che produce un fillosilicato di Ni, la nepouite.
Come già accennato, una certa concentrazione di Ni è anche associata alla goethite, sebbene la natura esatta del meccanismo di fissazione non sia nota. È possibile che l’adsorbimento di Ni su colloidi goethitici possa avvenire a pH neutro o leggermente alcalino. Tuttavia, la zona di limonite nella parte superiore della maggior parte dei profili lateritici è generalmente impoverita di Ni.
Oro
È ben noto che l’oro si trova nelle porzioni pedolitiche superiori delle zone di alterazione lateritica in molte parti del mondo, tra cui Brasile, Africa occidentale e Australia occidentale.
Quest’oro, che proviene originariamente da fonti in cui è presente in lega con Ag (vene quarzose con oro che attraversano il regolite), assume molte forme, che vanno da grandi particelle arrotondate simili a pepite e dendriti d’oro in crepe e giunture, a piccoli cristalli negli spazi porosi.
Le particelle di lega Ag-Au originaria vengono lisciviate in condizioni che favoriscono la soluzione, come complessi clorurati, dell’Ag rispetto a quella dell’Au. Mentre l’Ag viene, quindi, trasportato via in soluzione, l’alterazione lateritica porta alla formazione di goethite insieme al quale precipita anche l’oro, secondo la reazione [6] favorita da ambienti più riducenti.
Va notato, infine, che i microrganismi svolgono un ruolo importante nella concentrazione dell’oro nei suoli lateritici. L’oro secondario, sotto forma di pepite trovate sia nelle lateriti che in altri ambienti dove si trovano depositi di oro alluvionale, è talvolta caratterizzato da morfologie sferiche coerenti con le dimensioni e la forma dei batteri come il Bacillus subtilis, per il quale è stata dimostrata la capacità di accumulare oro per diffusione attraverso la parete cellulare e precipitazione all’interno del citoplasma.
Si ipotizza che l’oro sia stato stabilizzato internamente come complesso organo-oro e poi precipitato in forma colloidale una volta raggiunta una concentrazione critica. La successiva diagenesi dei sedimenti contenenti tali microrganismi arricchiti di oro porterebbe alla ricristallizzazione e coalescenza dell’oro per dar luogo a forme simili a pepite.
Elementi del gruppo del platino (PGE)
Ѐ ormai ampiamente riconosciuto che, oltre all’oro, anche i PGE possono concentrarsi nei profili di alterazione.
L’evidenza della mobilizzazione dei PGE nella zona di alterazione è fornita dall’esistenza di leghe cristalline ben formate di Pt-Fe o Os-Ir-Ru nel pedolite e, in alcuni casi, di minerali di solfuro di PGE.
Nel caso delle concentrazioni di PGE ospitate nelle lateriti, si ritiene probabile che i controlli sulla solubilità di Pt e Pd siano simili a quelli che influenzano Au e Ag e che questi metalli preziosi vadano facilmente in soluzione come complessi clorurati in ambienti acidi e ossidati.
Come l’oro e l’argento, il platino e il palladio tendono a disaccoppiarsi nell’ambiente di alterazione, con il Pd che va in soluzione e il Pt che si concentra nei suoli e nei sedimenti.
Allo stesso modo, le reazioni redox controllano la precipitazione dei PGE in questo ambiente, con il Pt che precipita prima del Pd man mano che l’Eh si riduce.
Pure in assenza di condizioni meteo-climatiche così estreme (alte temperature, piogge dilavanti) da provocare la laterizzazione, si possono avere processi di alterazione del regolite in presenza di climi sufficientemente caldi e umidi, tali da favorire reazioni di idrolisi e ossidazione che trasformano i solfuri in solfati solubili. In presenza di acque sotterranee ricche di silicati e CO2, i metalli in soluzione (Zn, Pb, Cu) precipitano come carbonati e silicati.
Il processo è generalmente noto come arricchimento supergene.
Il processo succitato è estremamente importante nella formazione di depositi di rame porfirico a basso tenore, poiché la presenza di uno strato supergene arricchito e facilmente estraibile di minerali di rame secondari sopra il minerale primario o ipogeno è spesso il fattore che li rende economicamente sfruttabili.
Gli arricchimenti supergene si verificano in qualsiasi ambiente superficiale dove le acque sotterranee ossidate e acide sono in grado di destabilizzare i minerali solfuri e lisciviare il rame, secondo la reazione di idrolisi [7].
Gli ioni Cu2+, eluviati dal cappello del giacimento porfirico originario che viene laterizzato (Fe e argille), percolano verso il basso nel profilo del regolite e incontrano condizioni progressivamente più riducenti che creano le condizioni per la precipitazione del rame come vari minerali (ossidi) secondari, le cui composizioni riflettono la composizione delle acque sotterranee così come il pH e l’Eh locali nella zona supergene; il rame, inoltre, tende a sostituire il Fe nella struttura dei minerali originari dando luogo a solfuri di rame come calcocite (Cu2S), covellite (CuS) e bornite (Cu5FeS4).
A titolo esemplificativo, di seguito è riportata la reazione che provoca il passaggio da calcopirite a calcocite [8].
Anche le condizioni locali giocano un ruolo importante nell’arricchimento supergene: in prossimità di un calcare, per esempio, si avranno acque sotterranee locali con un alto contenuto di CO32−, che porteranno alla stabilizzazione di minerali come malachite [Cu2CO3(OH)2] o azzurrite [Cu3(OH |CO3)2] in condizioni da neutre ad alcaline, come mostrato nella relazione [9].
L’argento tende a comportarsi in modo molto simile al rame e l’acantite (Ag2S) si ossida facilmente nelle acque sotterranee acide, con l’Ag che viene riprecipitato come metallo nativo o come alogenuri di Ag (AgCl, AgBr, AgI) in regioni caratterizzate da climi aridi.
Per quanto riguarda i metalli diversi dal rame, zone di arricchimento supergene nell’ambiente superficiale si trovano sopra qualsiasi corpo minerario esposto e interessano, quindi, anche gli altri metalli.
Lo Zn è spesso disperso nelle acque sotterranee, mentre il Pb tende a essere relativamente immobile. Tuttavia, in determinate condizioni, questi due metalli formano una gamma di minerali supergene di solfato e carbonato, come anglesite (PbSO4), cerussite (PbCO3) e smithsonite (ZnCO3).
Attraverso una una combinazione di processi pedogenici (formazione del suolo) e diagenetici (litificazione), nella zona vadosa (cioè sopra la falda acquifera) si può formare un accumulo di calcite fine, che prende il nome di calcrete.
La soluzione e la precipitazione della calcite nell’ambiente superficiale è rappresentata dall'equazione [10].
La solubilità del CaCO₃ aumenta con la diminuzione della temperatura, con un pH più basso e con l’aumento della pressione parziale di CO₂; pertanto, l’estrazione di CO₂ da una soluzione acquosa provocherà la precipitazione della CaCO₃.
Generalmente, il calcrete è di tipo pedogenico, cioè formato negli strati superficiali del regolite.
Tuttavia, ne esiste anche un’altra variante chiamata di valle o di canale ed è in questa che si formano i giacimenti superficiali di uranio.
I canali fluviali calcretizzati rappresentano i resti di fiumi di un precedente intervallo di piogge più abbondanti. Tali canali occasionalmente drenavano una regione sorgente ricca di uranio e, dove preservati, rappresentano zone di flusso concentrato di acque sotterranee all’interno delle quali la precipitazione dei minerali ha portato alla concentrazione del minerale di uranio. In questo processo, l’uranio e altri componenti devono rimanere in soluzione fino a raggiungere una zona in cui il minerale contenete uranio (un vanadato tri-idrato di Uranile e potassio, la carnotite [K₂(UO₂)₂(V₂O₈)·3H₂O]) può precipitare per evaporazione delle acque sotterranee, secondo la reazione [11], innescata dalla stessa perdita di CO2 che provoca la precipitazione di CaCO3.
Poiché la precipitazione della carnotite produce ioni idrogeno (H+), il pH si abbassa e aumenta così la solubilità della calcite, la cui dissoluzione fornisce ulteriore CO32- alla soluzione, il che a sua volta aumenta la solubilità dell’uranio e favorisce la dissoluzione della carnotite .
I processi descritti sembrano, quindi, essere in contraddizione come è evidente nei corpi minerari stessi che forniscono prove tessiturali di ripetuta dissoluzione e riprecipitazione di minerali di minerale e ganga.
In realtà, i tassi molto elevati di evaporazione aumentano le concentrazioni di Ca2+ e Mg2+ delle acque sotterranee a tal punto che la calcite (così come la dolomite) è costretta a precipitare e l’attività del carbonato diminuisce. La formazione di minerali carbonatici, in condizioni in cui altrimenti non sarebbero precipitati, promuove anche la destabilizzazione dei complessi uranile-carbonato e alla fine porta alla formazione di carnotite contemporaneamente alla calcretizzazione.
Il modello di formazione e precipitazione appena descritto non è comunque l’unico preso in considerazione per spiegare la precipitazione di carnotite nei calcreti.
Un’altra teoria spiega il fenomeno considerando un doppio flusso, uno superficiale che porta in soluzione U e K, l’altro più profondo che porta in soluzione il vanadio tetravalente.
Quando, per ragioni anche strutturali come quelle costituite dagli alti del basamento, il flusso profondo risale e si miscela con il flusso superficiale, V si ossida a pentavalente che è meno solubile e, combinandosi con U e K, precipita come carnotite.
I minerali argillosi sono volumetricamente il prodotto più abbondante dell’alterazione e si trovano sia in situ che trasportati in un sito di deposizione. Sono anche economicamente importanti e utilizzati per una varietà di applicazioni industriali, tra cui carta, ceramica, filtrazione e lubrificanti.
L’argilla formata durante l’alterazione riflette sia la natura del materiale di origine che le condizioni di alterazione. Tuttavia, assemblaggi di minerali argillosi molto simili si formano infine sia da rocce felsiche che mafiche (fig. 7).
La temperatura e le precipitazioni, in particolare, così come le condizioni locali di Eh–pH, determinano la natura e i tassi dei processi di formazione dell’argilla.
Alcuni dei minerali argillosi più importanti, considerati in questa sede, includono la caolinite, l’illite e il gruppo delle smectiti (inclusa la montmorillonite).
Come già evidenziato, la caolinite, si forma in condizioni umide per idrolisi acida di rocce contenenti feldspato (ad esempio nelle lateriti), mentre l’illite si forma in condizioni più alcaline per alterazione di feldspati e miche.
Le argille smectitiche si alterano comunemente da rocce intermedie a basiche in condizioni alcaline e sono altamente espandibili, contenendo strati intracristallini di acqua e cationi scambiabili.
Va notato che i minerali argillosi non sono solo il risultato di processi di alterazione a causa di agenti atmosferici, ma possono anche formarsi come prodotti di alterazione idrotermale a bassa temperatura.
La reazione plagioclasio-->caolino [11] è tipica del processo di argillificazione.
Fig. 7 - Effetto pioggia sulla formazione di minerali argillosi da rocce felsiche e mafiche