Il complotto marziano

Dedicato a Adele, la mia

sociuzza bella

Non poteva crederci. Eppure, il momento era arrivato. Nella sala di controllo l'inequivocabile scansione del conto alla rovescia faceva da controcanto al silenzio teso delle persone presenti.

«Quindici, quattordici, tredici, dodici....»

Undici secondi. Fra undici secondi sarebbe stata in volo per Marte. Alla faccia di ogni teoria della cospirazione (1)secondo cui i viaggi nello spazio, a cominciare da quello di Yuri Gagarin nel 1961, erano tutta un'invenzione della propaganda dei due blocchi contrapposti di allora - Unione sovietica e Stati Uniti - per dimostrare la superiorità del proprio modello, alla faccia di qualsiasi intrigo internazionale (2), che aveva cercato di bloccare questa missione verso Marte con la scusa che era uno spreco di risorse in una Terra sempre più affamata, alla faccia di tutto e tutti, stava per partire.

«....undici, dieci, nove, otto....»

Con l'automatismo indotto dalla lunga preparazione al viaggio, una preparazione che aveva richiesto più pazienza e più spirito di sacrificio di quello che si chiede a un maratoneta (3), spingeva i vari pulsanti che avrebbero attivato i potentissimi razzi e i sofisticati meccanismi di controllo del volo. Guardò il suo compagno, che le sorrise. Sarebbero stati insieme 520 giorni, chiusi in quella scatola. Ma erano affiatati, ed erano professionisti. Sarebbe andato tutto bene, ne era certa. Marte... Il Pianeta Rosso. Era il suo sogno da una vita, per la precisione da quando, ancora bambina, aveva letto le struggenti Cronache Marziane di Ray Bradbury. La fantascienza, nel frattempo, era stata sostituita dalla scienza e lei, tre lauree e due dottorati dopo, era lì. E si sentiva come quella bambina.

«...sette, sei, cinque, quattro....»

Ripensò con rabbia a tutti i tentativi che erano stati fatti per bloccarli. Che miopia! Eppure era chiaro che questa era l'unica possibilità per la Terra, di uscire dal vicolo cieco in cui si era cacciata, tra aumento demografico e depauperazione delle risorse. Adesso però sembrava passata. Tutti erano presi dall'eccitazione dell'impresa. L'interprete (4) stava traducendo il saluto del premier cinese, uno di quelli che più si erano opposti alla partenza. Ora ci augurava il successo, nel nome dell'umanità. Ipocrisia o meno, poco importava. L'importante era partire.

«...tre, due, uno, ZERO!»

Partiti! L'accelerazione la schiacciava contro il sedile, con una forza immensa. Ma fra poco sarebbero stati liberi, a fluttuare nell'assenza di gravità dello spazio. Arrivederci, Terra. Eccoci, Marte, stiamo arrivando...

«Poveracci...», disse John spegnendo lo schermo. «Non avevamo scelta, lo sai», gli rispose Michael. «Sì, ma chissà come si sentiranno quando scopriranno che non solo non potranno mai arrivare su Marte, ma non saranno nemmeno in grado di tornare sulla Terra, con quel guscio vuoto che abbiamo spacciato per astronave... Mi chiedo se non sarebbe stato più umano organizzare un incidente.» «Non potevamo, lo sai. Avrebbe minato la fiducia nella tecnologia del nostro paese. E non possiamo permettercelo. Bisognava far capire che NOI non siamo in crisi, che abbiamo ancora i mezzi e la potenza necessaria per organizzare una cosa del genere.» «Già. India, Cina, Brasile... quelli ci stanno surclassando.» «Sì. Hai visto che solo con l'annuncio della partenza il dollaro si è rafforzato e lo spread fra i nostri titoli e quelli cinesi si è ridotto? Adesso abbiamo un anno di tempo per riconquistare il nostro ruolo, tornare ad essere la prima superpotenza mondiale...» «Lo so, lo so, abbiamo deciso insieme. Ma non posso fare a meno di pensare a quei due...»

....................Quei due, intanto stavano ammarando nell’oceano Indiano.

«Ma che cazzo è successo?», urlava Michael, sfigurato dalla rabbia. «Com'è possibile? Non sono nemmeno usciti dall'atmosfera! Che cazzo di paese, non funziona più niente...»

John lo lasciò urlare e se andò, un vago sorriso sulle labbra. Michael aveva torto: qualcosa funzionava ancora in quel paese. Il suo piano, ad esempio, era riuscito perfettamente, così come la sua sceneggiata di poco prima. Aveva fatto in modo che il carburante caricato non bastasse per superare la velocità di fuga. Non era uno stinco di santo, spesso aveva giocato sporco, ma la sorte dei due astronauti, e specialmente quella di lei, così convinta, così idealista, non era proprio riuscita a mandarla giù. Forse perché anche lui, a suo tempo, aveva letto le Cronache Marziane...