Sonetto divertissement
Ma lo so fare un vero sonetto
con rime alternate al posto giusto
- endecasillabi stretti in un busto
che creino insulsi un ritmo perfetto?
No, me lo chiedo perch'ho il sospetto
che sia piu' facile con stil vetusto
produr poesie ch'incontrino il gusto
del colto, dell'inclita e del genietto.
D'altra parte c'e' chi in questa gabbia
ha scritto cose d'infinita bellezza
e se ci penso mi fa un po' rabbia,
anzi no, mi da un po' di tristezza
che della rima perso il gusto s'abbia
per versi sciolti di precaria ebbrezza...
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Immigrati
Bruciano i bengalesi in un palazzo di Roma
affogano i senegalesi nel mar Mediterraneo
spariscono i polacchi nelle campagne pugliesi
cascano i rumeni nei cantieri edili
fioccano i morti extra e neo comunitari
E' allarme:
nei cimiteri tolgono spazio ai morti italiani!
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Senza
"Non posso vivere senza di lui", disse lei con assoluta convinzione.
Ma improvvisamente fu colta dalla consapevolezza che le parole che aveva appena pronunciato non erano vere.
Sapeva fin troppo bene, dolorosamente bene, che sarebbe comunque vissuta - voglio dire, a meno che non fosse morta per qualche altra ragione. Il sangue avrebbe continuato a scorrerle nelle vene, i muscoli avrebbero continuato a contrarsi ed a rilasciarsi, volontariamente o involontariamente che fosse.
Sicche', si chiese, cosa voleva dire quella frase? C'era qualcosa di vero, al di la' dell'effetto melodrammatico che, era costretta ad ammetterlo, tanto le piaceva?
Comincio' cosi' una di quelle noiosissime sessioni di introspezione a cui ogni tanto si dedicava, in cui si rigirava nella testa un problema come fosse una di quelle caramelle durissime, che non si sciolgono mai. Quelle che vendevano nei cinema di terza visione, in periferia, con i sedili duri di legno, segnati dai graffiti, dove lei andava da piccola - ci sarebbe andata ancora, ma non esistevano piu' - e che erano fatte proprio per durare, perche' non e' che uno potesse permettersene molte.
Insomma, pensava e ripensava alla famosa frase, chiedendosi quale fosse il contenuto di verita' che essa aveva, forse ingenuamente dando per scontato che qualcuno dovesse pur essercene.
E percio', la scomponeva nelle sue parti, arrivando finalmente al nocciolo duro di quel "lui". Stava qui il busillis, si rese conto. Il punto era che "lui" non era univocamente determinato, come si sarebbe dovuto inferire dal precedente "non posso vivere senza...".
Cioe', ovviamente in quel momento lei l'aveva detto pensando ad uno specifico lui, ma fatto si e' che le era gia' capitato di pronunciare le stesse parole a proposito di un altro lui, peraltro scomparso nelle nebbie della storia, e poi di un altro e un altro ancora...
Ed improvvisamente, semplice ed evidente come a posteriori sono tutte le risposte giuste, arrivo' il responso: quello senza cui non poteva vivere, era l'amore - intendendo con cio', badate bene, non l'essere amata, ma l'amare.
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Come un derviscio 04/08/2009
La voce che ho perduto
tornerà
e canterò a pieni polmoni
roteando su me stessa come un derviscio
coi capelli che mi sferzano il viso
le braccia allargate ad aprire il cuore
i piedi sempre più veloci
Sfiderò la gravità
leviterò senza più peso
fino a librarmi
nel magnifico azzurro
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Pietas 01/11/2009
C'era un tempo in cui non avevamo morti nostri da visitare tra i viali del Verano e mia nonna, mia madre ed io vagavamo sull'acciottolato in cerca di tombe dimenticate su cui lasciare fiori. Era una cosa di donne, il due novembre. Sciamavano dal cancello disperdendosi fra i sepolcri cariche di crisantemi. Molte vestite di nero, per qualche eterno lutto. La maggior parte di loro non era di Roma, veniva da fuori, ma non poteva permettersi di tornare al paese a trovare i propri cari defunti per cui andava lì, in quello che allora era l'unico cimitero della capitale, e li ricordava attraverso quelli degli altri. E più negletti erano, meglio era. Si ripuliva la tomba dei prescelti estirpando erbacce e vecchi arbusti rinsecchiti, lavando la lapide perché il nome tornasse a leggersi, perché quel morto sconosciuto non precipitasse nell'oblio, trascinando così con sé tutti i morti di ogni tempo ed ogni luogo.
La pietas si insegnava così, senza versi alati o ricorrendo a sacri testi, ma attraverso gesti semplici e densi di significato come questi.
Solo dopo aver adempiuto questo dovere si visitava la parte monumentale del Cimitero. Lì erano sepolti i morti famosi, da Trilussa a Togliatti, da Petrolini a Ungaretti. Ma io delle loro tombe non ricordo niente. Ricordo invece l'impressione che mi fece un monumento funebre che ritraeva due bambini che cercavano di svegliare la loro madre, passata a quella che di definisce miglior vita durante la notte. Per giorni e giorni, continuai a svegliarmi alle ore piccole, ed andavo a scuotere mia madre che dormiva, per controllare che fosse viva. Lei, che pure in quel periodo lavorava tantissimo, uscendo la mattina alle 7 e rientrando a volte dopo le 22:00 - faceva la segretaria stenodattilografa in una società privata, dove le famose otto ore erano ancora pura astrazione - non mi diceva niente, ma mi faceva accoccolare tra le sue braccia, dove sentivo il suo corpo caldo e il suo cuore che batteva, e mi riaddormentavo.
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HO SBAGLIATO HO SBAGLIATO
25/11/2009 - 20:44
ho sbagliato ho sbagliato
ho detto una parola di troppo
non sono stata al mio posto
per questo lui m'ha menato
ho sbagliato ho sbagliato
avevo un vestito cosi' corto
m'han visto le cosce
e non han resistito
quei figli di mamma
che m'hanno violentato
ho sbagliato ho sbagliato
anche se ero una bambina
devo averlo provocato
mio padre mio zio quell'adulto
che m'ha deflorato
ho sbagliato ho sbagliato
a lasciare quell'uomo
ero cosa sua di sua proprieta'
e quando m'ha ucciso
non se l'era dimenticato
ho sbagliato ho sbagliato
a nascere donna
in questo mondo insensato.
In Italia una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni, nella corso della vita è stata vittima della violenza di un uomo. Sono dati dell'Istat, secondo i quali, va sottolineato, solo il 6,2% delle aggressioni è stato opera di estranei.
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EPIFANIA
Pubblicato da francaf il Lun, 25/01/2010 - 20:11
A mio padre
Eravamo li' in attesa
davanti al cielo che riluceva
di misteriosi lampi
come segnali scambiati da una nuvola all'altra
arriveranno?
- era questa la domanda inespressa -
arriveranno a insegnarci la pace
come produrre energia senza uccidere
come curare la malattia che mi mangia?
fu l'ultima volta
forse
che attendesti qualcosa
dalle magnifiche sorti e progressive
e l'aspettammo insieme
alla finestra aperta sull'afa
guardandoci ogni tanto
silenziosi
Non successe nulla.
Andammo a dormire
e l'indomani fu un giorno come un altro