I giacimenti idrotermali da fluidi meteorici
I giacimenti idrotermali epigenetici da fluidi meteorici, che dipendono dagli stessi processi descritti nel caso dei fluidi magmatico-idrotermali, sono depositi minerari formatisi per circolazione profonda di acque piovane o superficiali che penetrano nel sottosuolo attraverso fratture, faglie o porosità sedimentarie. Durante la discesa, interagiscono con le rocce attraversate, aumentando di temperatura in funzione del gradiente geotermico e dissolvendo elementi come uranio, vanadio, ferro, manganese, piombo e zinco. La capacità di trasporto dipende dal pH, dal potenziale redox (Eh), dalla temperatura e dalla presenza di ligandi come carbonati, fosfati o cloruri.
Sono tipici di ambienti continentali ossidanti e si formano a bassa o media profondità.
La mineralizzazione avviene quando il fluido incontra condizioni favorevoli alla precipitazione: ad esempio, una zona riducente, un cambiamento di pH, la miscelazione con altri fluidi, o l’interazione con rocce reattive. In questi ambienti, l’uranio può precipitare come uraninite o pechblenda, il ferro come limonite o goethite, e altri metalli come solfuri o ossidi.
Questi giacimenti sono epigenetici, perché la mineralizzazione è successiva alla formazione delle rocce ospitanti, e idrotermali, perché coinvolgono fluidi caldi, anche se non necessariamente magmatici.
La fonte di calore può essere geotermica, regionale o legata a circolazione profonda. La loro genesi è distinta dai sistemi magmatici classici e spesso più diffusa e meno concentrata.
Come detto, data la coincidenza del processo minerogenetico, questi giacimenti, in massima parte collegati al mescolamento di fluidi magmatico-idrotermali e meteorici riscaldati, sono stati classificati come ignei-idrotermali epigenetici (vein deposits).
Tipicamente di origine meteorica, senza l’intervento di fluidi magmatico-idrotermali, sonno invece di giacimenti di uranio nelle arenarie, la cui formazione avviene all’interfaccia di due acquiferi con parametri fisico-chimici diversi (pH ed Eh) come descritto nel seguito, insieme a una breve descrizione sul trasporto dell’uranio nell’acqua.
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[1] Insieme dei fluidi di superficie di origine non magmatica: meteorici, marini, di corpi d’acqua superficiali
SOMMARIO
In natura, l’uranio si presenta in due stati di valenza, come ione uranoso (U⁴⁺) e come ione uranilico (U⁶⁺). Nell’ambiente magmatico, l’uranio si trova essenzialmente come U⁴⁺ e in questa forma è un elemento in tracce altamente incompatibile che si trova solo in pochi minerali accessori (zircone, monazite, apatite, titanite, ecc.) e si concentra nei residui di fusione.
Tuttavia, lo ione uranoso viene facilmente ossidato a U⁶⁺ nelle acque meteoriche, dove forma complessi stabili con fluoruro (in condizioni acide a pH < 4), fosfato (in condizioni quasi neutre a pH tra 5 e 7,5) e carbonato (in condizioni alcaline a pH > 8). La forma ossidata dell’uranio è quindi facilmente trasportabile in un’ampia gamma di condizioni di pH, mentre la forma ridotta del metallo è generalmente insolubile.
La fig. 1, un diagramma Eh-pH per il sistema U-O₂-CO₂-H₂O a 25°C, mostra che per la maggior parte delle acque meteoriche nel range di pH quasi neutro, le specie acquose dominanti sono probabilmente complessi di U⁶⁺-ossido o -carbonato. L’uranio può precipitare abbassando l’Eh del fluido per formare un ossido uranoso, sotto forma di uraninite o pechblenda. Di conseguenza, molti tipi di depositi di uranio a bassa temperatura sono il prodotto di processi di ossido-riduzione in cui il metallo viene trasportato come U⁶⁺ e precipitato per riduzione.
In presenza di alte concentrazioni di altri ligandi, l’uranio può essere trasportato come una varietà di complessi diversi e anche una molecola come UO₂Cl⁺ può essere stabile a temperature elevate (>100°C) e in condizioni acide.
Oltre ai controlli redox, la precipitazione dell’uranio può essere promossa anche dalla miscelazione dei fluidi, dai cambiamenti di pH del fluido e dall’adsorbimento.
Fig. 1 - Solubilità dell’uraninite nel piano pH-Eh
I giacimenti produttivi di uranio ospitati in arenaria si trovano in gran parte negli Stati Uniti, principalmente in tre regioni: Colorado Plateau (nell’area di convergenza dei quattro Stati: Utah, Colorado, New Mexico e Arizona), Texas meridionale e nell’area tra Wyoming e South Dakota.
La maggior parte dei giacimenti nella regione del Colorado Plateau sono tabulari e associati a materiale organico o vanadio, mentre quelli delle altre regioni americane (Wyoming-Sud Dakota e Texas meridionale), pur se ancora stratificati, sono discordanti rispetto alla stratificazione e si formano tipicamente all’interfaccia tra le porzioni ossidate e ridotte dello stesso acquifero di arenaria. Questo secondo tipo è comunemente noto come giacimenti di uranio a rollfront.
Poiché la genesi dei due sottotipi è abbastanza diversa, la stessa viene discussa separatamente.
Il modello (fig. 2) generalmente accettato per la formazione di questi tipi di giacimenti si fonda sull’ipotesi che i minerali si siano formati all’interfaccia tra due fluidi meteorici distinti e a bassa temperatura. Uno di questi fluidi, una salamoia di bacino relativamente stagnante ma salina contenente cationi Na+, Mg2+ e Ca2+ e anioni Cl2- e SO42-, si trova sotto un fluido meteorico a bassa salinità che scorre facilmente lungo gli orizzonti degli acquiferi portando con sé specie metalliche altamente solubili come UO2(CO3)22− e VO+. La miscelazione di questi due fluidi provoca la precipitazione dei metalli in zone tabulari suborizzontali che riflettono l’interfaccia dei fluidi.
Il principale minerale di uranio in questi depositi è un silicato uranoso, coffinite (U(SiO4)(1−x)(OH)4x), che è associato sia a detriti organici vegetali sinsedimentari, sia a una clorite ricca di vanadio negli spazi porosi intergranulari dell’arenaria.
La miscelazione dei due fluidi e le reazioni diagenetiche associate hanno infine dato origine alla formazione del minerale, oltre alla formazione di un cemento dolomitico e, durante la compattazione e la diagenesi dei sedimenti, ad argille ricche di vanadio (smectite-clorite), incorporato nei siti di idrossido interstrato dioctaedrico V(OH)3 dei minerali argillosi.
Va notato che la materia organica ha svolto un ruolo importante durante il processo di formazione di coffinite, come è evidente dalla stretta associazione tra il minerale e i detriti vegetali, sotto forma di umato.
Il modello è applicabile, in particolare, ai minerali tabulari impilati della regione del Colorado Plateau in cui vi è un’associazione uranio-vanadio. Suggerisce che la natura impilata dei corpi minerari tabulari potrebbe essere il prodotto di un’interfaccia a due fluidi che migra episodicamente verso l’alto nel tempo.
Il controllo dominante sulla formazione del minerale è il pH, sebbene anche l’adsorbimento, la mediazione batterica e le reazioni redox siano processi importanti.
L’evidenza della migrazione della zona a basso pH è fornita dal fatto che le zone di piede di ciascun orizzonte minerario conservano tracce di cristalli di dolomite correlati al minerale, parzialmente dissolti dai fluidi acidi mentre si muovono verso l’alto attraverso la sequenza.
Come già detto, i principali minerali di questi giacimenti sono Uraninite (UO2) e Coffinite [U(SiO4)(1−x)(OH)4x], insieme alla Carnotite [K2(UO2)2(VO4)2 • 3H2O]
Fig. 2 - Fasi del processo di formazione dei giacimenti di uranio tipo Colorado Plateau
Nella sua forma più semplice, il modello di genesi dei giacimenti a roll-front che meglio li spiega scorre lungo un acquifero di arenaria e precipita il minerale di uranio a un fronte redox (fig. 3). A monte del roll-front, le arenarie sono alterate (i minerali silicatici detritici sono alterati in argille, le fasi di ossido di Fe-Ti sono lisciviate) e ossidate (si è formato ematite secondaria, il carbonio organico è biodegradato). Il fronte redox stesso è caratterizzato da un involucro di alterazione interna (segnato da goethite, siderite, pirite o marcasite) e una zona di minerale esterna (composta da pechblenda e/o coffinite con pirite e un po’ di carbonio organico).
A valle del fronte redox, l’arenaria è relativamente inalterata e contiene un assemblaggio più ridotto di pirite pre-minerale, calcite e materia organica, con le fasi minerali detritiche relativamente intatte (fig. 80a). In questo modello, il fronte redox può essere considerato come la posizione nello spazio e nel tempo in cui il fluido meteorico ha perso la sua capacità di ossidare l’arenaria attraverso cui percola. Il potenziale redox (Eh) del fluido cambia drasticamente al fronte redox e i complessi solubili di uranile-carbonato sono destabilizzati con la precipitazione di ossido di uranio o minerali di silicato. Anche altri complessi solubili di metallo-ossido presenti nel fluido (come V, As, Se, Mo, Cu, Co) sono ridotti e precipitano come vari minerali, prima o dopo l’uranio a seconda delle loro solubilità relative in funzione dell’Eh.
Il roll-front non rimane statico e migrerà verso il basso del paleopendio man mano che il fluido meteorico si ricarica e il processo di ossidazione progressiva verso il basso dell’arenaria evolve nel tempo.
In questa evoluzione, il fronte mineralizzato viene nuovamente lisciviato e il fluido ancora più carico di uranio darà luogo a una nuova mineralizzazione più avanzata e sempre più concentrata.
La migrazione verso il basso del fronte redox (rotolamento à roll) può essere, quindi, equiparata al processo di raffinazione zonale e il corpo minerale è “congelato” solo una volta che il regime paleoidrologico cambia e il flusso del fluido cessa.
I principali minerali di questo tipo di giacimenti sono: Uraninite (UO2), Coffinite [U(SiO4)(1−x)(OH)4x], Pirite (FeS2), Marcasite (FeS2) e Siderite (FeCO3).
Fig. 18 – Schema di formazione di un giacimento roll-front