Piano Nazionale Sociale 2018 – 2020

il Fondo Nazionale Politiche Sociali, i Livelli Essenziali delle Prestazioni

INDICE ANALITICO GENERALE

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Sul tema si veda anche:

Piano Nazionale per gli interventi ed i servizi sociali di contrasto alla povertà 2021-23

Piani nazionali in essere


Con il Decreto Interministeriale del 26 novembre 2018 è stato approvato il Piano Sociale Nazionale, relativo al triennio 2018-2020 che costituisce l’atto di programmazione nazionale delle risorse afferenti al Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS).

"Il Piano ...... costituisce l'atto di programmazione nazionale delle risorse afferenti al Fondo nazionale per le politiche sociali e individua, nel limite di tali risorse, lo sviluppo degli interventi e dei servizi necessari per la progressiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali da garantire su tutto il territorio nazionale."

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/01/10/19A00080/sgDocumento di sintesihttps://www.camera.it/temiap/2019/01/11/OCD177-3869.pdf


Un Piano di transizione verso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.

Dal 2001 è il primo Piano Nazionale Sociale. Adottato in attuazione del Decreto legislativo n. 147 del 2017 (art. 21), che, nel riformare la governance del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS), ha previsto che l’utilizzo delle sue risorse sia oggetto di programmazione.

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/10/13/17G00161/sg

Il Fondo Nazionale delle Politiche Sociali, infatti, seppur istituito già nel 1998, trova una sua piena definizione nell’ambito della legge quadro sul sistema degli interventi e dei servizi sociali (LN 328/2000 art. 20) che stabilisce una stretta connessione tra gli strumenti finanziari e uno specifico strumento di programmazione: il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali.

Fondo e Piano, rappresentavano, quindi, uno strumento fondamentale di attuazione delle politiche sociali nazionali, in quanto avrebbero dovuto garantire la definizione di livelli essenziali delle prestazioni (art. 22 della 328).

Infatti, il Piano, oltre ad essere uno strumento di governo delle politiche su base nazionale, esprimendo indirizzi, priorità di intervento, modalità attuative del sistema dei servizi, sperimentazioni, avrebbe dovuto indicare «caratteristiche e requisiti delle prestazioni sociali che costituiscono livelli essenziali». Il Fondo, dal canto suo, avrebbe dovuto finanziarli, prevedendosi che «la definizione dei livelli essenziali è effettuata contestualmente a quella delle risorse da assegnare al Fondo» (LN 328 art. 20, co. 4).

Nello scenario post-riforma Costituzionale del Titolo V del 2001, l’unica competenza rimasta allo Stato è proprio quella della definizione dei livelli essenziali. Ma, a causa dell’assenza di finanziamenti adeguati e strutturali, questi non sono mai stati definiti e non è restato alcun ancoraggio ad un Piano nazionale (che non a caso, dopo il primo del 2001, non è stato più adottato). Il risultato è stato l’assenza di un qualunque strumento di coordinamento nazionale ed una estrema eterogeneità territoriale del sistema di welfare, dovuta anche al fatto che i fondi trasferiti dallo Stato avevano una finalità indistinta, cioè senza vincolo al loro utilizzo territoriale.

In particolare, la legge delega 42/2009 sul federalismo fiscale prevede che il finanziamento delle spese relative ai LEP sia commisurato ai fabbisogni, la cui quantificazione dovrebbe avvenire con riferimento ai costi standard associati alla loro erogazione in condizioni di efficienza e appropriatezza su tutto il territorio nazionale e non alla spesa storica.

A ciò si aggiunga che il Fondo della LN 285/1997 per l’infanzia e adolescenza era già confluito proprio nel Fondo per le politiche sociali (con l’eccezione della quota destinata alle cd. «città riservatarie») in forma (successiva) «indistinta». In questo modo rendendo difficilmente riconoscibile su base nazionale il contributo del FNPS a queste politiche.

Nel frattempo, i fondi nazionali sono stati integrati, da Regioni e Comuni, con proprie risorse, in entità anche molto differenti. Se da un lato, nelle Regioni e nei territori con un sistema di welfare più strutturato si trattava evidentemente di risorse aggiuntive a quelle che già localmente garantivano una significativa estensione degli interventi e dei servizi, dall’altro, in contesti meno avanzati, senza le risorse del Fondo i pochi servizi attivati correvano il rischio della chiusura.

Mentre lo stesso FSN aveva dotazioni finanziarie molto differenti nei vari anni.

https://www.camera.it/temiap/2019/01/11/OCD177-3869.pdf

Ma quel che qui rileva è che, ad oggi, il finanziamento nazionale del sistema degli interventi e dei servizi sociali ha inevitabilmente assunto natura «additiva» rispetto al finanziamento a valere su risorse locali, per quel tanto o poco che fossero. È un esito paradossale, visto che nella logica dei livelli essenziali è l’intervento regionale e locale che dovrebbe aggiungersi a quello nazionale.

Ad oggi, pertanto, non è possibile individuare un nucleo, per quanto piccolo, di spesa comune in tutto il Paese che possa costituire l’embrione di livelli essenziali da cui partire. L’immediata conseguenza è che, nel momento in cui si avvia tale percorso e si convogliano le risorse verso finalità comuni, si corre il rischio concreto in taluni contesti di lasciare «scoperte» aree di intervento che peculiarmente negli anni erano andate consolidandosi a valere sul FNPS.

A questo si aggiunga che il quadro delle risorse finanziarie da destinare ai servizi sociali territoriali si è molto modificato nel lasso di tempo successivo alla LN 328: mentre questa aveva immaginato un’unica fonte di finanziamento nazionale dei servizi territoriali, al FNPS si sono aggiunti altri fondi nazionali a carattere tematico (es. Non autosufficienza, Infanzia e famiglia, Politiche abitative, Immigrazione ed integrazione, nonchè loro sottoinsiemi), ciascuno con un proprio Piano di riferimento e dotazioni.

Per uscire da questa impasse, il Piano Sociale Nazionale è stato reintrodotto nell’ordinamento in una forma differente.

Per tener conto delle competenze regionali fissate dalla Costituzione, sono state previste modifiche nelle finalità del Piano, più limitate rispetto a quanto stabilito nella LN328: non si tratta più di un documento generale di indirizzo, ma di uno strumento di programmazione nazionale dell’utilizzo delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali.

È un disegno che riguarda il Fondo nazionale per le politiche sociali, ma che riguarda anche gli altri fondi tematici.

Rispetto alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, compito principale del Piano diventa quello di individuare un percorso verso gli obiettivi condivisi in maniera da garantire maggiore uniformità territoriale. Si tratta di individuare «lo sviluppo degli interventi … nell’ottica di una progressione graduale, nei limiti delle risorse disponibili, nel raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale» (art. 21, co. 7, del d. lgs. 147/2017).

L’organismo responsabile della sua elaborazione è la Rete della protezione e dell’inclusione sociale composta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dalle altre amministrazioni centrali eventualmente competenti per materia, dai rappresentanti di ciascuna giunta regionale oltre che delle giunte di 20 comuni individuati dall’ANCI. Essa si articola in tavoli territoriali, la cui istituzione e le cui regole di funzionamento sono definite dalle Regioni e dagli Ambiti territoriali responsabili della programmazione sociale.

Per tutte queste ragioni (un quadro territoriale della spesa fortemente disomogeneo, a volte all'interno di una stessa Regione), il Piano ritiene impossibile individuare un nucleo di spesa comune in tutto il Paese che possa costituire l'embrione di livelli essenziali da erogare uniformemente. Pertanto, deve essere considerato "di transizione", e per questo in grado di lasciare un margine di libertà alle Regioni ed ai territori nell'utilizzo delle risorse.


Gli elementi del Piano:

  • in sede di prima applicazione, resta valido il riferimento alla matrice di macro-livelli e aree di intervento su cui dal 2013 le Regioni programmano le risorse del Fondo

https://www.gazzettaufficiale.it/do/atto/serie_generale/caricaPdf?cdimg=14A0338800300010110001&dgu=2014-05-03&art.dataPubblicazioneGazzetta=2014-05-03&art.codiceRedazionale=14A03388&art.num=1&art.tiposerie=SG
  • per non più del 40% della quota trasferita, l’unico limite all’utilizzo del FNPS è rappresentato dal complesso degli interventi e dei servizi sociali come delimitato dalla medesima matrice.

  • L’articolazione dei servizi per l’infanzia e l’adolescenza: i sostegni all’infanzia e all’adolescenza da rafforzare o attivare a valere sulle risorse del FNPS prevedono:

  1. Interventi di sostegno al contesto familiare in cui vivono bambini e ragazzi

      1. sostegno socioeducativo domiciliare

      2. sostegno alla genitorialità e servizio di mediazione familiare

      3. specifici sostegni in presenza di un bambino o una bambina nei primi mille giorni di vita d) attivazione sostegni innovativi (percorsi gruppali, famiglie/persone di appoggio, ecc.)

  2. Interventi di sostegno ai contesti quotidiani di vita dei bambini e dei ragazzi

      1. Nella scuola: interventi co-progettati e co-gestiti con gli insegnanti sia di gruppo, sia in équipe multidisciplinare per singoli alunni/studenti in condizioni di difficoltà/rischio

      2. Nel territorio: sostegni e servizi socioeducativi territoriali

  3. Sistema di intervento per minorenni fuori dalla famiglia di origine


  • va considerata una priorità imprescindibile l’adozione di un approccio il più possibile integrato nella programmazione dei servizi territoriali, al di là della specifica programmazione delle risorse del FNPS e della «specializzazione» dei diversi fondi tematici.


  • Personalizzazione degli interventi: il richiamo è prioritariamente all’integrazione del sistema degli interventi e dei servizi sociali con il sistema sanitario, il sistema delle politiche del lavoro, il sistema di educazione e istruzione (a partire dai nidi e i servizi per la prima infanzia), il sistema della formazione, le politiche abitative.


  • Rafforzamento del servizio sociale professionale e del segretariato sociale. Il d. lgs. n. 147 del 2017 ha istituito il REI come prestazione composta da un beneficio economico e da un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa. Più specificamente, tutta la componente di servizi associata al REI è già considerata livello essenziale delle prestazioni, da garantire nei limiti delle risorse disponibili: si tratta dei servizi per l’informazione e l’accesso al REI, per la valutazione multidimensionale del bisogno e per la progettazione personalizzata, inclusiva dei sostegni in essa previsti.


  • I criteri di riparto tra le Regioni del Fondo per le politiche sociali restano immutati.

Approfondimenti

Condicio, Riparto di riparto FNPS 2018 e Piano Sociale Nazionale 2018-2020, 2019

http://www.condicio.it/news/riparto-di-riparto-fnps-2018-e-piano-sociale-nazionale-2018-2020/

Condicio, Fondo Politiche Sociali

http://www.condicio.it/focus/fondo-politiche-sociali/

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Giorgio Merlo febbraio 2020