L'inutilità della sopravvivenza
Sono lì, in tutti questi lì, sono sempre fra questi corpi disarticolati, decomposti torturati corpi coperta di cenere o trasformata in cenere o «chopped, you know, as the meat.» In realtà io non so, non so niente - anche se conosco tutto: i cecchini di sarajevo, i fiotti di napalm e i gulag, gli uliveti sradicati in memoria di Auschwitz e i terroristi suicidi in memoria degli ulivi; Srebrenica e ancora corpi-scheletri di ossa risonanti; i campi di lavoro di rieducazione di sterminio; i killing fields e Auschwitz; il buco nero più profondo; il vuoto di senso.
Io non ho voluto lasciare niente; tralasciare niente, ho voluto conoscere conoscere, riconoscere, di precipizio in precipizio, il garage Olimpo; il sangue del Ruanda; Myanmar o Timor est, Soweto, L'Estadio Nacional de Chile, Kabila, Pristina; My Lai dal nome così dolce; Halabija, la strage del pane, la strage del mercato, la strage di Sabra e Shatila, la strage - i corpi spiattellati del WTC, i corpi annichiliti di Guantanamo, la Counterinsurgency o come si chiama adesso.
Tutta, tutta la geografia del dolore, ovunque l'umanità - ah! l'umanità, che dire? - ovunque uccide, io volevo sapere toccare con mano, un San Tommaso di sangue, di sangue, di sangue.
non c'è niente di più umano della procurata morte
dunque di cosa parliamo, di cosa parliamo adesso?
parliamo dei vivi amore, parliamo dei vivi
subito prima o subito dopo la rottura della simmetria
quando dipingono la Cappella Sistina
compongono la Suite n. 1 per violoncello solo
scoprono la doppia elica
scrivono l'equazione di Dirac,
subito prima o subito
dopo,
parliamone. Diamo fiato al
fiato, fiato mio,
perché noi sopravvissuti per caso
siamo tutto e il contrario, stelle pronte
a chiudere la sequenza principale
esplose di luce o implose in buchi neri
inutili cieche stelle
trasfigurate di bellezza.