La strategia di Lisbona

G. Merlo, La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti, Carocci 2014

Capitolo: 2.3 Programmazione come riduzione delle differenze

BOX DI APPROFONDIMENTO  n. 9

N.B. I riferimenti bibliografici si riferiscono alla sito bibliografia del testo. Nel caso di citazione si consiglia la seguente notazione: “Merlo G., La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti”, allegato web box n.9, Carocci, 2014

INDICE ANALITICO GENERALE

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Altre specifiche schede relative all'UE:

Sul tema delle differenze di reddito vedasi anche la scheda: DIFFERENZE VERTICALI


Una volta definito che cosa rientra nel bene comune e per quale territorio, nonché chi abbia il diritto a goderne e con quali regole, il fine ultimo della programmazione sarà quello di mettere in campo azioni per ridurre le eventuali differenze presenti e osservate (divari) nella distribuzione territoriale, nella distribuzione tra i singoli cittadini e/o loro gruppi, rispetto agli obiettivi che ci si pone relativamente a risultati auspicati e/o a punti di riferimento (benchmarks). (Merlo G., 2014, p, 54).

"Un programma può contemperare ambedue gli obiettivi e, per esempio, porsi un determinato obiettivo nel tempo (diacronica), ma ponendo già da subito maggiore attenzione laddove la situazione sia più arretrata (sincronica)." (Merlo G., 2014, p.55)

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La “Strategia di Lisbona (EU 2000b)” si è posta obiettivi di riduzione delle differenze, contemporaneamente sincroniche e diacroniche, a livello sovra nazionale. E' costituita da tre dimensioni fondamentali (EU 2005): economica, sociale, ambientale.

Il Consiglio europeo del marzo 2000 ha concordato un obiettivo strategico per l'Unione per il decennio (2000-2010) al fine di sostenere l'occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di un'economia basata sulla conoscenza. Il Consiglio Europeo di Goteborg del giugno 2001 ha successivamente aggiunto la dimensione ambientale, sottolineando la necessità di raggiungere l’obiettivo generale attraverso uno sviluppo sostenibile, ovvero uno sviluppo in grado di soddisfare i bisogni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future (EU 2001). Nel 2005, preso atto degli insufficienti risultati ottenuti, gli Stati membri dell’UE hanno deciso di rilanciare la strategia concentrando gli sforzi verso i due obiettivi principali di crescita economica ed occupazione.

Nel campo delle politiche sociali i problemi rilevati sono due: la carenza di personale qualificato con competenze tecnologiche e conoscenza di diverse lingue, e l'invecchiamento della popolazione. Per risolvere il primo, l'Unione promuove la mobilità di studenti e ricercatori mediante i programmi comunitari esistenti (Socrates, Leonardo, Gioventù) e il riconoscimento delle qualifiche e dei periodi di studio e formazione. Per affrontare il problema dell'invecchiamento i governi dell'Unione dovranno ridurre gli incentivi al prepensionamento e aumentare gradualmente di circa cinque anni l'età di effettiva cessazione dell'attività lavorativa. Inoltre si punta a far crescere l'occupazione, portandola dal 61% di media al 70% entro il 2010 e ad aumentare nello stesso periodo il numero delle donne occupate dal 51% al 60%.

Nello specifico settore dell’istruzione e formazione i progressi degli Stati membri sono misurati sulla base di 5 livelli di riferimento (o benchmark): abbandono scolastico prematuro: ridurre la percentuale di abbandoni almeno al 10%; matematica, scienze, tecnologie: aumentare almeno del 15% il totale dei laureati in matematica, scienze e tecnologia, diminuendo nel contempo le disparità di genere; completamento del ciclo di istruzione secondaria superiore: arrivare almeno al 85% dei ventiduenni che abbiano completato il ciclo; competenze di base: ridurre la percentuale dei quindicenni con scarse capacità di lettura almeno del 20% rispetto all’anno 2000; apprendimento permanente (lifelong learning): innalzare almeno al 12.5% la partecipazione degli adulti in età lavorativa (25-64 anni) all’apprendimento permanente.

Se, infine, ai fini dell’esempio, ci limitiamo all’analisi del primo dei cinque benchmark, si rileva come sia ancora troppo alto il tasso degli abbandoni scolastici precoci: nel 2006, circa sei milioni di giovani europei tra i 18 e i 24 anni hanno abbandonato precocemente gli studi. La cifra dovrebbe diminuire di due milioni perché possa essere rispettato il parametro di riferimento, che prevede un tasso di abbandoni non più alto del 10%. I paesi che registrano i migliori risultati, scendendo anche molto al di sotto del 10%, sono: Repubblica ceca (5,5%), Polonia (5,6%) e Slovacchia (6,4%). La media europea si è attestata al 15,3%. La percentuale italiana, invece, rimane ancora al di sopra del 20% (20,8%), anche se migliora rispetto agli anni passati.

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Giorgio Merlo 2014